Scopri come ridurre l'impatto ambientale attraverso scelte di bellezza responsabili: consigli pratici, ingredienti naturali, imballaggi eco-friendly e marchi impegnati nella sostenibilitàdi Marco ArezioNegli ultimi anni, la crescente consapevolezza sui temi ambientali ha portato molti consumatori a orientarsi verso acquisti sostenibili. Questo fenomeno ha coinvolto anche l'industria cosmetica, dove materiali di imballaggio, ingredienti e processi produttivi sono diventati fattori decisivi nelle scelte di acquisto. Ma come scegliere davvero i cosmetici sostenibili? In questa guida esploreremo come valutare la riciclabilità dei materiali, l'impatto ambientale degli ingredienti, l'uso di imballaggi riciclati e riciclabili, e come riconoscere i produttori impegnati nella sostenibilità. Perché Scegliere Cosmetici Sostenibili? L'industria cosmetica ha un impatto significativo sull'ambiente. Dall'estrazione delle materie prime alla produzione e alla gestione dei rifiuti, ogni fase del ciclo di vita di un prodotto cosmetico contribuisce alle emissioni di CO₂, al consumo di risorse naturali e alla produzione di rifiuti. Scegliere cosmetici sostenibili significa ridurre l'impatto ecologico, sostenere pratiche etiche e promuovere il benessere del pianeta. Come Scegliere Imballaggi Sostenibili per i Cosmetici Uno degli aspetti principali nella scelta dei cosmetici sostenibili è l'imballaggio. Gli imballaggi convenzionali rappresentano circa il 70% dei rifiuti dell'industria cosmetica. Qui di seguito alcuni suggerimenti per valutare la sostenibilità dei materiali di imballaggio: Materiali Riciclabili e Compostabili Materiali Riciclabili: Preferisci prodotti confezionati in materiali facilmente riciclabili, come vetro, alluminio e carta certificata FSC. Questi materiali hanno un impatto ambientale inferiore rispetto alla plastica, poiché possono essere trasformati in nuovi prodotti senza perdita significativa di qualità. Imballaggi Compostabili e Biodegradabili: Molti marchi di cosmetici sostenibili stanno adottando imballaggi compostabili e biodegradabili realizzati con bioplastiche o fibre naturali. Questi materiali si decompongono naturalmente senza lasciare tracce nocive nell'ambiente. Imballaggi Ricaricabili: Alcuni produttori offrono la possibilità di acquistare ricariche per i loro prodotti, riducendo così la quantità di imballaggi e risparmiando materie prime. Gli imballaggi ricaricabili sono una scelta pratica e sostenibile. Utilizzo di Materiali Riciclati: Scegliere cosmetici confezionati in imballaggi realizzati con plastica riciclata, come la plastica PCR (Post-Consumer Recycled), contribuisce a ridurre la domanda di nuove risorse. Impatto Ambientale degli Ingredienti nei Cosmetici Gli ingredienti dei cosmetici sono un aspetto critico per determinare la sostenibilità del prodotto. Ecco come scegliere i cosmetici con il minor impatto ambientale: Ingredienti Naturali e Biodegradabili Ingredienti Naturali e Biodegradabili: Prediligi prodotti a base di oli vegetali, burro di karité ed estratti botanici. Questi ingredienti si decompongono facilmente e non rilasciano sostanze nocive nell'ambiente. Evitare Microplastiche e Sostanze Tossiche: Le microplastiche utilizzate come esfolianti contaminano gli oceani e sono dannose per la fauna marina. Evita prodotti contenenti polietilene (PE), polipropilene (PP) e nylon. Anche sostanze come parabeni, solfati e ftalati hanno un impatto negativo. Sostenibilità della Filiera: Gli ingredienti di origine vegetale devono provenire da filiere sostenibili e preferibilmente biologiche. L'olio di palma certificato RSPO è un esempio di produzione sostenibile che non contribuisce alla deforestazione. Le Certificazioni da Cercare nei Cosmetici Sostenibili Le certificazioni ambientali aiutano i consumatori a identificare prodotti realmente sostenibili. Tra le più rilevanti: ECOCERT e COSMOS: Certificano che il prodotto contiene ingredienti naturali e biologici, con standard ecologici. RSPO (Roundtable on Sustainable Palm Oil): Garantisce che l'olio di palma è prodotto senza distruzione degli habitat naturali. Leaping Bunny e Cruelty-Free International: Assicurano che il prodotto non è stato testato su animali e che rispetta standard etici elevati. Produttori di Cosmetici Sostenibili e Iniziative Ambientali Molte aziende cosmetiche si stanno impegnando per migliorare la sostenibilità dei loro prodotti e processi produttivi. Alcuni esempi: Lush: Con i suoi prodotti "nudi" senza imballaggio, Lush promuove attivamente il riciclaggio e utilizza ingredienti biodegradabili. The Body Shop: Utilizza ingredienti biologici e fair-trade e imballaggi in plastica riciclata. Supporta anche iniziative per il rimboschimento. Aveda: Impiega imballaggi in plastica PCR e utilizza energia rinnovabile nei suoi processi produttivi. Weleda: Conosciuta per l'agricoltura biodinamica, Weleda sostiene pratiche di conservazione ambientale e utilizza imballaggi sostenibili. Consigli per un Consumo Cosmetico Responsabile Oltre a scegliere cosmetici sostenibili, è importante adottare alcune buone pratiche per ridurre ulteriormente l'impatto ambientale: Riutilizzare e Riciclare: Riutilizzare i contenitori vuoti o portarli presso punti di raccolta specifici. Molte aziende offrono incentivi per il riciclo. Ridurre l'Acquisto di Prodotti Monouso: Preferisci soluzioni durevoli, come dischetti struccanti lavabili. Supportare Prodotti Multiuso: Scegliere prodotti multiuso riduce la quantità di imballaggi e il numero di prodotti acquistati. Conclusione Scegliere cosmetici sostenibili è un passo fondamentale per ridurre il nostro impatto ambientale e promuovere un consumo più responsabile. Preferire ingredienti naturali, imballaggi riciclabili e sostenere aziende impegnate in iniziative ecologiche sono tutte scelte consapevoli che fanno la differenza. Per ulteriori approfondimenti e aggiornamenti sui cosmetici eco-friendly, visita il nostro blog e scopri le ultime novità nel mondo della bellezza sostenibile.© Riproduzione Vietata
SCOPRI DI PIU'La fibra di cellulosa sarà la nuova frontiera per gli imballi alimentari certificati e circolaridi Marco ArezioIl vetro, la plastica e l’alluminio sono materie prime che troviamo sulle nostre tavole espresse in bottiglie per le bibite, ma oggi potrà esserci una nuova materia prima, ecosostenibile che potrebbe sostituire i vecchi materiali. Stiamo parlando della fibra di cellulosa che viene dalla gestione sostenibile delle foreste, dove gli alberi che vengono abbattuti sono rimpiazzati in numero superiore, creando un beneficio sull’assorbimento sempre maggiore della CO2 nell’atmosfera. La bottiglia a cui Coca-Cola sta pensando è fatta, ora, in fibra di cellulosa con all’interno un sacchetto di rPET e un tappo di plastica, che garantiscono la conformità alle normative sugli alimenti. Ma il futuro per Coca-Cola è sostituire anche il sacchetto interno di rPET e il tappo in plastica con materiali del tutto compatibili con la struttura esterna in fibra di cellulosa, quindi possa essere riciclata come qualsiasi carta, ma possa e debba rispettare tutti gli standard di sicurezza per gli imballi alimentari. Coca-Cola non è la sola azienda che sta lavorando a questo progetto, infatti anche altre note aziende come L’Oréal, Carlsberg, Pernot Ricard e Alpla sono allo studio di imballi di fibra di cellulosa per trovare un’alternativa alla plastica, al vetro e all’alluminio. La base di queste ricerche e questi nuovi progetti partono dal concetto di dare al consumatore un prodotto che appaia meno impattante possibile sull’ambiente e, sicuramente, la riforestazione intensiva per l’approvvigionamento della fibra di cellulosa ha un ottimo impatto ambientale e sociale. Ma non dobbiamo dimenticare che gli imballi di carta o di vetro o di plastica o di alluminio, al termine del loro ciclo di vita rimangono sempre un rifiuto e, per questo, deve essere riciclato e non disperso nell’ambiente con il falso convincimento che essendo di carta, l’imballo, potrebbe essere abbandonato dove più ci fa comodo, come se si riciclassero da soli.Categoria: notizie - plastica - economia circolare - rifiuti - carta Photo:PabocoVedi maggiori informazioni sul riciclo
SCOPRI DI PIU'Scopri cosa sono gli impregnanti naturali per legno, come si producono, perché sono sostenibili, le differenze con quelli sintetici e i migliori marchi disponibilidi Orizio LucaIl legno è uno dei materiali più antichi e nobili utilizzati dall’uomo, simbolo di naturalezza e calore sia negli ambienti domestici che negli spazi esterni. Mobili, pavimenti, serramenti, strutture da giardino e persino utensili da cucina: il legno ci accompagna quotidianamente e necessita di essere protetto per resistere agli agenti atmosferici, all’umidità e agli attacchi biologici. Tradizionalmente, per preservare la bellezza e la durata del legno, si è fatto largo uso di impregnanti e vernici a base chimica. Tuttavia, la crescente sensibilità verso la sostenibilità ambientale ha portato consumatori e produttori a rivalutare le proprie scelte, orientandosi verso prodotti più “puliti”, sicuri e compatibili con la natura. Gli impregnanti sostenibili per legno rispondono a questa esigenza: sono formulati per offrire una protezione efficace senza compromettere la salute di chi li applica, degli ambienti interni e dell’ecosistema circostante. La sostenibilità non è più solo un valore aggiunto, ma una scelta imprescindibile che coinvolge tutta la filiera, dalla selezione delle materie prime fino al ciclo di vita del prodotto finito. Scegliere un impregnante sostenibile oggi significa compiere un atto di responsabilità verso l’ambiente, la propria salute e il benessere della casa, mantenendo allo stesso tempo prestazioni elevate, estetica naturale e una manutenzione semplice. Ma cosa rende davvero “sostenibile” un impregnante per legno? Come riconoscere i migliori e quali vantaggi concreti portano? Scopriamolo insieme. Cosa Sono gli Impregnanti Sostenibili per Legno Gli impregnanti sostenibili sono prodotti specificamente formulati per penetrare in profondità nelle fibre del legno, proteggendolo dall’interno anziché creare una barriera superficiale come avviene con molte vernici tradizionali. La loro particolarità risiede nell’origine delle materie prime e nell’intero ciclo produttivo, pensati per ridurre l’impatto ambientale e garantire sicurezza d’uso. A differenza dei comuni impregnanti sintetici, ricchi di resine petrolchimiche e solventi tossici, i prodotti sostenibili utilizzano principalmente ingredienti naturali o di origine vegetale, come oli (di lino, tung, soia), cere (d’api, carnauba), resine estratte da piante e pigmenti minerali. Anche la parte solvente, se presente, è costituita da acqua o da solventi naturali, escludendo composti organici volatili (VOC) dannosi per salute e ambiente. Dal punto di vista funzionale, l’impregnante naturale penetra nelle micro-porosità del legno e lo nutre, preservandone la traspirabilità, l’aspetto naturale e la sensazione calda al tatto. A differenza di una vernice, che tende a formare una pellicola protettiva visibile e talvolta rigida, l’impregnante lascia il legno “respirare”, favorendo la regolazione naturale dell’umidità e prevenendo fenomeni di sfogliamento o screpolatura. La sostenibilità degli impregnanti naturali si basa su tre pilastri: - Origine rinnovabile delle materie prime: utilizzo di risorse vegetali coltivate responsabilmente e, laddove possibile, certificate (biologiche, FSC, ecc.)