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https://www.rmix.it/ - Gli Extra Costi degli Impianti di Termovalorizzazione per la Cattura del Carbonio
rMIX: Il Portale del Riciclo nell'Economia Circolare Gli Extra Costi degli Impianti di Termovalorizzazione per la Cattura del Carbonio
Economia circolare

Come risolvere l’abbassamento delle emissioni CO2 nei termovalorizzatori migliorando il processo dei rifiuti di Marco ArezioGli impianti di termovalorizzazione hanno raggiunto standard di efficienza ambientali molto alti rispetto a quelli costruiti negli anni ’90 del secolo scorso, ma, nello stesso tempo, le stringenti normative europee sulla riduzione dell’emissione di CO2 impongono continui efficientamenti degli impianti.Da più parti si sono studiati interventi tecnici per istallare dei sistemi di cattura e stoccaggio della CO2 che verrebbe dispersa in ambiente, modifiche efficaci e del tutto positive da un punto di vista ambientale. Il problema che però si presenta è quello di apparire, come sembrerebbe, una frettolosa soluzione che avrebbe ricadute economiche importanti sul costo della produzione di energia. Secondo gli studi condotti dalla UE sulla finanza sostenibile, il flusso dei rifiuti che entrano nei termovalorizzatori, definiti, non riciclabili o residuo, sembrerebbe composto da un’eccessiva quantità di materiali riciclabili, come plastica ed organico, sottraendo materie prime preziose che dovrebbero rientrare nella catena di produzione. Inoltre la presenza di materiali nobili, che non dovrebbero essere bruciati, aumenta l’emissione di CO2 senza motivo, dovendo poi spendere soldi per la sua cattura. Come risolvere il problema? I flussi di rifiuti definiti "residui", dovrebbero effettivamente essere composti da materiali ormai non più riciclabili e, per fare questo, è necessario che il conferimento degli scarti avvenga attraverso il miglioramento della raccolta differenziata e attraverso un efficiente e diffuso sistema di riciclo meccanico. Questo binomio aiuta alla captazione di tutti quei materiali che hanno un valore industriale e che, quindi, si possano avviare al riciclo, diminuendo il conferimento ai termovalorizzatori di materiali non corretti. A dimostrazione di ciò si possono citare gli esempi di alcuni paesi nei quali è stata applicata una tassa sui termovalorizzatori, calcolata sulla quantità di CO2 emessa. L’abbassamento delle emissioni è transitato dall’istallazione di linee di selezione dei rifiuti in entrata al fine di intercettare tutto quello che, pur presente nel flusso destinato all’incenerimento, poteva essere riciclato. Ad esempio, l'impianto di smistamento di Stoccolma Exergi in Svezia consente di risparmiare 33.000 tonnellate di CO2 all'anno, selezionando l'equivalente di circa il 75% della plastica contenuta nei rifiuti in entrata. Cosa frena questa soluzione? Innanzitutto, spesso, il conferimento dei rifiuti urbani ai termovalorizzatori è da vedersi come una scorciatoia politica alla costruzione di nuovi impianti di riciclo meccanici e di termovalorizzazione, che sono spesso invisi alla popolazione. Laddove la politica non è missione sociale, cerca di assecondare il fenomeno NIMVY (non nel mio territorio), che preferisce spedire i rifiuti lontano dalla propria area piuttosto che renderla autonoma ed efficiente. Questo però, molte volte, comporta contratti rischiosi riguardo i flussi in ingresso ai termovalorizzatori, come le "garanzie di tonnellaggio minimo", le clausole "put or pay" o i "meccanismi di banding", che possono generare penali verso i clienti che conferiscono i rifiuti se il flusso dovesse diminuire. Queste penali, di solito corpose, impediscono la creazione di un concetto di circolarità dei rifiuti locali impedendo qualsiasi operazione di gestione e trattamento degli stessi, con perdite di competitività economica e ambientale rispetto ad altri comuni. Categoria: notizie - plastica - economia circolare - riciclo - rifiuti - termovalorizzatori

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https://www.rmix.it/ - Obsolescenza Programmata e Diritto alla Riparazione
rMIX: Il Portale del Riciclo nell'Economia Circolare Obsolescenza Programmata e Diritto alla Riparazione
Economia circolare

La diminuzione delle risorse naturali e l’aumento dei rifiuti elettronici impongono scelte urgenti. Cosa sta Facendo l’UEdi Marco ArezioIn un mondo in cui vige ancora il consumo veloce o super veloce, dove si applica l’usa e getta anche di apparecchiature elettroniche costose, è forse il momento di cambiare questo paradigma che arricchisce le aziende produttrici, diseduca la popolazione al riuso e all’economia circolare e aumenta in modo esponenziale i rifiuti RAEE che sono, ancora oggi, di difficile gestione. Cosa è l’obsolescenza programmata? E’ una pratica industriale, secondo la quale il bene venduto è standardizzato per avere una vita di utilizzo più breve di quello che in realtà potrebbe. Questo può avvenire attraverso aggiornamenti tecnologici non supportabili dal prodotto, da una minore qualità di alcuni componenti che ne riducono la durata o dalla difficoltà di riparazioni, anche banali, per la mancanza programmata di pezzi di ricambio o difficoltà tecniche nelle riparazioni. L’obsolescenza programmata non è però una pratica moderna, già nel 1924, un consorzio di aziende occidentali produttrici di lampadine si accordò per produrle con una durata massima di 1000 ore di accensione, così da aumentarne la vendita. Un altro episodio che possiamo citare nel periodo post bellico, intorno agli anni ’50 del secolo scorso, periodo nel quale si affacciarono sul mercato i collant prodotti in Nylon. Il materiale era così robusto e durevole che non si rompeva facilmente, così fu commissionato, al produttore del filo, un prodotto che permetteva una sostituzione dei collant con maggiore frequenza. Oggi possiamo dire che quando si parla di obsolescenza programmata la nostra mente si rivolge frequentemente agli smartphone, oggetti del desiderio dei consumatori, dove il concetto di usa e getta è stato radicato dai produttori. Attraverso manipolazioni tecnologiche, che fanno rallentare il prodotto o nuove funzioni, interessanti per il pubblico, che sono istallate solo sugli smartphone nuovi, spinge il consumatore a fare nuovi acquisti buttando gli apparecchi vecchi. Perché i prodotti tecnologici sono di difficile riparazione? Un tempo si parava qualsiasi cosa, i prodotti erano più meccanici e meno elettronici ed era più semplice aprirli, individuare il guasto e sostituire il pezzo che creava il difetto. In questo modo si dava una vita maggiore al prodotto e, quindi, dal punto di vista di un’economia industriale, si producevano meno articoli. Oggi la tecnologia ha invaso ogni cosa e, quindi di per sé, sono più difficili le riparazioni in quanto è necessaria una preparazione tecnica maggiore. Ciò nonostante, se si avessero le competenze necessarie, è diventato molto difficile, non solo disporre dei pezzi di ricambio, ma certe parti dell’oggetto sono di difficile riparazione o aggiornamento, per un preciso disegno di marketing che spinge il consumatore non alla riparazione ma alla sostituzione. Inoltre, molte case produttrici vedono in modo negativo la possibile riparazione fatte da aziende esterne, quindi può mettere il veto all’intervento pena la perdita della garanzia. Inoltre, spesso, semplificano l’operazione di riparazione presso la loro sede attraverso la cessione, a prezzi calmierati, di un apparecchio sostitutivo, cosa che non fa altro che alimentare i rifiuti la non circolarità del sistema. Come si sta muovendo la Comunità Europea Finalmente la UE ha intavolato una discussione circa l’obsolescenza programmata e il diritto dei cittadini alea riparazioni, con la volontà di modificare le regole circa il diritto dei consumatori, per favorire il riuso e la riparazione dei prodotti e dei softwares elettronici. E’ in fase di redazione un piano d’azione per l’economia circolare, in 54 punti, che mira a promuovere prodotti durevoli che siano più facili da riparare, riutilizzare e riciclare, adottando nel contempo misure per sostenere i consumatori in questa transizione. Un'economia circolare comporterebbe 450 milioni di tonnellate in meno di emissioni di carbonio nell'UE entro il 2030, facendo risparmiare alle imprese dell'UE 600 miliardi di euro e 580.000 nuovi posti di lavoro, secondo la Commissione. Categoria: notizie - RAEE - economia circolare - riciclo - rifiuti - obsolescenza programmata

