Scopri come il legno riciclato viene utilizzato nei biofiltri per ridurre l'inquinamento ambientale, migliorare la qualità dell'aria e dell'acqua e promuovere l'economia circolaredi Marco ArezioNell'ambito dell'economia circolare, il legno riciclato sta guadagnando sempre più rilevanza, soprattutto nella produzione di biofiltri. Questi dispositivi ecologici, capaci di trasformare gli inquinanti in fertilizzanti, offrono soluzioni innovative per migliorare la qualità dell'aria e dell'acqua. Questo articolo esplora dettagliatamente come il legno riciclato viene impiegato nei biofiltri, le sue proprietà specifiche, i meccanismi di disgregazione degli inquinanti e le potenziali applicazioni ambientali. Verranno inoltre citati alcuni studi recenti e dati concreti che illustrano l'efficacia di questi approcci. Il Legno Riciclato: Un Materiale Sostenibile Il legno riciclato deriva da fonti come edifici demoliti, pallet usati, mobili dismessi e altri prodotti in legno che hanno terminato il loro ciclo di vita. Dopo essere stato raccolto, selezionato e trattato, diventa pronto per nuovi utilizzi. Secondo dati recenti, il riciclo del legno permette di ridurre del 30% i rifiuti destinati alle discariche e consente un risparmio significativo di risorse naturali, evitando l'abbattimento di nuovi alberi. Inoltre, richiede circa il 50% in meno di energia rispetto alla produzione di legno vergine, sostenendo così un ciclo di vita chiuso conforme ai principi dell'economia circolare. L'uso del legno riciclato non solo aiuta a ridurre l'accumulo di rifiuti, ma consente anche di dare nuova vita a materiali che altrimenti andrebbero sprecati, riducendo così la pressione sull'ambiente. Le sue caratteristiche fisiche, come la porosità e la capacità di assorbimento dell'umidità, lo rendono particolarmente adatto come substrato per la biofiltrazione. Biofiltri: Funzionamento e Benefici I biofiltri utilizzano materiali naturali e microrganismi per rimuovere inquinanti dall'aria e dall'acqua, sfruttando la capacità di alcuni microrganismi di metabolizzare queste sostanze nocive, trasformandole in composti meno dannosi o addirittura benefici come i fertilizzanti. Un biofiltro tipico è composto da un materiale di supporto, come il legno riciclato, che serve da substrato per la crescita dei microrganismi, un sistema di ventilazione per assicurare il passaggio dell'aria o dell'acqua contaminata e uno strato di drenaggio per facilitare la rimozione dei prodotti di scarto. Il legno riciclato è particolarmente adatto per i biofiltri grazie alla sua struttura porosa, che offre una grande superficie specifica per l'adesione e la crescita dei microrganismi. Studi recenti, come quello condotto dal Politecnico di Milano nel 2022, hanno dimostrato che il legno riciclato, grazie alla sua alta capacità di trattenere l'umidità, è in grado di mantenere condizioni ottimali per la crescita microbica, migliorando l'efficienza della rimozione degli inquinanti fino al 40% rispetto a substrati convenzionali. Meccanismi di Disgregazione degli Inquinanti Nei biofiltri a base di legno riciclato, i microrganismi svolgono un ruolo fondamentale nel metabolismo degli inquinanti. Il processo si sviluppa in diverse fasi: Adsorbimento: Gli inquinanti vengono adsorbiti sulla superficie del legno e del biofilm microbico. Degradazione: I microrganismi degradano gli inquinanti attraverso reazioni biochimiche, come la conversione dell'ammoniaca in nitriti e nitrati da parte dei batteri nitrificanti. Secondo uno studio pubblicato nel Journal of Environmental Science nel 2021, i biofiltri con substrato di legno hanno mostrato una riduzione fino al 60% degli inquinanti organici volatili. Mineralizzazione: Gli inquinanti organici vengono completamente mineralizzati in anidride carbonica e acqua, mentre quelli inorganici possono essere trasformati in forme assimilabili dalle piante, come i nitrati e i fosfati. Assimilazione: I prodotti della degradazione vengono utilizzati dai microrganismi per la crescita e la riproduzione. Applicazioni e Vantaggi Ambientali L'utilizzo di biofiltri con legno riciclato trova applicazione in vari settori. Nel trattamento delle acque reflue, i biofiltri possono rimuovere composti organici e nutrienti dalle acque reflue industriali e urbane. Uno studio pilota condotto presso un impianto di trattamento delle acque reflue a Torino nel 2023 ha dimostrato che i biofiltri con legno riciclato sono stati in grado di ridurre i livelli di nitrati e fosfati di oltre il 70%. Nella depurazione dell'aria, questi biofiltri controllano efficacemente le emissioni di composti volatili organici (VOC) e odori provenienti da impianti industriali e agricoli. Nella gestione dei rifiuti, trattano il percolato delle discariche e i liquami agricoli, contribuendo a ridurre la contaminazione ambientale. I benefici ambientali dei biofiltri con legno riciclato sono molteplici. Migliorano la qualità dell'aria e dell'acqua, riducendo l'inquinamento, e trasformano gli inquinanti in fertilizzanti utilizzabili in agricoltura, recuperando risorse preziose. Inoltre, utilizzano materiali riciclati e naturali, riducendo l'impatto ambientale complessivo. Sfide e Prospettive Future Nonostante i numerosi vantaggi, l'implementazione dei biofiltri a base di legno riciclato presenta alcune sfide. La durabilità del materiale è una preoccupazione, poiché il legno può degradarsi nel tempo, riducendo l'efficacia del biofiltro. La qualità del legno riciclato può variare, influenzando la performance del biofiltro. Infine, è necessario gestire il materiale residuo del biofiltro in modo sostenibile alla fine della sua vita utile. Le prospettive future includono l'ottimizzazione delle tecniche di trattamento del legno riciclato per migliorarne la durabilità e l'efficacia, nonché lo sviluppo di nuovi biofiltri ibridi che combinano