Come Gestire in Modo Efficace una Contestazione sul Prodottodi Marco ArezioNel mondo del commercio e della produzione non si vorrebbe mai ricevere una contestazione in quanto sono situazioni sempre spinose da gestire. Da una parte c’è il rapporto con il cliente, che normalmente si cerca di coltivare in modo costruttivo sul lungo periodo e dall’altra c’è l’azienda che potrebbe aver commesso un errore. In base a come è strutturata la società produttrice o distributrice, la contestazione sollevata dal cliente viene recepita così da mettere in moto una serie di verifiche inerenti all’insoddisfazione palesata. Non è qui la sede per descrivere l’iter di controlli interni, anche perché ogni azienda segue i propri canali in base a come è strutturata, ma mi vorrei soffermare sulla gestione dell’attività di risposta verso il cliente. Fatto salvo che la persona addetta a gestire la contestazione può essere un addetto al customer service, al post vendita o una figura più tecnica, se la contestazione dovesse riguardare aspetti prettamente tecnici o ad un commerciale che ha venduto il prodotto. La delega alla gestione della contestazione dipende anche dalla dimensione aziendali e dalla possibile ripetitività e periodicità della stessa, dalle dimensioni del mercato e dal tipo di prodotti. Tra tutti, faremo un’ipotesi esemplificativa in cui rappresenteremo un’azienda media, che produce polimeri, su una fornitura gestita da un agente di vendita in un’area nazionale. In questo caso il primo a raccogliere la contestazione potrebbe essere l’agente di zona che avrà il compito di parlare con il cliente per capire i termini del problema. Nel campo dei polimeri riciclati si rende necessaria una campionatura del granulo venduto, dei parametri macchina usati ed eventualmente un pezzo del prodotto realizzato. L’agente si interfaccerà con il responsabile commerciale il quale, raccolte le indicazioni dell’agente, attiverà i controlli interni per verificare, analiticamente, quanto affermato dal cliente. In questi casi entrano in gioco alcune variabili importanti: • Tipologia della contestazione • Dimensione economica della contestazione • Importanza del cliente Tipologia della contestazione Ci sono aziende produttive che, utilizzando determinati input, possono andare incontro a possibili contestazioni sulla materia prima attraverso una casistica che già conoscono. Questo non significa che il polimero prodotto sia in ogni caso non conforme, ma che, per esempio, se utilizzato con determinate temperature macchina, determinati impianti, in determinate condizioni ambientali, qualche cliente potrebbe avere dei problemi. C’è anche il caso che effettivamente l’azienda abbia commesso degli errori o delle leggerezze, che hanno portato alla spedizione di un lotto di materiale non conforme. In questa sede non ci soffermeremo sulle tipologie di problematiche che un polimero può avere, né sul motivo per cui dalla produzione sia transitato nell’area di controllo e poi in quella logistica, senza che nessuno fosse intervenuto per segnalare un problema. Questo fa parte di un problema organizzativo che non sarà approfondito in questo momento, in quanto a noi interessa analizzare la gestione di una contestazione che in realtà già c’è. Il responsabile commerciale, che in questo caso sarà deputato alla gestione della contestazione, dopo aver verificato i risultati delle verifiche che sono venuti dalla produzione e dal controllo di qualità, dovrà incrociare le informazioni ricevute dal cliente tramite l’agente. Sulla scorta dell’analisi di quanto in suo possesso, l’addetto ha un quadro abbastanza preciso del problema tecnico e dovrà capire la sua entità economica. Dimensione economica della contestazione Prima di prendere qualsiasi decisione su come gestire con il cliente il problema dovrà, come detto, stabilire l’impatto economico dei passi che dovrà compiere con il cliente. Se l’ordine consegnato fa parte di un contratto continuativo, se è un ordine spot, se un inasprimento delle relazioni con il cliente potrebbe portare a dei risvolti negativi sulle vendite nell’area e, infine, valutare il rapporto che l’agente ha con il cliente e l’importanza che questo ha con l’azienda. A fronte del rischio di perdite commerciali o finanziarie importanti si dovrà studiare un approccio pragmatico, che metta nelle migliori condizioni le parti per dialogare. Nel caso in cui si è presenti a minori rischi, le valutazioni