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https://www.rmix.it/ - Slow Life: Guardare gli Altri per non Essere sé Stessi
rMIX: Il Portale del Riciclo nell'Economia Circolare Slow Life: Guardare gli Altri per non Essere sé Stessi
Slow Life

Vorremmo essere sempre diversi da come siamo, vorremmo assomigliare agli altri, senza pensare di poter valere anche noi.E’ più facile prendere in esame gli altri, cercare modelli che ci piacciono o a cui vorremmo assomigliare, ambiamo ad essere al centro dell’attenzione, piacere, essere desiderati e soprattutto non fare fatica per non soffrire. Facciamo sempre il paragone tra quello che siamo e quello che dovremmo essere. Questo continuo paragonarci a qualche cosa o a qualcuno è la causa primaria dei nostri conflitti. Perché vi paragonate a qualcun altro? Se non vi paragonate ad un altro sarete quel che realmente siete. Vi siete fatti un concetto di quello che dovreste essere e di come vorreste agire, ma agite sempre in modo completamente diverso. Vedete quindi come i principi le fedi e gli ideali Conducono sempre all’ipocrisia e ad una vita disonesta. E’ l’ideale a produrre l’opposto di ciò che si è. Krishnamurti Categoria: Slow life - vita lenta - felicità

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https://www.rmix.it/ - 6 Giugno 1944: D DAY - l’84° Reggimento Aviotrasportato USA Poteva Contare sulla PA6
rMIX: Il Portale del Riciclo nell'Economia Circolare 6 Giugno 1944: D DAY - l’84° Reggimento Aviotrasportato USA Poteva Contare sulla PA6
Informazioni Tecniche

Durante lo sbarco in Normandia i paracadutisti Americani avevo la poliammide, un’arma in piùdi Marco ArezioDurante la seconda guerra mondiale l’uso dell’aviazione militare aveva compiuto passi da gigante rispetto alla guerra precedente, non solo per maneggevolezza dei nuovi bombardieri ed incursori, ma anche per la notevole distanza che potevano coprire nelle fasi operative. Inoltre si introdusse una nuova disciplina, quella dei paracadutisti, che potevano infiltrarsi dietro le linee nemiche per azioni di sabotaggio, salvataggio o di logistica, a tutto vantaggio delle teste di ponte della fanteria. I paracaduti, all’inizio, erano normalmente fatti in seta naturale che proveniva dalla Cina ma, dopo l’invasione Giapponese del 7 Luglio 1937, gli Americani dovettero trovare un nuovo materiale per i propri paracaduti. Fu cosi che chiesero alla Du Pont, azienda chimica di grande importanza negli Stati Uniti, di trovare una soluzione al problema, in modo che l’esercito potesse realizzare un milione di nuovi paracaduti per il D-DAY, l’invasione dell’Europa. La Du-Pont, fornì un nuovo polimero, la poliammide 6 e 12 con cui si realizzarono i nuovi paracaduti, creando subito una superiorità tecnica del prodotto rispetto a quello fatto in seta naturale. I responsabili dell’esercito Americano si accorsero subito che il paracadute fatto con la PA era decisamente più robusto agli strappi e alle lacerazioni, rispetto alla seta, cosa che durante gli atterraggi poteva facilmente capitare. Inoltre, la capacità dinamica di contenimento dell’aria era migliore, evitando rischi di rottura delle vele in volo, ma non solo, durante i lanci con brutto tempo, il paracadute fatto con la poliammide non si riempiva di acqua, appesantendo la vela quando si trattava di navigare in volo e raccogliere della stessa all’atterraggio. Era anche possibile che durante la discesa sul campo di battaglia il paracadute potesse essere colpito da proiettili, ma le forature di piccole dimensioni non laceravano il tessuto, permettendo al paracadutista di atterrare sul terreno. I paracadutisti della 82° divisione aviotrasportata, con i nuovi paracaduti in PA, furono impiegati anche in Nord Africa, nell’Aprile del 1943, sotto il comando del generale Ridgway, e successivamente il 9 Luglio dello stesso anno sbarcarono in Sicilia e il 13 Settembre 1943 a Salerno in Italia. L’efficacia dei paracadutisti Americani dotati delle vele in PA fu annotata anche dai comandanti tedeschi, che li soprannominavano “i diavoli dai pantaloni gonfi” in segno di rispetto per le loro capacità e superiorità tecnica.Categoria: notizie - tecnica - plastica - PA6 - storia

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https://www.rmix.it/ - Progetto di Consulenza per l'Esportazione di TPO Riciclato in Svezia
rMIX: Il Portale del Riciclo nell'Economia Circolare Progetto di Consulenza per l'Esportazione di TPO Riciclato in Svezia
Economia circolare

Progetto di Consulenza per l'Esportazione di TPO Riciclato in Sveziadi Marco ArezioIl TPO è una Poliolefine composta che si adatta ad innumerevoli applicazioni in settori tecnici di produzione. Il materiale impiegato in modo importante nel settore dell’automotive, viene recuperato, prevalentemente, come scarto industriale.Il mercato dei compounds tecnici richiedono uno scarto di TPO che abbia un bassissimo contenuto di polietilene reticolato, o addirittura nullo, il quale molte volte viene impiegato a corredo dei fogli di copertura delle parti interne delle auto. Rimane comunque un mercato di nicchia, in quanto il riutilizzo dello scarto post industriale può essere impiegato in settori che non siano il food o il medicale e, la ridotta disponibilità sul mercato, hanno spesso privilegiato la produzione di compounds con le materie prime vergini. La società di consulenza sulle materie prime riciclate, Arezio Marco, è stata incaricata di valutare dei canali di vendita per le balle di TPO in Europa, per permettere al cliente di poter seguire l’ingresso dello scarto di produzione con maggiore costanza, avendo, a valle, un mercato regolare a cui vendere il prodotto selezionato. Il compito della società Arezio Marco è stato quello di ottimizzare i flussi in ingresso, derivanti dai produttori degli scarti, con i flussi di vendita verso i trasformatori della materia prima, creando nuovi rapporti con clienti che potessero acquistare in modo continuativo il TPO in balle. La Svezia si è dimostrato un paese in cui l’interesse per il prodotto è stato importante, potendo costruire una buona partnership tra fornitore e cliente.Categoria: notizie - plastica - economia circolare - riciclo - rifiuti - TPO

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https://www.rmix.it/ - Qualità Chimico-Fisiche del Vetro. Confronto con Carta, Plastica e Alluminio
rMIX: Il Portale del Riciclo nell'Economia Circolare Qualità Chimico-Fisiche del Vetro. Confronto con Carta, Plastica e Alluminio
Informazioni Tecniche