- Processi produttivi a basso impatto: produzione attenta alle emissioni, al consumo energetico e alla minimizzazione dei rifiuti- Biodegradabilità e sicurezza d’uso: i residui del prodotto non inquinano suolo o acqua, e l’applicazione non espone l’utente a rischi tossicologiciIn sintesi, un impregnante sostenibile protegge il legno e ne esalta la bellezza, mentre rispetta la salute e la natura: una scelta ideale per chi desidera abbinare cura estetica e responsabilità ambientale. Come Si Producono gli Impregnanti per Legno Sostenibili La produzione di impregnanti sostenibili richiede un’attenta selezione delle materie prime e una formulazione equilibrata che privilegi la performance senza sacrificare la compatibilità ambientale. Gli ingredienti principali sono: - Oli vegetali: l’olio di lino cotto è tra i più utilizzati per la sua capacità di penetrare profondamente e nutrire il legno. Altri oli diffusi sono quello di tung (resistente all’acqua), soia, cartamo, cocco o girasole- Cere naturali: la cera d’api, la carnauba o altre cere vegetali offrono resistenza agli agenti atmosferici e migliorano l’effetto idrorepellente- Resine naturali: la gommalacca, la resina dammar e altre resine vegetali aumentano la durabilità e facilitano la polimerizzazione- Pigmenti minerali: utilizzati per conferire tonalità naturali senza ricorrere a coloranti sintetici- Solventi green: laddove necessario, si utilizzano diluenti naturali (oli essenziali, acqua) e solventi a bassissima tossicitàIl processo produttivo è pensato per limitare l’uso di energia, evitare la contaminazione incrociata e ridurre le emissioni di VOC. I migliori produttori adottano confezioni riciclabili e forniscono documentazione trasparente sugli ingredienti e sulle certificazioni ambientali. Differenze tra Impregnanti Sostenibili e Sintetici La principale differenza tra impregnanti sostenibili e sintetici risiede proprio nella loro composizione. Gli impregnanti sintetici sono realizzati con resine petrolchimiche, solventi aggressivi e additivi chimici per aumentare resistenza e durata. Questi componenti, pur offrendo una protezione spesso molto duratura, comportano rischi per la salute (esposizione a VOC e sostanze tossiche), rilasciano sostanze inquinanti e tendono a formare pellicole che nel tempo possono sfogliare e richiedere complessi interventi di manutenzione. Gli impregnanti sostenibili invece: - privi di sostanze tossiche per l’uomo e l’ambiente- Mantengono la traspirabilità e l’aspetto naturale del legno- Sono biodegradabili e facilmente rimovibili o rinnovabili senza necessità di carteggiature profonde- Richiedono, in alcuni casi, una manutenzione periodica leggermente più frequente, ma rendono più agevole la ritinteggiatura e il rinnovo- Inoltre, mentre i prodotti sintetici possono alterare la colorazione o la texture del legno con il tempo, gli impregnanti naturali lo esaltano, conservando le venature originali e donando una finitura opaca o satinataPerché Scegliere un Impregnante Sostenibile: Vantaggi e Sostenibilità Scegliere un impregnante sostenibile per il legno significa non solo compiere un gesto di responsabilità ambientale, ma anche tutelare la salute degli abitanti della casa e ottenere un risultato estetico di grande naturalezza. Ecco alcuni vantaggi concreti: - Sicurezza d’uso: niente vapori tossici né rischi per chi applica il prodotto, ideale anche per superfici a contatto con alimenti o in presenza di bambini e animali- Impatto ambientale ridotto: nessuna contaminazione di suolo e acque, basso contenuto di VOC e ingredienti rapidamente biodegradabili- Ciclo di vita circolare: il legno trattato può essere facilmente rinnovato, recuperato o smaltito senza complicazioni- Valorizzazione del materiale: le fibre del legno respirano, l’aspetto rimane naturale e il tocco caldo- Scelta consapevole: molti produttori adottano filiere corte, packaging riciclabile e trasparenza totale sulla composizioneCome si Usano gli Impregnanti Sostenibili: Guida Pratica L’applicazione di un impregnante sostenibile è semplice e alla portata di tutti, ma occorrono alcune attenzioni per massimizzare l’efficacia: Preparazione della superficie: Il legno deve essere pulito, asciutto, privo di polvere, muffa, vecchie pitture o impregnanti precedenti. Una carteggiatura leggera (grana 120-150) migliora l’assorbimento. Applicazione: Gli impregnanti sostenibili possono essere applicati a pennello, rullo, panno morbido o spugna. Si stende uniformemente seguendo la direzione delle fibre del legno. Per legni molto secchi, si consiglia una prima mano abbondante. Tempo di assorbimento e rimozione dell’eccesso: Dopo 15-30 minuti, si asporta il prodotto in eccesso con un panno pulito. Evitare accumuli o ristagni che potrebbero lasciare aloni o zone lucide. Manutenzione: Per uso esterno o legni esposti, ripetere il trattamento dopo 24 ore. In generale, è sufficiente un rinnovo ogni 1-2 anni, o quando il legno appare più spento o secco. Attenzione alle condizioni ambientali: Non applicare in condizioni di umidità elevata o pioggia imminente. Il legno deve essere perfettamente asciutto. I Migliori Produttori di Impregnanti Sostenibili Dopo un’attenta ricerca, elenchiamo alcuni marchi che si distinguono per qualità, sostenibilità e recensioni degli utenti sono: 1. Osmo Riferimento europeo per oli e cere naturali, offre prodotti come “Olio & Cera dura” e “Olio per esterni”, ideali per ogni tipo di legno. Le formulazioni Osmo sono note per trasparenza degli ingredienti, durabilità e facilità d’uso. 2. Biofa Specializzata in vernici ecologiche, propone impregnanti all’olio per interni ed esterni, sicuri anche per superfici a contatto con alimenti. I prodotti Biofa hanno certificazioni ambientali e una gamma colori ampia e naturale. 3. Renner Green Marchio italiano che propone impregnanti a base d’acqua con ottimo rapporto qualità/prezzo. La linea “Green” si distingue per emissioni ridotte, prestazioni elevate e facile manutenzione. 4. Auro Storico produttore di prodotti vernicianti vegetali, utilizza oli, resine e pigmenti esclusivamente naturali. Gli impregnanti Auro sono apprezzati per la trasparenza delle formule e per la delicatezza sulle superfici. 5. Borma Wachs Azienda italiana con una vasta gamma di impregnanti, oli e cere naturali. I prodotti sono particolarmente adatti anche per restauri, bioedilizia e legno di recupero. Consiglio pratico: Verifica sempre che il prodotto sia descritto come “impregnante naturale” o “ecologico”, leggi le schede tecniche e scegli referenze con molte recensioni positive. Preferisci formati adatti all’uso domestico per evitare sprechi. Come Scegliere un Impregnante Sostenibile: Consigli Utili - Leggi la composizione: prediligi prodotti privi di solventi chimici, con oli e cere vegetali di origine certificata- Controlla le certificazioni: Ecolabel, Bio, FSC per il legno, o altre etichette ambientali serie- Scegli la trasparenza: i migliori produttori pubblicano la lista degli ingredienti e i dati tecnici- Valuta le recensioni: su Amazon.it sono spesso presenti commenti dettagliati sulla resa estetica, sulla facilità d’uso e sulla durata- Confezioni ecologiche: prediligi flaconi riciclabili e produttori che riducono il packagingConclusioni Gli impregnanti per legno sostenibili rappresentano oggi una scelta concreta e matura per chi vuole prendersi cura del proprio legno, proteggere la salute e rispettare l’ambiente. Oli, cere e resine naturali offrono prestazioni eccellenti, esaltano la bellezza dei manufatti e rendono la manutenzione più semplice e sostenibile nel tempo. Scegliere prodotti di qualità, informarsi sulla composizione e sulle certificazioni e affidarsi a marchi riconosciuti, che puoi comodamente trovare su Amazon.it, significa investire non solo nel benessere della casa, ma anche in un futuro più responsabile e consapevole. Il futuro della protezione del legno è naturale. E ora è davvero alla portata di tutti.© Riproduzione Vietata
SCOPRI DI PIU'Se lavori in ambienti come cantieri, officine o laboratori o nel fai da te, sai quanto sia fondamentale avere uno aspirapolveri e aspiraliquidi efficiente e sostenibiledi Marco ArezioGli aspirapolvere e gli aspiraliquidi industriali sono indispensabili per mantenere pulizia e sicurezza, ma con tanti modelli sul mercato, scegliere quello giusto può sembrare un'impresa. In questa guida scoprirai cosa rende davvero efficiente un aspirapolvere industriale, quali sono i modelli più adatti alle tue esigenze e come fare una scelta sostenibile senza compromessi sulla qualità. Prenditi qualche minuto per leggere: fare la scelta giusta significa non solo risparmiare tempo e fatica, ma anche garantire un ambiente di lavoro più salubre e sicuro. Prima dell'Acquisto: Cosa Devi Sapere su un Aspirapolvere Industriale 1. Potenza e Capacità di Aspirazione: Perché Contano La potenza del motore e la capacità di aspirazione sono ciò che differenzia un buon aspirapolvere da uno mediocre. I motori più potenti, di solito tra i 1000 e i 1500 watt, sono in grado di affrontare detriti e liquidi con maggiore efficienza. Ma attenzione: più potenza non significa sempre migliore, soprattutto se il tuo obiettivo è ottimizzare il consumo energetico e l'impatto ambientale. Valuta bene le tue esigenze reali. 2. Capacità del Serbatoio: Non Sottovalutare Questo Aspetto La capacità del serbatoio determina quanto a lungo puoi lavorare senza dover svuotare l'aspiratore. Se lavori in ambienti con grandi accumuli di sporco, un serbatoio da almeno 30 litri sarà essenziale per evitare continue interruzioni. I serbatoi più grandi ti permettono di essere più efficiente e riducono i tempi morti. 3. Classi di Polvere: La Sicurezza Prima di Tutto Gli aspiratori industriali vengono classificati in base alla tipologia di polveri che possono trattare (Classi L, M, H). Per polveri comuni e poco pericolose va bene un aspiratore di Classe L, mentre per polveri più dannose come quelle di quarzo o amianto, serve un modello di Classe M o H. Non scendere mai a compromessi sulla sicurezza: conoscere la classe di polvere adatta al tuo lavoro può fare una grande differenza per la tua salute. 4. Filtraggio: Non Tutti i Filtri Sono Uguali Un buon sistema di filtraggio protegge sia te che l'ambiente. I filtri HEPA, ad esempio, sono essenziali per trattenere polveri sottili e allergeni. Scegliere un modello con un sistema di pulizia automatica del filtro non solo ti risparmierà manutenzione, ma aumenterà anche l'efficienza dell'aspirapolvere, mantenendo le sue prestazioni costanti. 5. Accessori: La Versatilità che Fa la Differenza Pensa agli accessori come alle braccia estese dell'aspirapolvere. Tubi, bocchette e spazzole specifiche possono trasformare il tuo aspiratore in uno strumento versatile capace di affrontare ogni tipo di superficie e angolo difficile da raggiungere. Verifica che il modello scelto abbia gli accessori necessari per il tuo lavoro: dalle superfici lisce ai tappeti, fino agli angoli più nascosti. 6. Mobilità e Robustezza: Perché il Lavoro sia anche Confortevole Nessuno vuole trascinare un aspirapolvere scomodo e pesante in un ambiente di lavoro caotico. Scegliere modelli con ruote robuste e maniglie ergonomiche ti aiuterà a risparmiare fatica e a muoverti agilmente. Inoltre, assicurati che il modello sia costruito per durare: materiali resistenti a urti e corrosione sono fondamentali in contesti difficili come i cantieri. Differenze Chiave tra i Modelli sul Mercato Gli aspirapolvere industriali si distinguono per: Potenza del Motore: Maggiore potenza per aspirare detriti più difficili. Capacità del Serbatoio: Capacità più elevata significa meno interruzioni. Classe di Polvere: Modelli di classe superiore proteggono da polveri più pericolose. Filtri Avanzati: I filtri HEPA o altri sistemi di filtraggio avanzati sono fondamentali per trattenere le particelle fini e ridurre l’esposizione agli allergeni. Come Scegliere il Modello Adatto alle Tue Esigenze Tipo di Lavoro e Ambiente: Considera la tipologia di polveri e liquidi che dovrai gestire. Un’officina, ad esempio, avrà bisogno di un modello resistente a olio e liquidi specifici. Durata e Affidabilità: Se usi l’aspirapolvere intensamente, investire in un modello robusto con una buona garanzia è una scelta strategica. Alcuni produttori offrono anche assistenza tecnica e ricambi facilmente reperibili, un valore aggiunto da non sottovalutare. Efficienza Energetica: Scegliere un modello a basso consumo riduce la bolletta energetica e aiuta l’ambiente. Marchi che puntano su materiali riciclati e tecnologie green offrono una doppia vittoria: prestazioni elevate e un’impronta ecologica ridotta. Sostenibilità e Valore Aggiunto Alcune aziende stanno adottando politiche concrete per migliorare la sostenibilità dei loro prodotti. Bosch, ad esempio, sta aumentando l’uso di materiali riciclati e migliorando l'efficienza energetica delle proprie macchine. Scegliere un marchio attento alla sostenibilità significa contribuire a ridurre l'impatto ambientale. Inoltre, optare per aspirapolvere con parti sostituibili e materiali durevoli permette di allungarne la vita utile e ridurre i rifiuti elettronici. Confronto tra i Migliori Modelli del Mercato Per aiutarti a fare una scelta informata, ecco un confronto tra tre modelli di aspirapolvere industriali: MENZER Aspiratore Industriale VCL 530 PRO Potenza: 1200 W Capacità serbatoio: 30 L Classe di polvere: L Filtraggio: Sistema di filtraggio avanzato per polveri generiche.Pro: Capacità elevata e grande robustezza, perfetto per ambienti intensi. Contro: Limitato a polveri a bassa pericolosità. Bosch Professional Aspiratore Industriale GAS 35 M AFC Potenza: 1200 W Capacità serbatoio: 35 L Classe di polvere: M Filtraggio: Dotato di filtro HEPA e sistema di pulizia automatica. Pro: Adatto a polveri medio-pericolose, filtraggio HEPA di alta qualità. Contro: Prezzo superiore rispetto ad altri modelli. Einhell Aspirapolvere e Aspiraliquidi TE-VC 2340 SACL Potenza: 1500 W Capacità serbatoio: 40 L Classe di polvere: L Filtraggio: Filtraggio standard con pulizia manuale. Pro: Ottimo rapporto qualità-prezzo, serbatoio capiente. Contro: Filtraggio meno avanzato e classe di polvere limitata. Conclusioni: Quale Aspirapolvere è Perfetto per Te? Scegliere l’aspirapolvere giusto dipende dalle tue specifiche esigenze. Se hai bisogno di un modello versatile per gestire polveri medio-pericolose in un ambiente misto, il Bosch Professional GAS 35 M AFC è una scelta eccellente grazie alla sua potenza e al filtraggio avanzato. Se invece il tuo obiettivo è un modello ad alta capacità a un prezzo contenuto, l’Einhell TE-VC 2340 SACL offre un ottimo equilibrio, pur avendo qualche limitazione sul filtraggio. Qualunque sia la tua scelta, investire in un aspirapolvere industriale di qualità significa migliorare l’efficienza del lavoro, garantire la sicurezza dell’ambiente e, perché no, contribuire a un futuro più sostenibile. Buon acquisto! © Riproduzione Vietata