della strategia da seguire possono essere meno complicate. Importanza del cliente Se il cliente è importante per l’azienda che produce il prodotto, lo sa sia il responsabile commerciale ma anche il cliente stesso e, se non è uno sprovveduto, questa situazione è una delle maggiori difficoltà nelle trattative in caso l’azienda abbia una contestazione importante. Il problema non riguarda quindi solo la situazione oggettiva del momento, ma ci sono da considerare le implicazioni sul possibile fatturato, o di impegno della produzione, che potrebbero mutare se il cliente venisse perso. Viceversa, minore è l’importanza del cliente per l’azienda, minore sono i possibili rischi correlati alla contestazione. Anche qui prendiamo un esempio e inquadriamo il problema, attribuendo alla contestazione un valore economico e produttivo medio, una responsabilità media dell’azienda e un’importanza del cliente alta. Queste combinazioni si possono architettare diversamente, spostando i componenti e trovare soluzioni diverse. Gestione della contestazione Fatto salvi i tre punti riferiti al valore della contestazione, la responsabilità e all’importanza del cliente ci si deve muovere per minimizzare i costi e conservare una continuità cliente-azienda. In primo luogo bisogna valutare il grado di tensione che esprime il cliente che si sente danneggiato, questa è possibile rilevarla tramite le sensazioni che possono venire da una telefonata ricevuta o da un’email inviata o dalle indicazioni dell’agente. Se la tensione è palpabile è consigliabile astenersi nel formulare risposte scritte, che possono essere mal interpretate o che possono far salire ulteriormente la tensione. E’ auspicabile trovare un filo diretto telefonico, meglio in videoconferenza con il cliente in cui è possibile avere la possibilità di guardarsi in faccia e parlare. Se fosse possibile la visita dal cliente, questa potrebbe essere la migliore soluzione, in quanto è maggiormente empatica e sottolinea la volontà dell’azienda a considerare il cliente importante. Sono queste piccole sfumature di grande importanza che possono aiutare ad affrontare più serenamente il problema. L’incontro dovrà rimanere sempre, da parte del responsabile commerciale, su binari di educazione, rispetto e cortesia, anche in situazioni tese, senza pensare che possa diventare un duello personale. Questo non vuol dire una posizione di subalternità, anche in presenza di una responsabilità conclamata, ma un atteggiamento pragmatico che evita i rischi di una eccessiva emotività. L’esposizione delle cause della contestazione e della possibile risoluzione devono essere esposte dal responsabile dell’azienda in maniera competente, sia tecnicamente che economicamente, senza escludere una via di compromesso. Non sono consigliabili interventi in cui si cerchi di rovesciare tutta o in parte la colpa sul cliente per partire la negoziazione da un livello più sicuro, perché per fare questo si deve conoscere le capacità di gestione delle trattative da parte del cliente e la sua intelligenza. Se non si conosce a fondo l’interlocutore è meglio avere un approccio più sincero, meno da giocatori di poker, in quanto ci si può trovare di fronte ad un baro più bravo e, solo voi, conoscete il rischio che c’è sul piatto. La linea da sostenere deve avere una ragionevolezza che può valere per entrambi le parti, cercando di perseguire un equilibrio come asse portante delle relazioni tra le due aziende. Uscire dal problema spicciolo e far percepire al cliente il legame importante che nel tempo le aziende possono aver instaurato, può disinnescare prese di posizioni intransigenti, analizzando il valore della contestazione in relazione al fatturato consolidato. Lo scopo principale dell’incontro è disinnescare il risentimento e far crescere l’empatia tra i contendenti, così da partire da un piano non più in salita ma perlomeno orizzontale. Al cliente piace sentirsi apprezzato e una delle soluzioni è fargli capire che il problema sarà risolto, in quanto la relazione commerciale non potrà essere messa in discussione per una contestazione. Alla fine la proposta risolutiva dovrà tener presente il reale valore dell’errore commesso, il valore attribuito dal cliente al problema, considerando anche l’amplificazione dello stesso come gioco tra le parti, il valore della relazione azienda-cliente e la qualità dei rapporti personali che possono aiutare od interferire in problematiche future.
