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https://www.rmix.it/ - TotalEnergy Condanna l'Aggressione Militare Russa contro l'Ucraina
rMIX: Il Portale del Riciclo nell'Economia Circolare TotalEnergy Condanna l'Aggressione Militare Russa contro l'Ucraina

La multinazionale TotalEnergy ha emesso un comunicato di condanna sull'aggressione da parte della Russia al popolo Ucraino, definendo inoltre le successive mosse dal punto di vista strategico-industriale nei confronti della Russia e l'assistenza all'Ucraina.TotalEnergies condanna l'aggressione militare russa contro l'Ucraina, che ha tragiche conseguenze per la popolazione e minaccia l'Europa.TotalEnergies esprime la sua solidarietà al popolo ucraino che ne sta subendo le conseguenze e al popolo russo che ne subirà anche le conseguenze. TotalEnergies si mobilita per fornire carburante alle autorità ucraine e aiutare i rifugiati ucraini in Europa. TotalEnergies sostiene la portata e la forza delle sanzioni messe in atto dall'Europa e le attuerà indipendentemente dalle conseguenze (attualmente in fase di valutazione) sulle sue attività in Russia. TotalEnergies non fornirà più capitale per nuovi progetti in Russia.

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https://www.rmix.it/ - Marketing di prodotto: ripensare i canoni estetici per i prodotti fatti in plastica riciclata da post consumo
rMIX: Il Portale del Riciclo nell'Economia Circolare Marketing di prodotto: ripensare i canoni estetici per i prodotti fatti in plastica riciclata da post consumo
Management

Marketing di prodotto. Aspettative elevate sui prodotti fatti in plastica riciclata minano l’economia circolaredi Marco ArezioNon ci siamo mai chiesti come mai molti prodotti, specialmente nel campo dell’imballaggio, continuano a essere prodotti con materia prima vergine? Esistono delle esigenze estetiche, apparentemente non derogabili, stabilite dai protocolli di marketing che vogliono un prodotto dall’aspetto perfetto, nei colori, nella trama e nella finitura, figli di una produzione fatta con materie prime vergini, che hanno lo scopo di soddisfare l’occhio del cliente. Ma è proprio questo che il cliente chiede ad un prodotto per il packaging o altri prodotti addirittura che hanno una funzione tecnica e non estetica, come per esempio i tubi da interro o dei bancali in plastica, o altri prodotti simili? Non credo. Vediamo alcuni esempi in cui sui potrebbe usare il granulo riciclato da post consumo al 100% e invece si continua con la materia prima vergine o in alcuni casi più virtuosi si usa un compound misto. – Tubi per irrigazione in HDPE e LDPE: spesso accade che un prodotto destinato al campo, che verrà, nel corso del tempo, aggredito dal sole con conseguente peggioramento della struttura esterna, riduzione di colore e ricopertura di ampie porzioni da parte della terra o del fango, possa diventare oggetto di una contestazione perché il granulo da post consumo, che potrebbe avere all’interno un po’ di gas o umidità residua, porta a creare piccole bollicine sulla superficie del tubo.  Questo non comporta difetti qualitativi del manufatto, ma solo estetici, ma sufficienti a spingere il produttore a fare compounds con il vergine o con granuli post indutriali. – Cassette industriali in HDPE e PP: le casette vengono usate per la logistica di movimento o all’interno di magazzini di attività produttive, quindi non hanno lo scopo di essere messe sul mercato della vendita, ma rimangono un mezzo di lavoro all’interno delle aziende. Sono fatte normalmente in HDPE o PP in vari colori. I più diffusi sono il rosso, il blu e il grigio.  L’uso del granulo da post consumo, colorato, potrebbe portare con sé, piccole imperfezioni estetiche che si manifestano in leggere sfiammature sul colore, possibili saltuari puntini neri sulla superficie o piccole zone opacizzate. Facile incorrere nel rifiuto da parte del produttore di cassette, del granulo post consumo come se l’estetica perfetta sia importante per la funzione della cassetta che rimane in un magazzino.  Normalmente si preferisce usare una materia prima proveniente da scarti post industriali o un compound misto con materie prime vergini. – Flaconi per il detersivo o liquidi industriali e agricoli: la materia prima normalmente utilizzata è l’HDPE, il PP o il PET. Sul mercato del soffiaggio possiamo dire che una timida apertura al riciclato da post consumo sta avvenendo negli ultimi anni, sulla spinta dei movimenti per l’ambiente, che vedono tutti i giorni i flaconi del detersivo in negozio. L’impressione è che questa attenzione per il riciclato da parte dei produttori di flaconi sia dettata da precise scelte compiacere i propri clienti piuttosto che un’attenzione all’ambiente. Sono comunque scelte un po’ zoppe, in quanto l’industria della produzione del granulo da post consumo ha raggiunto una qualità tale da poter offrire una materia prima che consente di produrre flaconi da 0,5 a 5 litri al 100%, ma ancora oggi si punta a compounds contenenti solo il 30% -50% di materiale riciclato. Questo vale solo su alcuni flaconi e con alcuni colori, perché la maggior parte vengono ancora fatti con il materiale vergine. La produzione dei flaconi con il granulo riciclato da post consumo, specialmente in HDPE, potrebbe a volte lasciare, sul flacone, piccole zone di opacità nel colore, l’assenza di brillantezza tipica dell’uso della materia prima vergine e una presenza di profumo di detersivo tipica del granulo da post consumo proveniente dalla raccolta differenziata. I produttori di flaconi, considerando i numeri generali di consumo delle materie prime, continuano a preferire il granulo vergine, specialmente in questo periodo in cui il costo di questo è inferiore al costo del granulo rigenerato, ma sono spinti dal mercato ad impegnarne una percentuale per questioni di immagine aziendale “green”.  Potremmo andare avanti con molti altri esempi sulle opportunità perse di utilizzo della materia prima proveniente dai rifiuti domestici al posto del granulo vergine, ma i canoni estetici che gli esperti di marketing esigono per i loro prodotti a volte sono incompatibili con l’esigenza di utilizzo dei rifiuti plastici e di protezione dell’ambiente.

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https://www.rmix.it/ - Treni a Vapore Turistici Messi in Crisi dalla Mancanza del Carbone
rMIX: Il Portale del Riciclo nell'Economia Circolare Treni a Vapore Turistici Messi in Crisi dalla Mancanza del Carbone
Slow Life

di Marco ArezioChe fine faranno i treni a vapore tenuti in funzione da appassionati, su linee secondarie che attirano ogni anno milioni di turisti?E’ una domanda alla quale facciamo fatica a dare una risposta, in quanto la crisi energetica innescata dalla guerra tra l’Ucraina e la Russia e il successivo embargo da parte dell’Unione Europea al carbone Russo, ha messo in seria difficoltà la circolazione dei treni a vapore. La progressiva chiusura negli anni delle miniere Europee di carbone, dettata dalla necessità di ridurre l’impatto climatico di questa fonte fossile, ha creato una dipendenza verso quei paesi che continuano a produrlo come la Russia. Oggi le ferrovie storiche hanno delle scorte di carbone molto basse e la difficoltà di reperire la nuova materia prima, in altri paesi, è dettata sia dalla carente disponibilità sul mercato, a causa sia  della forte domanda internazionale di energia, sia perché la qualità del carbone che serve per far circolare i treni deve essere tale da poter sviluppare un potere calorifico specifico. Non pensiamo che le linee ferroviarie storiche siano poca cosa nell’economia del turismo, in quanto solo in Gran Bretagna esistono circa 150 compagnie storiche che fanno viaggiare i loro treni per circa 900 Km., contribuendo all’industria del turismo e al mantenimento di molti posti di lavoro. Per venire incontro alla carenza di carbone e per salvare le ferrovie storiche si stanno provando combustibili alternativi che hanno un impatto ambientale ridotto. Questi nuovi combustibili sono stati sviluppati da miscele di antracite, polvere di carbone e melassa, quest'ultima funge da legante, creando così i presupposti per eseguire dei tests di combustione e di trazione. I risultati iniziali sono stati incoraggianti, sebbene siano ancora necessari tests per valutare l'impatto di tali combustibili sulle parti vulnerabili delle locomotive, come i focolari e i tubi delle caldaie. Foto: WP.F.