I materiali per gli imballi alimentari in commercio hanno caratteristiche, qualità, costi di smaltimento e riciclabilità differentidi Marco ArezioNel mondo del packaging alimentare troviamo materie prime estremamente differenti tra loro, alcune di esse, come la carta e il vetro, hanno una storia millenaria, mentre la plastica e l’alluminio hanno una storia più recente. Non vogliamo entrare volutamente in un duello di marketing sulla preferenza tra un materiale o l’altro, ma vorremmo analizzare alcuni aspetti che riguardano la conservazione dei beni contenuti, la durabilità dell’imballo, la riciclabilità. In verità a queste analisi dovremmo aggiungere quella relativa ai costi di produzione comparati e all’impatto ambientale sulla logistica, che verranno affrontati in altra sede. Se diamo uno sguardo al passato possiamo dire che il vetro è stato il materiale principe del packaging con cui si contenevano gli alimenti liquidi, latte, vino, liquori, olio e altri generi alimentari, mentre a partire dal boom economico degli anni 60 del secolo scorso, anche l’acqua minerale e le bibite avevano trovato una loro quota di mercato attraverso la confezione nelle bottiglie. Per quanto riguarda le scatole alimentari in metallo possiamo riferirci al XIX° secolo come inizio in America e in Inghilterra delle prime produzioni industriali, nonostante i costi per realizzarle risultassero molto elevati e il cibo in scatola era quindi un lusso per pochi. A spingere la loro diffusione arrivarono però le guerre mondiali, in quanto gli eserciti trovarono comodo e logisticamente utile affidare il rancio dei soldati a questa tipologia di imballo. Con l’avvento delle lattine di alluminio iniziò una larga diffusione a partire dalla metà degli anni ’50 del secolo scorso, del cibo e delle bevande confezionate nel metallo morbido. Per quanto concerne l’uso degli imballi in carta, dobbiamo arrivare alla metà degli anni ’50 del secolo scorso per vedere l’avvio, in Svezia, dei primi imballi per liquidi alimentari in confezioni di cartone e film plastici. A partire dal 1973, quando l’azienda Du Pont brevetta il PET possiamo dire che sono nati gli imballi alimentari su larga scala, con l’intento di erodere quote di mercato a quelli di vetro. Se vogliamo fare un paragone delle qualità fisico chimiche dei principali imballi alimentari possiamo elencare alcune comparazioni generali: Cessioni possibili di sostanze costituenti l’imballo • Vetro: sodio e calcio già presenti negli alimenti • Plastica: componenti degli additivi specialmente se presenti grasso o alcool • Carta o Cartone: additivi e coloranti • Metallo: Stagno e piombo entro i limiti di legge. Sostanze tossiche dalle vernici (ad alta temperatura) Impermeabilità ai liquidi, gas ed agenti microbiologici • Vetro: 100% • Plastica: variabile a seconda del polimero • Carta o Cartone: solo se assenti abrasioni superficiali • Matallo: solo se assenti abrasioni superficiali Corrosione dell’imballo • Vetro: Solo acido fluoridrico e soluzioni alcaline a Ph superiore a 8 • Plastica: può rilasciare microplastiche in corrispondenza delle piegature • Carta o Cartone: attaccabile da insetti e topi • Metallo: generata da eventuali imperfezioni della struttura Sterilizzabilità • Vetro: 100% a secco ed a umido • Plastica: con particolari additivi batteriostatici • Carta o Cartone: in fase di confezionamento con acqua ossigenata o UV o agenti chimici • Metallo: 100% anche ad alte temperature Trasparenza • Vetro: perfetta con vetro chiaro • Plastica: dipende dal polimero, difficile con polimeri riciclati in HDPE • Carta e Cartone: no • Metallo: no Protezione alla luce Attinica • Vetro: buona nei verti colorati • Plastica: buona con additivi specifici • Carta o Cartone: opaco • Metallo: opaco Sanificazione • Vetro: ottima • Plastica: monouso da riciclare • Carta o Cartone: monouso da riciclare • Metallo: monouso da riciclare Riciclabilità • Vetro: continua e senza degrado. Economica solo con il vuoto a rendere • Plastica: possibile un certo numero di volte con qualche degrado qualitativo. Difficile il riciclo dei poliaccoppiati • Carta e Cartone: riciclabile con degrado. Difficile il riciclo dei poliaccoppiati carta-plastica • Metallo: buono In conclusione, a questa analisi andrà aggiunta una comparazione economica dell’imballo alimentare in funzione della durabilità del prodotto sugli scaffali e il costo del riciclo o dello smaltimento dell’imballo a fine vita, nonché dell’impatto ambientale sia della produzione, che della logistica che della circolarità o meno del rifiuto.Categoria: notizie - tecnica - vetro - riciclo - qualità - rottame

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https://www.rmix.it/ - Il Cortocircuito Energetico delle Cartiere: Come Uscirne?
rMIX: Il Portale del Riciclo nell'Economia Circolare Il Cortocircuito Energetico delle Cartiere: Come Uscirne?
Management

Il costo del gas è sempre più alto, l’Europa tentenna sulle soluzioni. Una cartiera Italiana ha deciso di risolvere il problema da soladi Marco ArezioIl comparto della carta ha attraversato, in anni recenti, molte prove dolorose, nelle quali ha sempre cercato di mantenere dritta la barra facendo leva su risorse proprie, l’internazionalizzazione, la diversificazione ed l’eccellenza. Oggi, dopo il Covid, la mancanza di materia prima, i prezzi alle stelle per gli ormai conosciuti problemi sulla catena di approvvigionamento, è entrato a gamba tesa l’esplosione dei prezzi del gas. Problema non sempre risolvibile, questa volta, dall’estro e dalla capacità imprenditoriale dei managers aziendali, in quanto l’energia è un bene primario che si compra e si utilizza direttamente, ma che ricopre, settimana dopo settimana, un peso sempre più importante nei costi di produzione. Costi che incidono sul prodotto semilavorato o finito in modo esponenziale, con difficoltà nelle vendite e nella catena di produzione e consegna dei beni. Oggi, il cliente finale, è abituato a sentirsi dire che il prezzo è aumentato, ma da domani si sentirà dire anche “non so quando posso produrre e consegnare la merce”, perché l’approvvigionamento di energia, oltre ad essere ingestibile economicamente, diventa difficile da programmare, in quanto gli stessi operatori dell’energia sono in difficoltà nella vendita. Senza energia non si fa business, e senza business non servirà più l’energia, in quanto, molte aziende sono seriamente a rischio di chiusura e con esse la filiera da cui dipendono. Per uscire da questo corto circuito è necessario ed auspicabile che si possano trovare le risorse, anche tramite il PNRR, per rendere energeticamente indipendenti le grandi fabbriche produttrici, attraverso l’autoproduzione di energia rinnovabile. Un esempio in merito ce lo sta dando la cartiera Burgo che ha deciso di percorrere questa strada attraverso l’ampliamento della produzione di energia solare nei propri stabilimenti, attraverso un nuovo parco fotovoltaico da 12 Mw e la progressiva dismissione dell’utilizzo di combustibili fossili. Inoltre, al fine di proseguire la strada intrapresa dal mercato che riguarda la riconversione del packaging di plastica con quello in carta, la direzione ha sul tavolo di alimentare le fabbriche anche con l’idrogeno verde. In attesa dei bandi del PNRR che finanzierà il progetto dell’idrogeno, le macchine e le turbine della Burgo sono già pronte per essere alimentate a biofuel e idrogeno e continuerà, da parte dell’azienda gli investimenti sul fotovoltaico nelle varie fabbriche. La necessità di affrancarsi dalla dipendenza del gas sarà la chiave per la sopravvivenza delle cartiere, ma anche delle altre aziende energivore, come il settore dell’acciaio, della chimica, della plastica e di molti altri settori.

