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https://www.rmix.it/ - Come Realizzare Piste Ciclabili con Masselli Autobloccanti in PVC Riciclati e Riciclabili
rMIX: Il Portale del Riciclo nell'Economia Circolare Come Realizzare Piste Ciclabili con Masselli Autobloccanti in PVC Riciclati e Riciclabili
Economia circolare

Come Realizzare Piste Ciclabili con Masselli Autobloccanti in PVC Riciclati e Riciclabilidi Marco ArezioIl problema della tutela dell’ambiente è un argomento ormai del tutto trasversale nella nostra vita e, ad ogni livello di responsabilità e competenze, la riduzione dell’impatto dell’uomo sull’ecosistema è da tenere in evidenza. Le città e le aree di collegamento tra di esse stanno vivendo una trasformazione nel campo della mobilità sostenibile, spingendo in modo deciso verso l’utilizzo della bicicletta.Proprio in epoca di pandemia si è verificato una riscoperta del mezzo a pedali, attività che assume in sé fattori che non sono solo di carattere sociale, urbanistico o ambientale, ma sposa quei principi della “slow life”, cioè un approccio più naturale e rilassato alla vita, dove al tempo è dato il giusto valore, non consumato ma vissuto. L’utilizzo della bicicletta ha fatto riscoprire un sistema di mobilità più salutare, più partecipativa verso l’ambiente attraversato e una forma di ritrovata familiarità e convivialità tra le persone. Per seguire questa nuovo approccio alla mobilità sostenibile si devono creare e migliorare percorsi che siano espressamente dedicati al traffico per le biciclette, attraverso progetti che tengano in considerazione i principi della sostenibilità e dell’economia circolare. Per questo, in fase di progettazione tecnica, si dovrebbe tenere presente l’impiego di materiali che possano dare un contributo all’ambiente, alla riduzione dei rifiuti e alla riciclabilità degli elementi a fine vita. Per quanto riguarda il pavimentato stradale delle piste ciclabili in aree urbane o di collegamento tra una città e l’altra, la tendenza è di non utilizzare materiali che abbiano creato un impatto ambientale già nella loro costituzione prima del loro utilizzo, come asfalti o masselli in cemento, le cui materie prime derivano dalle risorse naturali, ma di utilizzare elementi che derivano dal riciclo dei materiali plastici. Uno di questi è il massello autobloccante realizzato in PVC riciclato, la cui materia prima è costituita dallo scarto delle lavorazioni dei cavi elettrici, dai quali si separa il rame e le guaine in plastica. Queste guaine vengono recuperate, selezionate, riciclate e trasformate in materia prima per realizzare manufatti carrabili ad incastro monolitico adatti alle pavimentazioni stradali e ciclo-pedonabili. Una pavimentazione fatta con i masselli autobloccanti riciclati in PVC sposa pienamente i principi dell’economia circolare, cioè l’utilizzo dei rifiuti lavorati in sostituzione di materie prime naturali per evitare l’impoverimento del pianeta. La pavimentazione in masselli autobloccanti in PVC riciclato ha una lunga durata, rimane flessibile nell’esercizio, non crea buche, non subisce degradazione a causa dei sali stradali, è leggera e con una economica posa fai da te, non si macchia in quanto non assorbe oli o sostanze inquinanti, è lavabile, non scivolante e verniciabile. Inoltre la sostituzione di singoli pezzi della pavimentazione e semplicissima ed economica, in quanto si sostituisce velocemente il massello autobloccante senza creare un’interruzione della viabilità per la manutenzione. Categoria: notizie - plastica - economia circolare - rifiuti - PVC - Masselli - piste ciclabiliVedi maggiori informazioni sul cicloturismo

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https://www.rmix.it/ - La Plastica Riciclata e i Raggi Gamma Aumentano le Prestazioni del Calcestruzzo
rMIX: Il Portale del Riciclo nell'Economia Circolare La Plastica Riciclata e i Raggi Gamma Aumentano le Prestazioni del Calcestruzzo
Informazioni Tecniche

La Plastica Riciclata e i Raggi Gamma Aumentano le Prestazioni del Calcestruzzodi Marco ArezioCi sono diverse applicazioni della plastica riciclata, o del rifiuto plastico non riciclabile, che sono state testate nel settore dell’edilizia, con lo scopo di aiutare il sistema a smaltire i rifiuti che produciamo e, nello stesso tempo, a migliorare la circolarità di un settore che ha bisogno di integrarsi nel grande obbiettivo comune di produrre e consumare la minor quantità di risorse naturali e incidere il meno possibile sull’ambiente.L’impiego della plastica riciclata è già presente in molti prodotti di uso comune in edilizia, come vedremo più avanti, ma meno numerosi sono stati i progetti di successo nell’impiego delle plastiche non riciclabili, come per esempio i poliaccoppiati o gli scarti degli impianti di lavaggio, un mix di plastiche eterogenee non separabili meccanicamente. Nel settore degli asfalti stradali si sono utilizzate con successo miscele tra bitume e plastica macinata non riciclabile come descritto nell’articolo che potrete leggere in calce. Un progetto interessante riguarda l’uso della plastica macinata negli impasti cementizi, frutto di vari tentativi, alcuni non riusciti, che hanno permesso di trovare la chiave per avere una miscela cementizia con prestazioni migliorative rispetto a quella tradizionale, come ci racconta Luisa Dalaro. Infatti, non si vuole parlare del cemento che tutti conosciamo, ma di un particolare cemento, “il cemento di plastica”. Si potrebbe pensare ad un cemento di prestazioni inferiori, di scarsa qualità al primo impatto, ma invece può essere un’alternativa valida al classico calcestruzzo, in un contesto di crescente interesse verso il riciclo di materiali derivanti da rifiuti solidi urbani ed industriali. Questo modus operandi rappresenta un’efficiente soluzione al depauperamento delle risorse naturali e, allo stesso tempo, un efficace metodo di smaltimento dei rifiuti. I materiali riciclati sono una valida alternativa ai tipici materiali edili, a patto che il processo di trasformazione richieda un consumo di energia e materie prime minore rispetto alla produzione ex novo. Gran parte dei rifiuti sono materiali plastici, dunque la plastica è un materiale che deve essere quanto più possibile riciclato o riusato. In edilizia, la plastica riciclata è ampiamente utilizzata per la realizzazione di pavimentazioni, pannelli isolanti, tubi, vespai, ed infissi. Sperimentazioni più estreme prevedono l’impiego di bottiglie di plastica nel getto cementizio. In particolare, la plastica riciclata delle bottiglie usate potrebbe portare alla produzione di un cemento più resistente ed ecologico. Cemento eco più resistente: la sperimentazioneEd ecco il frutto di una ricerca di alcuni studiosi del MIT (Massachusetts Institute of Technology), la cui proposta potrebbe essere la soluzione capace di ridurre l’impatto ambientale della produzione del calcestruzzo e trovare un utilizzo su larga scala alla plastica riciclata. Gli studiosi del MIT avevano ipotizzato che mischiando dei fiocchi di plastica riciclata nella miscela cementizia, si sarebbero potute migliorare le proprietà fisiche di quest’ultima, ma purtroppo il risultato fu deludente. Gli scienziati continuando la loro ricerca su questa via, trovarono che sottoponendo la plastica a raggi gamma, mediante un irradiatore cobalto-60 che emette raggi gamma (solitamente utilizzato per decontaminare il cibo), i fiocchi di plastica riciclata e poi polverizzata, cristallizzavano, divenendo perfettamente assimilabili ed “inglobati in maniera uniforme” dal calcestruzzo. La polvere così ottenuta è stata unita a vari composti cementizi, che sono stati poi versati in stampi cilindrici, per poi essere sottoposti, una volta solidificati, a test di compressione. I risultati dei test hanno confermato che il cemento di plastica è più resistente del tradizionale calcestruzzo di circa il 15%. La nuova miscela di calcestruzzo ha dimostrato proprietà incredibili: come un’aumentata resistenza e flessibilità. “Abbiamo osservato che all’interno dei parametri del nostro programma di test, maggiore è la dose irradiata, maggiore è la resistenza del calcestruzzo, quindi sono necessarie ulteriori ricerche per personalizzare la miscela e ottimizzare il processo con l’irradiazione per ottenere dei risultati ancora migliori. Il processo che abbiamo sviluppato ha delle enormi potenzialità sia sul fronte della sostenibilità sia su quello della resistenza.” – Kupwade-Patil, ricercatore del MIT.Categoria: notizie - tecnica - plastica - riciclo - calcestruzzo - ediliziaVedi maggiori informazioni sulla tecnologia del calcestruzzo Articoli correlati:Vetro e Plastica non Riciclabili: c’è un’Alternativa alla Discarica?

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https://www.rmix.it/ - Situazione del PVC: si Profila l’11° Aumento Consecutivo
rMIX: Il Portale del Riciclo nell'Economia Circolare Situazione del PVC: si Profila l’11° Aumento Consecutivo
Economia circolare

Situazione del Polimero in PVC: si Profila l’11° Aumento Consecutivodi Marco ArezioUna situazione che è diventata francamente paradossale, in cui gli esperti vedono il trend rialzista dei prezzi del PVC estendersi per il secondo trimestre dell’anno.Si parla dell’undicesimo aumento consecutivo che sta gettando nel panico produttori di compounds, di prodotti finiti e della filiera della componentistica. I motivi che hanno portato a questa situazioni sono articolati e, allo stesso tempo, concatenati tra loro come abbiamo potuto già riferire negli articoli che potrete leggere in fondo, sull’andamento mondiale delle materie prime. Il problema non è solo il livello insopportabile dei prezzi per i trasformatori di materia prima, che sono in difficoltà nel rispettare i contratti fatti, ma anche dalla mancanza di approvvigionamenti continuativi e sufficienti per sostenere la produzione. Si stanno verificando, a fronte di un portafoglio ordini sostenuto, il fermo di alcuni impianti produttivi per l’impossibilità di ricevere in tempo la materia prima. Dobbiamo inoltre considerare che all’avvicinarsi della stagione più mite in Europa corrisponde normalmente ad una ripresa delle attività del settore dell’edilizia e del settore agricolo, in cui la richiesta di manufatti in PVC diventa robusta. Per rispondere alle richieste di clienti che acquistano manufatti in PVC normalmente si coinvolge sia il magazzino dei prodotti finiti, costituito nei mesi precedenti la primavera, quando il livello degli ordini solitamente è inferiore alla produzione, sia la produzione quotidiana. Questa situazione nei mesi invernali non si è verificata, in quanto le scorte dei produttori sono generalmente scarse o nulle e la produzione giornaliera soffre di ingressi di materia prima non ottimali. Alcuni operatori, specialmente nel settore dei tubi, hanno dichiarato che stanno valutando se sospendere le produzioni di tubi in PVC a favore dell’HDPE per non perdere fatturato in un momento così importante. C’è anche da considerare che ad incidere negativamente sulla produzione dei prodotti in PVC e dei compounds non è solamente la carenza ormai cronica della materia prima, ma anche quella legata agli additivi che sono necessari per le produzioni. Uno tra tutti è il plastificante che, scarseggiando sul mercato proprio come la materia prima a cui si deve legare, impedisce il regolare svolgimento delle attività produttive.Categoria: notizie - plastica - economia circolare - rifiuti - PVC