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https://www.rmix.it/ - Comunicazione: come uscire dall’anonimato con poche risorse
rMIX: Il Portale del Riciclo nell'Economia Circolare Comunicazione: come uscire dall’anonimato con poche risorse
Management

Comunicazione: come uscire dall’anonimato con poche risorse. Le possibilità per artigiani, commercianti, piccoli imprenditori e consulenti di Marco ArezioIn un mondo iper-competitivo, dove la comunicazione è diventata un’arma dirompente, chi ha le capacità e le risorse finanziarie per imporsi sul mercato, può fare la differenza. E le piccole aziende? Le attività di comunicazione, nel mondo interconnesso di oggi, possono fare la differenza tra chi le utilizza e chi no. Le piccole aziende, strettamente impegnate nel business quotidiano, non hanno a volte il tempo per promuovere la propria attività, far conoscere le capacità di creare valore aggiunto al proprio lavoro. Le dimensioni stesse dell’impresa non contemplano, spesso, la presenza di una figura che si occupi di mettere in luce le prerogative aziendali, attraverso le quali attirare nuovi potenziali clienti ed avere una programmazione del lavoro su un più lungo orizzonte. Inoltre, il flusso finanziario, tipico delle micro o piccole aziende, spesso non permette di assumere una risorsa umana interna che si occupi della promozione dell’attività. Ma per l’artigiano, il parrucchiere, l’estetista, il bar, il piccolo produttore, il consulente, l’impresa di pulizie e, potremmo andare avanti a citare mille altre figure professionali, emergere dall’anonimato o vincere la concorrenza, diventa sempre più un’esigenza di sopravvivenza e di rilancio. Ma come si raggiunge l’obbiettivo? La comunicazione è un’attività che punta a creare empatia con i potenziali clienti e un mezzo per fidelizzare quelli già acquisiti dall’impresa. L’empatia è quello stato d’animo, da parte del potenziale acquirente, che sceglie te invece che un tuo concorrente vicino o viene a conoscenza della tua attività e decide che potrebbe essere interessante provare a servirsi da te invece che dal suo solito fornitore. Nell’empatia sono racchiuse molte sensazioni che non dipendono direttamente dal prodotto che vendi o dal servizio che offri, ma è un insieme di valori trasmessi al potenziale cliente che fanno pendere la scelta verso la tua attività. La comunicazione non deve mai essere considerata un mezzo di vendita diretta, finalizzata nel breve periodo ad aumentare il fatturato, ma un’attività che favorisce la fidelizzazione del cliente sul lungo periodo, la cui conseguenza potrà essere l’aumento del fatturato. Perché ordinate una coca cola e non un’altra bibita con il caramello del tutto simile? Il prezzo? La qualità? Non credo proprio. La suggestione del prodotto che crea la giusta empatia in ognuno di noi. Perché una persona deve venire a comprare il pane al tuo negozio o andare a riparare il telefonino da te e non dalla grande catena distributiva o fare realizzare le tende per il la tua casa nel tuo negozio invece che da un altro o affidarsi ad un consulente finanziario invece che al suo concorrente? E’ una questione di empatia che, attraverso la comunicazione locale o su ampia scala, porta a compiere delle scelte che esulano dal prodotto, dando per scontato che si abbia una qualità attesa e non inferiore a quella del tuo concorrente, ma non per forza migliore. Questo vale anche nelle forniture all’ingrosso, dove un piccolo imprenditore può produrre ombrelloni o vasi o appendini o pattumiere o reti ortopediche, per fare alcuni esempi, a parità di qualità di prodotto e servizio, deve poter creare una chiave per farsi preferire e per farsi conoscere da una platea più vasta. Ma creare l’empatia non è come comprare o vendere un prodotto di uso comune, non raggiunge lo scopo in un lasso di tempo breve, è un percorso che necessita tempo ma soprattutto costanza. Chi sposa la comunicazione per far crescere la propria azienda deve essere soprattutto costante nel tempo, sia che le cose, nel breve periodo, vadano male o meglio. Con quali risorse e come fare? La costruzione di un percorso comunicativo oggi non necessita di investimenti onerosi, in quanto si può affittare il lavoro e calibrare le ore settimanali del consulente in base alle esigenze e le disponibilità finanziarie dell’azienda. Ogni attività ha una sua storia, un suo ambito, una sua situazione finanziaria e un suo obbiettivo. Partendo dall’analisi di queste informazioni si costruisce, con l’imprenditore, un piano di lavoro che permetta a lui di dedicarsi al proprio lavoro e al consulente di far emergere l’azienda e creare quell’empatia necessaria per far preferire un’azienda ad un’altra. Se desideri ulteriori informazioni scrivi a: info@arezio.it o visita il sito internet www.arezio.it

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https://www.rmix.it/ - Gli USA Inondano di Rifiuti Plastici i Paesi più Poveri e Vulnerabili
rMIX: Il Portale del Riciclo nell'Economia Circolare Gli USA Inondano di Rifiuti Plastici i Paesi più Poveri e Vulnerabili
Ambiente

di Marco ArezioDa quando il mercato cinese ha detto stop alle importazioni di rifiuti, ci saremmo aspettati che il paese più tecnologicamente ed economicamente avanzato, trovasse una soluzione corretta e “democratica” al riciclo dei propri materiali di scarto.Ci saremmo aspettati, come succede in Europa, che le migliori menti dell’industria e della ricerca privata e pubblica, trovassero delle soluzioni valide sul riciclo dei vari rifiuti domestici ed industriali, migliorando il business e l’ambiente. E’ stato fatto? Per nienteConsiderando che gli USA producono circa 34,5 milioni di tonnellate di rifiuti plastici ogni anno e che il loro tasso di riciclo, stabilito nel 2015 dall’ l'Environmental Protection Agency era del 9%, la Cina e Hong Kong ne gestivano circa 1,6 milioni di tonnellate all’anno per conto degli Stati Uniti. Si parla di rifiuti domestici inquinati dai residui alimentari o da altri materiali, di plastiche multistrato, di polimeri industriali non riciclabili con i sistemi meccanici tradizionali che, alla fine, finivano in discariche per il resto dei loro giorni. Nonostante l’accordo di Basilea del 2019, sancisce, di fatto, il divieto di esportare i rifiuti nei paesi in via di sviluppo in quanto non dotati strutture industriali, controlli serrati e risorse per gestirli legalmente, gli Stati Uniti non hanno ratificato l’accordo, sentendosi quindi liberi di esportare i rifiuti la dove le condizioni sociali, economiche, corruttive e legali permettano più facilmente questo commercio. Dopo il divieto della Cina, i rifiuti di plastica americani sono diventati un problema globale, facendo ping-pong da un paese all'altro. L'analisi del Guardian sui documenti di spedizione e sui dati delle esportazioni dell'US Census Bureau, ha rilevato che l'America spedisce ancora oggi oltre 1 milione di tonnellate all'anno dei suoi rifiuti di plastica all'estero, gran parte dei quali in luoghi dove le condizioni di vita, a causa delle masse di rifiuti ricevute, sono insostenibili. Ma quali sono questi paesi dopo la chiusura Cinese? Il Vietnam, nonostante ufficialmente viga un divieto di importazione, il Laos, la Cambogia, il Ghana, l’ Etiopia, il Kenya, la Turchia, il Senegal, le Filippine e molti paesi del Sud America, che in precedenza non avevano mai gestito i rifiuti americani. In Turchia, per esempio, le importazioni di plastica statunitensi potrebbero mettere a rischio l’intera catena del riciclo nazionale, aggravando la problematica del riciclo interno dei rifiuti prodotti dagli stessi abitanti Turchi. Da quando la Cina ha chiuso i battenti, la quantità di scarti di plastica che la Turchia riceve dall'estero è aumentata vertiginosamente, da 159.000 a 439.000 tonnellate in due anni. Ogni mese, circa 10 navi fanno scalo nei porti di Istanbul e Adana, trasportando circa 2.000 tonnellate di rifiuti plastici statunitensi che non trovano altre collocazioni. La maggior parte proviene dai porti della Georgia, Charleston, Baltimora e New York. Nelle Filippine, invece, arrivano circa 120 container al mese a Manila e in una zona industriale dell'ex base militare statunitense di Subic Bay. I registri di navigazione indicavano che i containers erano pieni di rifiuti di plastica spediti da luoghi come Los Angeles, Georgia e il porto di New York-Newark.Molte volte sono gli stessi imprenditori che in passato ricevevano i rifiuti dagli Stati Uniti, i quali, dopo il blocco imposto dai loro governi, si sono riorganizzati in paesi dove non esistono divieti stringenti, creando società definite di riciclo, in ambienti contadini dove le attività della gestione dei rifiuti, che vadano in discarica o che vengano separati e parzialmente riciclati, mette la popolazione a grave rischio di salute e sottopone l’ambiente ad un inquinamento senza ritorno. Questo è permesso in quanto gli uffici di frontiera non controllano se i rifiuti importati siano riciclabili o meno, inoltre non esiste un reale tracciamento dei rifiuti dal momento dell’ingresso nel paese, non esistono efficaci controlli una volta che queste sedicenti imprese del riciclo ricevono il materiale ed esiste un certo lassismo normativo-giuridico che impedisce un contrasto efficace al problema. Per questo, possiamo trovare in varie parti del mondo paesi interi trasformati in pattumiere a cielo aperto, dove la necessità di acqua per l’attività, ha creato la contaminazione di fiumi e mari, le sostanze chimiche nocive e potenzialmente mortali sono largamente disciolte nelle falde, nei terreni, e l’aria che respirano lavoratori ed abitanti si impregna di sostanze velenose. Un disastro ecologico senza precedenti, lontano dalla casa di chi produce i rifiuti e nel silenzio del mondo più avanzato al gioco del denaro, che impone la distruzione delle vite delle popolazioni e degli habitat naturali, a dispetto di tutti i principi democratici che hanno, apparentemente, fatto grandi i paesi occidentali. Foto: The Guardian