SCOPRI DI PIU'Un ritratto di saggezza e circolarità, creato con scatolette di tonno per riflettere sul valore del riutilizzo e della condizione umanadi Marco ArezioQuesta opera d'arte, un ritratto di un anziano composto interamente da scatolette di tonno vuote, rappresenta una visione intensa e profonda della condizione umana e della relazione tra uomo e materia. L'artista ha scelto come mezzo di espressione le scatolette di tonno per creare un parallelo tra la fragilità dell'essere umano e l'usura del metallo, spesso destinato a contenere qualcosa di effimero prima di essere scartato. Queste scatolette, apparentemente anonime e insignificanti, assumono in quest’opera un nuovo valore, diventando gli elementi costitutivi di un volto segnato dal tempo, dalle esperienze, e dalla saggezza. L’anziano raffigurato non è solo un volto; è un simbolo di memoria collettiva, di resilienza e di permanenza. L’utilizzo del metallo suggerisce un contrasto tra la durevolezza dei materiali e la transitorietà della vita umana, mentre i segni del volto, modellati con la pazienza e l’abilità dell’artista, trasmettono un senso di empatia e rispetto verso le generazioni passate. Ogni scatoletta è come una tessera di un mosaico che, se vista isolatamente, può sembrare priva di significato, ma insieme crea una figura dotata di espressività e profondità. Questa scelta riflette l'idea che ogni esperienza, ogni momento, anche il più piccolo, contribuisce a definire la nostra identità complessiva. Attraverso quest’opera, l’artista ci invita a riflettere sulla circolarità della vita e sull'importanza del riutilizzo. Le scatolette di tonno non sono qui meri materiali di scarto, ma rappresentano la possibilità di dare nuova vita a ciò che normalmente consideriamo inutile, suggerendo una connessione diretta con i principi dell'economia circolare. Il volto dell’anziano diventa un emblema della saggezza accumulata e della capacità umana di reinventare e riutilizzare, sottolineando come ogni oggetto abbia un potenziale nascosto, proprio come ogni persona possiede storie e segreti che contribuiscono alla sua complessità. Interpretazione dell'opera In un'epoca di consumismo sfrenato, in cui tutto sembra avere un ciclo di vita ridotto, questa scultura invita lo spettatore a fermarsi, a osservare e a riflettere sul valore della sostenibilità. Le scatolette di tonno sono simboli di un consumo quotidiano e ordinario, ma in questo contesto diventano simboli di permanenza e resilienza. L’opera ci ricorda che anche ciò che appare marginale e destinato allo scarto può essere recuperato e riconfigurato, dando origine a qualcosa di unico e significativo. Il volto dell'anziano, costruito con cura e pazienza, sembra guardarci con uno sguardo carico di saggezza e consapevolezza, quasi a volerci ricordare che anche il tempo è un bene prezioso, da rispettare e valorizzare.Per acquistare l'opera su formato cartoncino 21x30 o 30x40 cm. contattare il portale rMIX: info@rmix.it inserendo il codice: ECME11© Riproduzione Vietata
SCOPRI DI PIU'Analisi strutturale e funzionale dei film in polipropilene per l'imballaggio: differenze costruttive, applicazioni industriali e impiego dei polimeri riciclatidi Marco Arezio. Nel panorama dell’imballaggio moderno, la plastica flessibile gioca un ruolo centrale non solo per la sua capacità di proteggere il contenuto, ma anche per l’efficienza con cui accompagna la logistica, la comunicazione visiva e la conservazione dei prodotti. I film a base di polipropilene (PP) incarnano al meglio questa versatilità, offrendo un equilibrio interessante tra proprietà meccaniche, barriera, estetica e processabilità. Tuttavia, definire un film semplicemente come “PP” è una semplificazione che non rende giustizia alla varietà e complessità dei materiali realmente impiegati.Tra le varianti più utilizzate troviamo tre categorie distinte: PP non orientato, CPP (Cast Polypropylene) e BOPP (Biaxially Oriented Polypropylene). Ciascuna presenta caratteristiche specifiche dovute a differenti processi produttivi e a strutture molecolari uniche, con impatti decisivi sulle prestazioni funzionali e sugli ambiti applicativi, dalla conservazione alimentare alla stampa di etichette. Il polipropilene (PP): struttura polimerica e versatilità di base Il polipropilene nasce dalla polimerizzazione del monomero propilene, un idrocarburo a tre atomi di carbonio. La sua catena può assumere diverse configurazioni stereochimiche: isotattica, atattica o sindiotattica. La forma più impiegata nel settore dell’imballaggio è quella isotattica, caratterizzata da una struttura ordinata e cristallina che conferisce al materiale una buona rigidità, trasparenza e resistenza. Le sue proprietà fondamentali lo rendono ideale per l’utilizzo nei film plastici: - Temperatura di fusione relativamente alta (160–165 °C), utile per applicazioni che prevedono trattamenti termici. - Bassa densità (0,90–0,91 g/cm³), che si traduce in una resa maggiore a parità di peso. - Ottima saldabilità e resistenza agli agenti chimici, specialmente grassi e solventi organici. - Inerzia elettrica, che consente applicazioni anche in ambito elettronico. Il PP può essere utilizzato puro (omopolimero) o modificato con etilene (copolimero random o a blocchi), con lo scopo di migliorarne la resistenza all’urto, la flessibilità e la lavorabilità, in base alla destinazione d’uso finale. CPP – Cast Polypropylene: struttura, vantaggi e limiti Il CPP è prodotto tramite un processo di estrusione a testa piatta, in cui il polimero fuso viene colato su una superficie raffreddata e solidificato rapidamente. Questa lavorazione non prevede stiramento molecolare, mantenendo quindi una struttura relativamente amorfa. Di conseguenza, il film CPP è molto più flessibile e facilmente saldabile, ma meno resistente dal punto di vista meccanico rispetto al BOPP. Tra i suoi punti di forza troviamo: - Spessore uniforme, utile per applicazioni che richiedono controllo dimensionale. - Eccellente saldabilità, anche a bassa temperatura, che lo rende ideale come strato interno in accoppiati multistrato. - Buona trasparenza e brillantezza, estetiche utili per confezioni visivamente attrattive. - Flessibilità superiore, vantaggiosa per imballaggi che devono adattarsi alla forma del contenuto. Tuttavia, il CPP presenta anche delle limitazioni evidenti: - La resistenza alla trazione e alla perforazione è inferiore. - La stabilità dimensionale è meno performante, soprattutto in ambienti con variazioni di temperatura. - La rigidità insufficiente ne sconsiglia l’uso in linee di confezionamento automatiche ad alta velocità. Per questi motivi, il CPP viene spesso laminato con altri film, come il PET o il BOPP, per combinare le proprietà di ognuno e ottenere materiali più performanti e su misura per esigenze specifiche. BOPP – Biaxially Oriented Polypropylene: orientamento molecolare per alte prestazioni Il BOPP rappresenta una vera evoluzione ingegneristica nel mondo dei film plastici. Dopo l’estrusione iniziale, il film subisce un processo di biorientamento, ovvero viene stirato in due direzioni ortogonali. Questo allineamento molecolare incrementa in maniera significativa la resistenza meccanica, la rigidità, e la stabilità dimensionale. Grazie a queste proprietà, il BOPP si distingue per: - Altissima resistenza alla trazione lungo entrambi gli assi, MD e TD. - Eccellente stabilità dimensionale, importante per la precisione nelle fasi di stampa e confezionamento. - Superficie planare e brillante, che migliora l’estetica e la leggibilità del packaging. - Ottima barriera all’umidità, anche se non particolarmente efficace contro ossigeno e aromi. - Trattabilità superficiale, che consente metallizzazione, coating acrilici, o trattamenti corona per migliorarne la stampabilità o le prestazioni barriera. Le applicazioni spaziano dall’industria alimentare (flow pack per snack e biscotti), al settore della cosmetica, all’etichettatura autoadesiva, fino all’impiego in nastri adesivi tecnici. Tuttavia, la rigidità del materiale e la sua difficoltà di saldatura senza trattamento superficiale possono rappresentare degli svantaggi in particolari condizioni operative. L’evoluzione sostenibile: polimeri riciclati nei film in PP, CPP e BOPP Nel contesto della transizione ecologica e dell’economia circolare, anche i film plastici devono affrontare una trasformazione profonda. Sempre più frequentemente si integrano quote di polipropilene riciclato (rPP) nei materiali destinati all’imballaggio. Tuttavia, questa operazione non è semplice: il riciclo del PP presenta delle sfide sia tecniche che normative, soprattutto quando si parla di imballaggi alimentari. Esistono due modalità principali di ottenere rPP: - Riciclo meccanico, mediante selezione, lavaggio e granulazione degli scarti post-consumo o post-industriali - Riciclo chimico, con la depolimerizzazione del materiale in monomeri, per poi ottenere nuova materia prima con caratteristiche simili al vergine Dal punto di vista produttivo, i film CPP sono più tolleranti verso l’uso di rPP, poiché non necessitano di elevata omogeneità molecolare. I film BOPP, al contrario, richiedono una distribuzione molto precisa delle masse molari per consentire il biorientamento senza difetti: l’introduzione di rPP può causare problemi di resistenza o uniformità. Le strategie più promettenti includono: - Progetti monomateriale, in cui si accoppiano solo film in PP (CPP + BOPP), per facilitarne il riciclo in flussi omogenei - Certificazioni ambientali (ISCC+, RecyClass) che attestano la tracciabilità del contenuto riciclato - Trattamenti compatibili con il riciclo, come coating facilmente removibili Rimane però una barriera importante: l’utilizzo in settori regolamentati (alimentare, farmaceutico, cosmetico) richiede tracciabilità, certificazioni sanitarie e filiere “closed loop”, ovvero sistemi in cui il materiale post-industriale viene riutilizzato in condizioni controllate e sicure. Conclusioni: una scelta ingegneristica e ambientale Orientarsi tra PP, CPP e BOPP non è soltanto una questione di prestazioni meccaniche o trasparenza estetica: è un atto progettuale consapevole che tiene conto di molteplici fattori. Dalla natura del contenuto da imballare alle esigenze del confezionamento, dalla sostenibilità ambientale alla conformità normativa, la scelta del film rappresenta un bilanciamento tra performance tecniche, efficienza produttiva e impatto ambientale. Nel presente e soprattutto nel futuro, la vera sfida sarà coniugare innovazione e circolarità: film più sottili, facilmente separabili, prodotti con contenuto riciclato e in grado di affrontare con successo i test di barriera, saldabilità e compatibilità industriale. Solo un approccio integrato tra chimica dei materiali, ingegneria di processo e design sostenibile permetterà all’industria del packaging di evolvere in armonia con le esigenze del pianeta.© Riproduzione VietataVedi le pellicole da imballo