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https://www.rmix.it/ - Come si Stanno Muovendo le Importazioni di PE in Cina?
rMIX: Il Portale del Riciclo nell'Economia Circolare Come si Stanno Muovendo le Importazioni di PE in Cina?
Notizie Brevi

Come si Stanno Muovendo le Importazioni di PE in Cina?Nonostante una situazione internazionale molto critica in termini di approvvigionamento di polimeri a causa della scarsità dell’offerta, della difficoltà a reperire i containers e a causa dei prezzi ormai asfissianti, il colosso cinese, la cui economia nel 2020 è cresciuta nonostante la pandemia, continua a macinare record anche nel campo delle importazioni dei polimeri plastici.Nell’analisi fatta da Pinar Polat il mercato cinese del PE ha avuto ottime performance in termini di quantità soprattutto per quanto riguarda l’LDPE. Infatti le importazioni cinesi di PE hanno raggiunto un nuovo record a Gennaio e Febbraio, secondo i dati dell'Amministrazione generale delle dogane. L'ufficio doganale ha elaborato questi dati per i primi due mesi dell'anno (2021) tenendo conto delle distorsioni causate dalla festività del capodanno lunare di una settimana, che quest'anno era a metà Febbraio. La Cina è stata l'unica grande economia che ha registrato una crescita per il 2020, riuscendo ad espandersi del 2,3%. Il successo del paese nel controllo del COVID-19, le misure di stimolo e i bassi tassi del denaro, dopo la revoca del blocco ad Aprile, hanno aumentato la sua quota di scambi e di investimenti globali. Di conseguenza, le importazioni cumulative di PE del paese hanno raggiunto un nuovo record nei primi due mesi del 2021, superando i volumi del 2019. Le importazioni totali di PE nel periodo Gennaio-Febbraio hanno registrato un aumento annuo dell'8,3%, superando i 2,5 milioni di tonnellate, il dato più alto nelle statistiche di importazione ChemOrbis risalente al 2001. Nonostante i volumi di PE di Febbraio sono diminuiti durante le festività natalizie, i valori totali di Gennaio-Febbraio rimangono elevati. Infatti il rallentamento di Febbraio, era ampiamento atteso poiché le attività commerciali sono normalmente ridotte durante le celebrazioni del capodanno cinese. Milioni di lavoratori tornano nella loro città natale per trascorrere le vacanze in modo tradizionale, tuttavia, a causa della pandemia da COVID-19, i viaggi per le vacanze di quest'anno sono stati meno frenetici. D'altra parte, le importazioni cumulative di PE nei primi due mesi del 2021 erano ancora in positivo in un confronto annuale. Tra tutti i prodotti in PE, le importazioni cinesi di HDPE hanno registrato un leggero calo annuale in questo periodo, mentre le importazioni di LDPE e LLDPE hanno registrato incrementi. HDPE I volumi totali di HDPE nel periodo Gennaio-Febbraio hanno registrato una leggera diminuzione del 3,3% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, attestandosi a 1.097.065 tonnellate. In questo periodo, l'Arabia Saudita è stata il principale fornitore di HDPE in Cina con oltre 230.000 tonnellate. L'Iran ha seguito l'Arabia Saudita con 202,838 tonnellate. LDPE Le importazioni totali di LDPE nel periodo Gennaio-Febbraio, invece, sono aumentate di circa il 24% su base annua, raggiungendo le 544.676 tonnellate. L'Iran è rimasto il principale fornitore di LDPE in Cina con quasi 125.000 tonnellate. LLDPE Pe quanto riguarda l’ LLDPE nei primi due mesi del 2021, i volumi sono aumentati del 17% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, attestandosi a 920.985 tonnellate. In questo periodo, l'Arabia Saudita è stata il primo fornitore della Cina con oltre 200.000 tonnellate, mentre Singapore è stato il secondo fornitore principale con 174.046 tonnellate. Vedi maggiori informazioni sull'economia Cinese e sui riflessi nella nostra vita

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https://www.rmix.it/ - Ferrovie Nord Milano Avvia un Progetto di Decarbonizzazione dei Trasporti
rMIX: Il Portale del Riciclo nell'Economia Circolare Ferrovie Nord Milano Avvia un Progetto di Decarbonizzazione dei Trasporti
Ambiente

Quello che FNM sta pianificando è la realizzazione di un piano integrato di decarbonizzazione dei trasporti pubblici nella regione Lombardia. Questo avverrà attraverso una collaborazione con ENI, sia sul piano di utilizzo dell’idrogeno per le reti ferroviarie sia per ridurre le emissioni di CO2 dei mezzi di trasporto con motori termici.Infatti, FNM, il principale gruppo integrato nella mobilità sostenibile in Lombardia, ed Eni, a conferma del rispettivo impegno verso la decarbonizzazione, hanno firmato una Lettera di Intenti con la quale avviano una collaborazione strategica finalizzata a velocizzare i processi di transizione a nuove fonti di energia. La lettera di intenti, sottoscritta dal Presidente di FNM, Andrea Gibelli, e dal Direttore Generale Energy Evolution, Giuseppe Ricci, prevede la definizione di possibili collaborazioni e iniziative nei seguenti ambiti: l’introduzione di carburanti e vettori energetici in grado di ridurre le emissioni di CO2 per i motori termici dei mezzi di trasporto; l’introduzione di modelli di cattura, stoccaggio o utilizzo della CO2 generata nei processi di produzione dell’idrogeno da destinare ai mezzi di trasporto; l’introduzione di punti di distribuzione dell’idrogeno per la mobilità privata su strada. La collaborazione si inserisce anche nel contesto del progetto H2iseO di FNM e Trenord (società partecipata da FNM), che punta a far diventare il Sebino e la Valcamonica la prima "Hydrogen Valley" italiana e ha l’obiettivo di valutare ed implementare una serie di iniziative nel breve e lungo termine utili al raggiungimento dei target di decarbonizzazione del settore dei trasporti fissati dalla strategia europea e dal Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima italiano. “L’intesa con Eni – commenta il Presidente di FNM Andrea Gibelli – si inserisce a pieno titolo nel percorso verso una mobilità a zero impatto ambientale, promosso da FNM. La nuova mission del Gruppo, sancita dalle linee guida del Piano strategico 2021-2025, ci vede impegnati nello sviluppare una piattaforma integrata di servizi di mobilità, costruita secondo criteri di sostenibilità ambientale ed economica. In questo contesto, un ruolo importante è ricoperto dal progetto H2iseO, che ha una forte carica innovativa e attorno al quale FNM sta costruendo una rete di collaborazioni molto importante”. “La collaborazione con FNM - dichiara Giuseppe Ricci, Direttore Generale Energy Evolution di Eni - costituisce un importante passo nel percorso di decarbonizzazione del trasporto in Lombardia. Eni, facendo leva sul proprio know-how e sulla gamma di tecnologie e prodotti energetici sviluppati con l’obiettivo di ridurre le emissioni di CO2, supporterà FNM in questo ambizioso programma, contribuendo al raggiungimento dei target di decarbonizzazione del settore. Questo accordo – conclude Giuseppe Ricci – dimostra l’importanza di adottare un approccio sinergico che promuova la collaborazione tra diversi attori del settore e l’utilizzo di prodotti energetici decarbonizzati per lo sviluppo di una mobilità sostenibile”. Eni InfoArticoli correlati:I PRIMI TRENI AD IDROGENO IN ITALIA SARANNO IN LOMBARDIAApprofondisci l'argomento

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https://www.rmix.it/ - Calcestruzzo Riciclato: Un uso ancora troppo Limitato
rMIX: Il Portale del Riciclo nell'Economia Circolare Calcestruzzo Riciclato: Un uso ancora troppo Limitato
Economia circolare