SCOPRI DI PIU'Il Granulo di ABS Riciclato Italiano Conquista il BrasileLa maestria della produzione dei tecnopolimeri riciclati Italiani si è sposata con l’attività di produzione Brasiliana di articoli tecnici che, fino a poco tempo fa, erano stampati esclusivamente con materie prime vergini.La conquista del mercato Brasiliano dell’ABS Italiano è partita dall’incarico ricevuto dalla società di consulenza Arezio Marco nella ricerca e selezione di produttori di polimeri tecnici riciclati, che potessero garantire performaces di produzione e qualità tecniche ed estetiche sui prodotti finiti, al pari di un prodotto realizzato in polimero vergine. La società di consulenza sui polimeri riciclati Arezio Marco, ha svolto un compito di selezione dei produttori e di verifica della qualità, attraverso la raccolta di informazioni sulle fonti di approvvigionamento degli scarti post industriali e sui sistemi produttivi del granulo. Ha seguito l’iter di approvazione del prodotto in ABS scelto, sotto forma di granulo, che è transitato attraverso analisi preliminari fisiche e chimiche, campionatura di piccolo taglio per tests di stampaggio in laboratorio e, successivamente, una campionatura industriale adatta alla produzione di una serie di campioni di prodotto finito da inviare ai tests di laboratorio. Oltra alle caratteristiche meccaniche provate, si sono verificate le caratteristiche di finitura del prodotto, con l’analisi della qualità delle superfici, del colore e del grado di lucentezza richiesta. Inoltre si è testato il grado di odore che un polimero riciclato, post industriale, potesse emettere. I tests hanno dato esito positivo, catalogando il granulo in ABS riciclato da scarti post industriali idoneo per qualità in fase di produzione e sul prodotto finale, potendo quindi essere autorizzato alla produzione in linea. Il polimero riciclato Italiano, quindi, ha iniziato a varcare le frontiere Brasiliane permettendo il consolidamento industriale tra l’Italia e il Brasile, favorendo la circolarità dell’economia e la riduzione degli scarti nell’ambiente.Categoria: notizie - plastica - economia circolare - riciclo - rifiuti - ABS Vedi maggiori informazioni sulle tecniche di vendita
SCOPRI DI PIU'Si monitora spesso la qualità dell’aria in ambienti aperti ma poco si fa e poco si sa dell’inquinamento indoordi Marco ArezioDell’inquinamento dell’aria nelle nostre città, in aree densamente trafficate o nelle vicinanze di insediamenti industriali si sente spesso parlare. I cittadini conoscono le centraline di rilevamento delle polveri sottili di cui i centri urbani si sono dotati, per regolare i giorni di chiusura al traffico privato, quando i valori di inquinanti superano una certa soglia. L’attenta fase di monitoraggio della qualità dell’aria che respiriamo all’aperto, oltre ad allarmare l’opinione pubblica e ad imporle restrizioni nella circolazione privata, serve poco se, da anni, non si interviene drasticamente con una politica di ripensamento dell’uso dei combustibili fossili. Ma la situazione dell’aria inquinata all’interno degli uffici, abitazioni, luoghi di aggregazione pubblica, ospedali, cinema, scuole, palazzetti dello sport, non desta particolare attenzione, pensando che il controllo dell’aria esterna sia sufficiente. In realtà non lo è, per una serie di ragioni che riguardano il basso riciclo dell’aria che respiriamo in un ambiente chiuso, gli inquinanti che si generano abitandovi come il riscaldamento, la respirazione, le possibili emissioni dagli arredamenti, i materiali da costruzione e per molti altri motivi. Se all’esterno, l’aria può essere dannosa per la salute in determinati periodi dell’anno, dobbiamo considerare che, fortunatamente, gli inquinanti sono diluiti in volumi di aria importanti, che se li comparassimo in un ambiente chiuso e poco ventilato, sarebbero estremamente