SCOPRI DI PIU'Scopri come il Decreto Inerti favorisce il riutilizzo dei materiali da demolizione, riduce i rifiuti edilizi e promuove l’economia circolare nel settore delle costruzionidi Marco ArezioNegli ultimi anni, la gestione dei rifiuti da costruzione e demolizione ha rappresentato una sfida cruciale per il settore edilizio e per l’economia circolare. Per affrontare questa problematica, il Ministero dell'Ambiente ha introdotto il Decreto Inerti, una normativa pensata per favorire il riutilizzo dei materiali provenienti da demolizioni e scavi, trasformandoli in risorse utili per nuove costruzioni. Un passo avanti per il riciclo nel settore edilizio Il nuovo decreto si pone l’obiettivo di superare i limiti della precedente normativa, abrogando il DM 152/2022 e introducendo regole più chiare e vantaggiose per il riutilizzo degli inerti. Uno degli aspetti chiave di questa regolamentazione è l’ampliamento delle applicazioni per gli aggregati recuperati, riducendo al contempo gli oneri amministrativi ed economici per le imprese del settore. Grazie a questo aggiornamento normativo, i materiali derivati da demolizioni selettive e da scavi possono essere reimmessi nel mercato con maggiore facilità, contribuendo così a ridurre la quantità di rifiuti destinati alle discariche e incentivando pratiche di edilizia sostenibile. Criteri e responsabilità per la cessazione della qualifica di rifiuto Uno dei punti fondamentali del decreto riguarda la definizione dei criteri secondo cui un materiale inerte cessa di essere classificato come rifiuto e diventa un aggregato recuperato. Per ottenere questa qualifica, il materiale deve passare attraverso specifici processi di trattamento e rispettare determinati standard qualitativi. Il testo normativo stabilisce anche le responsabilità dei produttori di aggregati recuperati, introducendo requisiti come la dichiarazione di conformità, il prelievo e la detenzione di campioni, e l’implementazione di un sistema di controllo qualità. Questo meccanismo di monitoraggio può includere anche procedure di accreditamento per garantire maggiore sicurezza e trasparenza nel settore. Monitoraggio e possibili revisioni future Un altro aspetto innovativo del Decreto Inerti è il monitoraggio dei risultati ottenuti. Entro 24 mesi dall’entrata in vigore, il Ministero dell’Ambiente valuterà i dati raccolti attraverso il Registro nazionale delle autorizzazioni al recupero (ReCER). Questa analisi servirà a verificare l’efficacia della normativa e, se necessario, ad aggiornare i criteri di cessazione della qualifica di rifiuto. Si tratta di un meccanismo essenziale per garantire che il sistema di recupero e riutilizzo degli inerti possa evolversi in base alle esigenze del mercato e alle migliori pratiche internazionali in tema di economia circolare. Un’opportunità per l’economia circolare e le imprese Il recupero dei materiali inerti rappresenta una grande opportunità per il settore edile italiano. In un paese dove le materie prime scarseggiano e i costi di approvvigionamento aumentano, il riutilizzo di materiali da costruzione può garantire benefici ambientali ed economici. Come sottolineato anche dal Ministero, questa normativa permette di ridurre la dipendenza dalle discariche, abbattere l’impatto ambientale delle costruzioni e offrire un supporto concreto alle imprese che operano nella filiera dell’estrazione, del riciclo e della produzione di materiali per l’edilizia. Conclusioni: il Decreto Inerti è un cambiamento strategico Il Decreto Inerti rappresenta un cambiamento strategico per il settore delle costruzioni in Italia. Se correttamente applicato, può facilitare la transizione verso un modello di edilizia più sostenibile e circolare, con meno sprechi e un utilizzo più efficiente delle risorse. Tuttavia, affinché il decreto raggiunga il massimo della sua efficacia, sarà fondamentale una collaborazione tra istituzioni, aziende e operatori del settore, oltre a una costante revisione delle norme per adattarle alle nuove sfide della sostenibilità. L'economia circolare nell’edilizia sta diventando una realtà sempre più concreta e il Decreto Inerti può rappresentare un punto di svolta per un futuro più green e responsabile.© Riproduzione Vietata
SCOPRI DI PIU'A volte il capitalismo e l’imprenditoria privata non sono le risposte più adatte alla collettivitàdi Marco ArezioLa raccolta differenziata, nell’ambito delle linee guida sull’economia circolare, è un processo che in molti paesi ha assunto una chiave strettamente imprenditoriale, con una commistione tra pubblico e privato, allo scopo di trarre il massimo profitto possibile. Oggi questo sistema fa intravedere delle crepe evidenti. Da quando è stato istituito l’obbligo della raccolta differenziata, le famiglie e le imprese hanno imparato il valore (e l’onere) della responsabilizzazione ambientale tramite il lavoro di separazione grossolana dei rifiuti domestici. Un passo fondamentale che ha permesso l’avvio della separazione meccanica industriale dei rifiuti e la creazione di una nuova materia prima che potesse essere reimpiegata nell’industria per creare nuovi articoli senza l’impiego di materie prime vergini. Fino ad allora i rifiuti, non separati, venivamo conferiti in discarica o andavano all’incenerimento, perdendo preziosa materia prima, aumentando in maniera esponenziale l’inquinamento e non ricavando nessun vantaggio dalla combustione del rifiuto. Nel corso degli anni, si è affinata tutta la filiera del riciclo che riguardava la raccolta, la separazione, la vendita del rifiuto separato, la trasformazione in materia prima e l’impiego della stessa nelle produzioni di articoli di consumo. Il riciclo meccanico ha fatto così grossi passi avanti nelle tecnologie di separazione, di lavaggio, di triturazione e di granulazione, potendo incrementare i volumi complessivi, migliorare la qualità del rifiuto trasformato, ridurre lo scarto di quelli non separabili, trovare nuove vie di utilizzo della frazione non riciclabile come per esempio la creazione di energia elettrica tramite i termovalorizzatori e creare nuove materie prime più performanti. Il paradigma del business industriale vede, normalmente, negli enti statali preposti, la responsabilità della raccolta del rifiuto e la sua separazione per famiglie di prodotti, attraverso appalti con aziende private e la gestione della vendita, principalmente tramite aste, del materiale separato ed imballato. L’asta ha lo scopo di trarre il massimo profitto possibile dal rifiuto in vendita, il cui ricavato serve a finanziare a cascata le organizzazioni comunali che appaltano a privati la raccolta fisica dei rifiuti casa per casa. Una volta finita l’asta, i trasformatori che hanno partecipato, trasferiranno i rifiuti selezionati nei loro stabilimenti per trasformarli in materia prima. La cessione dei rifiuti selezionati da una struttura pubblica ad un’impresa privata permette l’inizio del business di trasformazione e vendita sul mercato della materia prima riciclata. Questo sodalizio apparente tra pubblico e privato rappresenta, a grandi linee, la colonna portante del sistema del riciclo dei prodotti provenienti dalla raccolta differenziata, soprattutto nel settore della plastica, assicurando lo svolgimento di un compito sociale che riguarda l’igiene pubblica e la sostenibilità ambientale e di un compito imprenditoriale che è quello di ricavare valore economico dall’attività connessa ai rifiuti. Nel corso degli anni questo matrimonio ha mostrato molte volte le sue debolezze e le sue contraddizioni, quando per esempio la parte pubblica operava in modo che le aste dei rifiuti potessero salire liberamente a dei prezzi talmente alti da non permettere agli acquirenti di avere una corretta remunerazione sull’attività di impresa. Oppure l’accesso al libero mercato internazionale dell’acquisto dei rifiuti, indebolendo molte volte l’industria di trasformazione nazionale, mettendo in competizione operatori privati di diverse nazioni i quali lavoravano con costi di produzione differenti. Logiche, queste, tipicamente da impresa privata di un soggetto a vocazione sociale che mal si conciliava con lo scopo e il principio generale dell’economia circolare. Oggi, questo matrimonio è entrato in crisi in quanto ha scoperto alcune inefficienze del sistema di cui si è sempre parlato, in particolare l’incentivazione o l’obbligatorietà dell’uso della materia prima riciclata per dare compimento alla circolarità del processo. Con il costo del greggio a livelli così bassi e la crescente richiesta da parte dei consumatori di prodotti più green, il costo delle materie prime vergini hanno raggiunto ribassi molto forti, nel tentativo di recuperare mercato a discapito di quelle riciclate. Se la situazione dovesse perdurare il sistema del riciclo può rallentare o fermarsi, come sta già succedendo nel settore della carta, in quanto l’anello finale della catena del riciclo, i produttori di materie prime riciclate, non avranno margini economici per competere con i prezzi delle materie prima vergini. Quindi, facendo il percorso a ritroso si può facilmente intuire come i riciclatori diminuiranno gli acquisti alle aste dei rifiuti e gli enti preposti alla raccolta domiciliare non potranno continuare a garantirla perché andranno in over stock. Se consideriamo la circolarità dei rifiuti come un’attività imprenditoriale possiamo dire che questo problema fa parte delle logiche di mercato, ma se la consideriamo un impegno sociale e morale nei confronti della popolazione contribuente, così strutturato il business non può funzionare. La gestione dei rifiuti dovrebbe essere un servizio pubblico, come l’istruzione, la sanità o la sicurezza in modo che la filiera possa produrre dei profitti o la copertura dei costi di servizio, ma possa anche garantire l’efficacia dell’economia circolare in presenza di oscillazioni importanti di mercato attraverso investimenti pubblici. La filiera a valle della raccolta dovrebbe avere la giusta remunerazione del lavoro svolto, accedendo all’acquisto dei rifiuti selezionati in una logica di continuità dei prezzi, escludendo le aste al rialzo che creano debolezze del sistema di trasformazione e mettono in pericolo la filiera.Categoria: notizie - plastica - economia circolare - rifiutiVedi maggiori informazioni sul riciclo
SCOPRI DI PIU'Un’opera potente e provocatoria trasforma materiali di scarto in un simbolo del nostro tempo, tra consumismo, spreco e possibilità di rinascita sostenibileNel silenzio di una sala espositiva dai toni neutri, su un piedistallo bianco risalta una poltrona imponente e inaspettata. Non è rivestita in velluto, né intagliata nel legno pregiato: è un mosaico caotico e affascinante di rifiuti. Sacchetti di plastica compressi, bottiglie schiacciate, involucri colorati, residui di tessuti, corde, frammenti di oggetti domestici. Ogni elemento, apparentemente senza valore, si unisce agli altri per dar vita a un oggetto familiare e insieme disturbante. L’opera colpisce non solo per l’impatto visivo, ma per il contrasto che evoca: una poltrona – simbolo di comodità, di potere borghese, di quiete – costruita con ciò che normalmente rifiutiamo, ignoriamo, gettiamo. È proprio in questa dicotomia che si nasconde il messaggio dell’artista: ciò che scartiamo racconta chi siamo. L’intento è provocatorio, ma non privo di poesia. La scelta dei materiali, puramente derivanti da scarti, non è casuale. Ogni oggetto conserva una storia: una bottiglia dimenticata in un parco, un sacchetto portato dal vento in una discarica, un imballaggio caduto da una borsa della spesa. Sono frammenti del nostro tempo, reliquie del consumo quotidiano, elementi di una civiltà che si fonda su eccesso e oblio. L’artista costruisce così un monumento all’invisibile, a ciò che non vogliamo vedere. La poltrona non è più solo un oggetto: diventa messaggio, denuncia, invito alla riflessione. In un mondo dove la plastica impiega secoli a degradarsi, questa opera ci ricorda che nulla scompare davvero. E che forse, nel rifiuto, c’è più verità che nel comfort. È un’opera che parla al presente, ma interroga il futuro: possiamo davvero continuare a vivere circondati da ciò che neghiamo? O siamo pronti a dare nuova forma – e nuovo senso – a quello che buttiamo?Per acquistare l'opera su formato cartoncino 21x30 o 30x40 cm. contattare il portale rMIX: info@rmix.it inserendo il codice: ECMI48 © Riproduzione Vietata
SCOPRI DI PIU'Un nuovo approccio al mondo della plastica, senza preconcetti e condizionamenti di Marco ArezioQuante parole si sono dette nei dibattiti televisivi, sui social, nelle News di tutto il mondo, sull’inquinamento della plastica, quanta gente ha seguito l’onda emotiva di quello che vedeva e sentiva senza capire fino in fondo il problema. Ma quante persone hanno fatto un bilancio obbiettivo e indipendente del fenomeno? La plastica non è solo la bottiglia di acqua o il fustino del detersivo che qualche irresponsabile, o comunità, abbandona nei fiumi, nei mari o a bordo delle strade. Non è rappresentata nemmeno dai sacchetti della spesa che vengono buttati nell’ambiente e che vanno a finire nello stomaco dei pesci. Non si può dire che sia identificata negli oggetti monouso che servono come strumenti sterili per la nostra vita e che possono diventare micro o nanoplastiche se abbandonati in mare, entrando nella catena alimentare. La plastica non è questo, ma purtroppo è quello che rappresenta nel subconscio della gente, senza capire che sono le conseguenze negative della sua gestione a portare ai fenomeni descritti. Sono quindi le carenti o improvvide gestioni del prodotto che creano il problema ambientale non il prodotto stesso. Certamente se partiamo dal presupposto che, tolti i denti doloranti ci togliamo il dolore, mi chiedo con cosa poi mangeremo? Forse ci facciamo una nuova dentiera di resina plastica. Non è colpa della plastica se l’uomo ha prodotto, dagli anni 60 del secolo scorso ad oggi, circa 8 miliardi di tonnellate di prodotto non biodegradabile, di cui si ricicla mediamente il 9% e che il 12% viene impiegato nei termovalorizzatori, mentre circa l’80% va disperso nell’ambiente. Non è colpa della plastica se nel mondo non vengono organizzati, in modo capillare, i sistemi di raccolta per i rifiuti, non vengono costruiti, in quantità sufficiente, gli impianti per la selezione e lo smaltimento, e i rifiuti stessi non vengono convertiti in energia rinnovabile e carburante. Non è colpa della plastica se l’uomo, nonostante abbia scoperto sistemi di riciclo che hanno superato il vecchio sistema meccanico, permettendo, attraverso processi chimici, di utilizzare ogni parte dei rifiuti plastici raccolti, ma non li promuove sul territorio attraverso investimenti pubblici. Non è colpa della plastica se l’uomo, inventandola, ha fatto una scoperta di una portata tale da migliorare la nostra vita quotidiana, impiegandola poi in un innumerevole quantità di prodotti di uso comune. Se avete dubbi guardatevi in giro, tra le vostre cose e fatevene un’idea. Oggi, la tanto vituperata plastica, ci può salvare la vita, con il polipropilene, il poliestere o altre plastiche per le mascherine, i camici degli operatori sanitari, i prodotti monouso sterili, i contenitori dei rifiuti ospedalieri pericolosi. Il movimento contro la plastica nasce da razioni impulsive, su episodi le cui immagini toccano la coscienza della gente, ma dopo la comprensibile disapprovazione, bisogna riavvolgere il filo e capire l’origine del problema. È una questione di cultura e conoscenza, che deve essere assimilata dalla gente in modo che abbia le informazioni obbiettive e indipendenti per giudicare e prendere una propria posizione, senza essere influenzata da protagonismi, fazioni politiche o lobbies. La plastica del futuro dovrà essere quella del passato, possiamo farlo.Categoria: notizie - plastica - economia circolareIl settore sanitario nella pandemia