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https://www.rmix.it/ - Accordo tra TotalEnergies e Honeywell per Riciclare la Plastica
rMIX: Il Portale del Riciclo nell'Economia Circolare Accordo tra TotalEnergies e Honeywell per Riciclare la Plastica
Notizie Brevi

Accordo tra TotalEnergies e Honeywell per Riciclare la PlasticaIl riciclo degli scarti plastici attraverso un processo di nobilitazione delle prestazioni dei polimeri futuri, con l'intento di avvicinare la nuova materia prima a quella vergine, è l'obbiettivo dei nuovi progetti industriali sul riciclo della plastica.Tra questi nuovi progetti, TotalEnergies e Honeywell hanno annunciato un accordo strategico per promuovere lo sviluppo del riciclaggio avanzato della plastica. In base a questo accordo, Honeywell accetterà di fornire a TotalEnergies il Recycled Polymer Feedstock (RPF), utilizzando la tecnologia di processo UpCycle di Honeywell nel nuovo impianto di riciclaggio Honeywell e Sacyr che sarà costruito in Andalusia, Spagna. TotalEnergies acquisterà e convertirà questa materia prima in polimeri di alta qualità, che potrebbero essere utilizzati per imballaggi alimentari e altre applicazioni altamente impegnative.L'impianto UpCycle, che sarà di proprietà di una joint venture tra Honeywell e Sacyr, dovrebbe trattare e convertire ogni anno 30.000 tonnellate di rifiuti di plastica misti in RFP, che potrebbero altrimenti essere destinati a discarica o incenerimento. L'avvio previsto dell'impianto UpCycle è previsto nel 2023, con RPF da utilizzare per la produzione di polimeri di alta qualità nelle unità di produzione europee di TotalEnergies. Come dichiarato nel comunicato stampa di Total, la nuova materia prima avrà proprietà identiche ai polimeri vergini e adatti per un'ampia gamma di applicazioni, comprese le applicazioni per uso alimentare, come contenitori flessibili e rigidi. Questo primo progetto rappresenta l'inizio della collaborazione tra TotalEnergies e Honeywell nel campo del riciclo avanzato. Entrambe le parti sono impegnate ad affrontare la questione dei rifiuti di plastica e ad aiutare a costruire un'economia più circolare e sostenibile in Europa e nel resto del mondo. "Siamo lieti di collaborare con Honeywell per affrontare il problema dei rifiuti di plastica attraverso lo sviluppo di un riciclaggio avanzato e, quindi, creare un'economia circolare, uno dei pilastri dello sviluppo sostenibile. Questo progetto, con una startup mirata al 2023, contribuirà a soddisfare la nostra ambizione di produrre il 30% di polimeri riciclati e rinnovabili entro il 2030", ha affermato Valérie Goff, Senior Vice President, Polymers di TotalEnergies. "La domanda di plastica continuerà a crescere, quindi è fondamentale creare un collegamento tra la gestione dei rifiuti e la produzione di plastica per rafforzare un flusso circolare di materie plastiche", ha affermato Ben Owens, vicepresidente e direttore generale di Honeywell Sustainable Technology Solutions. "L'accordo con TotalEnergies fornirà un forte sodalizio per il prelievo di materie prime polimeriche riciclate e, insieme al nostro impianto di riciclaggio avanzato recentemente comunicato con Sacyr, Honeywell sta guidando la spinta verso un'economia della plastica più circolare". Categoria: notizie - plastica - economia circolare - riciclo - rifiuti

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https://www.rmix.it/ - Il Miraggio del riciclo dei Rifiuti nella Macedonia del Nord
rMIX: Il Portale del Riciclo nell'Economia Circolare Il Miraggio del riciclo dei Rifiuti nella Macedonia del Nord
Economia circolare