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https://www.rmix.it/ - L’ultima moda in cucina: cucinare con la lavastoviglie
rMIX: Il Portale del Riciclo nell'Economia Circolare L’ultima moda in cucina: cucinare con la lavastoviglie
Ambiente

I cibi possono essere cotti, in appositi contenitori, durante il lavaggio dei piatti per risparmiare energia di Marco ArezioNon c’è bisogno di fare grandi progetti per seguire i principi dell’economia circolare e della tutela dell’ambiente, ma l’attenzione agli sprechi della nostra vita quotidiana, moltiplicati ed ampliati dal numero della popolazione, incideranno sul benessere del nostro pianeta. Avete mai pensato che l’utilizzo dell’acqua più o meno calda incide su consumi e inquinamento? Pensate che per riscaldare 60 litri d’acqua servono 2,17 kw/h, mentre per 20 ne sono sufficienti appena 0,72 (una lavastoviglie con il programma Eco consuma appena tra gli 0,8 e 1,5 kw/h). Ecco perché è nata l’dea di sfruttare ancora di più il microclima che si produce nella lavastoviglie durante il lavaggio, utilizzando le alte temperature per cuocere dei cibi. Come avviene la cottura dei cibi nella lavastoviglie? Durante il lavaggio, all’interno della macchina si sviluppa un vapore caldo che è paragonabile a quello della cottura a vapore utilizzata per moltissimi tipi di cibi, nella cucina più salutista. Ecco che allora, inserendo nella lavastoviglie appositi contenitori rigorosamente a chiusura ermetica (per non rovinare i cibi con il contatto diretto con l’acqua) è possibile cuocerli in maniera naturale, mentre nel frattempo lavate i piatti del pranzo. In base al tipo di lavaggio potete ovviamente scegliere la temperatura di cottura. Ormai sul web spopolano anche i ricettari per la cottura in lavastoviglie. Quale è il rapporto tra la temperatura del lavaggio e quella della cottura? Lavaggio eco = cottura a bassa temperatura (50° – 55° C) Lavaggio normale = cottura a media temperatura (60° – 65° C) Lavaggio intensivo = cottura a medio alta temperatura (70° – 75° C). Per la cottura potete anche utilizzare gli appositi sacchetti per il sottovuoto, che siano adatti anche alla cottura. Badate che così come i vasetti ermetici, anche i sacchetti siano lavabili e riutilizzabili, così da fare un vero servizio per l’ambiente. Se volete provare subito con quello che avete in casa, mettetevi alla prova con cibi semplici che cuociono a basse temperature. Potete provare con qualsiasi alimento: carni, pesci, molluschi, frutta, ortaggi. Quali sono gli alimenti sconsigliati per la cottura nella lavastoviglie? Naturalmente prediligete per la cottura in lavastoviglie solo i cibi che richiedono cotture brevi e a basse temperature. Evitate cibi come riso o legumi, che richiedono lunghe cotture e temperature elevate. Risparmio di acqua, di corrente e di gas sono i contributi giornalieri che possiamo dare attraverso l’uso corretto delle fonti energetiche in casa nostra.Vedi maggiori informazioni sulla vasocottura

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https://www.rmix.it/ - Pellicole in PVC per Alimenti: Quali Contaminazioni Possibili?
rMIX: Il Portale del Riciclo nell'Economia Circolare Pellicole in PVC per Alimenti: Quali Contaminazioni Possibili?
Informazioni Tecniche

Da molti anni gli alimenti possono essere porzionati attraverso un imballo costituito da una pellicola in PVCdi Marco ArezioE’ ormai nostra abitudine acquistare porzioni di cibo che il negoziante o la grande distribuzione confeziona attraverso una pellicola in PVC. Anche nelle nostre case, lotti parziali di cibo, vengono comunemente avvolti in queste pellicole per aumentare la durata della conservazione e salvaguardarne la qualità.Sebbene oggi esistano anche diverse pellicole per alimenti in PE, il mercato del PVC è ancora quello più importante per via di numerosi fattori tecno-economici. L’uso del polimero di PVC permette di realizzare una pellicola molto resistente, con una bassa permeabilità all’acqua e all’ossigeno, con una buona resistenza agli acidi e agli alcali diluiti. Inoltre, per un fatto del tutto pratico, le pellicole alimentari in PVC hanno una ottima capacità di confezionamento, saldandosi facilmente ad un piatto o ad una ciotola o su se stesso. Dal punto di vista economico, la presenza del cloro nel composto in PVC, fondamentale per la sua struttura chimica, riduce in modo sensibile il costo del prodotto finito, questo perché si configura un risparmio di etilene pari a circa il 50% rispetto all’uso del PE a parità di prodotto. Utilizzando il PVC è possibile inserire una serie di additivi che ne possono modificare le caratteristiche prestazionali, avendo la possibilità di creare, con un unico polimero, prodotti differenti. Vediamo gli additivi principali che vengono usati nell’industria del packaging: Agenti anti blocking: riducono la tendenza all’adesività • Agenti anti appannamento: promuovono la formazione di un velo di liquido omogeneo e continuo • Antimicrobici: prevengono la crescita di microrganismi • Antiossidanti: Prevengono la degradazione del film dovuta all’atmosfera • Antistatici: Riducono l’accumulo di cariche elettriche che attraggono la polvere • Agenti rigonfianti: vengono impiegati per produrre schiume da materie plastiche • Catalizzatori: fanno iniziare la polimerizzazione nella produzione di resine plastiche • Coloranti: permettono la colorazione delle pellicole • Agenti accoppianti: favoriscono l’accoppiamento tra i pigmenti e i polimeri • Ritardanti di fiamma: riducono l’infiammabilità dei materiali che sono combustibili • Stabilizzatori di calore: riducono la degradazione del PVC in acido cloridrico • Lubrificanti: Riducono adesività tra il PVC e le parti metalliche • Plastificanti: migliorano la flessibilità, la lavorabilità e la dilatabilità Tutti questi additivi, ma specialmente i plastificanti, sono soggetti ad una strettissima normativa per permetterne l’uso in ambito alimentare. C’è da considerare che in commercio esistono circa 300 tipologie di plastificanti e quelli approvati per l’uso alimentare, sono soggetti alla normativa di disciplina igienica degli imballaggi, recipienti, utensili destinati a venire in contatto con le sostanze alimentari o con sostanze d’uso personale. Le sostanze che potrebbero trasferirsi dall’imballo all’alimento possiamo dividerle in tre categorie: Sostanze aggiunte: sono principalmente rappresentate dagli additivi del PVC sopra elencati • Residui: rappresentano parti di materiale polimerico con incomplete reazioni (monomeri, catalizzatori, solventi, adesivi ecc.) • Prodotti di neo formazione: sono sostanze che si originano dalla decomposizione spontanea dei materiali o durante le operazioni di trasformazione in manufatto Queste sostanze definite di neoformazione, sono molto variabili tra loro, in funzione di molti fattori chimico-fisici che si possono presentare e che possono influire sull’eventuale trasferimento di sostanze all’alimento di difficile gestione e risoluzione.Categoria: notizie - tecnica - plastica - pellicole alimenti - PVC - packaging

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https://www.rmix.it/ - Notizie sulla Plastica Riciclata nel Mondo
rMIX: Il Portale del Riciclo nell'Economia Circolare Notizie sulla Plastica Riciclata nel Mondo
Economia circolare