pericolosi. L’aria che respiriamo dovrebbe essere composta da: • 78% azoto • 5% diossido di carbonio • 13% ossigeno • 1% argon In realtà, nei locali chiusi, possiamo trovare altre concentrazioni di inquinanti, vediamone alcuni. Il Particolato, PM10 e il PM2,5, non deriva solo dal traffico veicolare o dalle emissioni degli impianti di riscaldamento in atmosfera, ma si può sviluppare in casa attraverso la combustione di legna, carbone o altri fonti fossili. L’ Ossido e Biossido di azoto, NOx e NO2, si possono trovare all’interno delle abitazioni a causa dei processi di combustione durante la cottura dei cibi, l’uso del riscaldamento, con la probabilità di provocare irritazione oculare, nasale o a carico della gola e tosse, alterazioni della funzionalità respiratoria soprattutto in soggetti sensibili, quali bambini, persone asmatiche o affette da bronchite cronica. Gli idrocarburi aromatici policiclici, IPA, sono un ampio gruppo di composti organici presenti nell’aria indoor: le sorgenti principali sono le fonti di combustione, quali caldaie a cherosene, camini a legna e il fumo di sigaretta. L’Ozono si può formare quando gli ossidi di azoto della combustione di fonti fossili, come il carbone o altri prodotti per il riscaldamento, interagisce con la luce. Una lunga esposizione a livelli elevati di ozono può causare problemi respiratori, tra cui asma e bronchite. Monossido di Carbonio, CO, viene prodotto principalmente dal fenomeno della combustione, come ad esempio dal fumo di tabacco, stufe a legna o a gas. È incolore, inodore, insapore ma tossico. A seconda della quantità respirata può provocare cefalea, confusione e disorientamento, ma senza una ventilazione adeguata, a concentrazioni elevate, può addirittura essere mortale. I composti organici volatili, VOC, possono essere inalati e possono provenire dai prodotti cosmetici o dai deodoranti, dai dispositivi di riscaldamento, dai prodotti di pulizia, dagli strumenti di lavoro, quali stampanti e fotocopiatrici, i materiali da costruzione e di arredamento. Tra i VOC più pericolosi troviamo la Formaldeide che può essere emessa dalle resine, usate per l’isolamento, per il truciolato o per il compensato di legno, nonché in tappezzerie, moquette e tendaggi, causando alterazioni al sistema nervoso ed è potenzialmente cancerogeno. Ci sono sicuramente altre tipologie di inquinanti di cui si potrebbe parlare ma, quelle che abbiamo elencato rientrano nei composti chimici che con più probabilità e frequenza potremmo trovare negli ambienti chiusi. Come possiamo rilevare preventivamente la presenza di sostanze pericolose alla salute? Ci sono in commercio delle attrezzature di rilevazione dei volatili presenti negli ambienti chiusi che, utilizzando la gascromatografia a mobilità ionica, possono fare una fotografia reale e analiticamente precisa della situazione dell’aria e fornire le indicazioni corrette per intervenire tempestivamente. Le attrezzature che rilevano gli inquinanti sono leggere e facilmente trasportabili, dando un risultato di analisi preciso, sia su inquinanti percepibili dal naso umano, che quelli inodore. Qui di seguito riportiamo le caratteristiche di uno strumento di rilevazione basato sulla gascromatografia a mobilità ionica: • Separazione / rilevamento tecnica: Bidimensionale, separazione mediante gas cromatografia a mobilità ionica • Fonte di ionizzazione: 3H,