Il Miraggio del riciclo dei Rifiuti nella Macedonia del Norddi Marco ArezioA due passi dal cuore produttivo dell'Europa, non lontano dal parlamento Europeo dove domina una corsa virtuosa alla tutela dell'ambiente e all'incremento del riciclo dei rifiuti, al centro di un'area in cui la popolazione ha sdoganato l'economia circolare, la Macedonia del nord, secondo quanto riportato da Aleksandar Samardjiev, resta lontano anni luce dal resto d'Europa sul tema della gestione dei rifiuti. Vediamo perchèNonostante alcuni esempi positivi, in Macedonia del Nord il riciclo resta a livelli estremamente bassi. Secondo esperti e osservatori, il paese deve elaborare in fretta una strategia a lungo termine nella gestione dei rifiuti Le famiglie raccolgono i rifiuti in un unico bidone e poi lo svuotano nei contenitori in strada: poi la spazzatura viene portata dai camion comunali in una discarica, dove viene accumulata sul terreno. Questa è, in buona sostanza, l'immagine che sintetizza la gestione dei rifiuti in Macedonia del Nord, con livelli estremamente bassi di selezione e riciclo. Più rifiuti, meno riciclo Le statistiche confermano la disastrosa situazione: mentre la quantità totale di rifiuti raccolti nel paese è in costante aumento, la capacità di riciclo procede nella direzione opposta. Nel 2017 la Macedonia del Nord ha generato 787mila tonnellate di rifiuti, di cui solo lo 0,6% è stato riciclato. Nel 2018 i rifiuti sono aumentati a 855mila tonnellate, con un tasso di riciclo dello 0,5%. Nel 2019 i rifiuti hanno raggiunto le 916mila tonnellate, mentre la capacità di riciclo è scesa ad un mero 0,3%. Secondo i funzionari del Ministero dell'Ambiente e della Pianificazione territoriale, l'attuale quadro giuridico è corretto e coerente con gli standard dell'Unione europea, ma le leggi, le strategie e i piani per la gestione dei rifiuti e la protezione ambientale sono male applicati a livello municipale. I comuni dovrebbero iniziare a lavorare sulla selezione dei rifiuti: non c'è quasi nessuno smistamento dei rifiuti e bidoni separati, cioè dovrebbe essercene uno (giallo) per gli imballaggi in plastica, vetro, carta ecc. e uno per i rifiuti misti non riciclabili. “In questo modo, i rifiuti del bidone giallo non andrebbero in discarica, ma sarebbero separati in carta, vetro, plastica, ecc. e riciclati. Al momento, i cittadini non sono pronti a selezionare, né hanno l'infrastruttura per farlo. Servono anche maggiore controllo e supervisione da parte degli ispettori municipali”, spiega a OBCT Ana Karanfilovska Mazneva, capo del dipartimento ministeriale di Gestione dei rifiuti. Nella sua relazione 2020 sull'andamento del trattamento dei rifiuti, l'Ufficio statale di revisione conclude che la selezione e la raccolta differenziata dei rifiuti urbani vengono eseguite solo in alcuni comuni e in misura limitata. Anche il tasso di riciclo è basso. Pertanto, è necessaria un'azione più intensa da parte dello stato, delle autorità locali e del settore imprenditoriale per migliorare in questo settore. Prilep, un esempio positivo I media locali portano spesso ad esempio la città di Prilep, saldamente al primo posto per la selezione dei rifiuti nel paese, che contribuisce tanto quanto tutte le altre città macedoni messe insieme, compresa la capitale Skopje. Con una popolazione di 75mila abitanti, la città genera ogni anno da 28mila a 31mila tonnellate di rifiuti, di cui la società di servizi pubblici Komunalec riesce a selezionare e vendere fino a 13mila tonnellate di rifiuti selezionati, quasi la metà delle quantità raccolte. Solo nel 2020, questa società di servizi pubblici è riuscita a selezionare e vendere 822 tonnellate di rifiuti di carta e cartone, 87 tonnellate di vari tipi di rifiuti di plastica e imballaggi in PET, 56 tonnellate di nylon e 78 tonnellate di imballaggi in vetro dalla città. Inoltre, sono state raccolte circa tremila tonnellate di detriti edilizi con i propri contenitori per detriti edilizi, che ricoprono la discarica comunale con rifiuti urbani. L'azienda seleziona anche da duemila a tremila tonnellate di materiali di scarto aggiuntivi (tessuti, mobili, legno, ecc.), che però attualmente non vengono venduti nel paese o all'estero. Il comune chiede, ma non ha ancora ricevuto, assistenza dallo stato per un ulteriore trattamento dei rifiuti attraverso la realizzazione di un Centro Secondario di Selezione. Alla ricerca di una strategia efficace di gestione dei rifiuti A livello giuridico, il territorio della Macedonia del Nord è diviso in otto regioni che hanno le proprie discariche. Nonostante le buone intenzioni, tuttavia, la spazzatura viene semplicemente gettata a terra e non trattata. “L'idea è di trasformare le discariche in verie e propri centri per la gestione complessiva dei rifiuti. Quando vengono distribuiti i bidoni dei rifiuti domestici, la selezione secondaria dovrebbe essere effettuata nelle discariche regionali e quindi la carta, il cartone, il vetro e la plastica raccolti dovrebbero essere venduti al settore privato del riciclo, riducendo quindi finalmente i rifiuti abbandonati in tutto il paese", spiega Ana Karanfilovska Mazneva. Igor Makaloski, rappresentante di una delle aziende che raccolgono rifiuti selezionati in collaborazione con i comuni, ritiene che sia necessario che le persone diventino più consapevoli dei vantaggi della selezione dei rifiuti. Afferma che la sua azienda, pur collaborando con oltre 40 amministrazioni locali in Macedonia del Nord, dove vivono oltre il 70% dei 2 milioni di abitanti, raccoglie solo 1.800 tonnellate di rifiuti di imballaggio. “Purtroppo in Macedonia del Nord molto spesso abbiamo solo dichiarazioni di principio quando si parla di ecologia.Insieme, dobbiamo impegnarci di più su questo problema. Ci sono carenze nel processo di raccolta e parte dell'attrezzatura installata è costantemente vandalizzata da cittadini senza scrupoli. Ma questo non ci solleva dalla responsabilità di trovare modi per raccogliere i rifiuti di imballaggio e smaltirli in luoghi appropriati”, spiega Makaloski.L'attivista Branko Prlja (fondatore dei gruppi "Dare, non bittare" e "Non buttare, non inquinare" per sensibilizzare al riciclo, il riutilizzo e l'uso ridotto al fine di preservare l'ambiente) afferma che lo stato dovrebbe essere coinvolto più attivamente nel processo di riciclo. “Vietare, limitare o tassare i materiali non riciclabili. In questo modo non verranno utilizzati e non finiranno nelle discariche. D'altra parte, può aiutare le aziende sovvenzionate a riciclarli o facilitarne il trasporto verso paesi che possono riciclarli”, ha scritto Prlja nel suo blog. Molte scadenze per gli obiettivi di selezione e riciclo in vari piani nazionali sono già state mancate: il riutilizzo e il riciclo del 50% dei rifiuti domestici era previsto per il 2020, ma rimane ad oggi un obiettivo non raggiunto. La ricerca ambientale mostra anche che i rifiuti lasciati a terra emettono sostanze e gas nocivi, diventando così una delle cause dell'inquinamento atmosferico, un altro grave problema sanitario nella Macedonia del Nord. Categoria: notizie - plastica - economia circolare - riciclo - rifiuti - macedonia

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https://www.rmix.it/ - Il Lavaggio dei Rifiuti Plastici da Post Consumo si Fa in Tre
rMIX: Il Portale del Riciclo nell'Economia Circolare Il Lavaggio dei Rifiuti Plastici da Post Consumo si Fa in Tre
Informazioni Tecniche