Calcestruzzo Riciclato: Un uso ancora troppo Limitatodi Marco ArezioNella produzione industriale le linee guida sull’economia circolare stanno entrando in modo prepotente e stabilmente in tutte le aziende.Questo è dovuto a diversi fattori: un nuovo approccio culturale della popolazione che è sempre più attenta all’ambiente, un fattore politico che sposa in pieno le aspettative della gente, nuove regole di carattere finanziario-assicurativo che valuta il livello di rischio delle aziende in base al loro scostamento rispetto ad una impronta carbonica media e, infine, ad una reale necessità di una maggiore sostenibilità dei consumi. Nel campo delle costruzioni la quota dei materiali che vanno in discarica rimane estremamente alta con conseguenze ambientali importanti, non solo per la quantità dei rifiuti che non vengono rimessi in circolazione come nuove materie prime, ma anche a causa del continuo approvvigionamento di nuove materie prime incidendo sulle risorse naturali dell’ambiente. A partire dalla progettazione, gli edifici dovrebbero essere pensati per poter essere costruiti con la quota maggiore di materiali riciclati e, una volta a fine vita, alla demolizione dovrebbe seguire un’attività di recupero di tutti quei materiali che potranno nuovamente essere impiegati per nuove costruzioni. Quali sono i vantaggi nel riciclare il calcestruzzo? A differenza di altri materiali da riciclare, come per esempio le plastiche, la provenienza dello scarto del calcestruzzo contempla la presenza di inerti di cui si conosce la provenienza naturale. Quindi, il riciclo del materiale proveniente dalle demolizioni di edifici può essere facilmente gestito e, la quota che se ne ricava nell’ambito di una demolizione, è generalmente elevata. Il riutilizzo del materiale riciclato porta a una serie di vantaggi: • Minor costo dell’inerte riciclato rispetto a quello naturale • Minor materiale da avviare alla discarica • Inferiore impronta carbonica per un edificio realizzato con calcestruzzi riciclati rispetto ad uno realizzato con inerti naturali • Costi e impatti ambientali dei trasporti inferiori Nelle composizioni delle ricette di calcestruzzo con elementi riciclati possiamo annoverare i seguenti materiali: • Frantumato di demolizione, pulito e di colore uniforme • Frantumato di mattoni, pulito e non inquinato • Frantumato di vetro da post consumo • Ceneri volanti espresse in aggregati leggeri • Frantumati in pietra come massicciate o muri di contenimento • Sabbie di fonderia solo se pulita ed uniforme Ma vediamo quale può essere il comportamento di un calcestruzzo realizzato con inerti riciclati rispetto ad uno con inerti naturali:• L’impiego di inerti riciclati fino ad una quota del 20% non ha effetti sulla resistenza a compressione del calcestruzzo, mentre una miscela del 100% di inerti riciclati porta ad una resistenza di circa il 20% della resistenza a compressione • La durabilità nel tempo, a parità di resistenza, non ha influenza sulla percentuale di uso degli inerti riciclati rispetto a quelli naturali • La rigidità del manufatto con un impiego entro il 20% di inerti riciclati non subisce modifiche sostanziali, mentre per un uso al 100% si dovrà considerare una riduzione della rigidità intorno al 10% • Per quanto riguarda la lavorabilità della miscela non sono state notate riduzioni della stessa utilizzando inerti riciclati fino ad una quota del 20%. • Utilizzando quote superiori al 20% di inerti riciclati la caduta della lavorabilità della pasta cementizia può essere sostanziale, la cui conseguenza principale è la maggior richiesta di acqua per rendere lavorabile l’impasto. Questo a causa dell’irregolarità degli inerti che aumentano la loro superficie specifica, del maggior assorbimento di acqua dell’inerte frantumato e per la presenza di particelle di cemento non idratate. In questo caso è importante l’uso di additivi plastificanti per ridurre l’uso dell’acqua nell’impasto così da non compromettere la resistenza meccanica. Per quanto riguarda l’impatto ambientale degli aggregati naturali bisogna considerare che la loro escavazione richiede 20 MJ/t di energia da combustione e 9 MJ/t di energia elettrica, mentre la loro frantumazione ne richiede, rispettivamente, 120 MJ/t e 50 MJ/t. Mentre l’impatto ambientale degli aggregati riciclati da rifiuti di demolizione può essere valutato in 40 MJ/t di energia da combustione e 15 MJ/t di energia elettrica. In merito alle resistenze meccaniche tra un calcestruzzo realizzato con aggregati riciclati e uno con aggregati naturali, che possiamo vedere nella tabella in fondo all’articolo , fatto salvo quanto detto sopra i dati tecnici sono molto simili.Categoria: notizie - rifiuti edili - economia circolare  Vedi maggiori informazioni sull'argomento

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https://www.rmix.it/ - Il Cortocircuito del Packaging: 21-100-3 la Formula Imperfetta
rMIX: Il Portale del Riciclo nell'Economia Circolare Il Cortocircuito del Packaging: 21-100-3 la Formula Imperfetta
Economia circolare

Quando il packaging è maggiore del contenuto che mangiamodi Marco ArezioNo, non è una formula magica, non sono nemmeno tre numeri da giocare al lotto, non è nemmeno una formula chimica. 21-100-3 rappresenta un banale imballo alimentare che troviamo sugli scaffali dei negozi e che compriamo, senza pensarci troppo, per le nostre esigenze alimentari.Un imballo di micro porzioni di marmellata (per fare un esempio), in piccole vaschette racchiuse in un blister di cartone e avvolto da un film trasparente, pensate per gli hotels o per chi consuma quantità molto ridotte di marmellata a pasto, anche se in modo continuativo nel mese. 21 rappresenta il peso in grammi dei vari imballi che costituiscono la confezione vendibile, 100 rappresenta il contenuto di marmellata, diviso in quattro confezioni da 25 gr. l’una e 3 sono i differenti materiali che devono essere smaltiti. Quindi, a fronte di 100 grammi di prodotto netto, l’imballo, in peso, rappresenta più del 20% con la difficoltà di dover dividere una parte nella carta, una parte nella plastica e una parte nell’indifferenziato. Non è sicuramente un atto di accusa verso le case produttrici di marmellata, in quanto hanno solo messo in produzione un articolo richiesto dal mercato, ma è un esempio abbastanza chiaro di come ci possiamo complicare la vita, dal punto di vista del consumo delle materie prime destinate agli imballi e di come sia controproducente, nell’ottica di diminuire i rifiuti, sostenere questo tipo di confezioni. Il mercato non è altro che l’incontro tra domanda e offerta e, se in questo caso, come in molti altri, i consumatori richiedono alle strutture produttive sistemi di confezionamento che siano del tutto contrati alla logica di ridurre la produzione di rifiuti non necessari, non possiamo che arrabbiarci con noi stessi. Il contenimento dei rifiuti passa anche dalla consapevolezza che ogni consumatore dovrebbe avere della filiera produttiva e di quella dei rifiuti e del riciclo, pensando che ad ogni acquisto corrisponde la generazione di un rifiuto, che può essere riciclato con costi non trascurabili, ma che a volte può non essere possibile farlo. Acquistare un prodotto per il consumo quotidiano dovrebbe seguire delle logiche di tipo circolare e ambientale, che mettano in relazione l’incidenza generale del suo rifiuto con il prodotto da consumare. Non bisogna avere una conoscenza tecnica dei sistemi produttivi o del riciclo o dell’impronta carbonica che ogni vasetto di marmellata crea una volta consumato, ma dovremmo avere una costante attenzione a delle buone regole sulla scelta dei prodotti e delle relative confezioni. Questo vuol dire privilegiare gli imballi ricaricabili, regolare il proprio consumo mensile di un prodotto con confezioni che siano le più idonee a non replicare piccoli ma numerosi imballi, ridurre il consumo di articoli il cui packaging potrebbe essere riutilizzato ma in realtà diventa rifiuto all’esaurirsi del suo contenuto. Se siamo sensibili all’aumento dei rifiuti non riciclati nel mondo facciamo anche noi la nostra parte.Categoria: notizie - plastica - economia circolare - rifiuti - packaging Vedi maggiori informazioni sull'argomento

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https://www.rmix.it/ - rNEWS: Nuovi Elastomeri Versalis per Bridgestone: alla Ricerca di una Mobilità più Sostenibile
rMIX: Il Portale del Riciclo nell'Economia Circolare rNEWS: Nuovi Elastomeri Versalis per Bridgestone: alla Ricerca di una Mobilità più Sostenibile
Notizie Brevi

Nuovi Elastomeri Versalis per Bridgestone: alla Ricerca di una Mobilità più SostenibileLa necessità della Bridgestone di produrre pneumatici che abbiano un connotato di sostenibilità sempre maggiore l’hanno spinta a creare un accordo con Versalis che è leader mondiale della chimica, con piattaforme operative d’avanguardia anche nel settore del riciclo chimico.Versalis, infatti, società chimica di Eni, leader nella produzione e commercializzazione di elastomeri, e Bridgestone EMIA, leader nel campo delle soluzioni avanzate per la mobilità, hanno siglato un accordo di sviluppo congiunto per attività di ricerca, produzione e fornitura di gomma sintetica con proprietà avanzate. L’accordo si basa su un modello di Open Innovation, ovvero di attività complementare fra le divisioni di Ricerca e Sviluppo delle due aziende che si concentrerà sullo sviluppo di tecnologie e nuovi gradi di elastomeri, tra cui gomma SBR - Styrene Butadiene Rubber, per la produzione di pneumatici ad alte prestazioni. Versalis farà leva sulle competenze dei centri di ricerca di Ravenna e Ferrara, mentre Bridgestone coinvolgerà il proprio Centro Tecnico Europeo vicino Roma. Gli elastomeri prodotti da Versalis trovano applicazione nel segmento di mercato premium, distinguendosi per proprietà che garantiscono alte prestazioni degli pneumatici in termini di maneggevolezza di guida sul fondo asciutto e di aderenza sul bagnato. Si distinguono, inoltre, per essere meno soggetti all’abrasione, il che ne garantisce una maggiore durabilità, con il risultato di un prodotto più sostenibile in grado di ridurre il consumo di materie prime nel lungo termine. «Con questo accordo uniamo le nostre conoscenze tecnologiche a quelle di Bridgestone, leader mondiale del settore, per accelerare lo sviluppo di gradi e applicazioni negli pneumatici al fine di migliorarne le prestazioni, a partire dalla materia prima - ha commentato Adriano Alfani, Amministratore Delegato di Versalis (Eni) - Aver avviato un percorso sinergico con un partner di eccellenza della filiera porterà a una nuova spinta innovativa nel settore e al consolidamento di una collaborazione tecnica e commerciale di alto valore». «In Bridgestone sappiamo bene che le rivoluzioni innovative e la mobilità sostenibile non sono realizzabili senza un processo di collaborazione - ha dichiarato Emilio Tiberio, Direttore Tecnico e Operativo di Bridgestone EMIA - Siamo felici di consolidare la nostra partnership con Versalis e abbiamo la certezza che la tecnologia che sapremo creare insieme farà la differenza per le nostre produzioni future». Info: ENI

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https://www.rmix.it/ - Come le Aziende Tecnologiche Potrebbero Aiutare a Ridurre l’Impronta Carbonica
rMIX: Il Portale del Riciclo nell'Economia Circolare Come le Aziende Tecnologiche Potrebbero Aiutare a Ridurre l’Impronta Carbonica
Ambiente