diversi materiali riciclati per massimizzare i benefici ambientali. Progetti sperimentali in corso stanno esplorando l'uso di rivestimenti biodegradabili per aumentare la resistenza del legno all'umidità e alla decomposizione. Conclusione Il legno riciclato rappresenta una risorsa preziosa nella produzione di biofiltri, offrendo una soluzione sostenibile per la gestione degli inquinanti. Attraverso la biofiltrazione, è possibile trasformare gli inquinanti in fertilizzanti, contribuendo a chiudere il ciclo dei materiali in un'ottica di economia circolare. Nonostante le sfide legate alla durabilità e alla qualità del legno, l'uso innovativo del legno riciclato nei biofiltri promette significativi vantaggi ambientali e rappresenta un passo avanti verso una gestione più sostenibile delle risorse naturali. Studi futuri e nuove tecnologie potrebbero migliorare ulteriormente l'efficacia e la durabilità di questi sistemi, consolidando il ruolo del legno riciclato come elemento chiave nelle soluzioni di biofiltrazione ecologica. © Riproduzione Vietata
SCOPRI DI PIU'Scopri come l’uso dell’ozono nel trattamento delle acque reflue migliora la qualità dell’acqua, valorizza i fanghi di depurazione e apre la strada a impianti più sostenibili e innovatividi Marco ArezioIn un contesto storico caratterizzato da crescente consapevolezza ambientale e dalla necessità di ottimizzare l’utilizzo delle risorse, la gestione dell’acqua sta vivendo un momento di profonda trasformazione. La depurazione, un tempo considerata un semplice passaggio tecnico volto a rimuovere gli inquinanti prima di restituire l’acqua all’ambiente, evolve oggi verso un approccio più integrato e circolare. L’obiettivo non è più soltanto trattare le acque reflue in modo conforme alle normative, ma anche trarne il massimo vantaggio in termini di qualità, recupero di risorse e riduzione dell’impatto ambientale. In questo scenario, l’ozono emerge come una tecnologia chiave, capace di modificare in modo radicale il paradigma della depurazione. Grazie alle sue proprietà ossidanti, questa molecola riesce a eliminare agenti patogeni e microinquinanti che sfuggono ai metodi tradizionali, offrendo una qualità dell’acqua superiore e aprendo la strada a nuove possibilità di riutilizzo. La sua azione non si limita però alla fase liquida: l’ozono interviene anche sul trattamento dei fanghi, rendendoli meno voluminosi, più facilmente biodegradabili e quindi adatti a una valorizzazione energetica ed agronomica. In tal modo, gli impianti di depurazione non sono più semplici luoghi di “filtro”, ma diventano veri e propri snodi di innovazione, dove l’economia circolare trova la sua piena espressione. L’Ozono: Ossidante Naturale e Catalizzatore del Cambiamento L’ozono (O3) è una sostanza presente in natura, ma è la sua applicazione controllata nei processi di depurazione a offrirgli oggi un ruolo da protagonista. Questo gas presenta una reattività straordinaria nei confronti di numerose sostanze nocive, comprese quelle più resistenti alle tecnologie classiche. Mentre i disinfettanti convenzionali, come il cloro, possono generare sottoprodotti indesiderati o persino pericolosi, l’ozono agisce in modo pulito, decomponendosi a fine reazione in semplice ossigeno molecolare (O2). Grazie a questa caratteristica, l’ozono non altera negativamente le proprietà organolettiche dell’acqua trattata, né introduce sostanze chimiche persistenti. Al contrario, elimina odori, sapori indesiderati e riduce drasticamente la presenza di composti organici difficilmente degradabili. Così facendo, migliora il profilo ambientale e igienico dell’acqua depurata, favorendo una gestione più sicura, trasparente ed efficace del ciclo idrico. Migliorare la Qualità dell’Acqua: Rimozione dei Microinquinanti e Disinfezione Senza Residui La qualità dell’acqua in uscita da un impianto di depurazione è un indicatore fondamentale dell’efficacia del processo. L’ozono, con la sua potente azione ossidante, consente di intervenire su numerosi fronti. Da un lato, assicura un livello di disinfezione elevatissimo, eliminando batteri, virus, protozoi e altri agenti patogeni. Dall’altro, combatte efficacemente i cosiddetti “microinquinanti emergenti”, come residui farmaceutici, pesticidi, prodotti per la cura personale, additivi industriali, che sempre più spesso sfuggono ai metodi tradizionali di trattamento biologico e chimico. L’eliminazione di queste sostanze è un requisito essenziale per garantire la sicurezza sanitaria e ambientale dell’acqua. L’ozono riesce a demolire le molecole più complesse, trasformandole in composti più semplici e innocui. Il risultato è un’acqua che, una volta completata la fase di trattamento, può essere reimmessa nell’ambiente o destinata a usi produttivi (irrigazione, usi industriali, ricarica di falde) con una qualità notevolmente superiore rispetto agli standard minimi. In questa prospettiva, la depurazione non è più pensata come una semplice “pulizia” dell’acqua, ma come una vera e propria rigenerazione, un atto di restituzione di una risorsa strategica e finita, resa nuovamente fruibile per molteplici scopi. Dalla Gestione dei Fanghi alla Valorizzazione delle Risorse Il capitolo più significativo della “rivoluzione ozono” si gioca probabilmente sul fronte della gestione dei fanghi di depurazione. Tradizionalmente, questi residui semisolidi, esito del processo di separazione dei solidi dalle acque reflue, hanno rappresentato un onere complesso e costoso da affrontare. Stoccaggio, trasporto, smaltimento o recupero: ogni passo richiedeva risorse economiche e generava impatto ambientale. L’impiego dell’ozono si rivela una chiave di volta: grazie alla sua capacità di ossidazione, i fanghi diventano più facilmente degradabili nei digestori anaerobici. Questo significa che una porzione maggiore di sostanza organica viene