Il Lavaggio dei Rifiuti Plastici da Post Consumo si Fa in Tredi Marco ArezioI rifiuti plastici da post consumo sono, in termini quantitativi, tra le maggiori voci che compongono il paniere degli scarti che la nostra società produce.Se fino a pochi anni fa non veniva applicato un riciclo meccanico intensivo ma si cercava di separare ed estrarre solo plastiche nobili, oggi la consapevolezza ambientale e la necessità di ridurre il conferimento di rifiuti nelle discariche, ha imposto un uso sempre più massiccio dei polimeri da post consumo riciclati per la creazione di nuovi prodotti finiti, realizzando il più possibile la circolarità della filiera. Non è stata una svolta improvvisa, c’è voluto tempo per sovvertire il preconcetto culturale che un prodotto fatto con i polimeri riciclati fosse di seconda categoria rispetto ad uno fatto con materia prima vergine. Quando l’opinione pubblica ha sdoganato l’uso delle materie prime riciclate come elemento necessario e insostituibile della nostra vita, la domanda è cresciuta in modo esponenziale. Non c’è dubbio che, dal punto di vista industriale, il trattamento dei rifiuti plastici da post consumo per la creazione di una materia prima, che assume una nuova nobiltà estetica e strutturale nei prodotti, ha bisogno, oggi, di un approccio al riciclo decisamente più professionale e qualitativo rispetto al passato. Infatti, nel ciclo di lavoro dello scarto plastico da post consumo, che contempla la raccolta, la selezione, la macinazione, la separazione, il lavaggio e la granulazione, è interessante soffermarci sulla fase del lavaggio per capire meglio alcuni aspetti. Il concetto di lavaggio deve prevedere tre passaggi fondamentali a cui non ci si può sottrarre, se si vuole realizzare una materia prima adatta ad una produzione di un buon granulo plastico. I tre passaggi dell’attività di lavaggio sono qui riassumibili: • Lavaggio degli scarti attraverso una macchina con lavaggio forzato, che permette, attraverso l’azione dell’acqua e della rotazione centrifuga del cestello di contenimento della plastica, un distaccamento di parti inquinanti, come residui organici alimentari, sabbia, terra o altro, che altrimenti non avverrebbe in una vasca tradizionale con acqua. • Utilizzo di una vasca di decantazione in cui i materiali, che sono usciti dalla fase di lavaggio forzato, fanno un percorso studiato, in termini di velocità di movimento e di lunghezza, nella quale avviene una separazione degli scarti plastici per peso specifico. Infatti, i materiali con peso specifico più leggero come l’HDPE, LDPE, il PS e il PP, che costituiscono le famiglie di maggiore presenza nei rifiuti da post consumo, rimangono a galla, mentre quelli con il peso specifico maggiore come i materiali caricati, il PVC e altri elementi affondano. • Ultimo impianto indispensabile per concludere un buon ciclo di lavaggio delle materie plastiche da post consumo è la centrifuga. Infatti una volta lavato con energia gli scarti, averli separati da plastiche con peso specifico diverso, è assolutamente necessario, prima della produzione della materia prima finale, ridurne la concentrazione dell’umidità. Attraverso il passaggio degli scarti stessi nella centrifuga è possibile abbattere percentuali di umidità elevate che causano molti problemi, quali il degrado del polimero, la creazione di difetti estetici sul prodotto finito ed una sostanziale riduzione delle prestazioni meccaniche. La fase di lavaggio, nelle attività di riciclo dei materiali da post consumo, ha visto spesso affermarsi una sbagliata teoria definibile della “sciacquatura”, dove il processo prevedeva l’immersione del macinato plastico in vasche con una bassa qualità dell’acqua, una elevata velocità di flottazione degli scarti e una lunghezza della vasca non adeguata. Tutto questo si rifletteva in un deciso risparmio economico, un aumento della produzione oraria del reparto ma con una bassa o bassissima qualità del futuro polimero. Se, a parziale difesa di questo approccio, possiamo ricordare che nel passato i polimeri che derivavano dagli scarti da post consumo erano impiegati solo per prodotti di bassa qualità, dobbiamo però ricordare che oggi, ci si aspetta una qualità più alta da questa famiglia di polimeri in quanto è aumentata la platea di utilizzo. Un basso livello qualitativo di processo in fase di lavaggio, separazione ed asciugatura, porta inevitabilmente con sé anche il problema degli odori delle plastiche da post consumo. Se abbiamo parlato in precedenza di aspetti negativi legati alla meccanica e all’estetica dei prodotti, risparmiare tempo e tecnologia nelle 3 fasi che costituiscono il lavaggio, incrementa in modo considerevole l’odore sgradevole nei prodotti finiti realizzati con polimeri che hanno subito un processo di lavaggio scadente. La presenza di odori pungenti e persistenti nei prodotti finiti, comporta non solo la riduzione delle vendite in termini quantitativi, ma porta anche al deprezzamento dell’articolo stesso, con una riduzione dei margini di contribuzione dell’azienda.Categoria: notizie - tecnica - plastica - riciclo - post consumo - lavaggio

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https://www.rmix.it/ - Wallace Hume Carothers: Il Triste Inventore del Nylon PA 6.6
rMIX: Il Portale del Riciclo nell'Economia Circolare Wallace Hume Carothers: Il Triste Inventore del Nylon PA 6.6
Informazioni Tecniche

Il Triste Inventore del Nylon PA 6.6di Marco ArezioWallace Hume Carothers nacque negli Stati Uniti il 27 Aprile 1896 da una famiglia modesta il cui padre faceva il maestro di scuola.Riuscì tuttavia ad andare all’università dell’Illinois ed a laurearsi nel 1924 in filosofia e nel 1928 in chimica, laurea che gli aprì le porte ad una brillante carriera nel mondo della nuova chimica. Appena terminati gli studi fu subito assunto dalla ditta Du Pont, in qualità di direttore del reparto ricerche di chimica organica che si trovava a Wilmington nel Delaware. Attraverso lo studio sulla sintesi dell’acido adipico e della esametilendiammina ottenne la poliesametilenadipamide, o più brevemente Naylon 6,6, che fu brevettato nel 1937 e commercializzato nel 1938. Il prodotto chimico ebbe subito un enorme successo, soprattutto nel settore tessile dove si rivoluzionarono le produzioni di molti indumenti, soprattutto nelle calze da donna. Nella produzione dei collant, la fibra viene utilizzata attraverso la realizzazione di un filo continuo, ma sempre più spesso questa tecnica, oggi, è applicata anche per i costumi da bagno, nell’abbigliamento sportivo, nel settore degli indumenti intimi, nelle fodere, negli ombrelli, nell’arredamento e in molti altri settori. Nella produzione del filo, per aumentarne la resistenza e l’elasticità, si può impiegare il processo di torsione o quello di testurizzazione. Rispetto alle fibre naturali utilizzate in precedenza il Nylon presenta molti vantaggi: • Maggiore resistenza all’usura • Non viene attaccata dalle tarme • E’ più leggero • Non modifica la sua dimensione durante i lavaggi (non restringe) • Si asciuga velocemente • Non si stropiccia Wallace Hume Carothers, nonostante il successo e la fama che le sue scoperte gli diedero, ebbe una vita segnata dalla depressione, tanto che si portava sempre con sé una capsula di cianuro di potassio. Un tragico evento segnò la sua vita, infatti nel 1937 morì di polmonite sua sorella, alla quale era particolarmente legato, episodio che lo spinse ad usare la sua capsula di cianuro. Morì quindi il 29 Aprile del 1937, a pochi mesi dalla sorella, senza lasciare nessun messaggio sul motivo del gesto. Categoria: notizie - tecnica - plastica - nylon - PA

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https://www.rmix.it/ - La comunicazione aziendale nel mondo del riciclo
rMIX: Il Portale del Riciclo nell'Economia Circolare La comunicazione aziendale nel mondo del riciclo
Management

Una funzione aziendale molte volte sottovalutata dagli imprenditori del settore di Marco ArezioNon basta essere consci di fare un lavoro che rientra nelle attività comprese nell’economia circolare, non basta affinare la macchina produttiva che realizzi prodotti provenienti da materie prime riciclate, non basta certificarsi a livello aziendale e sul prodotto per appartenere alla filiera “green” e non basta nemmeno avere un sito internet in cui appendere, come un albero di natale, tutte le buone cose fatte dalla tua impresa. Bisogna comunicarlo in modo costante ed efficace ai clienti.Che siate piccole o medie imprese attive nel settore del riciclo, che vi siate costruiti pietra dopo pietra la vostra credibilità aziendale, che abbiate raggiunto un livello qualitativo ragguardevole in produzione, che rispettiate le leggi sui rifiuti e sul trattamento e trasformazione degli stessi, che spendiate in ricerca una parte importante delle vostre entrate per creare prodotti riciclati sempre più raffinati, che siate in ordine con il fisco, con i fornitori e con il rispetto delle leggi sul lavoro, che vi vogliate dare una visione internazionale dopo tanta gavetta nel vostro paese, che vi stiate impegnando per far crescere la vostra azienda coinvolgendo tutte le risorse umane a vostra disposizione, che crediate fermamente in quello che fate, tutto questo non basterà a navigare in tranquillità. Se tutte queste vostre prerogative non vengono trasmesse ai clienti, ai fornitori e al mercato, tanti sforzi fatti saranno vani. I mercati oggi sono così ampi e veloci che, nonostante le vostre qualità aziendali e umane, è facile scomparire dall’orizzonte dei potenziali clienti e perdere il mordente sui clienti acquisiti. La funzione della comunicazione aziendale ti permette di informare dettagliatamente e con scadenza regolare il tuo mercato di riferimento sulla tua azienda, i tuoi processi produttivi, la disponibilità dei prodotti, le novità nate nella tua struttura, le offerte particolari e la storia che ha consolidato il tuo cammino. La comunicazione serve anche a quelle aziende giovani o piccole che vogliono emergere e farsi conoscere al grande pubblico per aumentare le occasioni commerciali e diffondere la propria competenza imprenditoriale. Il delicato compito di informare è tanto più efficace quanto più chi si assume questa responsabilità conosca, non solo i mezzi di comunicazione moderni, ma anche il settore in cui operi in modo da permettere all’azienda di trarre il massimo beneficio. Un mix di articoli tecnici e commerciali sul blog aziendale creato appositamente, la gestione dei canali social adatti alla tua azienda, l’uso dei portali specializzati del settore e la promozione on line utilizzando una pubblicità mirata a basso impatto economico, creano la giusta ricetta per migliorare la presenza della tua azienda sul mercato. La consulenza sulla comunicazione nel settore del riciclo, gestita in un arco temporale corretto, rimette in moto la tua visibilità accrescendo le opportunità che cerchi. Siamo a disposizione per conoscere la tua azienda e fornirti il miglior preventivo possibile per una consulenza sulla comunicazione in base ai tuoi obbiettivi.