Spesso le aziende di forte impronta tecnologica, che sono entrate in modo irrinunciabile nella vita dei cittadini, sono accusate di scarso interesse all’ambiente.Alcune di esse, proprio per il fatto che offrono servizi immateriali sembrerebbero che non incidano sull’inquinamento globale, mentre altre, che utilizzano nel loro business una parte di servizi immateriali e una parte di quelli materiali, come i trasporti nella logistica, sembrerebbero che non si sentano chiamate in causa nella lotta ai cambiamenti climatici. In realtà non è così in quanto qualsiasi servizio, materiale o immateriale, consuma energia, che sia elettrica o fossile, incidendo negativamente sull’impronta carbonica se questa energia non deriva da fonti rinnovabili. Ma, come ci raccontano Laszlo Varro e George Kamiya, le aziende che fanno della tecnologia internet il loro business diretto o indiretto, sono diventate attente al problema della loro impronta carbonica in quanto questo è quello che chiedono i clienti e il mercato. Nell’analisi dei dati si è notato che due valori sono aumentati parallelamente nell'ultimo decennio: il valore delle grandi società tecnologiche sui mercati azionari internazionali e le concentrazioni di CO2 nell'atmosfera. Ma in realtà c’è poca relazione diretta tra questi due fenomeni: l'uso di energia da parte delle principali aziende tecnologiche è relativamente minore rispetto alla loro impronta economica, finanziaria e persino sociale. Tuttavia è proprio a causa di quella massiccia impronta finanziaria, combinata con la loro enorme influenza culturale e scientifica, che queste aziende hanno un ruolo così potenzialmente enorme da svolgere nell'affrontare la sfida climatica. Le grandi aziende tecnologiche si sono già impegnate per la maggior parte a raggiungere zero emissioni dalle proprie attività. Dato il loro ruolo come “trend setter” spesso emulati, questi obiettivi costituiscono un importante esempio per il resto dell'economia. Ma è il loro lavoro nella digitalizzazione, nell'intelligenza artificiale e nei sistemi informativi, che potrebbero essere potenzialmente rivoluzionari nella creazione dei sistemi energetici più intelligenti e flessibili necessari per arrivare a emissioni nette zero. L'ascesa delle grandi aziende tecnologiche è innegabilmente uno degli sviluppi finanziari più caratteristici dell'ultimo decennio. Entro la fine del 2020, i primi tre giganti della tecnologia avevano una capitalizzazione di borsa di 5,5 trilioni di dollari, il doppio di tutte le società tedesche e brasiliane elencate a Francoforte e San Paolo messe insieme. La concentrazione del valore finanziario nelle prime tre società tecnologiche è ora doppia rispetto a quella rappresentata da Standard Oil, AT&T e US Steel all'epoca dei Rockefeller e dei Carnegies. Le aziende tecnologiche potrebbero svolgere un ruolo enorme nell'affrontare la sfida climatica Il consumo di energia e le emissioni di Big Tech sono significativi in termini assoluti, ma non in relazione alla scala delle loro operazioni. Ad esempio, i data center rappresentano circa l'1% dell'uso globale di elettricità, molto meno rispetto ai motori industriali o all'aria condizionata come motore della domanda globale di elettricità. Il profilo energetico e delle emissioni delle società tecnologiche ovviamente varia notevolmente a seconda del loro modello di business. Alcune grandi aziende tecnologiche sono quasi completamente digitali ed elettrificate. Altri hanno catene di approvvigionamento per la produzione di hardware ad alta intensità di carbonio o sistemi logistici e di consegna in tutto il mondo. Molte di queste operazioni di produzione e logistica sono spesso esternalizzate e riportate nelle emissioni Scope 3. Le emissioni di Scope 1 (dirette) e 2 (elettricità, basate sul mercato) delle cinque grandi società tecnologiche rappresentavano collettivamente circa 13 milioni di tonnellate di CO2 equivalente nel 2019, o circa lo 0,04% delle emissioni globali di gas serra legate all'energia. Includendo le emissioni di Scope 3 - che comprendonio viaggi d'affari, pendolarismo dei dipendenti, produzione e costruzione - il totale raggiunge circa lo 0,3% delle emissioni globali. Pertanto, la decarbonizzazione di tutte le attività di queste aziende e, persino delle loro catene di approvvigionamento, potrebbe comportare un impatto diretto relativamente minore sulle emissioni globali di CO2. È anche probabile che questi impatti diretti vengano sminuiti dall'enorme potenziale creato dalle soluzioni digitali applicate ai sistemi energetici. Ma queste aziende hanno adottato politiche aziendali sempre più rigorose e ambiziose per affrontare le emissioni. Oltre alle preoccupazioni sociali e politiche generali, questi cambiamenti sembrano essere in parte guidati da considerazioni sulle risorse umane: c'è un'intensa concorrenza per giovani professionisti tecnicamente ben qualificati, che richiedono sempre più che i loro datori di lavoro assumano posizioni responsabili su importanti questioni sociali e ambientali, incluso il clima modificare. Ci sono stati esempi notevoli di dipendenti di aziende tecnologiche che chiedevano pubblicamente azioni più forti per il clima dal loro datore di lavoro, incluso evitare l'uso dell'apprendimento automatico per supportare l'estrazione di combustibili fossili. Queste considerazioni si concentrano sulle grandi società tecnologiche con sede negli Stati Uniti perché le grandi società tecnologiche cinesi, nonostante la loro abilità tecnica, sono purtroppo ancora in ritardo nelle loro strategie climatiche ed energetiche. Le grandi aziende tecnologiche hanno aperto la strada agli accordi aziendali di acquisto di energia (PPA) per l'energia rinnovabile, infatti, nel 2020 hanno acquistato 7,2 gigawatt (GW) di capacità rinnovabile, rappresentando quasi il 30% di tutti i PPA rinnovabili aziendali. Tra le grandi aziende tecnologiche con sede negli Stati Uniti, è diventato uno standard impegnarsi a procurarsi la stessa quantità di elettricità da fonti rinnovabili del loro consumo annuale.Approfondisci l'argomento

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https://www.rmix.it/ - Che Qualità di Film è Ottenibile con l'Uso dell' LDPE Riciclato?
rMIX: Il Portale del Riciclo nell'Economia Circolare Che Qualità di Film è Ottenibile con l'Uso dell' LDPE Riciclato?
Informazioni Tecniche

Che Qualità di Film è Ottenibile con l'Uso dell' LDPE Riciclato?di Marco ArezioMai come oggi la qualità di un granulo di LDPE riciclato è importante per la produzione di un film, in quanto le aspettative del mercato, che si sta spostando dalle materie prime vergini a quelle riciclate, sono molto alte.Non è sempre facile trasmettere al cliente, che vuole produrre con un LDPE riciclato, la necessità di conoscere la genesi del riciclo per non sbagliare ad acquistare il prodotto basandosi, magari, solo sulla convenienza economica della materia prima riciclata rispetto a quella vergine che gli viene offerta. Diciamo, in linea di principio, che anche nel campo dell’LDPE riciclato ci sono famiglie di prodotto attraverso le quali si possono produrre alcuni articoli e, di conseguenza, non se ne possono produrre altre se si vuole ottenere sempre un buon risultato tecnico ed estetico sull’articolo finito da immettere sul mercato. Le macro famiglie si possono distinguere in tre aree: LDPE riciclato da post consumoLDPE riciclato post consumo industrialeLDPE riciclato post industriale Il granulo in LDPE da post consumo viene prodotto attraverso il processo di riciclo dello scarto della raccolta differenziata, che viene separato, macinato, lavato, densificato ed estruso in granuli. La prima cosa da considerare dei prodotti di questa famiglia è il grado di contaminazione a cui il film lavorato viene sottoposto durante la sua vita, infatti, la raccolta differenziata comporta la mescolazione nei sacchi della raccolta domestica inquinanti, come resti di cibo, oli, grassi, poliaccoppiati di imballi alimentari e molti altri prodotti che, durante le fasi di raccolta, solidarizzano con il film da riciclare creando un problema di qualità a valle del processo. Inoltre, durante la separazione meccanica, può capitare che parti di altre plastiche rimangano all’interno del flusso dell’LDPE da riciclare creando un altro filone di contaminazione nel processo di produzione del granulo. I sistemi di riciclo meccanico contemplano il lavaggio del materiale selezionato ma, spesso, questo non è sufficiente per ridurre la presenza di plastiche diverse dall’LDPE e lo scioglimento e il distaccamento di parti non plastiche presenti sul prodotto da lavare. Queste contaminazioni possono creare diverse problematiche nella produzione del film: • Odori pungenti nel prodotto finito • Fragilità al taglio dovuta alla presenza di polipropilene • Grumi non fusi nella fase di estrusione con la conseguente puntinatura del film • Irregolarità della superficie del film dovuta alla degradazione delle impurità nella fase di estrusione • Inconsistenza del film dovuta all’eccessiva presenza di gas all’interno del granulo causata dalla degradazione del materiale estruso • Difficoltà di creare una bolla regolare a seguito della possibile degradazione del polimero in fase di soffiaggio per la presenza dei problemi sopra elencati. L’uso che normalmente si fa del granulo in LDPE da post consumo da raccolta differenziata è riservato a sacchi per la spazzatura di spessore non inferiore agli 100-120 micron, di colori scuri, in cui il possibile odore, la puntinatura del film e la possibile fragilità al taglio sono dai clienti tollerati a fronte di un prezzo competitivo. Un’altra applicazione sono i teli da copertura provvisoria, normalmente neri, con spessori da 140 a 300 micron in cui le impurità presenti nei granuli si diluiscono negli spessori generosi del film. Il granulo da post consumo industriale è un prodotto molto vicino alla categoria del post industriale che vediamo successivamente, in quanto l’input del materiale non viene dalla raccolta differenziata ma esclusivamente dalla raccolta degli imballi industriali, dei supermercati e del settore del commercio, i cui film da imballo non vengono in alcun modo contaminati da sostanze nocive per il riciclo. Una volta raccolti questi film vengono divisi per colore, macinati lavati, densificati ed estrusi in granuli adatti alla produzione di films.Quali sono i vantaggi di questo flusso:• Materiale non contaminato da rifiuti organici o liquidi industriali • Selezionato per colore • Selezionato per tipologia di plastica • Normalmente soggetto al primo riciclo • Non contiene poliaccoppiati da packaging alimentare La produzione di film con questa tipologia di materiale permette la realizzazione di spessori molto sottili, a partire da 20 micron, utilizzando al 100% il granulo riciclato. Il film rimane elastico, le saldature non si aprono in quanto non si realizza l’influenza negativa della presenza di PP come nel post consumo, non presenta odori sgradevoli, si possono realizzare film trasparenti, anche se si parte da un granulo non trasparente, o film di colorati aggiungendo del master. Esiste anche una versione adatta alla produzione di film nero, dedicato principalmente ai sacchetti per l’immondizia con spessori da 20 a 100 micron o ai teli da copertura per l’edilizia in cui è richiesto un buon grado di resistenza allo strappo. Il granulo post industriale neutro proviene normalmente da scarti di lavorazione di film neutri che vengono raccolti e divisi per colore, macinati e nuovamente estrusi in granuli per la produzione. Un’altra tipologia di LDPE post industriale è caratterizzata dall’utilizzo di scarti delle lavorazioni del polimero delle industrie petrolchimiche, che vengono compattati in blocchi o barre, per poi essere macinati o polverizzati e riutilizzati come materia prima in fase di estrusione dei granuli. Questo tipo di LDPE riciclato è molto simile ad un polimero vergine, sia per caratteristiche meccaniche che di trasparenza nella produzione del film. Non ha odori, non ha alterazioni di colore, si può miscelare con la materia prima vergine, se richiesto e conserva ottime caratteristiche meccaniche e di qualità nella superficie. Articoli correlati:LDPE RICICLATO DA POST CONSUMO: 60 TIPOLOGIE DI ODORI OSTACOLANO LA VENDITALDPE DA POST CONSUMO. COME RIDURRE LE IMPERFEZIONI. EBOOK Categoria: notizie - tecnica - plastica - riciclo - LDPE - film plastici - post consumoVedi maggiori informazioni sul riciclo dell'LDPE