SCOPRI DI PIU'La Distruzione degli Ecosistemi e il Legame Diretto con la Pandemia da CoronavirusLa distruzione e lo sfruttamento intensivo degli ecosistemi nel mondo ha una connessione diretta anche con l’ultima pandemia da Coronavirus.E’ sempre più chiaro e dimostrato scientificamente che le epidemie, che hanno afflitto molte zone della terra nel recente passato, e oggi, attraverso il coronavirus siamo entrati in una fase pandemica, siano la conseguenza diretta di comportamenti antropici dell’uomo. L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha stimato che nel mondo avvengano, ogni anno, circa 4,2 milioni di morti direttamente conducibili all’inquinamento atmosferico e ai cambiamenti climatici in atto. Numeri spaventosi che hanno lasciato l’opinione pubblica, rammaricata, ma poco coinvolta, finché i paesi occidentali più ricchi sono stati travolti dal coronavirus e hanno potuto testare, direttamente, la pericolosità e la mortalità portata da questi virus nelle società moderne. Non sono più notizie ascoltate in televisione provenienti da paesi lontani, dove si pensa che l’igiene o la malnutrizione o la promiscuità ambientale possa favorire questi tipi di virus. Malaria, Ebola, Sars, Hendra, Lyme, Mers sembrano ai più, nomi esotici di malattie sviluppatisi in paesi con cui non abbiamo normalmente contatti. Per i virus non ci sono confini, paesi di serie A o di serie B, ma siamo tutti esposti al possibile contagio, ed è proprio per questo che dobbiamo capire, una volta per tutte, che dobbiamo cambiare il rapporto con la natura. L’aumento della popolazione in modo incontrollato, la deforestazione, la distruzione degli ecosistemi abitati dagli animali, lo sfruttamento delle aree deforestate per la produzione di mangimi o per il commercio del legno, gli allevamenti intensivi, lo sfruttamento indiscriminato delle acque dolci, le emissioni in atmosfera di gas serra per produrre sempre più energia, i trasporti basati sulle fonti fossili che uniscono tutte le attività industriali, l’aumento dell’urbanizzazione a discapito delle aree verdi e il problema dei rifiuti, sono tra i problemi di cui dobbiamo occuparci subito, ma seriamente. I comportamenti dell’uomo che insegue un benessere sempre più ampio, ha creato degli squilibri così evidenti che la pandemia da coronavirus ci impone di capire. Gli habitat di molte specie di animali sono stati colonizzati dall’uomo e dalle sue attività, creando una commistione abitativa che ha nel tempo creato problemi sanitari. Molti animali che sono normalmente portatori di cariche virali, sono entrati in contatto con l’uomo attraverso la sua catena alimentare, permettendo il cosiddetto salto di specie, che seppur difficile, abbiamo visto che non è impossibile. E’ infatti risaputo che circa il 75% delle malattie infettive emergenti che interessano l’uomo sono di origine animale e che il 60% circa di tutti i patogeni che attaccano l’uomo sono di origine zoologica. Inoltre, il cambiamento climatico accentuerà la trasmissione degli elementi patogeni a causa dell’aumento del riscaldamento globale, con inverni più miti e stagioni più uniformi e lunghe, che portano alle migrazioni di alcune specie di animali, vettori di malattie. Bisogna iniziare a prendere sul serio l’aspetto sanitario del pianeta e correggere quelle situazioni che comportano un pericolo imminente per la nostra specie, smettendola di far credere alla popolazione povere che il miglioramento delle loro condizioni di vita e prosperità economiche, debbano passare dallo sfruttamento incontrollato del territorio. Inoltre, il mondo occidentale deve interrompere l’inseguimento di una mentalità consumistica suicida, dove i soldi sono l’obbiettivo primario di ogni decisione sociale e politica. Chi pensa che se ne possa parlare domani, può essere che non ci sia più per parlane.Approfondisci l'argomento