SCOPRI DI PIU'Evoluzione delle Tecniche di Isolamento e l'Impatto dei Materiali Sostenibili e Riciclatidi Marco ArezioL'isolamento termico delle abitazioni è una pratica fondamentale per garantire il comfort abitativo, ridurre il consumo energetico e proteggere l'ambiente. Questo articolo traccia l'evoluzione dell'isolamento termico, dall'antichità ai giorni nostri, esplorando le diverse tecniche e materiali utilizzati nel corso dei secoli, evidenziando in particolare lo sviluppo degli isolanti sostenibili e riciclati, analizzando l'impatto delle tecnologie moderne e le sfide affrontate nel percorso verso la sostenibilità. L'Antichità e il Medioevo Nelle prime civiltà, la necessità di proteggersi dagli elementi era una questione di sopravvivenza. Gli antichi Egizi costruivano le loro case utilizzando mattoni di fango, un materiale che offriva una certa protezione contro il calore del deserto. Allo stesso modo, le abitazioni greche e romane erano spesso costruite con pietra e argilla, materiali che contribuivano a mantenere una temperatura interna più stabile. Nel Medioevo, i castelli e le case dei ricchi erano costruiti con spesse mura di pietra, che fornivano un isolamento rudimentale grazie alla loro massa termica, che contribuiva a mantenere temperature più stabili sia d'inverno che d'estate. Tuttavia, la maggior parte delle abitazioni, soprattutto quelle delle classi meno abbienti, era mal isolata e gli abitanti dipendevano da camini e fuochi per riscaldarsi. I pavimenti erano spesso coperti di paglia per aggiungere un ulteriore strato isolante e proteggere dal freddo proveniente dal suolo. Alcune case utilizzavano anche arazzi appesi alle pareti, che offrivano una certa protezione contro le correnti d'aria e contribuivano a mantenere un ambiente più caldo. Rinascimento e Rivoluzione Industriale Durante il Rinascimento, l'architettura si evolse e con essa le tecniche costruttive. I palazzi italiani, ad esempio, spesso utilizzavano materiali come il marmo e il legno, che fornivano una certa inerzia termica, contribuendo al mantenimento della temperatura interna. Inoltre, questi edifici venivano progettati per massimizzare la ventilazione naturale, con ampie finestre e cortili interni, riducendo così la necessità di riscaldamento artificiale o raffreddamento. Gli architetti del tempo prestavano particolare attenzione all'orientamento degli edifici e alla disposizione delle stanze, sfruttando il sole per riscaldare gli ambienti durante l'inverno e creando zone d'ombra per mantenerli freschi d'estate. La Rivoluzione Industriale portò a un aumento della produzione di materiali da costruzione e alla diffusione di nuove tecnologie. Le case iniziarono ad essere costruite con mattoni e malta, e l'uso del vetro nelle finestre divenne più comune. Tuttavia, il concetto di isolamento termico come lo intendiamo oggi era ancora lontano dall'essere realizzato. Il XX Secolo: L'Alba dell'Isolamento Moderno È nel XX secolo che l'isolamento termico delle abitazioni comincia a prendere forma in modo significativo. Durante la prima metà del secolo, materiali come la lana di roccia, la fibra di vetro e il sughero iniziarono ad essere utilizzati per migliorare l'efficienza energetica delle case. Negli anni '50 e '60, la consapevolezza dei benefici dell'isolamento termico crebbe, soprattutto negli Stati Uniti e in Europa. Le normative edilizie iniziarono a includere requisiti per l'isolamento, e vennero sviluppati nuovi materiali, come il polistirene espanso (EPS) e il poliuretano espanso. Questi materiali offrivano ottime proprietà isolanti e divennero rapidamente popolari. Negli anni '70 e '90, a seguito della crisi energetica e dell'aumento della consapevolezza ambientale, iniziò una nuova fase di ricerca orientata verso materiali più sostenibili e rinnovabili, come il sughero e la cellulosa riciclata. Questo periodo segnò l'inizio di un'attenzione crescente verso la riduzione dell'impatto ambientale dei materiali da costruzione, contribuendo a gettare le basi per lo sviluppo di soluzioni di isolamento ecocompatibili che vediamo oggi. La Storia degli Isolanti Sostenibili e Riciclati Con l'aumento della consapevolezza ambientale negli anni '70, iniziò a emergere la necessità di materiali isolanti più sostenibili. La crisi energetica del 1973 spinse molti paesi a rivedere le loro politiche energetiche, includendo misure per migliorare l'efficienza delle abitazioni e ridurre la dipendenza dai combustibili fossili. Fu in questo contesto che si cominciò a esplorare l'uso di materiali naturali e riciclati per l'isolamento. Uno dei primi materiali naturali ad essere utilizzato per l'isolamento fu il sughero. Già noto sin dall'antichità per le sue proprietà termiche, il sughero è rinnovabile, biodegradabile e offre buone prestazioni isolanti. Negli anni '80 e '90, il sughero tornò in auge come una scelta sostenibile per l'isolamento. Allo stesso tempo, la lana di pecora cominciò a essere rivalutata come materiale isolante. La lana è un ottimo isolante naturale, in grado di assorbire e rilasciare umidità senza perdere le sue proprietà isolanti. Negli anni '90, la lana di pecora trovò una nuova applicazione nel settore dell'edilizia grazie alla sua capacità di fornire un isolamento termico ecocompatibile. Anche la cellulosa riciclata divenne popolare durante questo periodo. Prodotta principalmente da carta di giornale riciclata, la cellulosa è un materiale isolante con un basso impatto ambientale. Oltre a ridurre la quantità di rifiuti di carta destinati alle discariche, la cellulosa è trattata con sali naturali per renderla resistente al fuoco e agli insetti, offrendo così un'alternativa ecologica agli isolanti tradizionali. Innovazioni Recenti e Isolanti Riciclati Negli ultimi decenni, l'attenzione si è ulteriormente spostata verso l'uso di materiali riciclati e sostenibili per l'isolamento termico. La crescente preoccupazione per il cambiamento climatico e l'esaurimento delle risorse naturali ha portato allo sviluppo di nuovi materiali a base di risorse rinnovabili o di rifiuti riciclati. Ad esempio, il cotone riciclato – spesso proveniente da vecchi indumenti – è stato utilizzato come isolante per le abitazioni. Questo materiale non solo offre buone prestazioni termiche, ma contribuisce anche a ridurre la quantità di rifiuti tessili, che rappresentano una parte significativa dei rifiuti solidi urbani. Un'altra innovazione è rappresentata dall'uso di pannelli in fibra di canapa, un materiale che cresce rapidamente e non richiede l'uso di pesticidi. La canapa è un ottimo isolante naturale, con buone proprietà di traspirabilità e resistenza all'umidità. Negli ultimi anni, l'uso della canapa è aumentato grazie alla sua capacità di sequestrare carbonio durante la crescita, rendendola una scelta particolarmente interessante dal punto di vista ambientale. Il Futuro dell'Isolamento Termico Il futuro dell'isolamento termico sarà probabilmente caratterizzato da ulteriori innovazioni tecnologiche e da un'attenzione sempre maggiore alla sostenibilità. I ricercatori stanno esplorando l'uso di nanomateriali per migliorare l'efficienza termica e ridurre lo spessore dei materiali isolanti. Inoltre, l'integrazione di soluzioni di isolamento con altre tecnologie per l'efficienza energetica, come i sistemi di riscaldamento e raffreddamento passivi, l'energia solare e i sistemi di gestione dell'energia domestica, rappresenta una direzione promettente. Gli edifici del futuro saranno sempre più progettati per essere energeticamente autosufficienti, con un uso intelligente dei materiali isolanti e delle tecnologie di gestione energetica. Conclusione L'isolamento termico ha compiuto un lungo cammino dalle sue origini rudimentali nelle antiche civiltà fino alle sofisticate tecnologie moderne. Questo percorso riflette non solo i progressi tecnologici, ma anche una crescente consapevolezza dell'importanza dell'efficienza energetica e della sostenibilità ambientale. Guardando al futuro, possiamo aspettarci che l'isolamento termico continuerà a evolversi, contribuendo a creare abitazioni più confortevoli, efficienti e rispettose dell'ambiente, con un ruolo sempre più centrale dei materiali sostenibili e riciclabili.© Riproduzione Vietatafoto wikimedia
SCOPRI DI PIU'Perché la Plastica Riciclata deve Costare più di quella Vergine?di Marco ArezioIn un mondo dove lo sfruttamento delle risorse naturali della terra sta mettendo in ginocchio l’ambiente in cui viviamo, dove la crescita esponenziale dei rifiuti sta creando una situazione intollerabile, anche aiutata dai comportamenti umani, dove l’industria del riciclo non riesce ad assorbire tutti i rifiuti che la società produce per trasformali in materie prime, ci sono ancora persone che considerano l’acquisto della materia prima riciclata possibile solo se è un affare economico vantaggioso.Non stupitevi, ma è quello che succede in molte parti del mondo, dove ancora oggi la materia plastica riciclata è vista come un sottoprodotto economico delle materie prime vergini, riducendo l’acquisto ad un fatto meramente di convenienza economica.Ecco perché la plastica riciclata deve costare più di quella vergineInnanzitutto, in linea generale, sarebbe una questione etica quella di capire che l’uso della plastica riciclata è necessaria per il consumo dei rifiuti che vengono prodotti ogni giorno dalla società e che senza il riciclo e l’utilizzo di questa materia prima, il problema dei rifiuti sarebbe molto più pressante di quanto non lo sia adesso. Ma supponiamo che l’etica sia un esercizio mentale soggettivo e che non si venga sfiorati da questi dubbi, dobbiamo comunque sforzarci di considerare come sia importante capire che, oggi, non si dovrebbe poter scegliere tra l’uso di una plastica vergine al posto di quella riciclata nella produzione di articoli di uso comune. Vediamo alcuni motivi:• La materia prima riciclata, salvo alcuni settori specifici come il medicale e una parte del settore food, può essere impiegata normalmente come le materia prima vergine, sia per caratteristiche tecniche che estetiche. Quindi la frase che si sente spesso “se costa lo stesso prezzo o poco di meno compro la materia prima vergine perché è migliore” ce la dobbiamo dimenticare. • A fronte di una crescita dei rifiuti non riciclati, che oggi è mediamente arrivata nel mondo a sfiorare l’85-90% dei rifiuti plastici prodotti, il settore del riciclo soffre di mancanza di molte tipologie di plastiche da lavorare, in quanto il sistema della raccolta-riciclo-produzione di materia prima in molti paesi è scollegato o non funziona come dovrebbe. • La mancanza di alcuni prodotti strategici come gli scarti in PVC per l’estrusione e lo stampaggio o in HDPE per il settore del soffiaggio e dell’estrusione, implica, a fronte dei numeri riferiti ai materiali che non vengono riciclati che abbiamo visto al punto precedente, di dover comprare materia prima vergine per sopperire alla mancanza di quella riciclata. • Le politiche governative di sostegno economico a settori, che nel passato venivano considerati strategici, come quello dell’estrazione e raffinazione delle fonti energetiche fossili, sono completamente fuori tempo e sbagliate, se consideriamo che il mondo del riciclo non riceve gli stessi sussidi statali nonostante svolga un compito ecologico e nel rispetto dell’economia circolare. • Produrre materia prima seconda significa non utilizzare risorse naturali, ridurre l’impronta carbonica, evitare l’inquinamento dei mari, del terreno e dell’aria se i rifiuti vengono bruciati. Inoltre preservare la nostra salute, in quanto è stato dimostrato che la catena alimentare è influenzata negativamente da questo problema. Cioè ci mangiamo ciò che buttiamo. • Il prezzo dei polimeri riciclati può e dovrebbe costare più di quella vergine per motivi tecnici e per motivi etici. Tra quelli tecnici consideriamo che si deve investire molto di più sulla filiera della raccolta differenziata per aumentare l’input disponibile, che la selezione e trattamento meccanico dei rifiuti ha un costo elevato che si ripercuote sul costo del polimero, che il settore subisce la concorrenza dei produttori di materie prime vergini in termini di prezzo e quindi i margini del settore, che compiono anche un’opera sociale, sono molto bassi se non negativi. I motivi etici riguardano i concetti della “green economy” in cui valgono le regole delle 4 R: riuso, riciclo, risparmio e recupero. Meglio utilizzare materie prime che derivano dalla filiera del riciclo che materie prime vergini per tutti i motivi presentati. • Bisogna considerare un costo dell’educazione civica della popolazione sulla gestione dei rifiuti e le conseguenze delle azioni umane di gettarli nei fiumi. Educare le persone ad un approccio culturale corretto sull’ambientale è un tassello finanziario necessario, da conteggiare nel costo delle materie prime riciclate, un’azione che porterà ad un mondo più pulito, a ridurre lo sfruttamento delle risorse naturali per la produzione di polimeri vergini e ad una disponibilità maggiore di plastica da riciclare oggi carente sui mercati internazionali, per alcune tipologie.Categoria: notizie - plastica - economia circolare - rifiuti Vedi maggiori informazioni sul riciclo