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https://www.rmix.it/ - rNEWS: L’Università Bocconi Lancia un Progetto sulla Circolarità della Moda
rMIX: Il Portale del Riciclo nell'Economia Circolare rNEWS: L’Università Bocconi Lancia un Progetto sulla Circolarità della Moda
Notizie Brevi

L’Università Bocconi Lancia un Progetto sulla Circolarità della ModaL’attenzione per l’economia circolare non è più un concetto gridato nelle manifestazioni di piazza, ma è una realtà ormai assimilata dagli stati, dalla politica dall’industria e soprattutto dalla finanza, che valuta come investimenti rischiosi quelli concessi ad aziende che operano fuori dal concetto di circolarità.Anche il comparto universitario si è mosso per analizzare da vicino e in modo scientifico, le filiere le aziende e le conseguenze dei comportamenti industriali sulla circolarità dei settori, uno tra questi è quello della moda raccontato dall’università Milanese. La SDA Bocconi School of Management ed Enel X lanciano il Monitor for Circular Fashion Un progetto all’avanguardia in Italia che darà vita al primo Report sulla circolarità del settore moda. Il Monitor for Circular Fashion desidera coinvolgere nel progetto uno spaccato rappresentativo del settore moda italiano lungo l'intera filiera, in collaborazione con la società di consulenza per la sostenibilità Eco-Age. Candiani Denim, Dedagroup Stealth, Intesa (IBM Group), Manteco, RadiciGroup, Save The Duck, Vibram, Vitale Barberis Canonico, Vivienne Westwood, YKK, sono alcuni dei protagonisti del settore che hanno già aderito e contribuito attivamente all’osservatorio. Questa community di aziende scelte perché front-runners della sostenibilità e circolarità nella filiera italiana del settore moda, ha già avviato un percorso virtuoso per confrontarsi sulle opportunità e le sfide della circolarità. In particolare le attività si sono focalizzate sulla condivisione di buone pratiche per individuare o sviluppare nuove soluzioni concrete e misurabili di circolarità. Uno dei temi di maggior attenzione è quello del ruolo fondamentale della trasparenza e tracciabilità di filiera come strumento per dare sostanza ai claim di sostenibilità e di circolarità verso tutti gli stakeholders, compresi i consumatori. A settembre 2021 verrà pubblicato un Report che mostrerà le macro-tendenze del settore; misurerà la capacità delle aziende moda di applicare i principi dell’Economia Circolare lungo tutta la filiera; evidenzierà le best practices e i gap, e infine proporrà un piano ambizioso su come integrare la circolarità in uno dei maggiori settori italiani per l’esportazione. Il Report si baserà su una metodologia innovativa di valutazione della circolarità, sviluppata da Enel X con il know-how del team di ricerca del Sustainability Lab di SDA Bocconi School of Management per l’identificazione di indicatori di circolarità nel settore moda. Un approccio circolare consente di cambiare radicalmente il paradigma del take-make-waste, grazie all'applicazione di cinque modelli di business circolari (Input sostenibile, Prolungamento della vita, Riciclo e Riuso, Prodotto come servizio, Piattaforme di condivisione) per assicurare che prodotti e materiali siano mantenuti in uso il più a lungo possibile, ridisegnando i processi produttivi, logistici, distributivi e le modalità di consumo con l’obiettivo di rendere il più efficiente possibile l’utilizzo delle risorse. Il passaggio a un sistema circolare continuerà ad accelerare il movimento dell'economia globale verso un futuro sostenibile. Il Monitor for Circular Fashion aderirà alle call to action per la circolarità a livello globale, in particolare supportando iniziative chiave come il progetto UNECE “Enhancing Transparency and Traceability of Sustainable Value Chains in Garment and Footwear sector” ed il piano di azione dell’Unione Europea per la circolarità “Circular Economy Action Plan”. “L'approccio scientifico è essenziale per valorizzare e far crescere i numerosi progetti pilota nella moda circolare. Con il Monitor for Circular Fashion vogliamo supportare le aziende nella misurazione delle performance di circolarità, individuando i principali KPI per ogni modello di business della moda circolare. Nel dialogo aperto con Istituzioni e Policy Makers, il Circular Fashion Manifesto darà voce alle buone pratiche del sistema moda italiano”, afferma Francesca Romana Rinaldi, Coordinatrice del Monitor for Circular Fashion presso SDA Bocconi School of Management Sustainability Lab. "L'Economia Circolare è al centro della strategia di Enel X” – ha aggiunto Nicola Tagliafierro, Responsabile della sostenibilità globale di Enel X – “Grazie alle opportunità di business sostenibili che è in grado di generare, e che hanno permesso al Gruppo Enel di posizionarsi come leader di pubblici servizi nell'indice di sostenibilità Dow Jones. Per questa ragione abbiamo deciso di mettere a disposizione la nostra esperienza e il nostro know-how a supporto di una delle industrie italiane più importanti e strategiche, con l'obiettivo di rendere il settore sempre più circolare e di esempio per il mercato globale." Sono molto entusiasta del fatto che Eco-Age stia giocando un ruolo strategico in questo progetto rivoluzionario e nel coinvolgere nuovi stakeholders in questa alleanza tra SDA Bocconi ed Enel X, per collocare l'Italia al centro del dibattito globale sulla moda sostenibile”, ha concluso Livia Firth, cofondatrice e direttrice creativa di Eco-Age. Categoria: notizie - moda - economia circolare - rifiuti - tessuti

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https://www.rmix.it/ - CDP Equity Investe con Eni nella Produzione di Energia Elettrica da Fonti Rinnovabili
rMIX: Il Portale del Riciclo nell'Economia Circolare CDP Equity Investe con Eni nella Produzione di Energia Elettrica da Fonti Rinnovabili
Notizie Brevi

Cassa Depositi e Prestiti, il braccio operativo e finanziario dello stato Italiano, ha deciso di investire nella nuova società chiamata GreenIT con un socio di grande esperienza nel mondo dell’energia come ENI.Il focus della nuova società è produrre energia pulita attraverso il settore eolico e solare per diminuire la dipendenza dalle fonti fossili, attraverso un investimento di 800 milioni di euro nei prossimi 5 anni, creando un target di capacità installata di 1.000 MW. Secondo le informazioni di Eni, la società con CDP Equity hanno costituito GreenIT, una nuova joint venture per lo sviluppo, la costruzione e la gestione di impianti per la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili in Italia. GreenIT, partecipata al 51% da Eni e al 49% da CDP Equity, ha la finalità di produrre energia principalmente da impianti fotovoltaici ed eolici con l’obiettivo di raggiungere una capacità installata al 2025 di circa 1.000 MW, con investimenti cumulati nel quinquennio per oltre € 800 milioni. Le risorse saranno utilizzate su vari filoni di intervento che includono lo sviluppo e la costruzione di impianti greenfield, anche attraverso la valorizzazione del patrimonio immobiliare del Gruppo CDP e della Pubblica Amministrazione, il repowering di impianti a fine vita utile e la costruzione di progetti autorizzati. La costituzione di GreenIT rientra nella strategia volta a supportare la transizione energetica del Paese, aumentando la produzione di energia rinnovabile, in coerenza con gli obiettivi prefissati dal Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima 2030. L’Amministratore Delegato di CDP Equity e Chief Investment Officer di CDP, Pierpaolo Di Stefano, ha commentato: “La nascita di GreenIT è la realizzazione di un ulteriore progetto previsto dal Piano Industriale di Cassa Depositi e Prestiti per favorire la transizione energetica e contrastare i cambiamenti climatici, contribuendo al raggiungimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite. La collaborazione con Eni consentirà di lavorare - in un’ottica di sistema - allo sviluppo di progetti con impatti positivi sui territori per la produzione di energia da fonti rinnovabili, al fine di costruire un modello sempre più orientato alla sostenibilità e supportare il Paese nel conseguire i target definiti dal Piano Nazionale Integrato Energia e Clima.” Giuseppe Ricci, Direttore Generale di Energy Evolution di Eni, ha dichiarato: “Questa nuova joint venture si inserisce nella strategia di Eni per la transizione energetica e contribuisce all’accelerazione del nostro percorso di trasformazione verso l'energia verde e le rinnovabili. In quest’ottica, grazie alla partnership con Cassa Depositi e Prestiti, il nostro impegno nella decarbonizzazione diventa sempre più concreto: per centrare gli obiettivi dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite è essenziale fare sistema a livello Paese e mettere a fattor comune possibilità di investimento e know how”. Eni e CDP Equity sono parti correlate. Entrambe le società hanno applicato la propria procedura interna in materia. Chi è ENI?Eni è una società energetica presente in 66 paesi nel mondo che impiega circa 32.000 persone. L'azienda opera nell'esplorazione, sviluppo e produzione di petrolio e gas, refining&marketing, trading and shipping, chimica, energie rinnovabili e soluzioni innovative nell'economia circolare. La mission di Eni si ispira all'Agenda 2030 delle Nazioni Unite e questi valori si riflettono nel suo modello di business, a sua volta basato su tre pilastri di lungo termine: carbon neutrality, eccellenza operativa e creazione di alleanze per lo sviluppo locale. La decarbonizzazione è parte integrante della strategia e degli obiettivi della società che si pone come leader nella transizione energetica con l’obiettivo di raggiungere Zero emissioni nette al 2050. Chi è CDP Equity?CDP Equity è una holding di partecipazioni del Gruppo Cassa depositi e prestiti, che ha l’obiettivo di investire capitale di rischio in aziende di rilevante interesse nazionale e in società in equilibrio economico, finanziario e patrimoniale, con adeguate prospettive di redditività e di sviluppo, idonee a generare valore per gli investitori. CDP Equity possiede anche partecipazioni di maggioranza e minoranza in alcune SGR specializzate in vari ambiti. Vedi maggiori informazioni