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https://www.rmix.it/ - CO2: la Butto? No la Catturo, la Imprigiono e la Riutilizzo
rMIX: Il Portale del Riciclo nell'Economia Circolare CO2: la Butto? No la Catturo, la Imprigiono e la Riutilizzo
Ambiente

L’anidride carbonica è sempre stata additata come un veleno per l’ambiente, dispersa senza criterio nell’atmosfera, distrutti gli ambienti che fungevano da moderatore delle quantità dell’aria, costruiti prodotti che ne emettono in quantità pericolose.Ma c’è un altro risvolto della medaglia che consiste nel considerare la CO2 una vera risorsa da riutilizzare in molti campi civili ed industriali. La CO2, opportunamente trattata, viene usata nel settore alimentare, nelle bibite, nel settore medicale, nella depurazione delle acque, nella lavorazione dei metalli, come gas refrigerante ecologico e in molti altri campi applicativi. Quindi catturarla, imprigionarla, lavorarla e riutilizzarla è un’opportunità importante ma anche una necessità per il bilanciamento carbonico del nostro pianeta. Tra i primi in Italia a realizzare industrialmente un processo di riciclo della CO2 è stata l’azienda Bergamasca Tenaris Dalmine, che attraverso lo stabilimento a Dalmine (Bg), iniziò a trattare questa preziosa materia prima nel settore della lavorazione dei metalli Oggi l’azienda ha aperto una collaborazione con la società Saipem e la Siad, che, attraverso l’acquisto di una innovativa tecnologia Canadese tramite Saipem, utilizza un enzima particolare per la cattura della CO2. Processo che sta interessando l’approfondimento tecnico-scientifico, con studi già in fase avanzata anche il Politecnico di Milano e di Torino. Questa tecnologia riduce notevolmente i costi di post-combustione per la cattura della C02 e permette il suo impiego in moltissimi settori di competenza delle tra aziende. Michele della Botta, Ad di TenarisDalmine, sostiene che questo progetto aiuterà l’azienda nell’obbiettivo di riduzione del 30% delle emissioni di CO2 entro il 2030.

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https://www.rmix.it/ - Rinnovabili: Accumulo di Energia Tramite le Batterie a Sabbia
rMIX: Il Portale del Riciclo nell'Economia Circolare Rinnovabili: Accumulo di Energia Tramite le Batterie a Sabbia
Ambiente

Parlare oggi di energie rinnovabili sfondiamo solo porte aperte, in quanto la transizione energetica verso una produzione più green dell’elettricità è ormai nei programmi dei governi, delle aziende e anche dei cittadini.Abbiamo conosciuto però anche i minus che il sistema di gestione della distribuzione dell’energia prodotta con le fonti rinnovabili portava con sé. Mi riferisco in particolar modo all’accumulo del surplus energetico, da impiegare nei momenti in cui gli impianti solari ed eolici non hanno una performance elevata a causa delle condizioni metereologiche o nelle ore notturne. Il collo di bottiglia della conversione energetica su larga scala stava proprio nel poter disporre di corrente in modo continuativo e senza interruzioni, anche quando la produzione era bassa rispetto alla domanda. Ci ha pensato una start up, la Magaldi Green Energy, che ha proposto una batteria, per l’accumulo dell’energia in surplus, attraverso un brevetto per una batteria a “sabbia”. Il sistema brevettato, si basa su una tecnologia di accumulo realizzato attraverso un letto di sabbia fluidizzato, che viene alimentato, a sua volta, da energie rinnovabili. La batteria a sabbia può essere caricata con energia elettrica o termica, in modo che vengano immagazzinate per un tempo variabile dalle 4 ore ad alcune settimane, senza registrare una perdita importante, per essere restituite alla rete quando ce ne fosse bisogno, soprattutto quando il sole e il vento non ne producono in modo efficiente attraverso gli impianti dedicati. I vantaggi della fluidizzazione della sabbia sono molto evidenti, secondo Letizia Magaldi, vicepresidente dell’azienda e riguardano le grandi capacità di accumulo termico, l’efficienza termica elevata, con la possibilità di migliorare la disponibilità in rete di energia e la riduzione delle emissioni di Co2 in atmosfera.

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https://www.rmix.it/ - I Viaggi che Contano non hanno Bisogno di Grandi Bagagli
rMIX: Il Portale del Riciclo nell'Economia Circolare I Viaggi che Contano non hanno Bisogno di Grandi Bagagli
Slow Life

I Viaggi che Contano non hanno Bisogno di Grandi BagagliFaremo piuttosto un viaggio insieme,un viaggio di scoperta negli angoli più segrete della nostra mente.E per intraprendere un viaggio del genere bisogna viaggiare con poco bagaglio;non possiamo essere appesantiti dalle opinioni, pregiudizi e conclusioni,tutto quel vecchio bagaglio che abbiamo messo insieme negli ultimi duemila anni e più.Dimenticate tutto quello che sapete su voi stessi;dimenticate tutto quello che avete pensato su di voi;cominceremo come se non sapessimo niente.KrishnamurtiCategoria: Slow life - vita lenta - felicità

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https://www.rmix.it/ - La Densità della Plastica Crea la sua Sfortuna nella Nostra Società
rMIX: Il Portale del Riciclo nell'Economia Circolare La Densità della Plastica Crea la sua Sfortuna nella Nostra Società
Ambiente

di Marco ArezioE’ sicuramente una provocazione dire che alcune tipologie di plastica, come le bottiglie in PET, i flaconi in HDPE e altre tipologie di imballi plastici, per via della loro densità, sono destinate a galleggiare e, quindi, ad attirarsi le ira, comprensibili se non si conosce il problema, di chi dà vita ai movimenti plastic free.E’ sempre una provocazione dire che se il peso specifico dei prodotti plastici fosse diverso e, come altri materiali da imballo, andassero a fondo, probabilmente ci illuderemmo che, non vedendoli galleggiare, non esista un reale problema ambientale. Non solo sono due provocazioni, ma un insulto all’intelligenza umana, pensare di fare come lo struzzo, mettendo la testa sotto la sabbia per nasconde il problema. Ma in realtà l’effetto emotivo delle isole di plastica che galleggiano nei mari ha fatto nascere un’avversione al prodotto, senza pensare cosa succede sotto il livello di galleggiamento dei mari e come ha fatto, tutta quella plastica, ad arrivare fino a li. Bidoni in metallo, bottiglie di vetro, carcasse di auto, lavatrici, telefonini, scarti di cavi, ruote, televisori, pneumatici, reti da pesca, elettrodomestici di scarto, tubi in metallo, raccordi, sedie, tavoli, divani, lampadari, ceramiche, calcinacci, rifiuti di cantiere e molti altri prodotti, sono regolarmente riversati in mare ogni anno. Li vediamo? No, a meno che ci immergiamo con un piccolo sommergibile di profondità e andiamo a vedere i disastri che fa l’uomo, la stupidità e l’ignoranza del genere umano. Dei milioni di tonnellate di rifiuti che entrano in mare ogni anno sembra che quelli visibili siano solo l’1%, in quanto galleggiano o vengono spiaggiati dalle correnti e maree, mentre il 99% è depositato nei fondali. Ma tornando ai movimenti plastic free, tutti questi prodotti che giacciono nelle discariche in fondo al mare non vengono normalmente citati, non viene fondato un movimento “bottiglie di vetro free” o un “pneumatico free” o un “televisori free”, ciò che non si vede non impatta emotivamente e non ha audience, non movimenta le folle. Ma se cambiassimo la densità dei materiali in modo da rendere affondabile tutta la plastica e galleggiabili tutti gli altri rifiuti, forse, i mari non sarebbero più navigabili e ci scaglieremmo non più contro la plastica, che non si vedrebbe, ma con tutti i prodotti fatti con diversi materiali, come il ferro, l’alluminio, il vetro, l’acciaio, la gomma, il rame…. Ma se i fondali sono pieni di rifiuti diversi dalla plastica e la superficie dei mari e le spiagge sono pieni di plastica, di chi è la colpa? Che senso ha prendersela con un singolo prodotto quando i fondali contengono molta più spazzatura di diversa natura di quella che si vede in superficie? Il problema è l’assurda inciviltà dell’uomo che utilizza i fiumi, i mari e gli oceani come discariche, pensando di risolvere un problema dei rifiuti in casa sua, per poi rimangiarseli attraverso le catene alimentari. Dove è l’intelligenza della razza superiore rispetto agli animali? Approfondisci l'argomento