convertita in biogas, aumentando significativamente la produzione di metano. Tale gas può essere utilizzato per la produzione di energia termica ed elettrica, contribuendo all’autosufficienza energetica dell’impianto e trasformandolo in un “produttore” di risorse piuttosto che in un consumatore passivo. Oltre a rendere i fanghi più produttivi sul piano energetico, l’ozono ne migliora la qualità, riducendone i volumi e favorendo il loro utilizzo come ammendanti agricoli o materiali per il recupero ambientale. Quella che in passato era una fase finale critica del processo di depurazione, oggi si trasforma in un’opportunità di creazione di valore, allineando la gestione dei fanghi con i principi dell’economia circolare. Integrazione, Ottimizzazione ed Economia Circolare L’ozonizzazione non agisce in isolamento. Al contrario, la sua efficacia aumenta quando inserita all’interno di una strategia integrata, in cui diverse tecnologie e fasi di trattamento si combinano per raggiungere risultati ottimali. Dai filtri a membrana ai reattori biologici, dall’irraggiamento UV alla filtrazione su carboni attivi, ogni componente dell’impianto può trarre vantaggio dall’azione preliminare dell’ozono. Questo approccio a “barriere multiple” consente di modulare l’intero processo in base alle specifiche esigenze, alle condizioni del carico inquinante e agli obiettivi di qualità finale. Un esempio di sinergia interessante riguarda il recupero dell’ossigeno residuo generato dalla decomposizione dell’ozono. Questo ossigeno, immesso nei reattori biologici, ottimizza i processi di nitrificazione, denitrificazione e abbattimento dell’azoto, riducendo la necessità di apporti esterni di aria. Così, l’energia consumata dall’impianto diminuisce, migliorando il bilancio complessivo. Questa logica circolare, in cui ogni fase del trattamento fornisce input preziosi per le successive, permette di risparmiare risorse, ridurre gli sprechi e minimizzare l’impatto ambientale. L’insieme di queste sinergie ridisegna il ruolo dell’impianto di depurazione, che non è più concepito come un semplice filtro tra acque reflue e ambiente, ma come un nodo strategico per la gestione sostenibile della risorsa idrica, capace di generare energia, risparmiare risorse, restituire acqua di qualità e produrre materiali utili all’agricoltura e alla rigenerazione dei suoli. Le Sfide e le Prospettive Future: Verso una Gestione Idrica Sostenibile Come ogni innovazione, anche l’ozono incontra sfide e richiede investimenti iniziali, know-how tecnico e rigorose misure di sicurezza per il personale. La sua adozione non è priva di ostacoli: l’installazione di generatori di ozono, la manutenzione, il monitoraggio costante delle concentrazioni e l’integrazione con gli altri processi rappresentano aspetti complessi che gli operatori del settore devono affrontare. Tuttavia, i benefici a medio e lungo termine superano nettamente i costi, sia in termini economici sia dal punto di vista ambientale e sociale. La direzione delle politiche europee e internazionali, sempre più orientate all’economia circolare e alla sostenibilità, sostiene e incoraggia l’adozione di soluzioni come l’ozono. Gli impianti che scelgono di investire in questa tecnologia all’avanguardia non solo ottemperano alle norme più stringenti, ma acquisiscono un vantaggio competitivo, migliorano la propria reputazione e si pongono in prima linea nella costruzione di un futuro più verde e resiliente. Considerando gli scenari globali, nei quali la richiesta di acqua pulita, energia rinnovabile e fertilizzanti naturali è destinata a crescere, la strategia di integrare l’ozono nella depurazione delle acque appare quanto mai lungimirante. È facile immaginare che, nei prossimi anni, questa tecnologia diventerà la base di riferimento per gli impianti più moderni, aprendo nuove frontiere di ricerca, sviluppo e collaborazione interdisciplinare. Conclusione La diffusione dell’ozono come tecnologia cardine nei processi di depurazione delle acque segna un cambio di paradigma significativo. Non si tratta più di soddisfare requisiti minimi, ma di superare limiti, abbattere barriere, guardare all’intero ciclo dell’acqua e dei materiali con occhi nuovi. L’ozono è il simbolo di questa svolta: un reagente naturale, potente ma rispettoso dell’ambiente, che rende più efficiente e sostenibile il trattamento delle acque, favorisce la produzione di energia rinnovabile e trasforma i fanghi da rifiuto a risorsa. Con il suo ingresso nelle pratiche consolidate, possiamo immaginare un futuro in cui la depurazione non è soltanto necessità tecnica, ma diviene laboratorio di innovazione e modello di equilibrio tra esigenze umane e tutela dell’ecosistema.© Riproduzione Vietata
SCOPRI DI PIU'CryoBattery: La Soluzione Innovativa per l'Accumulo di Energia RinnovabileIl tallone d'Achille delle energie rinnovabili è quello della produzione in condizioni ambientali non favorevoli per produrla e quello della difficoltà di immagazzinarla quando la produzione supera il consumo. Esiste una tecnologia chiamata CryoBattery che ovvia a questo annoso problema di accumulo.L’energy storage britannico mette a segno un nuovo punto. A Manchester sono iniziati, infatti, i lavori per uno dei più grandi impianti di accumulo di energia elettrica in Europa. Il progetto porta il nome di CRYOBattery ™ e la firma di due società: la Highview Power e la Carlton Power. A giugno di quest’anno, Highview Power ha ricevuto una sovvenzione da 10 milioni di sterline dal Dipartimento britannico per le imprese, l’energia e la strategia industriale (BEIS) con cui finanziare la realizzare di un innovativo stoccaggio criogenico. La centrale sorgerà a Trafford Energy Park, poco distante da Manchester, e a regime vanterà una potenza di 50 MW e una capacità di 250 MWh. E come spiega Javier Cavada, CEO e presidente della