SCOPRI DI PIU'Sostenibilità e Arte nell'Artigianato: Come le Tecniche Ancestrali Incontrano l'Innovazione nelle Maioliche e nel Cotto di Marco ArezioL'artigianato riveste un ruolo cruciale nell'economia globale, combinando tradizione, innovazione e sostenibilità. La produzione di cotto fatto a mano e di maioliche da rivestimento rappresenta una tradizione millenaria, arricchita oggi dall'uso di materiali riciclati e tecniche innovative che rispettano l'ambiente. Questo articolo esplora le tecniche costruttive e decorative di questi manufatti, il ruolo dei materiali riciclati, i principali paesi produttori e i mercati di nicchia a livello globale.L'Argilla: Fondamento della Ceramica ArtigianaleL'argilla è il materiale fondamentale per la creazione di ceramiche, inclusa la storica arte delle maioliche. Questo materiale naturale gioca un ruolo cruciale non solo per le sue proprietà fisiche ma anche per la sua disponibilità e versatilità nel processo artistico e artigianale.Formazione dell'Argilla L'argilla si forma dalla lenta erosione delle rocce silicee della crosta terrestre, un processo che può durare milioni di anni. L'azione dell'acqua, del vento, e dei cambiamenti climatici scompone le rocce in particelle finissime, che vengono trasportate e depositate in luoghi come i letti dei fiumi, le valli e le pianure alluvionali. Queste particelle si mescolano con minerali, materia organica e acqua, formando vari tipi di argilla. La composizione specifica dell'argilla, che può includere diversi tipi di minerali come il caolino, l'illite e la montmorillonite, determina le sue caratteristiche e le sue applicazioni.Caratteristiche dell'Argilla L'argilla si distingue per diverse proprietà che la rendono ideale per la produzione di ceramiche:Plasticità: L'argilla è estremamente malleabile quando è umida, il che permette agli artigiani di modellarla in forme complesse. Questa plasticità, dovuta alla dimensione e alla forma delle particelle di argilla e alla presenza di acqua, facilita la creazione di oggetti d'arte e utensili.Durabilità post-cottura: Una volta essiccata e cotta a temperature elevate, l'argilla subisce una trasformazione fisica e chimica che la rende dura e resistente. Questa durabilità ha permesso alle ceramiche di svolgere un ruolo centrale nelle società umane per millenni, come contenitori, oggetti decorativi e materiali da costruzione.Varietà cromatica: La presenza di minerali diversi può influenzare il colore dell'argilla e, di conseguenza, delle ceramiche finite. La gamma di colori va dal bianco al rosso, dal grigio al nero, offrendo un ampio spettro creativo per gli artisti.Importanza nell'Artigianato Ceramico Nel contesto dell'artigianato ceramico, l'argilla non è solo un materiale da lavorare; è una tela vivente che porta con sé la storia geologica della Terra. Gli artigiani, attraverso la selezione dell'argilla e la manipolazione delle sue proprietà naturali, esprimono creatività e tradizione, creando opere che sono al tempo stesso funzionali, belle e ricche di significato culturale. Produzione del Cotto Fatto a Mano conElementi Riciclati Il cotto, noto per la sua durabilità e bellezza naturale, è un materiale che da secoli viene utilizzato nella costruzione e nella decorazione di edifici. La produzione di cotto fatto a mano incorpora una consapevolezza ecologica attraverso l'utilizzo di elementi riciclati, che non solo riduce gli sprechi ma contribuisce anche a creare prodotti unici e ricchi di storia.Definizione e Caratteristiche Il cotto fatto a mano è prodotto utilizzando argilla naturale, che viene modellata, asciugata e poi cotta in forni. La caratteristica principale di questo processo è l'unicità di ogni pezzo, risultato della modellazione manuale e delle variazioni di cottura.Importanza del Riciclo Nel contesto della produzione artigianale, l'uso di elementi riciclati si traduce in un minor impatto ambientale e in una maggiore sostenibilità del processo produttivo. Materiali come vecchi cotti dismessi, frammenti di ceramiche e vetro possono essere triturati e integrati nell'argilla, conferendo caratteristiche uniche al prodotto finito.Processo di Produzione Selezione e Preparazione dei Materiali: L'argilla viene selezionata con cura e mescolata con materiali riciclati triturati. Formazione e Modellazione: Le tecniche tradizionali di modellazione a mano permettono di formare pezzi unici. Asciugatura: I pezzi modellati vengono asciugati lentamente per prevenire crepe e deformazioni. Cottura: La cottura avviene in forni tradizionali, spesso alimentati con legna, che conferiscono al cotto colori e texture caratteristici.Produzione Artigianale di Maioliche da Rivestimento Le maioliche rappresentano un'altra faccia dell'artigianato ceramico, distinte per le loro superfici smaltate e le vivaci decorazioni. La produzione artigianale di maioliche integra spesso scarti di produzione nel processo, rendendo ogni pezzo unico e sostenibile.Caratteristiche delle Maioliche Artigianali Le maioliche si distinguono per lo smalto lucido e le decorazioni che vanno da semplici motivi geometrici a complesse rappresentazioni figurative, applicate a mano con grande maestria.Tecniche di Smaltatura e Decorazione Preparazione degli Smalti: Gli smalti vengono preparati mescolando silicati con ossidi metallici per ottenere vari colori. Applicazione dello Smalto: Lo smalto viene applicato sulle superfici ceramica prima della cottura. Tecniche di Decorazione Manuale: Le decorazioni vengono applicate a mano, spesso con l'uso di stencil o a mano libera, prima dell'ultima cottura che fissa lo smalto.Tecniche Costruttive e Decorative La produzione di cotto e maioliche si basa su tecniche che hanno radici profonde nella storia, ma che si sono evolute nel tempo con l'introduzione di nuove tecnologie e materiali. Innovazione nelle Tecniche di Cottura: La transizione dai forni a legna ai forni elettrici ha permesso un controllo più preciso della temperatura, riducendo il rischio di pezzi difettosi e migliorando l'efficienza energetica. Ad esempio, i forni elettrici moderni possono ridurre il consumo energetico fino al 30% rispetto ai forni tradizionali. Tecnologie Digitali nella Decorazione: L'introduzione della stampa digitale ha rivoluzionato le tecniche di decorazione delle ceramiche, permettendo la riproduzione di disegni complessi con alta fedeltà e variabilità. Questa tecnologia ha aperto nuove possibilità di personalizzazione e ha ridotto i tempi di produzione.Maggiori Paesi Produttori e Mercati di Nicchia La produzione di ceramiche artigianali è un settore significativo in diversi paesi, ognuno dei quali contribuisce al mercato globale con le proprie tecniche tradizionali e innovazioni. Italia: Il distretto ceramico di Sassuolo, in Emilia-Romagna, rappresenta circa l'80% della produzione italiana di piastrelle e esporta in più di 140 paesi. Il settore ceramico italiano, compreso il cotto e le maioliche, impiega direttamente oltre 27.000 persone, dimostrando l'importanza economica di questa tradizione artigianale. Spagna: Il settore della ceramica in Spagna genera un fatturato annuale di circa 3 miliardi di euro, con una forte presenza sul mercato internazionale. Le esportazioni rappresentano più del 70% delle vendite, sottolineando la domanda globale per le uniche ceramiche spagnole. Marocco: L'industria ceramica artigianale marocchina è strettamente legata al turismo e alla domanda interna. Le esatte dimensioni economiche del settore sono difficili da quantificare a causa della sua natura frammentata, ma è riconosciuto come un importante motore di impiego e conservazione culturale.Sfide e Opportunità Il settore dell'artigianato ceramico affronta diverse sfide nel contesto globale, ma queste stesse sfide presentano opportunità uniche per i produttori artigianali. Sfide: La concorrenza con la produzione di massa e la standardizzazione rappresenta una delle maggiori sfide. Inoltre, l'incremento dei costi dei materiali e dell'energia incide sul margine di profitto degli artigiani. Ad esempio, l'aumento dei prezzi del gas naturale, essenziale per la cottura delle ceramiche, può incidere fino al 40% sui costi operativi. Opportunità: C'è una crescente domanda di prodotti unici e personalizzati, soprattutto in mercati di nicchia ad alto valore. L'interesse verso la sostenibilità e la provenienza etica dei prodotti offre agli artigiani l'opportunità di differenziarsi. Inoltre, l'uso di social media e piattaforme online apre nuovi canali di vendita e promozione, permettendo agli artigiani di raggiungere un pubblico globale. Queste analisi evidenziano come il settore della ceramica artigianale sia dinamico e in grado di adattarsi alle mutevoli esigenze del mercato globale, preservando al contempo tecniche tradizionali e promuovendo l'innovazione
SCOPRI DI PIU'Scopri come scegliere la console o gli accessori gaming perfetti per te: criteri tecnici, sostenibilità ambientale, servizi online, e confronto dettagliato tra i marchi leader del settore videoludico di Orizio LucaAcquistare oggi una console per videogiochi o un set di accessori gaming significa entrare in un universo in continua evoluzione. Le principali aziende del settore non si limitano più a proporre semplici hardware per videogiocare, ma costruiscono ecosistemi integrati, community digitali, piattaforme di servizi e, sempre più spesso, adottano politiche di responsabilità ambientale e sociale. Se sei qui, probabilmente ti stai chiedendo: quali sono le vere differenze tra PlayStation, Nintendo, Xbox, Logitech G, Razer, Sony e Corsair? Che tipo di esperienza offrono? E quanto sono attente alla sostenibilità ambientale? Cosa Bisogna Sapere Prima di Scegliere: Oltre la Pubblicità Prima di analizzare uno per uno i brand e i prodotti, ecco alcune domande chiave che chiunque dovrebbe porsi: - Che tipo di videogiocatore sono? Preferisci titoli esclusivi, grandi avventure grafiche, giochi di gruppo, o la massima personalizzazione dell’esperienza? - Console o accessori? Vuoi una piattaforma di gioco dedicata o migliorare il gaming su PC o su console già esistenti con periferiche avanzate? - Qual è il mio budget totale? Considera non solo il costo iniziale, ma anche quello di giochi, abbonamenti, accessori, e durata dei prodotti. - Quanto conta per me la sostenibilità? Sei attento alle politiche ambientali delle aziende, all’efficienza energetica e al riciclo dei materiali? - Cerco un’esperienza portatile, domestica, o entrambe? Alcuni sistemi sono fissi, altri portatili, altri ancora “ibridi”. Differenze tra i Principali Marchi e le Loro Proposte 1. Sony / PlayStation Sony è sia il marchio produttore delle console PlayStation che una delle aziende tecnologiche più influenti al mondo. PlayStation 5 rappresenta oggi il top della tecnologia domestica, grazie a prestazioni grafiche di ultima generazione, titoli esclusivi di fama mondiale, un ampio ventaglio di servizi online (PlayStation Plus, PS Now), accessori di alta gamma (come cuffie, controller avanzati e la realtà virtuale PS VR2) e una forte attenzione all’efficienza energetica. Sony si impegna a ridurre l’impronta ecologica dei propri dispositivi, aumentando il contenuto di plastiche riciclate, migliorando i consumi e aderendo a programmi di riciclo. 