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https://www.rmix.it/ - Tubazioni Corrugate per Fognatura in HDPE e PP di Grande Diametro
rMIX: Il Portale del Riciclo nell'Economia Circolare Tubazioni Corrugate per Fognatura in HDPE e PP di Grande Diametro
Informazioni Tecniche

Tubazioni Corrugate per Fognatura in HDPE e PP di Grande Diametro attraverso l'uso di granuli riciclatidi Marco ArezioLe linee di fognatura sono progettate in funzione del carico di lavoro che i centri abitati imprimono sul sistema di scarico e, in base ad altri parametri di tipo tecnico-progettuale, vengono stabilite le caratteristiche dei tubi di trasporto dei liquidi di scarico.Le tubazioni non a pressione composte di materiale plastico, specialmente quelle realizzate in Polietilene ad alta densità e in Polipropilene, sono largamente impiegate da decenni a seguito dei vantaggi che sono insiti nelle materie prime costituenti i tubi stessi.Possono essere utilizzati granuli in HDPE riciclati o vergini che abbiano un MFI 0,4-0,7  a 190°/5 Kg., oppure in PP con MFI 1,5-2 a 230°/2,16 Kg. con una corretta stabilità termica e la giusta quantità di carbon black.  Le caratteristiche richieste normalmente in fase di progettazione sono:• Resistenza ai carichi esterni • Resistenza alle aggressioni chimiche ed elettrochimiche • Tenuta bidirezionale delle giunzioni • Caratteristiche idrauliche costanti nel tempo • Ridotta aderenza alle incrostazioni • Facilità di assemblaggio e posa • Ridotto costo di posa e manutenzione I tubi in HDPE e PP possono essere corrugati, cioè presentare una ondulazione di rinforzo della parte esterna della struttura e una finitura liscia nella parte interna. In presenza di tubi di grandi dimensioni è possibile interporre una struttura metallica nell’intradosso della corrugazione con lo scopo di aumentare la resistenza del manufatto al fenomeno denominato “creep”, che si configura in un comportamento visco-elastico del materiale, con la conseguente deformabilità temporanea del tubo. Abbiamo accennato alla presenza dei due strati del tubo, quello esterno corrugato e quello interno liscio, elementi che hanno quindi due funzioni ben distinte. Lo strato interno, liscio, a diretto contatto con i fluidi trasportati, deve possedere una corretta resistenza chimica e meccanica nei confronti dei liquidi trasportati e una resistenza allo scorrimento basso. Lo strato esterno, corrugato, ha la funzione di contrapporsi agli sforzi di compressione che agiscono sul tubo posato, garantendone la durata e l’assenza di rotture. Nel caso di tubature armate, prodotto sviluppano in Giappone negli anni 90 del secolo scorso e successivamente largamente impiegati anche negli Stati Uniti, si associano le caratteristiche delle materie plastiche come la resistenza all’abrasione, la leggerezza, il coefficiente di scabrezza minimo, l’inerzia alle sostanze chimiche e la facilità di posa, alle caratteristiche dell’acciaio che presenta, per esempio, un modulo elastico molto più elevato del polietilene. L’utilizzo del PP anziché l’HDPE avviene in virtù di piccole differenze sui materiali:• Modulo elastico leggermente superiore • Migliore comportamento alle alte temperature (minore però a quelle basse) • Densità e peso specifico inferiore Tra le tre caratteristiche elencate sicuramente la differenza del modulo elastico è quella più importante, in quanto il modulo influenza la rigidità del tubo e quindi la resistenza ai carichi compressivi. Quindi, a parità di spessori, un modulo elastico superiore corrisponde una maggiore resistenza ai carichi e, nel caso dell’HDPE il modulo elastico istantaneo è normalmente > di 800 MPa, mentre nel PP è > di 1250 MPa. Come abbiamo detto, le tubazioni costituite in HDPE e PP hanno ottime caratteristiche idrauliche sia per quanto riguarda la scabrezza delle pareti a contatto con i fluidi, ma anche per quanto riguarda la resistenza all’abrasione, garantendo una costante portata idraulica e una grande durabilità della linea fognaria. Tra i concorrenti dei tubi in PP e HDPE, quali i tubi in cemento, in cemento rivestito, in vetroresina, in gres e in PVC, si è verificato, attraverso prove di laboratorio, che la resistenza all’abrasione interna risulta inferiore tra i concorrenti, quindi, questi, sono soggetti a un maggior logorio meccanico. Tra questi prodotti, quelli composti con PVC, hanno dato risultati vicini ai tubi in PP e HDPE. Per farci un’idea di cosa si intende per tubi fognari di grande diametro, possiamo dire che sul mercato esistono tubi con diametro esterno fino a 2500 mm. ed interno di 2400 mm. circa. Nella posa dei tubi in HDPE, PP e PVC in trincea è fondamentale il ruolo del sottofondo sul quale verrà posata la linea, in quanto questi manufatti sono soggetti al comportamento meccanico di tipo visco-elastico, quindi soggetti ad una costante deformazione nel tempo definito “creep”. In caso di sottofondi non estremamente compatti o soggetti a piccoli movimenti l’impiego di tubi corrugati con armatura in metallo nell’intradosso della corrugazione può aiutare a contenere questo fenomeno. Per quanto riguarda le caratteristiche chimiche dei tubi in HDPE e PP possiamo dire che i materiali costituenti hanno in sé caratteristiche di resistenza ai fenomeni di corrosione elettrochimica o per l’accoppiamento galvanico, in quanto non sono di per se elettricamente conduttivi. Categoria: notizie - tecnica - plastica - riciclo - tubi - fognatura - HDPE - PP

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https://www.rmix.it/ - Perché i Polimeri Riciclati di Alta Gamma sono Preferiti a quelli Vergini?
rMIX: Il Portale del Riciclo nell'Economia Circolare Perché i Polimeri Riciclati di Alta Gamma sono Preferiti a quelli Vergini?
Informazioni Tecniche

Perché alcuni Polimeri Riciclati sono Preferiti a quelli VerginiNon è più un tabù ormai che alcuni polimeri riciclati di alta qualità possano essere più ricercati di quelli vergini, che possano costare uguale o di più degli stessi e che hanno qualità generali del tutto simili ai polimeri di derivazione petrolifera.Inoltre, la cosa più importante è che sono l’evoluzione tecnologica di uno scarto di lavorazione, o addirittura da post consumo nel caso dell’rPET, nel pieno rispetto dei principi dell’economia circolare. I consumatori, le aziende che gestiscono marchi importanti e la politica, hanno ora ben presente quale sia la strada sulla quale dobbiamo camminare, una strada costruita faticosamente (e non finita) di materiali sostenibili, di riciclo, di energia rinnovabile e di impatto ambientale ridotto su fumi, rifiuti e scarti di processo liquidi o solidi. In questa ottica il mondo dei polimeri riciclati si sta costruendo una reputazione importante, acquisendo la fiducia dei produttori e dei consumatori che vogliono, fortemente, prodotti con il minor impatto possibile sull’ambiente. Ci sono cinque famiglie, tra i prodotti più usati nel mondo delle materie plastiche, che sono l’HDPE, il PP, l’LDPE, il PET e il PVC che, da sole, coprono una percentuale di articoli sul mercato così importante da lasciare alle altre tipologie, in termini di quantità prodotte ed utilizzate, ben poco spazio. Vediamole da vicino: L’HDPE riciclato, per competere con i materiali vergini nei settori non food, deve avere una serie di caratteristiche peculiari come l’assenza di odore pungente, la neutralità del colore di base, un DSC che attesti la composizione al 100% di HDPE e caratteristiche tecniche in macchina comparabili. Queste caratteristiche portano a produrre articoli con superfici senza difetti, neutrali all’odore del riciclo, dai colori omogenei e brillanti e dalle caratteristiche meccaniche idonee per l’uso a cui il prodotto è destinato. Il PP riciclato ha un’infinità di usi e la sua limitazione ad un impiego massiccio era legato, anche in questo caso, alla presenza di odori e alla difficoltà di avere una ricetta che contemplasse solo PP all’interno. Infatti le frazioni di PE inglobate potevano creare problemi estetici sui prodotti in fase di stampaggio. Oggi esistono ricette che hanno risolto queste problematiche e, partendo da una base neutra, quindi senza residui di coloranti pregressi, si riescono ad ottenere ottime superfici colorate del prodotto. Dal punto di vista meccanico è possibile ottenere buoni risultati e, la similitudine con la materia prima vergine ne permette la loro miscelazione. L’LDPE riciclato è un prodotto ampiamente usato in fase di estrusione, stampaggio e filmatura ma è sempre stato relegato alla creazione di articoli non estetici o di qualità grossolana. Con l’LDPE neutro da scarti post industriali è possibile realizzare film da 20 micron, trasparenti o colorati, realizzare tubi di spessori sottili, in quanto il materiale non presenta contaminazioni o residui solidi al suo interno che potrebbero provocare buchi. Inoltre è possibile utilizzarlo nel settore dello stampaggio dove sono richieste finiture estetiche importanti. Tra i cinque prodotti esposti il granulo riciclato in LDPE è quello in cui il rischio dell’odore sgradevole è più elevato, problema che non si presenta in queste ricette post industriali. La polvere in PVC riciclata ha una base di colore bianca, micronizzata per aumentarne la qualità, presenta caratteristiche del tutto comparabili con un K67 vergine dal punto di vista tecnico ed estetico. Una miscela di scarti post industriali del settore dei profili finestra garantisce una qualità produttiva nel campo dei profili estetici e nell’estrusione di tubi. Il PET riciclato, certificato per il food, è l’unico dei prodotti presentati che ha una provenienza da post consumo e non post industriale. Il particolare riciclo meccanico, certificato da enti preposti ad autorizzare l’uso del polimero riciclato nel settore alimentare, permette l’impiego in un campo in cui la domanda del polimero riciclato è molto alta, come quello del settore delle bibite e dell’acqua minerale. Sintesi perfetta dell’economia circolare l’rPET per il food è il polimero che più incarna lo spirito di una plastica amica in cui tutto ciò che diventa rifiuto viene riutilizzato per un nuovo prodotto.Categoria: notizie - tecnica - plastica - riciclo - polimeri