Notizie sui polimeri riciclati, sulle macchine e gli stampi per le materie plastiche, sui prodotti fatti in plastica riciclata, sulle tecniche di produzione e sulle novità di mercatodi Marco ArezioNel portale del riciclo rMIX è possibile trovare sezioni dedicate alle informazioni e alle notizie sulla plastica riciclata e sul mondo che le ruota intorno. Ci sono molti aspetti tecnici, commerciali e di informazione generale che aiutano gli operatori del settore della plastica riciclata a rimanere aggiornati e a cogliere occasioni commerciali interessanti. Le sezioni si dividono in: • Polimeri riciclati: nella sezione è possibile trovare informazioni sulle offerte e richieste di polimeri riciclati, sia da post consumo che post industriali, in varie forme come i granuli, i macinati, i densificati, le polveri e le balle. La plastica riciclata offerta o richiesta la potete selezionare per tipologia, forma e paese di provenienza. • Macchine e stampi: nella sezione troverete informazioni su offerte e richieste di macchine ed attrezzature per la lavorazione della plastica riciclata e dei rifiuti, nonché degli stampi per produrre i prodotti finiti. • Prodotti fatti in plastica riciclata: nella sezione troverete offerte e richieste di prodotti realizzati con i polimeri riciclati, attraverso i sistemi di stampaggio, soffiaggio, termoformatura, film ed estrusione. • Lavori conto terzi: nella sezione troverete le aziende che offrono servizi conto terzi come lo stampaggio, l’estrusione, la filmatura, il lavaggio, la macinazione, la micronizzazione, il confezionamento, il soffiaggio delle bottiglie e delle taniche e molti altri servizi. • Consulenza e distribuzione: nella sezione troverete le aziende che sono specializzate nella distribuzione e nell’import-export dei polimeri riciclati, inoltre le aziende di consulenza che operano come agenti, rappresentanti e tecnici delle materie plastiche riciclate. • Informazioni tecniche: nella sezione potete trovare gli approfondimenti tecnici su vari aspetti che riguardano la plastica riciclata ed il suo impiego. Nello specifico si parla della gestione dei rifiuti, del lavaggio, della macinazione della densificazione, della granulazione, del comportamento fisico, chimico e meccanico della materia prima e delle macchine. Molti articoli riguardano come migliorare i vari aspetti produttivi e come evitare i problemi di qualità sui prodotti finiti e sui semilavorati. • Informazioni generali: nella sezione vengono riportate informazioni sul mercato che riguardano il mondo della plastica riciclata, le iniziative aziendali, le novità commerciali, finanziarie e gli aggiornamenti che possono interessare gli operatori del settore. • Economia circolare: nella sezione troverete numerosi articoli che affrontano come si può ottenere un giusto rapporto tra l’ambiente e i rifiuti attraverso l’economia circolare. Vengono trattati aspetti tecnici produttivi, sociali in riferimento alla raccolta differenziata e i rifiuti, politici che riguardano il cammino per incrementare la circolarità delle produzioni e dei beni sul mercato. Categoria: Notizie - plastica riciclata - rifiuti - macchine - stampi - polimeri

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https://www.rmix.it/ - Un Esempio di Economia Circolare di Prodotto e di Produzione
rMIX: Il Portale del Riciclo nell'Economia Circolare Un Esempio di Economia Circolare di Prodotto e di Produzione
Economia circolare

Non dobbiamo cercare la sola circolarità dei componenti dei prodotti, ma verifichiamo anche la sostenibilità della catena produttiva. Un’azienda Italiana fa scuoladi Marco ArezioQuando parliamo di sostenibilità e circolarità ci riferiamo molto spesso al singolo prodotto che può essere composto con materiali riciclati e, ancor meglio, riciclabili al 100%. Questo binomio ci aiuta a capire come le nostre azioni di consumatori possano portare alla riduzione dei rifiuti che produciamo, a risparmiare le risorse naturali e a tutelare l’ambiente. Nonostante ci sia ancora molta strada da fare in questo settore, in quanto il tasso di riciclo dei rifiuti che produciamo non supera il 10% a livello mondiale e che esiste molta confusione su ciò che è riciclabile e ciò che, pur essendo composto da materiali riciclati potrebbe, infatti, essere non più riciclabile, non ci occupiamo abbastanza della sostenibilità della catena produttiva. Possiamo prendere ad esempio il mondo dell’auto elettrica, per capire il problema, dove, al recente aumento della circolazione delle auto Plugin o Full Electric, non è corrisposto un’adeguata rete di ricarica ad energia totalmente rinnovabile. Quindi, spesso, si ricarica la batteria usando una rete di alimentazione dalla quale viene fornita energia elettrica fatta con il gas naturale, o il carbone o con il nucleare. Anche nella realizzazione dei prodotti cosiddetti circolari, dobbiamo considerare non solo se sono composti da materie prime riciclate e riciclabili, ma dobbiamo sapere se il ciclo di produzione sia sostenibile, quindi se attinge ad energia da fonti rinnovabili. Non sono molte le attività industriali che possono vantare un ciclo produttivo del tutto green, ma alcuni esempi nel mondo industriale ci sono. Uno interessante lo possiamo trovare in un’azienda Italiana, la Saxagres, che produce piastrelle per pavimentazioni da esterno ed interno, la quale ha applicato l’estensione del concetto di circolarità sia sul prodotto che sulla produzione. Per quanto riguarda la circolarità del prodotto, nella produzione di ceramiche da esterno e da interno l’azienda utilizza fino al 30% di scarti di produzione, inoltre impiega le ceneri degli altiforni che si producono come scarti nell’incenerimento dei rifiuti che altrimenti finirebbero in discarica. Per quanto riguarda la circolarità della produzione l’azienda si è dotata non solo di pannelli solari ma, per essere totalmente indipendente e sostenere la grande richiesta di energia che proviene dai forni per la cottura delle piastrelle a 1200 gradi, ha realizzato, in collaborazione con altre aziende, un impianto di produzione di biogas, attraverso la gestione anaerobica dei rifiuti urbani nell’area di pertinenza dell’azienda. Così facendo possiamo parlare di circolarità di prodotto e della catena produttiva, contribuendo alla gestione dei rifiuti urbani, all’affrancamento dalle risorse fossili e all’indipendenza energetica.Categoria: notizie - carta - economia circolare - riciclo - energia rinnovabile

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https://www.rmix.it/ - Come Individuare il Limonene nelle Plastiche da Post Consumo
rMIX: Il Portale del Riciclo nell'Economia Circolare Come Individuare il Limonene nelle Plastiche da Post Consumo
Informazioni Tecniche