società “fornirà alla rete nazionale un accumulo a lunga durata pulito, affidabile ed efficiente in termini di costi. La CRYOBattery™ aiuterà il Regno Unito a integrare l’energia rinnovabile e stabilizzare la rete elettrica regionale per garantire la sicurezza energetica futura durante i blackout e altre interruzioni”. Al di là delle dimensioni, l’elemento più rappresentativo dell’impianto è la tecnologia impiegata. CRYOBattery si basa su un processo chiamato liquefazione dell’aria. Quando vi è un surplus di produzione, l’energia elettrica viene impiegata per aspirare, comprimere e quindi raffreddare l’aria fino a temperature di -196°C. In questo modo, dallo stato gassoso si passa a quello liquido, e la miscela può essere immagazzinata in serbatoi isolati a bassa pressione. Quando aumenta la domanda di energia in rete, l’aria liquida può essere riscaldata e rapidamente espansa in gas, per azionare una turbina elettrica. I vantaggi di questo approccio sono la scalabilità e la possibilità d’offrire uno stoccaggio energetico a lungo termine rispetto alle batterie tradizionali. Da programma, nel primo trimestre del 2021 verrà inaugurato il centro visitatori per permettere a tutti di seguire “da vicino” lo stato di avanzamento dei lavori ed effettuare tour virtuali. La CRYOBattery ™ entrerà, invece, in funzione nel 2023 e utilizzerà le sottostazioni e le infrastrutture di trasmissione esistenti. L’impianto di accumulo criogenico offrirà anche preziose funzionalità tra cui il controllo della tensione, il bilanciamento della rete e l’inerzia sincrona. info: Rinnovabili
SCOPRI DI PIU'L'impari lotta tra la carne animale e quella vegetaledi Marco ArezioL’industria della carne è una lobby forte al pari di quella del petrolio, di internet, del fumo, dell’alcol, del gioco d’azzardo e di molte altre attività economiche che vivono sull’empatia con il consumatore.E’ da considerarsi una sorta di dipendenza dal gusto, un richiamo irresistibile a soddisfare l’impulso del cibo corroborato dalla sensazione di appagamento del palato. Un richiamo irresistibile, unito al fatto che normalmente non ci poniamo il problema se un così prelibato alimento possa arrecare danno all’ambiente.Il bisogno primario di mangiare, supportato dal piacere di farlo per vivere un’esperienza culinaria gradevole, quasi mai accende un processo di ragionamento imparziale e distaccato sul problema del mondo della carne. Purtroppo è risaputo che l’industria dell’allevamento degli animali da macello incide in modo enorme sul cambiamento climatico, sia direttamente causato dagli animali in vita, che dalla necessità di spazi sempre più grandi di territori deforestati da assegnare al pascolo, sia dall’enorme quantità di terra ed acqua necessarie a produrre alimenti per gli animali. Se consideriamo che i nutrimenti che la carne può dare al nostro corpo sono facilmente sostituibili con altri, forse meno gustosi, ma con un basso impatto climatico, la partita si gioca solo sulle sensazioni espresse dal sapore del prodotto. La catena di soggetti che protegge questo scrigno del sapore, con cui tiene legato il consumatore al proprio business, parte da lontano, a cominciare dalla politica che dovrebbe legiferare per proteggere l’ambiente ma anche la salute dei cittadini (la carne ha molte controindicazioni importanti per il nostro corpo). Il marketing delle aziende della carne che fa leva proprio sulle sensazioni del gusto per promuovere il prodotto da vendere, incidendo sulle debolezze dei cittadini. Le aziende del settore che combattono contro qualsiasi forma di concorrenza vegetale di prodotti alternativi, interdicendo i nomi dei prodotti finiti che sono nel linguaggio comune, come hamburger, bistecca, ecc.. cercando di ostacolare la diffusione di prodotti non a base di carne ma dall’aspetto simile. In un mondo democratico è giusto che le scelte alimentari dipendano da noi stessi, ma abbiamo, nello stesso modo, il diritto ad una corretta informazione sugli impatti che l’industria della carne ha, non solo sul nostro pianeta, ma anche sulla nostra salute. Ma nello stesso tempo, abbiamo il diritto che i prodotti a base vegetale, che possono sostituire i prodotti a base di carne, abbiano la libertà di diffondersi sul mercato in modo da lasciare ampio spazio di scelta al consumatore che vuole acquistarli. Il consumatore consapevole dell’impatto sulla terra che ha la produzione di carne, fa nutrire una certa speranza che, in ogni modo, prima o poi, la scelta si sposterà su una carne vegetale che non creare squilibri ambientali così macroscopici. Invece, per i consumatori che non hanno questa consapevolezza ambientale e si fanno dirigere da scelte dettate dal gusto del prodotto, dobbiamo aspettare che la carne a base vegetale possa raggiungere standard olfattivi e di gusto piacevoli come la carne da animale. Solo a quel punto sarà possibile aumentare la platea di soggetti che potranno spostarsi verso un alimento a minore impatto ecologico. Certamente gli stati potrebbero disincentivare il consumo della carne, visto che la problematica della sua permanenza sulle tavole comporta un peggioramento del clima e della salute, valori che gli stati devono perseguire e tutelare. I sistemi per disincentivare, per esempio, il fumo e l’alcol, sono normalmente applicati in molti stati, con il risultato che anno dopo anno, i cittadini si stanno adeguando a queste limitazioni. Questo non vuol dire non fumare o non bere, ma cercare di limitare le occasioni e renderle più onerose per il portafoglio di chi vuole consumare questi prodotti. Anche per la carne dovrebbe essere fatta una politica di disincentivazione, creando un contro marketing, senza eccedere nelle provocazioni o nelle paure, ma illustrare in modo esatto gli impatti ambientali dell’industria della carne e l’impatto sulla nostra salute nel lungo periodo.
