PELLICOLE IN PVC PER ALIMENTI: QUALI CONTAMINAZIONI POSSIBILI?

Informazioni Tecniche
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Sommario

- Pellicole in PVC per alimenti

- Additivi principali che vengono usati per la produzione di pellicole alimentari in PVC

- Sostanze che potrebbero trasferirsi dall’imballo all’alimento 

Da molti anni gli alimenti possono essere porzionati attraverso un imballo costituito da una pellicola in PVC


di Marco Arezio

E’ ormai nostra abitudine acquistare porzioni di cibo che il negoziante o la grande distribuzione confeziona attraverso una pellicola in PVC. Anche nelle nostre case, lotti parziali di cibo, vengono comunemente avvolti in queste pellicole per aumentare la durata della conservazione e salvaguardarne la qualità.

Sebbene oggi esistano anche diverse pellicole per alimenti in PE, il mercato del PVC è ancora quello più importante per via di numerosi fattori tecno-economici.

L’uso del polimero di PVC permette di realizzare una pellicola molto resistente, con una bassa permeabilità all’acqua e all’ossigeno, con una buona resistenza agli acidi e agli alcali diluiti.

Inoltre, per un fatto del tutto pratico, le pellicole alimentari in PVC hanno una ottima capacità di confezionamento, saldandosi facilmente ad un piatto o ad una ciotola o su se stesso.

Dal punto di vista economico, la presenza del cloro nel composto in PVC, fondamentale per la sua struttura chimica, riduce in modo sensibile il costo del prodotto finito, questo perché si configura un risparmio di etilene pari a circa il 50% rispetto all’uso del PE a parità di prodotto.

Utilizzando il PVC è possibile inserire una serie di additivi che ne possono modificare le caratteristiche prestazionali, avendo la possibilità di creare, con un unico polimero, prodotti differenti.


Vediamo gli additivi principali che vengono usati nell’industria del packaging:

Agenti anti blocking: riducono la tendenza all’adesività

Agenti anti appannamento: promuovono la formazione di un velo di liquido omogeneo e continuo

Antimicrobici: prevengono la crescita di microrganismi

Antiossidanti: Prevengono la degradazione del film dovuta all’atmosfera

Antistatici: Riducono l’accumulo di cariche elettriche che attraggono la polvere

Agenti rigonfianti: vengono impiegati per produrre schiume da materie plastiche

Catalizzatori: fanno iniziare la polimerizzazione nella produzione di resine plastiche

Coloranti: permettono la colorazione delle pellicole

Agenti accoppianti: favoriscono l’accoppiamento tra i pigmenti e i polimeri

Ritardanti di fiamma: riducono l’infiammabilità dei materiali che sono combustibili

Stabilizzatori di calore: riducono la degradazione del PVC in acido cloridrico

Lubrificanti: Riducono adesività tra il PVC e le parti metalliche

Plastificanti: migliorano la flessibilità, la lavorabilità e la dilatabilità


Tutti questi additivi, ma specialmente i plastificanti, sono soggetti ad una strettissima normativa per permetterne l’uso in ambito alimentare.

C’è da considerare che in commercio esistono circa 300 tipologie di plastificanti e quelli approvati per l’uso alimentare, sono soggetti alla normativa di disciplina igienica degli imballaggi, recipienti, utensili destinati a venire in contatto con le sostanze alimentari o con sostanze d’uso personale.

Le sostanze che potrebbero trasferirsi dall’imballo all’alimento possiamo dividerle in tre categorie:

Sostanze aggiunte: sono principalmente rappresentate dagli additivi del PVC sopra elencati

Residui: rappresentano parti di materiale polimerico con incomplete reazioni (monomeri, catalizzatori, solventi, adesivi ecc.)

Prodotti di neo formazione: sono sostanze che si originano dalla decomposizione spontanea dei materiali o durante le operazioni di trasformazione in manufatto

Queste sostanze definite di neoformazione, sono molto variabili tra loro, in funzione di molti fattori chimico-fisici che si possono presentare e che possono influire sull’eventuale trasferimento di sostanze all’alimento di difficile gestione e risoluzione.

Categoria: notizie - tecnica - plastica - pellicole alimenti - PVC - packaging

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