La presenza dell’odore di limonene nei rifiuti plastici da post consumo ne limita l’uso e la qualitàCon l’incremento dell’uso delle plastiche da post consumo nella produzione di articoli, si è accentuato anche il problema dell’identificazione degli odori nei rifiuti da lavorare e, di conseguenza, nei granuli prodotti a seguito del riciclo. Se fino a pochi anni fa l’odore pungente e persistente nei prodotti realizzati con i polimeri da post consumo era relativamente tollerato, in quanto destinati ad oggetti con destinazioni limitate, oggi, l’uso massiccio di questi polimeri in sostituzione della materia prima vergine o da scarti post industriali, pone il problema dell’odore del prodotto finito. Come abbiamo già avuto modo di descrivere in diversi articoli presenti nel blog, sulla difficoltà di utilizzare i polimeri in plastica riciclata da post consumo, in presenza di odori fastidiosi, possiamo approfondire l’argomento parlando di come è possibile controllare la filiera della plastica per capire, sia la presenza che l’intensità dei composti chimici che danno origine agli odori sgradevoli. L’analisi può essere fatta sia dal punto di vista del cliente che acquista il polimero da post consumo per produrre gli oggetti che andrà a vendere, sia da quello del riciclatore che dovrà analizzare, quali partite di rifiuti e in che quantità, contengano le sostanze che danno origine agli odori. Prima di tutto possiamo dire che nel rifiuto plastico da post consumo sono presenti più di una sostanza chimica che da origine ad una serie di odori, ma che alcuni sono più pungenti e fastidiosi di altri. In particolare il limonene è largamente presente ed è di difficile eliminazione, nonostante il rifiuto plastico venga debitamente trattato con corretti impianti di lavaggio e adeguate procedure di riciclo. Infatti in fase di ricezione degli imballi di scarto, che sono venuti a contatto durante la loro vita di rifiuto con molti altri prodotti, nonché quelli alimentari, è importante avere la capacità di testare i flussi in entrata per capire l’incidenza delle sostanze che creeranno odore alla fine del processo di riciclo, in modo da poterle gestire con accurate miscelazioni di rifiuti che abbiano un basso tenere di queste sostanze odorose. Questi compounds si possono realizzare sulla base di dati analitici, non a sensazione, così da creare un flusso di materia prima che possa garantire, all’utilizzatore, una certezza della percentuale di odore contenuto nel granulo. Per quanto riguarda le aziende che utilizzano il polimero plastico da post consumo, è fondamentale stabilire il target di odore accettabile, con calcoli analitici, in modo da garantire ai propri clienti finali di acquistare un prodotto, realizzato con plastiche riciclare da post consumo, con un tasso di odore secondo parametri stabiliti, non in maniera empirica attraverso l’uso di testers che mettono a disposizione il proprio naso. Questo percorso di garanzia, a valle e a monte del processo, è possibile realizzarlo utilizzando una macchina da laboratorio che utilizza la gascromatografia a mobilità ionica, che permette di fare analisi rapide (15 minuti) e automatiche dei campioni di rifiuti o di granuli plastici o sui prodotti finiti. Un semplice inserimento del campione nelle provette e delle stesse nella macchina, permette un’analisi dettagliata della presenza dei composti chimici nel campione. In base al quadro grafico che la macchina restituisce si possono identificare con certezza la presenza e l’intensità dei componenti odorosi, prendendo le dovute azioni per modificare o accettare o rifiutare il prodotto. Categoria: notizie - tecnica - plastica - riciclo - odori - limonene - post consumo

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https://www.rmix.it/ - Gara di Appalto per la Costruzione di un Parco Eolico Offshore da 70 GW in Olanda
rMIX: Il Portale del Riciclo nell'Economia Circolare Gara di Appalto per la Costruzione di un Parco Eolico Offshore da 70 GW in Olanda
Ambiente

Come i paesi si stanno convertendo alle energie rinnovabili spinti dalla crisi Russo-Ucraina.La corsa verso le energie rinnovabili è fortemente sostenuta dalla crisi energetica che si potrebbe verificare se, la Russia, dovesse ridurre ulteriormente o chiudere definitivamente la vendita di gas all'Europa. Ogni paese sta compiendo gli sforzi necessari per dotarsi di strutture di produzione di energie verdi, che siano attraverso il vento, il sole o altri sistemi rinnovabili. Tra questi sistemi ci sono anche quelli misti, tra cui l'idrogeno verde, che sposa la produzione di energia sostenibile per la produzione di idrogeno, il combustibile del futuro.L'idrogeno, ha infatti bisogno di molta energia per essere prodotto e, quindi, sarebbe un paradosso che questa venisse da fonti fossili, così la produzione di idrogeno attraverso l'energia rinnovabile permette di non creare impatti ambientali negativi.TotalEnergies e Ørsted hanno unito le forze per presentare congiuntamente offerte per le due gare eoliche offshore olandesi "Holland Coast West" con l'obiettivo di ottenere un impatto positivo netto sulla biodiversità e sul sistema energetico olandese. I parchi eolici di Holland Coast West si trovano a circa 53 km al largo della costa olandese e hanno una capacità combinata di quasi 1,5 gigawatt (GW). In qualità di leader mondiali nelle energie rinnovabili e nell'eolico offshore, Ørsted e TotalEnergies uniranno i loro punti di forza in queste gare al fine di contribuire all'obiettivo dei Paesi Bassi di sviluppare oltre 70 GW di capacità eolica offshore entro il 2050, per la produzione di energia associata a grandi produzioni di idrogeno. In qualità di più grande sviluppatore di parchi eolici offshore al mondo, Ørsted ha un'esperienza leader del settore nello sviluppo e nella costruzione di parchi eolici offshore, nel modo più sostenibile ed ecologico. Ørsted mira a un impatto netto positivo sulla biodiversità entro il 2030. Inoltre, Ørsted ha una significativa esperienza globale nella fornitura di energia verde su larga scala a comunità e industrie. La realizzazione di successo, nei tempi e nei limiti del budget durante una pandemia mondiale, del parco eolico Borssele 1&2 dimostra che Ørsted è un partner affidabile per la trasformazione verde dei Paesi Bassi. TotalEnergies, da parte sua, sfrutterà la sua comprovata esperienza nelle operazioni offshore e la sua posizione unica come società energetica integrata nei Paesi Bassi, attraverso un ambizioso programma di investimenti di energia verde e produzione di idrogeno per decarbonizzare le sue attività industriali nella provincia della Zelanda. TotalEnergies garantirà inoltre la stabilità della rete elettrica olandese, ponendo allo stesso tempo lo sviluppo sostenibile in tutte le sue dimensioni al centro dei suoi progetti e delle sue operazioni per contribuire al benessere delle persone. Olivier Terneaud, VP Offshore Wind di TotalEnergies, afferma : “La transizione energetica porta nuove sfide, sia in termini di impatto ambientale che di integrazione dell'energia verde nel sistema elettrico. È proprio per affrontare queste sfide che partecipiamo a queste gare, insieme a Ørsted, per sostenere la transizione energetica nei Paesi Bassi, dove attingiamo a oltre mezzo secolo di esperienza operativa offshore olandese per essere un partner energetico affidabile. In qualità di azienda globale multi-energia, che pone lo sviluppo sostenibile al centro della sua strategia, saremmo lieti di realizzare questi progetti innovativi”. Rasmus Errboe, Head of Region Continental Europe di Ørsted, afferma: “Siamo molto soddisfatti della nostra partnership con TotalEnergies per le prossime gare d'appalto olandesi. Con le nostre offerte congiunte vogliamo garantire che i Paesi Bassi possano accelerare la costruzione di impianti eolici offshore verso il 2030 e oltre, in modo ecologico all'avanguardia e come parte di un sistema energetico integrato. Ørsted non vede l'ora di dare un contributo significativo alla transizione energetica nei Paesi Bassi, insieme a TotalEnergies". La Zelanda è il più grande cluster di idrogeno nei Paesi Bassi. Con 600 MW di capacità di elettrolisi, diventerà il più grande cluster di idrogeno verde al mondo entro il 2027, alimentato esclusivamente dal parco eolico Holland Coast West. Integrando, tra le altre cose, il trasporto elettrico, le batterie e l'elettrificazione diretta del settore, raggiungeremo la massima integrazione del sistema. I vincitori delle gare dovrebbero essere annunciati dal governo olandese nell'autunno 2022. Info: TotalEnergy

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https://www.rmix.it/ - Guerra, Pandemia e Siccità: La Tempesta Perfetta per l'Africa
rMIX: Il Portale del Riciclo nell'Economia Circolare Guerra, Pandemia e Siccità: La Tempesta Perfetta per l'Africa
Ambiente