SCOPRI DI PIU'La CO2 come Risorsa: Cattura, Imprigionamento e Riutilizzo per un Futuro SostenibileL’anidride carbonica è sempre stata additata come un veleno per l’ambiente, dispersa senza criterio nell’atmosfera, distrutti gli ambienti che fungevano da moderatore delle quantità dell’aria, costruiti prodotti che ne emettono in quantità pericolose.Ma c’è un altro risvolto della medaglia che consiste nel considerare la CO2 una vera risorsa da riutilizzare in molti campi civili ed industriali. La CO2, opportunamente trattata, viene usata nel settore alimentare, nelle bibite, nel settore medicale, nella depurazione delle acque, nella lavorazione dei metalli, come gas refrigerante ecologico e in molti altri campi applicativi. Quindi catturarla, imprigionarla, lavorarla e riutilizzarla è un’opportunità importante ma anche una necessità per il bilanciamento carbonico del nostro pianeta. Tra i primi in Italia a realizzare industrialmente un processo di riciclo della CO2 è stata l’azienda Bergamasca Tenaris Dalmine, che attraverso lo stabilimento a Dalmine (Bg), iniziò a trattare questa preziosa materia prima nel settore della lavorazione dei metalli Oggi l’azienda ha aperto una collaborazione con la società Saipem e la Siad, che, attraverso l’acquisto di una innovativa tecnologia Canadese tramite Saipem, utilizza un enzima particolare per la cattura della CO2. Processo che sta interessando l’approfondimento tecnico-scientifico, con studi già in fase avanzata anche il Politecnico di Milano e di Torino. Questa tecnologia riduce notevolmente i costi di post-combustione per la cattura della C02 e permette il suo impiego in moltissimi settori di competenza delle tra aziende. Michele della Botta, Ad di TenarisDalmine, sostiene che questo progetto aiuterà l’azienda nell’obbiettivo di riduzione del 30% delle emissioni di CO2 entro il 2030.
SCOPRI DI PIU'Il Ghana ha la più grande discarica al mondo di scarti e-waste dove la gente si ammala e muoredi Marco ArezioAbbiamo trattato qualche tempo fà la problematica delle discariche dei rifiuti di apparecchiature elettroniche in Palestina dove, con metodi pericolosi per la salute e per l'ambiente, vengono estratte materie prime pregiate da rivendere. Oggi ci occupiamo della più grande discarica al mondo di rifiuti e-waste in Ghana.Computers, cellulari, televisioni, cavi elettrici, lavatrici, forni a micro onde, lettori MP3 e tutti quei prodotti che contengono metalli di valore, nonostante i divieti internazionali di esportazioni dei rifiuti elettronici, continuano ad affluire in Ghana ad un ritmo di 40 mila tonnellate all’anno. Ma come fanno ad arrivare tutti questi prodotti nella discarica di Agbogbloshie? Tutte le apparecchiature elettroniche vengono vendute dai paesi ricchi sotto la dicitura “usato” o “da riparare”, dicitura che evita di classificare l’oggetto come un rifiuto. I controlli ai porti di partenza e di arrivo sono scarsi in relazione al numero totale di containers che vengono movimentati ogni giorno e le autorità portuali non si possono permettere, con la struttura di controllo a disposizione, di perseguire l’aumento programmato di controlli sulle singole spedizioni. Quindi in Ghana arriva, da tutto il mondo, una massa abnorme di apparecchiature elettroniche esauste che finiscono in discarica e che danno lavoro agli schiavi dell’e-waste, gente che per 2/3 dollari al giorno, cercano di recuperare metalli dalle apparecchiature elettroniche utilizzando metodi di estrazione, come il fuoco, i solventi e l’acqua. Questa attività crea in diffuso inquinamento dei terreni, dell’aria e delle falde, con implicazioni terribili sulla salute dei lavoratori che restano giornalmente esposti all’inalazioni delle sostanze velenose che provengono dalla combustione dei rifiuti, dalla commistione con svariate sostanze chimiche e dall’alimentazione contaminata di cui si cibano. Infatti intorno alla discarica vive un esercito di lavoratori che provengono anche da altri paesi africani, attratti dalla possibilità di guadagnare qualche dollaro per il loro sostentamento. Ma la gente che manipola questi rifiuti è esposta a malattie ischemiche, tumori, malattie ostruttive polmonari ed infezioni respiratorie, mentre la discarica continua la sua vita alimentata dai rifiuti del mondo moderno. Tutto quello che non può essere riciclato nella discarica di Agblogbloshie viene bruciato creando nubi tossiche che hanno classificato il luogo tra i 10 più inquinati del mondo. Il continente Africano sta cercando di opporsi a questo commercio mortale per la sua gente e, attraverso la Conferenza di Bamako, sta chiedendo agli stati che esportano questo tipo di merce di considerare ogni apparecchio non funzionante come rifiuto e quindi non esportabile. La Germania ha avviato dei progetti sociali attraverso i quali fornisce delle macchine per la separazione dei rifiuti, in modo rispettoso dell’ambiente, pagando il metallo estratto al suo corretto valore, ridando dignità e sostegno ai lavoratori che portano i rifiuti da lavorare. Ma questo è solo una goccia nel mare. Approfondisci l'argomento
SCOPRI DI PIU'Innovazione nelle Energie Rinnovabili: La Rivoluzione delle Batterie a Sabbia per l'Accumulo EnergeticoParlare oggi di energie rinnovabili sfondiamo solo porte aperte, in quanto la transizione energetica verso una produzione più green dell’elettricità è ormai nei programmi dei governi, delle aziende e anche dei cittadini.Abbiamo conosciuto però anche i minus che il sistema di gestione della distribuzione dell’energia prodotta con le fonti rinnovabili portava con sé. Mi riferisco in particolar modo all’accumulo del surplus energetico, da impiegare nei momenti in cui gli impianti solari ed eolici non hanno una performance elevata a causa delle condizioni metereologiche o nelle ore notturne. Il collo di bottiglia della conversione energetica su larga scala stava proprio nel poter disporre di corrente in modo continuativo e senza interruzioni, anche quando la produzione era bassa rispetto alla domanda. Ci ha pensato una start up, la Magaldi Green Energy, che ha proposto una batteria, per l’accumulo dell’energia in surplus, attraverso un brevetto per una batteria a “sabbia”. Il sistema brevettato, si basa su una tecnologia di accumulo realizzato attraverso un letto di sabbia fluidizzato, che viene alimentato, a sua volta, da energie rinnovabili. La batteria a sabbia può essere caricata con energia elettrica o termica, in modo che vengano immagazzinate per un tempo variabile dalle 4 ore ad alcune settimane, senza registrare una perdita importante, per essere restituite alla rete quando ce ne fosse bisogno, soprattutto quando il sole e il vento non ne producono in modo efficiente attraverso gli impianti dedicati. I vantaggi della fluidizzazione della sabbia sono molto evidenti, secondo Letizia Magaldi, vicepresidente dell’azienda e riguardano le grandi capacità di accumulo termico, l’efficienza termica elevata, con la possibilità di migliorare la disponibilità in rete di energia e la riduzione delle emissioni di Co2 in atmosfera.