2. Xbox (Microsoft) Riconosciuta per potenza, flessibilità e servizi come Game Pass, che permette l’accesso a un’enorme libreria di giochi a fronte di un abbonamento mensile, Xbox si distingue anche per la retrocompatibilità, l’attenzione alla grafica in 4K, e il supporto costante di Microsoft. Le nuove Xbox Series X|S rappresentano la risposta più completa per chi cerca prestazioni, ampia scelta e soluzioni integrate per la casa digitale. Microsoft investe massicciamente nella sostenibilità: le console più recenti usano materiali riciclati e l’azienda mira a raggiungere la neutralità carbonica entro il 2030. 3. Nintendo Nintendo è sinonimo di creatività e innovazione, con una filosofia unica: “il divertimento prima di tutto”. Nintendo Switch, specie nella versione OLED, è l’emblema dell’ibridità – puoi giocare sia in modalità domestica che portatile. Il catalogo include titoli in esclusiva assoluta (Mario, Zelda, Pokémon) e molte opzioni multiplayer “couch co-op”. Nintendo punta su dispositivi a basso consumo energetico, anche se l’attenzione alla trasparenza sulla filiera dei materiali è meno evidente rispetto alla concorrenza. 4. Logitech G Logitech G non produce console vere e proprie, ma è leader mondiale negli accessori gaming: tastiere meccaniche, mouse, cuffie wireless, volanti e joystick professionali. Acquistare prodotti Logitech G significa personalizzare e migliorare l’esperienza su PC o su console PlayStation e Xbox, soprattutto in ambito e-sport e simulazione. L’azienda si distingue per packaging riciclato, design a lunga durata e un solido programma di riciclo dei prodotti a fine vita. 5. Razer Razer è punto di riferimento per i gamer che desiderano performance senza compromessi e un’estetica accattivante. La gamma va da tastiere RGB e mouse ultra-rapidi a controller per console e smartphone, fino a laptop pensati per il gaming estremo. Razer ha avviato iniziative di sostenibilità, tra cui materiali eco-friendly nei nuovi prodotti, il progetto Restorify per compensare le emissioni di CO₂ e la promozione di programmi di riciclo. 6. Corsair Corsair è sinonimo di accessori ad alte prestazioni per PC gaming e streaming, come RAM, SSD, mouse, tastiere, cuffie, ma anche interfacce audio e microfoni per chi trasmette online. Il brand è noto per l’innovazione tecnologica, la modularità e l’affidabilità dei suoi accessori, spesso compatibili anche con le console. Sul fronte sostenibilità, Corsair si muove verso prodotti a basso consumo, materiali riciclabili e programmi di ritiro/riciclo, pur essendo meno avanzata rispetto ad altri giganti tech. Criteri di Scelta: Su Cosa Basarsi (Tecnologia, Servizi, Sostenibilità) - Prestazioni e tecnologia: Le console “pure” (PlayStation, Xbox, Nintendo) puntano su hardware proprietario, mentre gli altri brand offrono il massimo della personalizzazione attraverso accessori compatibili. - Esperienza di gioco: PlayStation e Xbox offrono il top in termini di grafica e servizi online. Nintendo spicca per versatilità e giochi family-friendly. - Servizi e community: Game Pass (Xbox) e PlayStation Plus sono i servizi più ricchi. Nintendo si concentra su multiplayer locale e online più “basic”. Gli accessori Logitech G, Razer, Corsair sono pensati per giocatori avanzati e streamer. - Sostenibilità: Sony e Microsoft sono più avanzate su impegno ambientale. Logitech G e Razer spingono su prodotti riciclabili e iniziative di compensazione. Nintendo e Corsair sono ancora work in progress. Differenze Chiave tra Console e Brand PlayStation vs. Xbox: Si giocano il podio per grafica, servizi e titoli tripla-A. PlayStation eccelle nelle esclusive, Xbox offre più flessibilità e servizi. Entrambe sono molto impegnate nella sostenibilità. Nintendo: La più “diversa”: portatile, adatta alle famiglie e ai party games, meno performante tecnicamente, ma imbattibile per innovazione ludica e accessibilità. Logitech G, Razer, Corsair: Non sono console, ma partner ideali per chi vuole elevare la propria esperienza gaming su PC. Se cerchi personalizzazione, ergonomia, qualità audio/video e streaming, qui trovi la scelta giusta. Logitech G spicca per qualità/prezzo e iniziative green; Razer punta su design e community; Corsair si distingue in ambito streaming e produttività. Sostenibilità e Responsabilità: Un Fattore Sempre Più Decisivo Oggi il vero gamer valuta anche il ciclo di vita dei prodotti, il riciclo, il packaging ecologico, l’efficienza energetica. Sony e Microsoft hanno strategie ambientali avanzate e prodotti parzialmente realizzati con plastica riciclata; Logitech G e Razer promuovono programmi di riciclo e compensazione delle emissioni; Nintendo e Corsair sono in evoluzione su questo fronte. Conclusioni: Qual è il Marchio o Console Giusto per Te? Vuoi una piattaforma top per grafica e giochi esclusivi? PlayStation 5 e Xbox Series X sono il meglio, con filosofia e servizi differenti. Desideri giocare ovunque, con la famiglia o gli amici? Nintendo Switch OLED resta unica per flessibilità e divertimento condiviso. Sei un professionista o vuoi il massimo da ogni accessorio? Scegli Logitech G, Razer o Corsair per controller, tastiere, mouse, cuffie e sistemi audio di livello superiore, da usare su console e PC. Tieni alla sostenibilità? Sony, Microsoft e Logitech G sono le aziende più trasparenti e avanzate nelle politiche green, ma l’importante è scegliere prodotti di lunga durata, riciclabili, e informarsi sulle iniziative delle aziende. In definitiva, oggi scegliere una console o gli accessori giusti non vuol dire solo acquistare un “pezzo di tecnologia”, ma entrare in una community, abbracciare uno stile di vita digitale e, perché no, fare una scelta responsabile verso il futuro del pianeta. Valuta sempre le tue esigenze di gioco, informati sulle strategie ambientali e goditi la tua prossima avventura videoludica… con consapevolezza!© Riproduzione Vietata
SCOPRI DI PIU'Luci ed ombre sul sistema Italia della raccolta differenziatadi Marco ArezioSe volessimo fare un bilancio sommario e generale della situazione della raccolta urbana dei rifiuti in Italia nell’anno 2018, potremmo dire che dei 30 milioni di tonnellate raccolti, il 58,1%, pari a 17,5 milioni di tonnellate, rappresentano la raccolta differenziata, con una crescita del 2,6 % rispetto al 2017. Non c’è dubbio che l’Italia continua, virtuosamente, il processo di efficientamento della gestione dei rifiuti urbani sul territorio nazionale, perseguendo gli obbiettivi imposti dalla comunità Europea. Ma il sistema paese vive di luci ed ombre che sono chiaramente espressi nel rapporto sui rifiuti urbani dell’anno 2018 presentato dall’Ispra, nel quale si notano differenza marcate sia nella raccolta, che nella selezione che nello smaltimento dei rifiuti. I primi dati interessanti mostrano la % di raccolta, nel 2018, divisi per macro aree: Nord 67,7 % Centro 54,1 Sud 46,1 Dove ai primi tre posti troviamo regioni come il Veneto con il 73,7 % raccolto, il Trentino Alto Adige con 72,5 % e la Lombardia con il 70,7 %. Sul lato opposto della statistica troviamo la Sicilia con il 29,5 %, il Molise con il 38,4 % e la Calabria con il 45,2 %. Le differenze nelle percentuali, seppur abnormi, lasciano intravedere però sostanziali miglioramenti delle ultime regioni rispetto al 2017, con crescite tra il 6 e l’8 % in un solo anno. Per quanto riguarda le frazioni merceologiche troviamo una raccolta, espressa in milioni di tonnellate così divisa: Frazione organica 7,079 Carta 3,418 Vetro 2,118 Plastica 1,368 Metallo 0,332 Legno 0,908 RAEE 0,255 Tessili 0,146 Altro 1,908 Alla luce di questi numeri si può identificare un grande problema che riguarda la dislocazione territoriale degli impianti di smaltimento e lavorazione dei rifiuti della raccolta differenziata, in quanto la maggior parte di essi si trova al nord, creando quindi una migrazione dei rifiuti da trattare dal centro-sud verso il nord. Questo comporta un peggioramento in termini ambientali ed economici per i cittadini, causato dalla grande quantità di autotreni che si spostano ogni giorno. Per capire questo fenomeno dobbiamo entrare nel dettaglio della distribuzione degli impianti sul territorio Italiano divisi per attività. Impianti per la frazione organica: Nord 220 Centro 50 Sud 69 Discariche autorizzate: Nord 56 Centro 25 Sud 46 Inceneritori: Nord 26 Centro 6 Sud 6 Oltre a queste quotidiane migrazioni di rifiuti dal centro-sud verso il nord Italia, esiste una quantità di rifiuti che vanno all’estero e che rappresentano l’1,5% del montante raccolto, pari a 465.000 tonnellate. I principali paesi che accolgono i rifiuti Italiani sono: Austria 84.934 Ton Portogallo 52.204 Ton Slovenia 49.413 Ton Spagna 49.382 Ton Bulgaria 39.365 Ton Il problema dei rifiuti va comunque visto in un’ottica più ampia che riguarda la transizione energetica nazionale, che si deve realizzare attraverso la circolarità di quanto raccolto e selezionato e verso forme di energia rinnovabili. La carente situazione impiantistica non riguarda solo il comparto dei rifiuti ma abbraccia anche gli altri settori delle energie rinnovabili, dove una quota degli impianti eolici, solari, idroelettrici e a biomasse sono oggetto di contestazione. La politica deve dare un segnale forte ed indicare la strada, coinvolgendo le amministrazioni locali, verso una necessità nazionale di circolarità ed energia pulita, scavalcando inutili campanilismi e opposizioni locali frutto, molte volte, di incompetenza tecnica e di una miope visione del futuro o di favori politici.Categoria: notizie - plastica - economia circolare - rifiuti - raccolta differenziataVedi maggiori informazioni sul riciclo
SCOPRI DI PIU'Il Regno Unito Ricicla Meno Rifiuti di Quanti ne Bruciadi Marco ArezioTutta l’Europa è protesa ad alzare i tassi di riciclo delle proprie nazioni, con una gara all’eccellenza espressa in quantità di rifiuti selezionati e immessi nuovamente sul mercato sotto forma di materia prima.L’Italia è il primo paese in Europa in termini di quantità riciclate con il 79,3%, secondo il rapporto GreenItaly della Fondazione Symbola, seguita dalla Francia a 55,8%, con una media europea al 39,2%. In alcuni paesi, come il Regno Unito si avvertono delle incongruenze, secondo gli osservatori locali, sia in termini di sistemi di conteggio delle percentuali riciclate che dei sistemi di smaltimento dei rifiuti. Infatti, un'indagine del programma Dispatches di Channel 4 del Regno Unito rivela che l'11% dei rifiuti domestici britannici, raccolti per il riciclaggio, viene inviato agli impianti di incenerimento invece che essere riutilizzato o riciclato. Le emissioni totali di carbonio dall'incenerimento hanno ora superato quelle del carbone. Fino alla metà degli anni '90 il Regno Unito inviava il 90 percento dei suoi rifiuti in discarica, quale modo semplice ed economico per smaltire i rifiuti. Il governo britannico ha poi introdotto una tassa sulle discariche rendendo molto più costoso lo smaltimento attraverso questo canale, quindi il mercato ha trovato un'alternativa. La soluzione era "energia dai rifiuti", dove gli stessi vengono bruciati per produrre elettricità. Nel 2008 il governo britannico ha fissato l'obiettivo di riciclare il 50% dei rifiuti domestici entro il 2020, ma negli ultimi cinque anni il tasso di riciclaggio si è fermato al 45%. Uno dei massimi esperti di riciclaggio del Regno Unito, il professor Karl Williams, direttore della gestione dei rifiuti presso l'Università del Lancashire centrale, ha espresso seri dubbi anche su questa cifra: "Non è una cifra reale, perché quando parliamo di tassi di riciclaggio si parla solo di tassi di raccolta. Quindi il modo in cui conteggiamo i dati sul riciclaggio, al momento, viene espresso tramite la quantità di materiale che raccogliamo dalle famiglie, questo poi viene misurato e pesato, trasformando questo valore come dato sul riciclaggio ". Gli studi dimostrano che più del 50% di ciò che le persone mettono nei rifiuti potrebbe essere riciclato o compostato se fosse fatta una differenziazione corretta. Quello che stanno bruciando sono risorse preziose I sostenitori dell'incenerimento dicono che questa è una soluzione sostenibile al problema dei rifiuti, evitando che milioni di tonnellate vadano nelle discariche. La giustificazione per loro è "che non abbiamo attualmente le sufficienti strutture per riciclare tutta la plastica”. “Abbiamo molti rifiuti, secondo loro, che non possiamo gestire, a parte il conferimento in discarica. Pertanto, ha senso bruciarli per ricavarne energia invece di bruciare altri tipi di combustibili fossili”, afferma il Professor Williams. Ma Georgia Elliott-Smith, un ingegnere ambientale, crede che si potrebbe fare di più per fermare la combustione di materiali riciclabili: “La realtà è che circa il 60 per cento di ciò che va in questi inceneritori di rifiuti nel Regno Unito possa essere riciclabile. E’ quindi essenziale capire che ciò che stanno bruciando sono risorse preziose che dovrebbero rimanere nell'economia, essere riciclate, riutilizzate e non e bruciate. Al momento, gli obiettivi di riciclo assegnati ad ogni autorità locale responsabile dei rifiuti non sono raggiunti, ma, nello stesso tempo, non ci sono sanzioni per il mancato raggiungimento degli obbiettivi assegnati ". La crescita dei termovalorizzatori ha creato un mercato dell’input vorticoso, che deve assicurare carburante da bruciare agli impianti con la necessità di generare rifiuti in modo continuo. Le emissioni totali di carbonio dall'incenerimento hanno superato quelle del carbone Le emissioni di carbonio, C02, sono uno dei principali motori del cambiamento climatico, motivo per cui c'è stato un allontanamento dall'energia creata con il carbone, tuttavia più inceneritori che generano energia significano un costante incremento di C02. I dati per il 2019 mostrano che i 48 inceneritori del Regno Unito hanno emesso un totale di circa 12,6 milioni di tonnellate di CO2. In confronto, il settore del carbone, in declino, ha prodotto 11,7 milioni di tonnellate di CO2. Tutti i produttori di energia devono pubblicare le loro emissioni totali di anidride carbonica, ma l'industria dell'incenerimento deve solo tenere conto del C02 dalla combustione di rifiuti fossili come la plastica. Quindi non devono segnalare le emissioni da fonti come il cibo e i rifiuti del giardino, noti come CO2 biogenica. Gli attivisti ambientali affermano che questa è una "contabilità creativa del carbonio". “Al momento gli inceneritori di rifiuti sono completamente esclusi da qualsiasi tipo di tassa sul carbonio. Non pagano alcuna tassa sul carburante che ricevono, che è il rifiuto, e non pagano alcuna tassa sulle emissioni che creano, quindi hanno questo doppio vantaggio economico che li rendono vantaggiosi, economici e redditizi ", afferma ingegnere ambientale Georgia Elliott-Smith.Categoria: notizie - plastica - economia circolare - rifiuti Vedi maggiori informazioni sull'argomentoFonti wmw