Guerra, Pandemia e Siccità: La Tempesta Perfetta per l'Africadi Marco ArezioAllo scoppio della guerra tra Ucraina e Russia la situazione alimentare delle popolazioni Africane, specialmente quelle nelle aree occidentali, come il Burkina Faso, il Ciad, Niger Mali e Nigeria, era già compromessa in quanto le lunghe siccità avevano fatto crescere del 20% i prezzi dei beni alimentari.Con il conflitto in corso, la situazione si è ulteriormente aggravata in quanto molti paesi dipendono dalla Russia e dall'Ucraina per le importazione di grano e la sua mancanza sul mercato porta all'aumento esponenziale dei prezzi e alla difficoltà a reperire le derrate alimentari.La dipendenza di questi nazioni, per le importazioni di grano dai due paesi in conflitto, si aggira tra il 30 e il 50%, lasciando pochi spazi di trovare nuovi fornitori per quantità così considerevoli.Un altro problema che si somma a quello della carenza di derrate alimentari è la probabile riduzione degli aiuti finanziari ai paesi poveri, in quanto, molti stati potrebbero spostare le risorse finanziarie, destinate alla cooperazione internazionale, per aiutare l'Ucraina e il gran numero di sfollati che si sta riversando in Europa.I poveri, gli affamati e i profughi, che siano alimentari o a causa delle guerre, sono tutti uguali ed è per questo che bisogna mantenere una visione degli aiuti ampia a livello mondiale.

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https://www.rmix.it/ - L’Idrometallurgia è una Chiave per le Nuove Filiere dei Rifiuti
rMIX: Il Portale del Riciclo nell'Economia Circolare L’Idrometallurgia è una Chiave per le Nuove Filiere dei Rifiuti
Economia circolare

La tecnica di recupero dei materiali preziosi nei rifiuti elettrici ed elettronici RAEEdi Marco ArezioDa tempo, il sistema della gestione e recupero dei rifiuti in Europa ha avviato un proficuo lavoro di riciclo degli scarti da post consumo, anche se con modalità e risultati differenti da paese a paese. In particolare le filiere più consolidate ad oggi sono quelle della carta, del vetro, del metallo, del legno e della plastica, da cui si ricavano annualmente ingenti risorse, in termini di materia prima seconda, che vengono impiegate nuovamente per la realizzazione dei prodotti. Basti pensare alla filiera dell’alluminio o del vetro che hanno un tasso di riciclo molto alto, permettendo di riutilizzare, in modo continuativo, il rifiuto nella produzione di articoli, minimizzando il ricorso alle materie prime naturali. Nel mondo dei rifiuti ci sono anche filiere di riciclo poco sviluppate, che presentano numeri di crescita potenzialmente molto alti e promettenti, dalle quali ci si attende un contributo sostanziale per il riciclo di preziosi elementi chimici che, diversamente, dovremmo estrarre dalla natura. Mi riferisco ai rifiuti elettrici ed elettronici, i materiali da costruzione, gli inerti, e altri materiali che possono contribuire in maniera importante a migliorare la critica situazione delle materie prime sul mercato internazionale. Alcuni metalli, per esempio, sono più difficili da trovare sul mercato e il loro costo è diventato quasi proibitivo, nello stesso tempo, non avendo sviluppato una filiera di recupero efficiente, vengono buttati in discarica. Un riferimento specifico al problema può essere rappresentato dai rifiuti RAEE, le cui percentuali di recupero dei componenti sono ancora abbastanza limitate, rispetto alle tonnellate di scarti che annualmente vengono buttate ogni anno nel mondo. All’interno dei rifiuti RAEE troviamo materie prime estremamente pregiate, come l’oro, l’argento, le terre rare e altri numerosi metalli che, per quanto estremamente preziosi, non sono facili da recuperare. Una via è quella di sottoporre i rifiuti elettrici ed elettronici, dopo la loro selezione e macinazione, alla cosiddetta idrometallurgia, un insieme di tecniche chimiche e chimico-fisiche, che permette l’estrazione dai rifiuti dei minerali preziosi da recuperare. Cosa è e come avviene il processo Idrometallurgico? Il processo Idrometallurgico si occupa del trattamento in fase liquida dei rifiuti elettrici ed elettronici, degli scarti industriali o di altre tipologie di rifiuti, finalizzate al recupero dei metalli presenti. Il processo può essere diviso in due fasi, per semplificare il processo:1. Liscivazione: consiste della dissoluzione del rifiuto da trattare attraverso l’impiego di una soluzione specifica, permettendo la dissoluzione dell’elemento solido e la stabilità dei componenti. 2. Separazione e purificazione del metallo: dal processo di lisciviazione si ricava una soluzione contenente ioni metallici e molte altre impurità. A questo punto può essere necessario trattare in maniera opportuna la soluzione (ad esempio tramite una filtrazione per rimuovere eventuali solidi sospesi, o variando alcuni parametri operativi, quali la temperatura o il pH della soluzione stessa), prima di procedere alle fasi successive del recupero del metallo. Le operazioni di recupero e purificazione possono essere completate tramite le seguenti fasi: • precipitazione/cristallizzazione • scambio ionico • estrazione con solvente • elettrodeposizione Per l’estrazione delle sostanze da recuperare si utilizza un solvente, attraverso una fase definita “estrazione liquido-liquido”, che è un processo per cui una fase liquida viene trasferita ad un’altra fase liquida ma non miscibili tra loro. Per realizzare questa operazione viene utilizzato un estraente, cioè una molecola avente proprietà complessanti che, reagendo secondo vari meccanismi con una sostanza disciolta nella fase acquosa, è in grado di estrarla. Queste due fasi, dissolvente ed estraente, costituiscono la fase organica, le cui peculiarità sono: • l’alta selettività che permette quindi la separazione di metalli con proprietà molto simili • possibilità di trattare scarti e residui industriali • elevati fattori di separazione che consentono di ottenere prodotti con un grado di purezza estremamente elevato • impiantistica semplice, flessibile e facilmente automatizzabile • impianti con impatto ambientale contenuto (i solventi sono continuamente riciclati e si opera prevalente-mente a temperatura ambiente) • basso consumo energetico • possibilità di trattare matrici contenenti basse concentrazioni di metalli per i costi di processo contenuti.Categoria: notizie - idrometallurgia - economia circolare - riciclo - rifiuti - metalli - rottame

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https://www.rmix.it/ - Cantiere Sostenibile: Il Riciclo dei Teli Impermeabili da Sottotetto
rMIX: Il Portale del Riciclo nell'Economia Circolare Cantiere Sostenibile: Il Riciclo dei Teli Impermeabili da Sottotetto
Economia circolare