SCOPRI DI PIU'L'impari lotta tra la carne animale e quella vegetaledi Marco ArezioL’industria della carne è una lobby forte al pari di quella del petrolio, di internet, del fumo, dell’alcol, del gioco d’azzardo e di molte altre attività economiche che vivono sull’empatia con il consumatore.E’ da considerarsi una sorta di dipendenza dal gusto, un richiamo irresistibile a soddisfare l’impulso del cibo corroborato dalla sensazione di appagamento del palato. Un richiamo irresistibile, unito al fatto che normalmente non ci poniamo il problema se un così prelibato alimento possa arrecare danno all’ambiente.Il bisogno primario di mangiare, supportato dal piacere di farlo per vivere un’esperienza culinaria gradevole, quasi mai accende un processo di ragionamento imparziale e distaccato sul problema del mondo della carne. Purtroppo è risaputo che l’industria dell’allevamento degli animali da macello incide in modo enorme sul cambiamento climatico, sia direttamente causato dagli animali in vita, che dalla necessità di spazi sempre più grandi di territori deforestati da assegnare al pascolo, sia dall’enorme quantità di terra ed acqua necessarie a produrre alimenti per gli animali. Se consideriamo che i nutrimenti che la carne può dare al nostro corpo sono facilmente sostituibili con altri, forse meno gustosi, ma con un basso impatto climatico, la partita si gioca solo sulle sensazioni espresse dal sapore del prodotto. La catena di soggetti che protegge questo scrigno del sapore, con cui tiene legato il consumatore al proprio business, parte da lontano, a cominciare dalla politica che dovrebbe legiferare per proteggere l’ambiente ma anche la salute dei cittadini (la carne ha molte controindicazioni importanti per il nostro corpo). Il marketing delle aziende della carne che fa leva proprio sulle sensazioni del gusto per promuovere il prodotto da vendere, incidendo sulle debolezze dei cittadini. Le aziende del settore che combattono contro qualsiasi forma di concorrenza vegetale di prodotti alternativi, interdicendo i nomi dei prodotti finiti che sono nel linguaggio comune, come hamburger, bistecca, ecc.. cercando di ostacolare la diffusione di prodotti non a base di carne ma dall’aspetto simile. In un mondo democratico è giusto che le scelte alimentari dipendano da noi stessi, ma abbiamo, nello stesso modo, il diritto ad una corretta informazione sugli impatti che l’industria della carne ha, non solo sul nostro pianeta, ma anche sulla nostra salute. Ma nello stesso tempo, abbiamo il diritto che i prodotti a base vegetale, che possono sostituire i prodotti a base di carne, abbiano la libertà di diffondersi sul mercato in modo da lasciare ampio spazio di scelta al consumatore che vuole acquistarli. Il consumatore consapevole dell’impatto sulla terra che ha la produzione di carne, fa nutrire una certa speranza che, in ogni modo, prima o poi, la scelta si sposterà su una carne vegetale che non creare squilibri ambientali così macroscopici. Invece, per i consumatori che non hanno questa consapevolezza ambientale e si fanno dirigere da scelte dettate dal gusto del prodotto, dobbiamo aspettare che la carne a base vegetale possa raggiungere standard olfattivi e di gusto piacevoli come la carne da animale. Solo a quel punto sarà possibile aumentare la platea di soggetti che potranno spostarsi verso un alimento a minore impatto ecologico. Certamente gli stati potrebbero disincentivare il consumo della carne, visto che la problematica della sua permanenza sulle tavole comporta un peggioramento del clima e della salute, valori che gli stati devono perseguire e tutelare. I sistemi per disincentivare, per esempio, il fumo e l’alcol, sono normalmente applicati in molti stati, con il risultato che anno dopo anno, i cittadini si stanno adeguando a queste limitazioni. Questo non vuol dire non fumare o non bere, ma cercare di limitare le occasioni e renderle più onerose per il portafoglio di chi vuole consumare questi prodotti. Anche per la carne dovrebbe essere fatta una politica di disincentivazione, creando un contro marketing, senza eccedere nelle provocazioni o nelle paure, ma illustrare in modo esatto gli impatti ambientali dell’industria della carne e l’impatto sulla nostra salute nel lungo periodo.
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