SCOPRI DI PIU'Dalla storia della Guerra Bianca ai segni del riscaldamento globale: il più grande ghiacciaio d’Italia potrebbe svanire entro il 2080di Marco ArezioIl ghiacciaio dell'Adamello, il più grande d'Italia con una superficie di circa 13 chilometri quadrati, rappresenta una delle più spettacolari formazioni naturali delle Alpi italiane. Tuttavia, questo immenso serbatoio di ghiaccio, che ha resistito per millenni ai cambiamenti climatici e agli eventi naturali, è oggi al centro di una preoccupante previsione: la sua completa scomparsa entro il 2080, a causa dell'accelerato riscaldamento globale. Secondo studi recenti, la riduzione della superficie del ghiacciaio ha subito una drammatica accelerazione negli ultimi decenni, con una perdita del 1,1% ogni 10 anni dal 2007 al 2022. Il Ghiacciaio nel Corso dei Secoli: Un Testimone della Storia Geologica Il ghiacciaio dell’Adamello, parte del vasto complesso glaciale delle Alpi Retiche, si è formato durante le ultime ere glaciali, in particolare durante il Pleistocene, un periodo geologico che ha visto la Terra attraversare diversi cicli di raffreddamento e riscaldamento. Durante l'ultima grande espansione glaciale, il ghiacciaio si estendeva per una superficie ben maggiore di quella attuale, coprendo intere vallate e scolpendo il paesaggio alpino con la sua forza erosiva. I ghiacciai, come quello dell'Adamello, hanno sempre svolto un ruolo cruciale nel modellare l'ecosistema alpino, influenzando il clima locale, il ciclo idrico e fornendo acqua dolce alle popolazioni e agli ecosistemi circostanti. Per secoli, questi colossi di ghiaccio sono stati osservati da alpinisti, scienziati e abitanti della zona come simboli di potenza e resistenza, e hanno rappresentato una fonte di fascino per geologi e climatologi che li hanno studiati per comprendere meglio la storia climatica della Terra. Durante il Medioevo, il ghiacciaio si estendeva molto di più rispetto a oggi, e anche durante la cosiddetta "Piccola Era Glaciale", un periodo compreso tra il XIV e il XIX secolo, ha vissuto una fase di avanzamento significativo, raggiungendo valli oggi lontane dalla sua attuale estensione. Tuttavia, con l'inizio dell'industrializzazione e l'aumento delle temperature globali verso la fine del XIX secolo, il ghiacciaio ha iniziato a ritirarsi. Questo fenomeno è stato accompagnato da una diminuzione delle nevi perenni e da un aumento delle temperature medie estive e invernali, con effetti diretti sulla sua massa glaciale. La Guerra Bianca sull'Adamello: Una Storia di Resistenza tra i Ghiacci Oltre che per la sua bellezza naturale e il suo valore scientifico, il ghiacciaio dell'Adamello è tristemente noto per essere stato teatro di una delle fasi più drammatiche della Prima Guerra Mondiale: la Guerra Bianca. Durante il conflitto, il fronte italo-austriaco si estese attraverso le impervie montagne dell'Adamello, dove soldati italiani e austro-ungarici combatterono aspri scontri ad altitudini che raggiungevano i 3.000 metri, in condizioni estremamente dure e pericolose. Questa parte della guerra, che si svolse tra il 1915 e il 1918, prende il nome di “Guerra Bianca” proprio per il contesto unico in cui si svolgeva: ghiacciai perenni, ripide pareti rocciose e condizioni meteorologiche estreme, con temperature che in inverno scendevano frequentemente sotto i -30 gradi. I soldati erano costretti a combattere non solo contro il nemico, ma anche contro il gelo, le valanghe, la scarsità di ossigeno e la difficoltà di approvvigionamento. La resistenza fisica e mentale richiesta in queste battaglie era straordinaria, e molti uomini morirono non per mano del nemico, ma a causa del freddo e delle terribili condizioni ambientali. L’Adamello fu uno dei principali fronti montani dove si combatterono le battaglie più intense della Guerra Bianca. Il Corno di Cavento, una delle cime della catena montuosa dell'Adamello, fu fortemente conteso tra le truppe italiane e austro-ungariche. Questo massiccio era considerato strategico per il controllo dell'area, e vennero realizzati incredibili sforzi ingegneristici per trasformare le cime montuose e i ghiacciai in vere e proprie fortificazioni. Tra le più celebri opere di ingegneria militare dell'epoca ci fu la costruzione di gallerie e trincee scavate direttamente nella roccia e nel ghiaccio. Uno degli episodi più noti della Guerra Bianca sull'Adamello fu l'epica battaglia del Pian di Neve, il grande plateau glaciale situato poco sotto la vetta dell’Adamello. Qui, tra le nevi eterne, vennero schierati cannoni e artiglierie pesanti, trasportati in loco con operazioni logistiche estremamente complesse. I soldati italiani, in particolare gli Alpini, furono protagonisti di queste straordinarie imprese, che rappresentano tutt'oggi uno dei capitoli più eroici della storia militare italiana. Nel corso della guerra, la logistica montana divenne un elemento fondamentale per la sopravvivenza e il successo delle truppe. Rifornire uomini e munizioni in alta quota richiedeva l'uso di sistemi innovativi, come teleferiche e slitte trainate da muli, e la costruzione di cittadelle di ghiaccio all'interno dei ghiacciai, dove i