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https://www.rmix.it/ - La tua Azienda Poggia su Solide Gambe? Non ha Bisogno di un Aiuto?
rMIX: Il Portale del Riciclo nell'Economia Circolare La tua Azienda Poggia su Solide Gambe? Non ha Bisogno di un Aiuto?
Management

La tua Azienda Poggia su Solide Gambe? Non ha Bisogno di un Aiuto?di Marco ArezioMolte aziende, specialmente quelle medio-piccole, si identificano totalmente nell’imprenditore che le ha fondate o nella famiglia che da generazioni porta aventi l’attività.Nel corso degli anni il mercato è cambiato e continua a cambiare e, spesso, la dimensione aziendale non permette di cogliere in modo lucido le trasformazioni che stanno caratterizzando la nostra vita. Gusti dei clienti cambiati, scelte di acquisto dei prodotti completamente diverse rispetto a qualche anno fa, sistemi di promozione delle proprie attività ormai immateriali, tramite la rete, attraverso una giungla di novità e potenzialità che se non rimani quotidianamente aggiornato rischi di restarne fuori. La competizione, così come le opportunità per la tua azienda, si sono ormai moltiplicate a dismisura, ma se non sai coglierle ti rimangono in mano solo i problemi della concorrenza esasperata e non le opportunità di sviluppo nazionale e d internazionale. Forse non ti sei accorto che sei seduto su una sedia instabile che potrebbe schiantarsi sotto il peso del nuovo che avanza. La promozione delle tue attività, attraverso le azioni di marketing mirate, è una delle gambe della tua società, importanti come le altre, ma comunque necessaria per non far implodere il tuo lavoro. Se operi nel campo dell’economia circolare ti possiamo aiutare a contestualizzare, rispetto alla domanda del mercato, le tue competenze aziendali, i tuoi vantaggi, i tuoi minus, per migliorare la presenza sul mercato e promuovere la tua attività a livello nazionale ed internazionale. Il portale del riciclo rMIX ti offre una vetrina per i tuoi prodotti e/o servizi in 154 paesi al mondo, attraverso la possibilità di postare/offerte e richieste, di utilizzare i servizi di marketing come il banner, la newsletter a circa 11.000 iscritti nel settore dell’economia circolare o gli articoli sponsorizzati. Inoltre offre una consulenza mirata per analizzare la società, o parte di essa, e decidere con l’imprenditore come migliorare la sua presenza sul mercato. Raddrizzare quella gamba costa meno che ricostruire la sedia su cui ti siedi ogni giorno una volta schiantata. Scrivici per ulteriori info, non costa nulla e, su quella sedia ti siederai forse più tranquillo.

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https://www.rmix.it/ - rMIX il Portale del Riciclo: Newsletter 30122
rMIX: Il Portale del Riciclo nell'Economia Circolare rMIX il Portale del Riciclo: Newsletter 30122

La newsletter del portale del riciclo rMIX n° 30122 è stata aperta spiegando lo spirito della piattaforma, basata sulle doti di sintesi per il tuo lavoro e della fiducia.Sintesi perchè ti offre una sintesi del mercato del riciclo con offerte e richieste nei settori della plastica, metalli, carta, legno, vetro, tessuti, prodotti finiti fatti con materiali riciclati, scarti del settore edilizio, macchine, consulenti, distributori e molto altro.Fiducia perchè nel portale non è possibile iscriversi in automatico e pubblicare le offerte/richieste in modo autonomo, ma si può chiedere l'iscrizione alla redazione, la quale verificherà il potenziale cliente per valutarne l'affidabilità. La gestione automatica del caricamento di offerte sulla rete porta spesso con se truffe o tentate truffe, quindi noi abbiamo scelto la strada, meno rapida, ma un pò più sicura per i nostri clienti. Inoltre sul portale inseriamo anche aziende che conosciamo personalmente, a seguito della nostra attività ventennale passata nel settore commerciale del settore del riciclo.La piattaforma non offre solo la possibilità di postare offerte o richieste di prodotti o servizi nel settore del riciclo, ma si occupa anche di assistere i propri clienti dal punto di vista del marketing, con i banners, le newsletter, gli articoli sponsorizzati e altre forme di comunicazione personalizzate (gestione social e blogs aziendali).Per quanto riguarda i prodotti e i servizi presenti in questa newsletter abbiamo parlato di:Stampaggio conto terzi con macchine da 50 a 9000 tonMacinato in rPET blu dalle bottiglie dell'acquaGranulo riciclato in PPH e PPC Macinato in TPU post industrialeCilindri e viti per presse a iniezioneProgettazione e realizzazione di stampi per materie plasticheDistribuzione di polimeri vergini e riciclati in UEA

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https://www.rmix.it/ - Le Reti da Pesca in Plastica: una Lunga Storia Irrisolta
rMIX: Il Portale del Riciclo nell'Economia Circolare Le Reti da Pesca in Plastica: una Lunga Storia Irrisolta
Ambiente