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https://www.rmix.it/ - La Giornata Mondiale dell’Acqua ci Ricorda una Crisi mai Risolta
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Ambiente

I dati impietosi che le Nazioni Unite ci raccontano sulla difficoltà di avere una quantità di acqua sufficiente per ogni persona nel mondo, una qualità che sia corretta e non crei malattie e un equilibrio di consumo delle risorse ambientali, ci fanno molto riflettere. Infatti, a livello globale, oltre 3 miliardi di persone sono a rischio di malattie perché la qualità dell'acqua dei loro fiumi, laghi e delle acque sotterranee è insicura, a causa della mancanza di controlli accurati.Nel frattempo, un quinto dei bacini idrografici del mondo sta subendo fluttuazioni drammatiche nella disponibilità di acqua e 2,3 miliardi di persone vivono in paesi classificati come "stressati dall'acqua", di cui 721 milioni in aree in cui la situazione idrica è "critica", secondo recenti ricerca condotta dal Programma delle Nazioni Unite per l'ambiente (UNEP) e dai suoi partner. “Il nostro pianeta sta affrontando una triplice crisi di cambiamento climatico, che si compone in perdita di biodiversità, inquinamento e spreco. Queste crisi stanno mettendo a dura prova gli oceani, i fiumi, i mari e i laghi”, ha affermato Inger Andersen, Direttore Esecutivo dell'UNEP. "La raccolta di dati regolari, completi e aggiornati è fondamentale per gestire le nostre risorse idriche in modo più sostenibile e garantire l'accesso all'acqua potabile per tutti". Storicamente ci sono sempre stati pochi dati e pochi studi sullo stato globale degli ecosistemi di acqua dolce. Per colmare il divario, l'UNEP ha utilizzato le tecnologie di osservazione della Terra per monitorare, per lunghi periodi di tempo, la storia attraverso la quale gli ecosistemi di acqua dolce stanno cambiando. I ricercatori hanno esaminato più di 75.000 corpi idrici in 89 paesi e hanno scoperto che oltre il 40% era gravemente inquinato. I numeri, presentati il 18 marzo in una riunione di alto livello delle Nazioni Unite sugli obiettivi relativi all'acqua dell'Agenda 2030, suggeriscono che il mondo è in ritardo sulla tabella di marcia per la fornitura di acqua potabile sicura a tutta l'umanità. I dati dell'UNEP indicano che il mondo non è sulla buona strada per arrivare ad una gestione idrica sostenibile entro il 2030,  infatti gli sforzi dovrebbero raddoppiare nei prossimi nove anni per raggiungere l'Obiettivo di Sviluppo Sostenibile (SDG) 6, che richiede "la disponibilità e la gestione sostenibile dell'acqua e igiene per tutti ". Coordinato da UN-Water, l'UNEP, insieme ad altre sette agenzie delle Nazioni Unite, fa parte dell'Integrated Monitoring Initiative, un programma globale progettato per supportare i paesi attraverso il monitoraggio e la verifica dei progressi verso gli obiettivi SDG 6. L'UNEP è responsabile di tre degli 11 indicatori: qualità dell'acqua ambientale, gestione integrata delle risorse idriche ed ecosistemi di acqua dolce. I dati raccolti dall'UNEP vengono analizzati per monitorare come le pressioni ambientali, come il cambiamento climatico, l'urbanizzazione e i cambiamenti nell'uso del suolo, tra gli altri, influiscono sulle risorse di acqua dolce del mondo. Andersen ha affermato che le informazioni aiuterebbero a favorire un processo decisionale ambientale ai massimi livelli. Cosa si deve fare per accelerare il processo? Per velocizzare gli interventi necessari, nel 2020 è stato lanciato l'Obiettivo di sviluppo sostenibile 6 Global Acceleration Framework, che mira a mobilitare l'azione tra i governi, la società civile, il settore privato e le Nazioni Unite per allineare gli sforzi, ottimizzare i finanziamenti e migliorare la capacità e governance per gestire le risorse idriche. Ogni anno, le Nazioni Unite celebrano il 22 marzo come Giornata mondiale dell'acqua, per aumentare la consapevolezza del ruolo fondamentale di questa nella sicurezza alimentare, nella produzione di energia, nell'industria e in altri aspetti dello sviluppo umano, economico e sociale. Quest'anno, il tema della giornata è "valorizzare l'acqua". Si riconosce che una gestione dell'acqua efficace ed equa ha effetti catalitici in tutta l'Agenda 2030. Articoli correlati:Il Riciclo dell’Acqua per Ridurre lo Stress IdricoApprofondisci l'argomento

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https://www.rmix.it/ - rNEWS: Nuovo Impianto per il Trattamento delle Biomasse a Gela in Sicilia
rMIX: Il Portale del Riciclo nell'Economia Circolare rNEWS: Nuovo Impianto per il Trattamento delle Biomasse a Gela in Sicilia
Ambiente

A Gela in Sicilia si è avviato un interessante progetto di trasformazione di una raffineria petrolifera a una bioraffineria che si occuperà del trattamento delle biomasse, creando  un'attività industriale sostenibile e perfettamente inserita in una filiera circolare dell'economia.A 18 mesi dall’inaugurazione della bioraffineria è in marcia il nuovo impianto BTU, che consentirà di utilizzare fino al 100% materie prime di scarto per la produzione di biocarburanti È stato avviato e collaudato il nuovo impianto BTU, Biomass Treatment Unit, che consentirà alla bioraffineria Eni di Gela di utilizzare fino al 100% biomasse che non siano in competizione con la filiera alimentare, dagli oli alimentari esausti ai grassi da lavorazioni ittiche e di carni prodotte in Sicilia, con l’obiettivo di realizzare un modello di economia circolare a chilometri zero per la produzione di biodiesel, bionafta, biogpl e bio-jet. La bioraffineria di Gela, inoltre, potrà anche essere alimentata dall’olio di ricino, grazie al progetto sperimentale di coltura di piante di ricino su terreni semidesertici in Tunisia, sostituendo così completamente l’olio di palma che dal 2023 non sarà più impiegato nei processi produttivi di Eni. La costruzione dell’impianto è iniziata nei primi mesi del 2020 e nonostante i rallentamenti causati dalla gestione delle attività durante la pandemia è stato sostanzialmente completato nei tempi previsti. Sono state lavorate 1,3 milioni di ore, traguardando l’obiettivo zero infortuni, sia per le persone Eni, sia per i lavoratori delle imprese in appalto. Con l’avvio del BTU si completa la seconda fase della trasformazione del sito industriale, che si qualifica come sito esclusivamente dedicato a processi produttivi sostenibili e concretizza il processo di decarbonizzazione e transizione energetica che caratterizza la strategia Eni, impegnata a raggiungere la totale decarbonizzazione di prodotti e processi entro il 2050. Tra i punti salienti del piano 2021-2024 è infatti previsto il raddoppio della capacità produttiva delle bioraffinerie Eni a circa 2 milioni di tonnellate entro il 2024, l’aumento a 5/6 milioni di tonnellate entro il 2050. Il BTU si aggiunge ai già realizzati impianti Ecofining™, tecnologia Eni-UOP per la produzione di biocarburanti da materie prime di origine biologica, lo Steam Reforming per la produzione di idrogeno e l’impianto pilota Waste to Fuel, realizzato da Eni Rewind, che consente di trasformare la frazione organica dei rifiuti solidi urbani in bio-olio e bio-metano. La trasformazione dell’ex petrolchimico di Gela è un esempio di economia circolare rigenerativa, che ha permesso la riconversione di cicli produttivi basati su fonti fossili e che va di pari passo con un piano di demolizioni di impianti non più funzionali alla produzione di biocarburanti e per il risanamento ambientale.Info: Eni