Polipropilene, Poliestere e Polietilene sono le principali materie prime che costituiscono i teli sottocoppo e sottotegoladi Marco ArezioNell’ambito della sostenibilità dei materiali che vengono utilizzati nei cantieri edili per l’impermeabilizzazione dei tetti, ci siamo occupati in passato dei sistemi di riciclo delle lastre in cartone bitumato, che servono per la posa di coppi e tegole, rendendo il tetto impermeabile e nello stesso tempo ventilato e delle guaine bituminose, che vengono posizionate sopra la falda del tetto in laterocemento o in legno, per proteggerlo dalle infiltrazioni di acqua. Se nel passato, durante le fasi di demolizione, il materiale di risulta del cantiere veniva inviato senza alcuna selezione preventiva alla discarica, oggi è doveroso e necessario selezionare i prodotti di scarto per il loro recupero. I teli sottotetto e sottotegola sono prodotti relativamente recenti che vengono utilizzati per evitare percolazioni di acqua all’interno dell’abitazione, per riflettere il calore verso l’esterno, per favorire la traspirabilità del pacchetto tetto, per ridurre la formazione di umidità causata da fattori interni ed esterni e per altri scopi. Come sono composti i teli sottotetto?I più diffusi sono realizzati in polipropilene o poliestere o polietilene, attraverso la calandratura delle materie prime in strati sottili e molto resistenti. Sono normalmente realizzati in pacchetti stratificati di due, tre o quatto fogli ognuno con un compito preciso che possiamo riassumere: • Strati di finitura • Strato portante • Strato riflettente • Armature Per renderci conto della costituzione di un metro quadrato di telo impermeabile possiamo dire che le grammature possono variare da 100 a 400 grammi, possono avere alcuni strati accoppiati tra loro o prevedere un’armatura a rete che ne aumenta la resistenza a trazione. Quali funzioni hanno i teli sottotetto?In passato l’impermeabilizzazione del tetto, che fosse costituito da una falda il laterocemento o da un assito in legno, si affidava ai composti bituminosi, guaine liquide o guaine a rotoli, il compito di rendere impermeabile il tetto. Con l’utilizzo su larga scala dei tetti in legno, si è notato che la posa dei composti bituminosi avevano una controindicazione, in quanto l’umidità che migrava dall’abitazione veniva bloccata dallo strato impermeabile, con la conseguenza di far marcire, nel tempo, l’assito in legno. Si iniziò quindi ad adottare, per questa tipologia di costruzione, le lastre in cartone riciclato imbevute di bitume, che permettevano, attraverso la loro conformazione, sia la ventilazione del tetto che la facilità di posa della copertura in laterizio. L’adozione successiva dei teli sottotetto ebbe una più rapida impiego nel nord Europa, in quanto l’uso del legno per i tetti era più diffuso che nel sud, inoltre la copertura finale era spesso rappresentata dalle tegole e, queste, risultavano di facile posa su una doppia listellatura in legno anziché sulle lastre bitumate. Nacque così una vasta gamma di prodotti per le esigenze più disparate: • Impermeabilità • Traspirabilità • Riflettenza • Protezione • Isolamento • anticondensa Come riciclare i teli sottotetto?La grande diffusione di questi sistemi di protezione ha, negli ultimi trent’anni, incrementato in modo esponenziale la produzione creando, dopo un lasso di tempo naturale, i primi ritorni come rifiuti da riciclare. Normalmente, essendo i prodotti costituiti da polimeri primari, come il polipropilene, il poliestere e il polietilene, il loro recupero segue la strada dei rifiuti plastici da post consumo, con il conferimento alle piattaforme di riciclo che provvederanno alla loro selezione, macinazione, lavaggio, densificazione, pronti per essere estrusi in nuova materia prima riciclata. Un percorso più problematico esiste per quei teli che sono composti da plastiche differenti, come l’abbinamento con poliuretani, poliesteri, film di alluminio o spalmature varie. In questi casi il conferimento agli impianti di riciclo meccanico di questi teli composti, crea un percentuale di rifiuti non riciclabili piuttosto elevata, in quanto diventa difficile la separazione per tipologia di polimeri dei vari strati e, quindi, il loro riciclo come nuova matria prima. Sicuramente alcune combinazioni tra i polimeri, come il PE+PET, potrebbero trovare un utilizzo come materie prime riciclate, ma restano comunque di difficile riciclo le altre tipologie. Categoria: notizie - plastica - economia circolare - riciclo - edilizia - teli impermeabili e traspiranti

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https://www.rmix.it/ - I Prezzi Correnti della Plastica Riciclata da Post Consumo
rMIX: Il Portale del Riciclo nell'Economia Circolare I Prezzi Correnti della Plastica Riciclata da Post Consumo
Economia circolare

I prezzi dei granuli, macinati, densificati, balle e materozze in plastica da post consumodi Marco ArezioIl mercato dei polimeri plastici riciclati da post consumo comprende un elevato numero di famiglie di prodotti e un’estesa gamma di forme, da poter utilizzare come materie prima nelle fasi di riciclo. Ogni famiglia di polimeri è caratterizzata da numerose sottofamiglie che ne identificano applicazioni particolari e, quindi, anche prezzi differenti. Per esempio, nel campo dell’HDPE in granulo, possiamo trovare le seguenti sottofamiglie che caratterizzano ricette diverse in base all’applicazione: • HDPE da estrusione • HDPE da film • HDPE da soffiaggio • HDPE da stampaggio Queste sottofamiglie hanno ulteriori livelli di sottoprodotti, con prezzi differenti, in base all’elemento specifico da realizzare. Per esempio, un granulo di HDPE da estrusione avrà livelli di prezzi differenti se viene impiegato per la realizzazione dell’interno del tubo corrugato, se utilizzato per la produzione dello stato esterno dello stesso, se si vuole produrre un tubo da irrigazioni rigido o un tubo con una certa pressione per il trasporto dei liquidi. Così, anche le altre sottofamiglie di HDPE avranno dei prezzi differenti al variare della filtratura, dell’MFI, della densità, del colore di base o finale, dell’Izod, del modulo ecc.. Quindi, non sarà il polimero generico, come succede in quelli vergini, ad avere un prezzo di riferimento, ma saranno le applicazioni finali che determineranno i costi della materia prima. Se poi prendiamo in considerazione l’estesa gamma dei polimeri riciclati da post consumo, entreranno in gioco anche altre caratteristiche, come la composizione della ricetta, le percentuali dei vari polimeri contenuti, le cariche e gli additivi necessari. Per quanto riguarda i macinati plastici da post consumo, nei prezzi bisogna considerare il tipo di taglio, la composizione, il grado di deferrizzazione, il colore prevalente, il lavaggio o meno e gli eventuali residui del taglio. Le balle dei materiali plastici riciclati avranno dei prezzi differenti in base alla selezione realizzata, tanto più accurata in termine di mono plastiche, tanto maggiore sarà il prezzo, inoltre si deve tener presente la loro pulizia e il loro imballo. Anche nel campo dei densificati i prezzi possono variare in base alla forma e alla loro dimensione, al grado di pulizia che esprime il prodotto, al migliore DSC proposto e al colore di base. Come si può vedere da quanto detto, non è possibile esprimere attraverso un listino generico le variabili di prezzo, in quanto sono molto numerose, quindi, per sapere un prezzo di riferimento sul mercato, in un certo momento dell’anno, è necessario fare un’analisi specialistica sul canale di interesse per il cliente. La società Arezio Marco si occupa di analizzare i prezzi della plastica riciclata sul mercato di interesse per il cliente, individuando la ricetta utile e verificando l’andamenti dei prezzi dai maggiori players nazionali ed internazionali sul mercato. I polimeri plastici da post consumo principalmente trattati sono: HDPE, LDPE, MDPE, PS, PVC, PP, PP/PE, ABS. Categoria: notizie - plastica - economia circolare - riciclo - rifiuti - prezzi

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https://www.rmix.it/ - Notizie sul Legno Riciclato nel Mondo
rMIX: Il Portale del Riciclo nell'Economia Circolare Notizie sul Legno Riciclato nel Mondo
Economia circolare

Tavole, bancali, segatura, blocchetti per pallets, biomasse, pavimenti, pannellature, pellets, arredamento, porte, isolanti in fibra riciclata e serramentidi Marco ArezioSul portale del riciclo rMIX puoi trovare offerte, richieste e notizie sul mondo del legno riciclato, sia sotto forma di materia prima che di prodotto semilavorato o finito. Il legno riciclato proviene dalla raccolta dello scarto che viene inviato al riciclo, mentre i prodotti finiti in legno riciclato sono recuperati da ristrutturazioni o cambio di destinazione d'uso.I prodotti principale trattati sono:travicapriatepavimentipannelliinfissimobiliassipalletspelletspackaging variobiomassescarti di lavorazioneCategoria: notizie - legno - economia circolare - riciclo - rifiuti

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