Nylon, Polipropilene, Polietilene, Poliestere sono i principali polimeri che costituiscono le reti da pesca modernedi Marco ArezioLe reti da pesca vengono costruite in Nylon, Polipropilene, Polietilene, Poliestere ed altri materiali che ne rendono economica e tenaci le strutture, ma che comportano un grave problema ambientale se abbandonate nel mare. Questo fenomeno dipende molto spesso da situazioni accidentali in cui le navi da pesca perdono le reti o parti di esse, per svariati motivi, uno tra questi sono le perturbazioni o le condizioni difficili del mare. Il problema dell’inquinamento delle attrezzature da pesca disperse in mare era già stato segnalato nel 2009 da un rapporto della FAO quando non si parlava ancora di inquinamento da plastica nei mari. Secondo il rapporto 2020 dell'ECA Europa l’abbandono e la dispersione di plastica nell’ambiente danneggiano gli ecosistemi terrestri e marini. Ogni anno viene immessa nell’oceano una quantità di rifiuti di plastica compresa tra 4,8 a 12,7 milioni di tonnellate. Le proporzioni tra rifiuti di plastica terrestri e marini variano da regione a regione. Secondo uno studio recente, le reti da pesca costituirebbero anche il 46 % della Grande chiazza di immondizia del Pacifico (Great Pacific garbage patch). In Europa, l’85 % circa dei rifiuti marini rinvenuti sulle spiagge è di plastica. Il 43 % circa di questi rifiuti marini è costituito da plastica monouso e il 27 % da attrezzi da pesca. In un altro rapporto scritto da Greenpeace nel novembre 2019 si stimava che 640.000 tonnellate di attrezzature da pesca abbandonate o perse, entravano nell'oceano ogni anno, equivalenti in peso a oltre 50 mila autobus a due piani. In totale, costituiscono circa il 10% dei rifiuti di plastica nei nostri oceani, intrappolando e uccidendo la vita marina. Il rapporto è stato scritto mentre la nave di Greenpeace, Arctic Sunrise, stava esaminando il Monte Vema, una montagna sottomarina biodiversa nell'Atlantico, a 1.000 chilometri al largo della costa del Sud Africa, dove si possono ancora trovare i resti dell'industria della pesca un tempo attiva. Parlando della spedizione sul Monte Vema, Thilo Maack, della campagna Protect the Oceans di Greenpeace, aveva dichiarato: "Molto tempo dopo il loro abbandono, le attrezzature da pesca continuano ad uccidere, mutilare la vita marina e inquinare anche ecosistemi remoti come la montagna sottomarina del Monte Vema. Abbiamo visto un fantastico mondo sottomarino pieno di vita e colori qui. È assolutamente triste vedere attrezzature della pesca distruttiva in un luogo così remoto come questo. “Anche il Tristan Lobster, una specie iconica del Monte Vema, che è stata per due volte sull'orlo dell'estinzione, sta ora mostrando segni di ripresa della popolazione, grazie al divieto attuale di pesca sul fondo. Questo mostra come gli oceani abbiano una straordinaria capacità di rigenerarsi. Il rapporto "Ghost Gear" mostra che il 6% di tutte le reti utilizzate, il 9% di tutte le trappole e il 29% di tutti i palangari (lenze di diversi chilometri) rimangono a inquinare il mare. Non solo i vecchi rifiuti di pesca continuano a uccidere la vita marina, ma danneggiano anche gravemente gli habitat sottomarini. Le montagne sottomarine sono particolarmente colpite perché sono spesso pesantemente sfruttate a causa della varietà di animali selvatici che vivono intorno a loro. Greenpeace chiede che venga attuata un'azione più forte contro l'attrezzatura fantasma mortale, compreso l'accordo di un forte Trattato Globale sull'Oceano alle Nazioni Unite che potrebbe proteggere almeno il 30% degli oceani del mondo entro il 2030, rendendolo off-limits per attività umane dannose, compresa la pesca industriale. Mentre secondo un rapporto della FAO, già nel 2009 si denunciava la pericolosità dell'abbandono delle reti in mare, mettendo tuttavia in evidenza che la maggior parte delle attrezzature da pesca non viene deliberatamente abbandonata ma viene persa durante le tempeste, trasportata via da forti correnti, o è il risultato dei cosiddetti "conflitti tra attrezzature", per esempio, quando si pesca con le reti in aree dove sono già state sistemate sul fondo trappole in cui le nuove reti possono incagliarsi. I principali danni causati dalle reti abbandonate o perse sono: la cattura continua di pesci - conosciuta come "pesca fantasma" - e di altri animali quali tartarughe, uccelli marini e mammiferi marini, che rimangono intrappolati e muoiono; • l'alterazione degli ecosistemi dei fondali marini; • la creazione di rischi per la navigazione in termini di possibili incidenti in mare e danni alle imbarcazioni. I tramagli, le nasse e le trappole per pesci contribuiscono alla "pesca fantasma", mentre le reti da pesca estese tendono prevalentemente a intrappolare altri organismi marini e le reti a strascico a danneggiare gli ecosistemi sottomarini. La pesca fantasma In passato, le reti da pesca mal gestite portate alla deriva dalla corrente erano additate come le principali responsabili, ma la loro messa al bando in molte aree nel 1992 ha ridotto il loro contributo alla pesca fantasma. Oggi sono i tramagli posti sui fondali ad essere più spesso riconosciuti come il principale problema. L'estremità inferiore di queste reti è ancorata al fondale marino, mentre alla sommità sono posti dei galleggianti, così da formare un muro sottomarino verticale di reti che può estendersi dai 600 ai 10 000 metri di lunghezza. Se un tramaglio viene abbandonato o perso, può continuare a pescare da solo per mesi - a volte anni - uccidendo indiscriminatamente pesci ed altri animali. Le trappole per pesci e le nasse sono un'altra principale causa di pesca fantasma. Nella Baia di Chesapeake, negli Stati Uniti, si stima vengano perse ogni anno circa 150 000 trappole per granchi, su un totale di 500 000. Solo sull'isola caraibica di Guadalupe, circa 20 000 di tutte le trappole sistemate ogni anno vengono perse in ogni stagione degli uragani, un tasso di perdita pari al 50%. Come i tramagli, queste trappole possono continuare a pescare da sole per lunghi periodi di tempo.Foto:FAO

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https://www.rmix.it/ - Perchè la viscosità e il peso molecolare sono così importanti nel pet?
rMIX: Il Portale del Riciclo nell'Economia Circolare Perchè la viscosità e il peso molecolare sono così importanti nel pet?
Informazioni Tecniche

Perchè la viscosità e il peso molecolare sono così importanti nel pet?di Marco ArezioNel PET riciclato la viscosità e il peso molecolare possono determinare la lavorabilità e la qualità del manufatto.Nell’utilizzo di una resina in PET riciclata, sia per stampaggio che per soffiaggio che per termoformatura, è importante capire quali relazioni esistano tra il peso molecolare e la viscosità del materiale. Parlando di viscosità e di peso molecolare, bisogna ritornare con la mente al grande fisico Isaac Newton che si occupò, tra le altre innumerevoli attività scientifiche, anche dello studio della dinamica dei fluidi. Ed è proprio la dinamica dei fluidi che in qualche modo interagisce anche con alcune regole di comportamento nella lavorazione del PET, quando osserviamo il cambiamento dallo stato solido a quello semifluido della materia prima riscaldata. Infatti nella produzione di un oggetto in PET, che sia per termoformatura, stampaggio o soffiaggio, la massa fusa che viene trasformata in un estrusore, crea dei parametri di flusso in cui il peso molecolare ha una grande importanza. Questo valore, in un polimero, è da tenere nella massima considerazione in quanto determina alcune proprietà meccaniche quali la rigidità, la resistenza, la tenacità, la viscosità e la viscoelasticità. Se il valore del peso molecolare fosse troppo basso, le proprietà meccaniche del prodotto in PET che volete realizzare sarebbero probabilmente insufficienti per realizzare una qualità appropriata. La modifica della lunghezza della catena porta ad un peso molecolare più elevato, con la conseguenza di un aumento della relazione delle singole molecole di polimero e della loro viscosità, che incideranno sulla lavorazione e sulla qualità del manufatto. Se vogliamo prendere un esempio nel campo del soffiaggio, possiamo dire che la variazione del peso molecolare del polimero porterà ad una maggiore o minore facilità nella formazione del Parison o della preforma. Come abbiamo visto, esiste un altro parametro strettamente legato con il valore del peso molecolare, che è la viscosità del polimero fuso, o anche detto resistenza al flusso. Ad un aumento del peso molecolare corrisponde generalmente un aumento della viscosità in relazione alla temperatura. La presenza di calore, che serve per creare il flusso di polimero, incidendo tramite un estrusore od un iniettore sul materiale, permette alla plastica di ammorbidirsi aumentando di volume e riducendo la sua densità. Questo comporta la separazione delle molecole che si muoveranno a velocità differenti, quelle al centro del fuso che non incontrando particolari ostacoli, avranno una velocità diversa di quelle periferiche che entreranno in contatto con le pareti che le contengono, creando così delle forze di taglio (stress da taglio) causate dalla differenza di velocità. Possiamo quindi dire che la viscosità di un materiale è influenzata anche dalla sua velocità, in quanto le materie plastiche, alle base temperature, si presentano come elementi aggrovigliati tra loro e, all’accrescere della velocità del flusso, si creerà un maggiore orientamento delle molecole con una riduzione della viscosità. Questo tipo di comportamento inserisce la plastica in quei fluidi detti “non Newtoniani”, a differenza dell’acqua che mantiene inalterata la propria viscosità anche all’aumentare della velocità, rientrando dei fluidi definiti “Newtoniani”. Questo ci fa capire cosa succede ad un fluido di PET che passa da una testa, da una preforma o da un Parison, cambiando la propria viscosità, riducendo il flusso d’uscita ed aumentando le forze di taglio.Categoria: notizie - tecnica - plastica - riciclo - PET- viscosità - peso molecolare

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