soldati trovavano rifugio dalle intemperie e dagli attacchi nemici. Alla fine del conflitto, i ghiacciai dell'Adamello portarono a lungo le cicatrici di questa guerra brutale: resti di fortificazioni, schegge d'artiglieria, e persino corpi congelati di soldati, sepolti per decenni sotto la neve e il ghiaccio, sono emersi durante il ritiro progressivo del ghiacciaio negli ultimi anni. Questi ritrovamenti sono testimonianze silenziose di uno degli episodi più tragici e affascinanti della storia umana, che ha visto uomini combattere tra i ghiacci per la propria sopravvivenza e quella della propria nazione. La Situazione Attuale: Un Declino Inarrestabile Ad oggi, il ghiacciaio dell'Adamello è un esempio evidente degli impatti devastanti del riscaldamento globale. Solo tra il 2007 e il 2022, la superficie del ghiacciaio si è ridotta da 15,7 a 13,1 chilometri quadrati, con una perdita netta di oltre 2 chilometri quadrati in soli 15 anni. La velocità con cui il ghiacciaio si sta sciogliendo ha allarmato la comunità scientifica, che teme un'accelerazione ulteriore di questo processo nei prossimi decenni. L'ipotesi di scomparsa completa del ghiacciaio entro il 2080 non è più un'astrazione, ma un potenziale scenario realistico se le emissioni globali di gas serra non verranno ridotte drasticamente. Il riscaldamento globale, causato dall'aumento delle emissioni di CO2 e di altri gas a effetto serra, sta infatti innalzando le temperature a livello planetario, con un impatto particolarmente pronunciato nelle regioni alpine. I ghiacciai delle Alpi sono tra i più sensibili a questi cambiamenti climatici, poiché si trovano in una zona di transizione tra i climi temperati e freddi. Questo rende il ghiacciaio dell'Adamello particolarmente vulnerabile agli aumenti di temperatura, in quanto la fusione del ghiaccio avviene rapidamente durante le estati più calde. Prospettive Future: Un Appello alla Conservazione Gli scienziati e gli ambientalisti hanno lanciato ripetuti appelli per sensibilizzare l'opinione pubblica e i governi sul destino dei ghiacciai alpini. La scomparsa del ghiacciaio dell'Adamello rappresenterebbe non solo una perdita ecologica, ma anche una perdita culturale e storica di inestimabile valore. I ghiacciai, infatti, sono stati parte integrante della cultura alpina per millenni, e la loro presenza ha influenzato la vita e le tradizioni delle comunità montane. Inoltre, la scomparsa del ghiacciaio potrebbe avere conseguenze devastanti per l'ecosistema locale. I ghiacciai agiscono come serbatoi naturali di acqua dolce, rilasciando gradualmente l'acqua durante i mesi estivi e alimentando fiumi, laghi e falde acquifere. La loro scomparsa potrebbe alterare drasticamente il ciclo idrico locale, causando siccità in alcune aree e inondazioni in altre. © Riproduzione VietataFoto: Edward Theodore Compton
SCOPRI DI PIU'Per essere competitivi ed affidabili con il solare e l'eolico, si devono studiare e risolvere i problemi che ne limitano la diffusionedi Marco ArezioLe energie rinnovabili erano, fino a pochi anni fa, viste come una passione snob, di qualche ambientalista incallito che si divertiva a essere controcorrente, anticonformista ed alternativo. Prova lo è il fatto che sulle scrivanie dei burocrati sono stati fermi per molto tempo, in attesa di approvazione, un considerevole numero di progetti, che passavano da un ufficio all’altro, dilatando in modo impressionante i tempi per avere un’approvazione o un rifiuto. La crisi energetica internazionale, causata prima dal Covid e successivamente dalla crisi Russo-Ucraina, ha fatto capire alle cancellerie Europee quanto fossero centrali, per il nostro futuro, le energie rinnovabili. Ci sono stati, recentemente, ingenti investimenti sia sul solare che sull’eolico, in base alla collocazione geografica dei progetti, previlegiando il solare nel sud Europa e l’eolico, anche offshore, nel nord Europa. Purtroppo in questi anni in cui le fonti fossili hanno garantito il funzionamento dei trasporti, delle industrie e delle utenze domestiche, attraverso un sistema comodo e collaudato, la ricerca tecnologica per far passare le energie rinnovabili, dalla micro produzione alla produzione su larga scala, ha avuto un andamento molto lento e si è perso tanto tempo. Oggi c’è la necessità di correre per trovare soluzioni valide che richiede il settore, bisogna risolvere dei nodi tecnici, economici e politici sostanziali, per rendere le energie rinnovabili le prime fonti di energia per il mondo intero. Quali sono queste problematiche da risolvere? Per quanto riguarda l’energia prodotta sia dal vento che dal sole, si deve risolvere la problematica dell’incostanza di produzione per questioni metereologiche, la mancanza di sole durante le 24 ore e la mancanza temporanea di vento. Il nodo sono gli accumulatori, che devono poter essere molto più efficienti di come lo sono oggi, permettendo l'immagazzinamento dell’energia prodotta in eccesso, in modo da poterla utilizzare quando c’è carenza di produzione. La ricerca riguarderà i nuovi materiali per gli elettrodi (catodo e anodo) e per gli elettroliti, il cui obiettivo sarà quello di aumentare la densità di energia, migliorare la sicurezza, ridurre il costo e allungare il ciclo e la durata di vita delle batterie. Inoltre, per quanto riguarda gli elettrolizzatori, si dovrà prendere in considerazione i materiali, sia per quelli a bassa temperatura (