SCOPRI DI PIU'E’ stato un legante essenziale per lo sviluppo di città e vie di comunicazione, fino ai giorni nostri con i nuovi calcestruzzi ecosostenibilidi Marco ArezioSi può dire che il legante cementizio, noto come calcestruzzo, sia stato davvero una rivoluzione sin dalle epoche più antiche, per la crescita dei popoli, migliorando la solidità e il confort abitativo delle case, costruendo linee di comunicazioni più efficienti e sicure e creando monumenti che la storia ci ha donato perché solidi e duraturi. Dai Romani al XXI° Secolo La storia del calcestruzzo risale a molti secoli fa, a partire dalle antiche civiltà dell'Egitto e della Mesopotamia, dove veniva utilizzato, anche se con una ricetta grezza, per creare strutture come le piramidi e i templi. Tuttavia, la vera diffusione del calcestruzzo, come materiale da costruzione, avvenne durante l'Impero Romano. Questi, infatti, svilupparono una ricetta che includeva l'uso di calce, sabbia, acqua e una forma di pozzolana, un tipo di cenere vulcanica. L'opus caementicium era molto versatile e veniva utilizzato per creare strutture come ponti, acquedotti, basiliche, anfiteatri e persino l'imponente Colosseo. La sua versatilità e resistenza gli permisero di sopportare pesanti carichi e di resistere all'usura del tempo. Per ottenere l'opus caementicium, veniva preparato un impasto utilizzando una miscela di calce (calce viva o idrata) e sabbia. Successivamente, si aggiungeva acqua per creare una pasta lavorabile e la pozzolana, aggiunta come materiale legante, conferiva al calcestruzzo una maggiore resistenza e durabilità. Un altro tipo di calcestruzzo utilizzato dagli antichi Romani era l'"opus reticulatum". Questo stile di muratura consisteva in una disposizione di piccoli blocchi di calcestruzzo rettangolari, generalmente posti a formare un motivo reticolare. L'opus reticulatum veniva spesso utilizzato per rivestire le superfici esterne delle strutture in muratura, conferendo loro un aspetto distintivo. In sintesi, l'uso del calcestruzzo durante l'epoca romana fu un importante contributo all'architettura e all'ingegneria. La combinazione di calce, sabbia, acqua e pozzolana permise ai Romani di realizzare strutture durature e resistenti, lasciando un'eredità che ancora oggi si può ammirare in molte rovine romane. Dopo la caduta dell'Impero Romano, l'uso del calcestruzzo diminuì notevolmente in Europa occidentale durante il periodo medievale. Tuttavia, in altre parti del mondo, come nell'architettura islamica e nell'architettura bizantina, il calcestruzzo continuò ad essere utilizzato. Durante la Rivoluzione Industriale, questo legante conobbe una rinascita grazie ai progressi nella tecnologia di produzione del cemento. Nel XIX secolo, l'ingegnere francese Joseph-Louis Lambot sviluppò il cemento armato, una combinazione di calcestruzzo e acciaio, che rese possibile la costruzione di strutture ancora più resistenti. Nel 1848, Lambot creò un piccolo battello di calcestruzzo armato che presentò all'Esposizione Universale di Parigi. Questa invenzione fu il primo utilizzo documentato di cemento armato. Lambot incorporò una struttura di ferro all'interno dell’impasto per aumentarne la resistenza e la durabilità, aprendo la strada a un nuovo modo di costruire. L'idea di Lambot non ottenne subito grande riconoscimento, ma il suo lavoro aprì la strada a ulteriori sviluppi nell'utilizzo del cemento armato. Successivamente, nel corso del XX secolo, ingegneri come François Hennebique e Auguste Perret perfezionarono e diffusero l'uso del cemento armato, contribuendo alla sua adozione su larga scala nell'industria delle costruzioni. Da allora, il calcestruzzo è diventato uno dei materiali da costruzione più utilizzati al mondo, ed ampiamente impiegato per la costruzione di edifici, strade, dighe, ponti e molte altre infrastrutture. Negli ultimi decenni, sono state sviluppate nuove tecnologie per migliorare le prestazioni del prodotto, come l'uso di additivi per aumentarne la resistenza e la durabilità. In sintesi, la storia del calcestruzzo è una lunga e affascinante evoluzione, che ha visto questo materiale diventare uno dei pilastri della moderna ingegneria e dell'architettura. Cosa è il calcestruzzo riciclato Il calcestruzzo riciclato è un tipo di legante ottenuto tramite il riciclaggio dei materiali di scarto, provenienti dalla demolizione o dalla rottura di strutture di calcestruzzo esistenti. Il processo di riciclaggio del calcestruzzo comporta solitamente la frantumazione delle porzioni di calcestruzzo di scarto in pezzi più piccoli, che vengono quindi selezionati in base alla dimensione e alla qualità. Dopo la selezione, i frammenti di calcestruzzo vengono lavati per rimuovere eventuali impurità e contaminanti. A questo punto, il materiale riciclato può essere utilizzato come aggregato per la produzione di nuovo calcestruzzo. L'utilizzo del calcestruzzo riciclato offre diversi vantaggi ambientali ed economici. Innanzitutto, consente di ridurre la quantità di rifiuti che finiscono nelle discariche, contribuendo così alla sostenibilità ambientale. Inoltre, l'utilizzo del calcestruzzo riciclato richiede meno energia e risorse rispetto alla produzione di uno vergine, riducendo l'impatto ambientale complessivo. Dal punto di vista economico, il calcestruzzo riciclato può essere un'opzione più conveniente rispetto al quello vergine, contribuendo a ridurre i costi di costruzione. Tuttavia, è importante tenere presente che il calcestruzzo riciclato potrebbe avere alcune limitazioni in termini di resistenza e qualità rispetto al calcestruzzo vergine. Pertanto, è necessario un adeguato controllo di qualità e la valutazione delle caratteristiche specifiche del calcestruzzo riciclato per garantirne l'idoneità all'uso in progetti specifici. Quali differenze tecniche esistono tra il calcestruzzo riciclato e quello con inerti naturali Il calcestruzzo riciclato, rispetto a quello realizzato con inerti naturali, può presentare alcune differenze tecniche e di prestazioni. Ecco alcune tra le più comuni: Composizione Il calcestruzzo riciclato utilizza inerti provenienti da materiali di scarto di strutture in cemento demolite, mentre quello con inerti naturali utilizza inerti provenienti da materiali naturali, come ghiaia e sabbia. Qualità degli inerti Gli inerti riciclati possono contenere impurità e contaminanti residui, come vernici, rivestimenti o materiali di rinforzo. Questi residui potrebbero influire sulla qualità e sulla resistenza del calcestruzzo riciclato. Nel calcestruzzo con inerti naturali, gli aggregati tendono ad essere di qualità controllata e privi di contaminanti. Resistenza A causa delle possibili impurità e della variabilità degli inerti riciclati, il calcestruzzo riciclato potrebbe presentare una resistenza leggermente inferiore rispetto a quello con inerti naturali. Tuttavia, con un adeguato controllo di qualità e una corretta selezione degli inerti riciclati, è possibile ottenere livelli di resistenza simili al calcestruzzo tradizionale. Durabilità La durabilità del calcestruzzo riciclato dipende dalla qualità degli inerti utilizzati e dalle caratteristiche del materiale di scarto riciclato. Alcuni studi suggeriscono che il calcestruzzo riciclato potrebbe essere meno resistente all'azione degli agenti aggressivi come la corrosione delle armature o l'attacco chimico rispetto al calcestruzzo con inerti naturali. Tuttavia, è possibile adottare misure correttive come l'uso di additivi o trattamenti superficiali per migliorare la durabilità del calcestruzzo riciclato. Sostenibilità Dal punto di vista ambientale, il calcestruzzo riciclato offre un vantaggio significativo rispetto a quello con inerti naturali, in termini di riduzione dei rifiuti di demolizione e dell'impatto ambientale complessivo legato all'estrazione di materiali naturali. Pertanto, il calcestruzzo riciclato è spesso considerato una scelta più sostenibile. Dove è consigliabile utilizzare il calcestruzzo riciclato Il calcestruzzo riciclato può essere utilizzato in diversi contesti e applicazioni. Ne riportiamo alcuni a livello esemplificativo: Strade e pavimentazioni Il calcestruzzo riciclato può essere utilizzato per la realizzazione di strade, autostrade, marciapiedi e altre pavimentazioni. In questi contesti può offrire una soluzione economicamente vantaggiosa e sostenibile, riducendo l'utilizzo di materiali vergini e la quantità complessiva di rifiuti di costruzione. Opere di ingegneria civile Può inoltre essere impiegato nella costruzione di opere di ingegneria civile come muri di sostegno, ponti, dighe e opere di drenaggio. Tuttavia, è importante valutare attentamente le specifiche tecniche richieste per il progetto e garantire che il calcestruzzo riciclato soddisfi i requisiti di resistenza e durabilità. Elementi prefabbricati Si può anche utilizzare per la produzione di elementi prefabbricati come blocchi di calcestruzzo, pavimenti prefabbricati, travi e pilastri. Il suo utilizzo, nella produzione di elementi prefabbricati, può contribuire alla riduzione dei costi di produzione e all'impatto ambientale complessivo. Opere di riqualificazione e ristrutturazione Il calcestruzzo riciclato può essere una scelta appropriata durante i progetti di riqualificazione o ristrutturazione, in cui sono disponibili materiali di scarto provenienti dalle strutture demolite. L'utilizzo del della versione riciclata, può ridurre la necessità di acquistare calcestruzzo vergine e contribuire alla sostenibilità del progetto. Quali paesi utilizzano maggiormente il calcestruzzo riciclato L'utilizzo del calcestruzzo riciclato ha avuto origine negli anni '70, quando si è iniziato a sperimentare ed adottare metodi per riciclare i materiali di scarto provenienti dalla demolizione delle strutture in calcestruzzo. Tuttavia, l'adozione su larga scala del calcestruzzo riciclato è avvenuta successivamente, negli anni '80 e '90, con lo sviluppo di tecniche più avanzate di triturazione, selezione e produzione di calcestruzzo riciclato. L'uso del calcestruzzo riciclato si è diffuso in vari paesi nel corso degli anni. Alcuni dei paesi in cui l'utilizzo del prodotto riciclato è particolarmente diffuso sono: Stati Uniti Gli Stati Uniti sono stati tra i pionieri nell'utilizzo del calcestruzzo riciclato. Negli anni '80, il riciclaggio del prodotto è stato ampiamente adottato in molti stati americani, per affrontare il problema dei rifiuti da costruzione e promuovere la sostenibilità ambientale. Paesi Europei Diversi paesi europei hanno adottato l'uso del calcestruzzo riciclato in modo significativo. Ad esempio, Paesi Bassi, Germania, Regno Unito, Francia e Svezia hanno incorporato il prodotto ecosostenibile nelle loro prassi di costruzione e nelle normative ambientali. Giappone Il Giappone ha sviluppato tecniche avanzate per il riciclaggio del calcestruzzo e ha fatto ampio uso del prodotto nella costruzione di strade e infrastrutture, soprattutto a partire dagli anni '90. Australia L'Australia ha fatto progressi significativi nell'utilizzo del calcestruzzo riciclato, soprattutto per la realizzazione di pavimentazioni stradali e infrastrutture. Numerose iniziative e progetti sono stati promossi per ridurre l'uso di materiali vergini e favorire l'impiego di quelli riciclati.
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