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Economia circolare

Il Regno Unito Ricicla Meno Rifiuti di Quanti ne Bruciadi Marco ArezioTutta l’Europa è protesa ad alzare i tassi di riciclo delle proprie nazioni, con una gara all’eccellenza espressa in quantità di rifiuti selezionati e immessi nuovamente sul mercato sotto forma di materia prima.L’Italia è il primo paese in Europa in termini di quantità riciclate con il 79,3%, secondo il rapporto GreenItaly della Fondazione Symbola, seguita dalla Francia a 55,8%, con una media europea al 39,2%. In alcuni paesi, come il Regno Unito si avvertono delle incongruenze, secondo gli osservatori locali, sia in termini di sistemi di conteggio delle percentuali riciclate che dei sistemi di smaltimento dei rifiuti. Infatti, un'indagine del programma Dispatches di Channel 4 del Regno Unito rivela che l'11% dei rifiuti domestici britannici, raccolti per il riciclaggio, viene inviato agli impianti di incenerimento invece che essere riutilizzato o riciclato. Le emissioni totali di carbonio dall'incenerimento hanno ora superato quelle del carbone. Fino alla metà degli anni '90 il Regno Unito inviava il 90 percento dei suoi rifiuti in discarica, quale modo semplice ed economico per smaltire i rifiuti. Il governo britannico ha poi introdotto una tassa sulle discariche rendendo molto più costoso lo smaltimento attraverso questo canale, quindi il mercato ha trovato un'alternativa. La soluzione era "energia dai rifiuti", dove gli stessi vengono bruciati per produrre elettricità. Nel 2008 il governo britannico ha fissato l'obiettivo di riciclare il 50% dei rifiuti domestici entro il 2020, ma negli ultimi cinque anni il tasso di riciclaggio si è fermato al 45%. Uno dei massimi esperti di riciclaggio del Regno Unito, il professor Karl Williams, direttore della gestione dei rifiuti presso l'Università del Lancashire centrale, ha espresso seri dubbi anche su questa cifra: "Non è una cifra reale, perché quando parliamo di tassi di riciclaggio si parla solo di tassi di raccolta. Quindi il modo in cui conteggiamo i dati sul riciclaggio, al momento, viene espresso tramite la quantità di materiale che raccogliamo dalle famiglie, questo poi viene misurato e pesato, trasformando questo valore come dato sul riciclaggio ". Gli studi dimostrano che più del 50% di ciò che le persone mettono nei rifiuti potrebbe essere riciclato o compostato se fosse fatta una differenziazione corretta. Quello che stanno bruciando sono risorse preziose I sostenitori dell'incenerimento dicono che questa è una soluzione sostenibile al problema dei rifiuti, evitando che milioni di tonnellate vadano nelle discariche. La giustificazione per loro è "che non abbiamo attualmente le sufficienti strutture per riciclare tutta la plastica”. “Abbiamo molti rifiuti, secondo loro, che non possiamo gestire, a parte il conferimento in discarica. Pertanto, ha senso bruciarli per ricavarne energia invece di bruciare altri tipi di combustibili fossili”, afferma il Professor Williams. Ma Georgia Elliott-Smith, un ingegnere ambientale, crede che si potrebbe fare di più per fermare la combustione di materiali riciclabili: “La realtà è che circa il 60 per cento di ciò che va in questi inceneritori di rifiuti nel Regno Unito possa essere riciclabile. E’ quindi essenziale capire che ciò che stanno bruciando sono risorse preziose che dovrebbero rimanere nell'economia, essere riciclate, riutilizzate e non e bruciate. Al momento, gli obiettivi di riciclo assegnati ad ogni autorità locale responsabile dei rifiuti non sono raggiunti, ma, nello stesso tempo, non ci sono sanzioni per il mancato raggiungimento degli obbiettivi assegnati ". La crescita dei termovalorizzatori ha creato un mercato dell’input vorticoso, che deve assicurare carburante da bruciare agli impianti con la necessità di generare rifiuti in modo continuo. Le emissioni totali di carbonio dall'incenerimento hanno superato quelle del carbone Le emissioni di carbonio, C02, sono uno dei principali motori del cambiamento climatico, motivo per cui c'è stato un allontanamento dall'energia creata con il carbone, tuttavia più inceneritori che generano energia significano un costante incremento di C02. I dati per il 2019 mostrano che i 48 inceneritori del Regno Unito hanno emesso un totale di circa 12,6 milioni di tonnellate di CO2. In confronto, il settore del carbone, in declino, ha prodotto 11,7 milioni di tonnellate di CO2. Tutti i produttori di energia devono pubblicare le loro emissioni totali di anidride carbonica, ma l'industria dell'incenerimento deve solo tenere conto del C02 dalla combustione di rifiuti fossili come la plastica. Quindi non devono segnalare le emissioni da fonti come il cibo e i rifiuti del giardino, noti come CO2 biogenica. Gli attivisti ambientali affermano che questa è una "contabilità creativa del carbonio". “Al momento gli inceneritori di rifiuti sono completamente esclusi da qualsiasi tipo di tassa sul carbonio. Non pagano alcuna tassa sul carburante che ricevono, che è il rifiuto, e non pagano alcuna tassa sulle emissioni che creano, quindi hanno questo doppio vantaggio economico che li rendono vantaggiosi, economici e redditizi ", afferma ingegnere ambientale Georgia Elliott-Smith.Categoria: notizie - plastica - economia circolare - rifiuti Vedi maggiori informazioni sull'argomentoFonti wmw

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https://www.rmix.it/ - Globalizzazione del Marcato della Plastica Riciclata: Il Dado è Tratto (Alea iacta est)
rMIX: Il Portale del Riciclo nell'Economia Circolare Globalizzazione del Marcato della Plastica Riciclata: Il Dado è Tratto (Alea iacta est)
Economia circolare

Globalizzazione del Marcato della Plastica Riciclata: Il Dado è Tratto (Alea iacta est)di Marco ArezioC’era bisogno di scomodare Giulio Cesare per dare l’idea che non c’è un momento più propizio come questo per agire? Forse si.Non è solo la Plastic Tax che spinge l’Europa a riconsiderare i polimeri riciclati, ma una serie di movimenti dal basso in cui i consumatori, preoccupati dalle condizioni ambientali del pianeta, richiedono produzioni più sostenibili anche nel mondo della plastica. Anche molti altri paesi, fuori dal confine Europeo, stanno adottando politiche restrittive per disincentivare l’uso della plastica vergine nelle produzioni massive, con lo scopo di aumentare il riciclo e diminuire i rifiuti plastici. La società S&P Global Platts Analytics prevede che la plastica riciclata, prodotta attraverso il sistema di riciclo meccanico, sostituirà oltre 1,7 milioni di tonnellate di polimeri plastici vergini entro il 2030, rispetto alle 688.000 tonnellate del 2020. Come sostituire la plastica vergine con quella riciclata a livello globale C’è ancora molta diffidenza sui polimeri plastici riciclati, specialmente nei paesi meno industrializzati, dove troppo spesso l’acquisto di questa materia prima è visto come un affare economico, volto a ridurre il costo di produzione. Questa richiesta di realizzare un’importante differenza di prezzo, rispetto a quella vergine, diventa per alcuni acquirenti l’unico metro di valutazione per l’impiego di un polimero riciclato. Ma come abbiamo visto nell’articolo pubblicato nel portale Arezio, anno dopo anno il prezzo dei polimeri riciclati si sposteranno verso il prezzo di quelli vergini e, in molti casi lo supereranno, questo per ragioni di carattere economico, ambientale e industriale. La globalizzazione del marcato dei polimeri riciclati deve passare verso una standardizzazione dei processi produttivi, in cui la filiera di trasformazione offra a tutti i clienti e in tutti i continenti dei processi di trattamento del rifiuto plastico comparabili dal punto di vista qualitativo. Oggi, in molte parti del mondo, la produzione di polimeri riciclati è un’attività localizzata dove non vengono sempre espressi valori di qualità, ma principalmente la necessità più o meno impellente del riuso del rifiuto in entrata. Bisogna acquisire la consapevolezza che l’utilizzo dei polimeri riciclati deve essere prioritario rispetto a quelli vergini, indipendentemente dal loro costo, in quanto il risparmio delle risorse del pianeta e la riduzione dei rifiuti che vengono prodotti giornalmente sono di gran lunga il fattore principale. La pressione dei governi Come abbiamo visto molti stati stanno applicando legislazioni disincentivanti all’uso della plastica vergine, attraverso una serie di tasse o imposizioni di utilizzo nelle miscele di percentuali variabili di plastica riciclata. In Gran Bretagna, per esempio, la produzione di un articolo che non contenga il 30% di plastica riciclata, per i prodotti rientranti in alcune categorie, subisce una tassa di 200 GBP/Ton, rendendo meno vantaggioso il costo finale del prodotto fatto solo con plastica vergine. Queste normative devono, da una parte disincentivare l’acquisto non deferibile della plastica vergine ma, nello stesso tempo, devono tendere, non solo ad aumentare la quota di produzione dei polimeri riciclati a livello mondiale, in modo da compensare la diminuzione dell’uso del vergine, ma devono anche portare a una filiera produttiva più uniforme per creare similitudini nei polimeri riciclati esportabili. Queste attività legislative stanno aumentando la richiesta di plastica riciclata che spesso, come in Europa, non corrisponde all’aumento dei volumi offerti. Principio di standardizzazione dei polimeri riciclati Quando si acquista un Polimero vergine con una specifica caratteristica da un fornitore è possibile, se le condizioni di mercato lo rendessero necessario, acquistarne uno molto simile prodotto da un altro fornitore, senza avere grandi differenze sui valori tecnici o di colore. Nel campo dei polimeri riciclati, non sempre questa alternanza esiste, in quanto ci possono essere delle differenze che potrebbero rendere un elemento diverso da un altro. Vediamo come: • Differenti fonti di approvvigionamento • Differente ciclo di vita del prodotto da riciclare • Differente di sostanze contenute nel prodotto se è un imballo • Differenti tecniche e metodi di riciclo nella filiera • Differenti macchinari utilizzati • Differente qualità della filiera del riciclo • Differenti mix di input per la creazione delle ricette • Differenti tecniche per il controllo di qualità dei polimeri Queste sono solo alcune alternative che possono implicare ad un polimero riciclato di essere differente da un suo simile. La standardizzazione non è sempre facile, in quanto il materiale in entrata può avere caratteristiche, a volte, più vicino al rifiuto che alla materia prima, ma lo sforzo comune di caratterizzare sempre meglio i polimeri finali permetterà una maggiore diffusione degli stessi. Nel mercato Europeo il lavoro di standardizzazione di alcuni polimeri come rPET o il PVC ha portato buoni risultati, conferendo a queste due famiglie regole qualitative, all’interno delle quali il prodotto è normato e di più facile diffusione nel mondo, potendo ripetere, lotto per lotto gli stessi valori. Anche l’rPET riciclato negli Stati Uniti sta diventando più uniforme e mostra riduzioni dei livelli di contaminanti. Questa spinta è guidata dalla California, dove dal 2022 si applicherà un contenuto minimo di plastica riciclata nelle bottiglie in PET, a partire dal 15%. Ma le produzioni di macinati trasparenti rPET della California sono in gran parte dominate da materiali con un livello di contaminanti in PVC fino a 100 ppm, questo significa che il settore dell’rPET statunitense è orientato verso mercati finali di qualità inferiore, come i mercati delle fibre e dei tessuti. I grandi marchi internazionali delle bibite stanno installando produzione di rPET nei paesi dove trovano fonti di approvvigionamento abbondanti e continuative, creando una spinta alla standardizzazione del polimero nel mondo. L’inquinamento globale procurato della plastica abbandonata a causa di comportamenti scellerati dell’uomo può essere risolto, dando valore al prodotto da riciclare in tutto il modo.Categoria: notizie - plastica - economia circolare - rifiuti - business - internazionalizzazioneVedi maggiori informazioni sull'argomento

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