SCOPRI DI PIU'L’oscuro lato della produzione di avocado: impatti ambientali, conflitti sociali e il ruolo dei business internazionali in Messico, Perù e Ciledi Marco ArezioL’avocado, un frutto esotico considerato un superfood grazie ai suoi benefici per la salute, ha conquistato le tavole di tutto il mondo. Tuttavia, dietro il suo successo si nasconde una storia oscura fatta di deforestazione, violenza e sfruttamento. In Sud America, la produzione di avocado è diventata una questione controversa, intrecciando interessi economici, ambientali e sociali. L’espansione della produzione di avocado Negli ultimi anni, la domanda globale di avocado è cresciuta esponenzialmente. Questo frutto, ricco di grassi sani, vitamine e minerali, è diventato un alimento molto richiesto nei mercati di tutto il mondo, soprattutto in Nord America e in Europa. Paesi come il Messico, il Perù e il Cile sono diventati i principali esportatori di avocado, soddisfacendo gran parte della domanda globale. Secondo i dati del 2022, il Messico è il leader mondiale nella produzione di avocado, con una quota del mercato globale che supera il 30%. Il Perù, il secondo maggior produttore, ha visto la sua produzione crescere del 15% annuo, con esportazioni che raggiungono principalmente gli Stati Uniti e l'Europa. Il Cile, un altro grande produttore, esporta gran parte della sua produzione in Europa, Asia e Stati Uniti.La deforestazione e gli impatti ambientali La crescente domanda di avocado ha portato a un’espansione massiccia delle piantagioni, spesso a discapito delle foreste e di altri ecosistemi naturali. In Messico, in particolare, la coltivazione di avocado è una delle principali cause della deforestazione. Nello stato di Michoacán, dove si produce circa il 70% degli avocado messicani, migliaia di ettari di foresta vengono abbattuti ogni anno per far posto alle piantagioni di avocado. Questo fenomeno non solo minaccia la biodiversità locale, ma contribuisce anche al cambiamento climatico, poiché le foreste giocano un ruolo cruciale nella cattura del carbonio. In Perù, l'espansione delle coltivazioni di avocado ha portato all’uso intensivo delle risorse idriche. Le piante di avocado richiedono grandi quantità di acqua, e in regioni già soggette a scarsità idrica, come la costa peruviana, questo ha provocato conflitti tra agricoltori e comunità locali. L’uso eccessivo di pesticidi e fertilizzanti chimici nelle piantagioni di avocado ha inoltre avuto impatti negativi sulla qualità del suolo e delle risorse idriche. La violenza dei cartelli criminali La crescente redditività del mercato degli avocado ha attirato l'attenzione delle organizzazioni criminali, soprattutto in Messico. I cartelli della droga, vedendo un’opportunità di profitto, hanno iniziato a estorcere denaro ai produttori di avocado, imponendo tasse illegali e controllando le rotte di trasporto. Questo fenomeno ha portato a un aumento della violenza nelle regioni produttrici di avocado, con episodi di intimidazione, rapimenti e omicidi. A Michoacán, i produttori di avocado vivono sotto costante minaccia. I cartelli, che vedono negli avocado una fonte di reddito alternativa, non esitano a usare la violenza per mantenere il controllo del mercato. Le famiglie degli agricoltori sono spesso prese di mira, e molte di esse sono costrette a pagare somme ingenti per garantire la propria sicurezza. Il ruolo dei business internazionali Le grandi catene di supermercati e i rivenditori internazionali giocano un ruolo cruciale nel mercato degli avocado. La loro domanda costante spinge i produttori a espandere le coltivazioni, spesso senza considerare gli impatti ambientali e sociali. Inoltre, la pressione per mantenere bassi i costi di produzione porta spesso a condizioni di lavoro precarie per i lavoratori delle piantagioni. Negli Stati Uniti, il principale mercato di consumo di avocado, la maggior parte di questi proviene dal Messico. Le grandi catene di supermercati come Walmart, Costco e Whole Foods importano enormi quantità di avocado per soddisfare la domanda dei consumatori. In Europa, paesi come Spagna, Francia e Regno Unito sono i maggiori importatori di avocado, con il frutto che arriva principalmente da Perù, Cile e Sud Africa.Numeri della produzione e principali esportatori Secondo i dati della FAO del 2022, la produzione mondiale di avocado ha raggiunto i 7 milioni di tonnellate. Il Messico rimane il principale produttore, con una produzione di circa 2,3 milioni di tonnellate all'anno. Il Perù segue con una produzione di 800.000 tonnellate, mentre il Cile produce circa 300.000 tonnellate. Gli Stati Uniti sono il maggiore importatore di avocado, con oltre il 70% delle importazioni provenienti dal Messico. In Europa, la Spagna è il principale produttore di avocado, ma il continente dipende fortemente dalle importazioni da America Latina e Africa. Il mercato asiatico è in rapida crescita, con paesi come Cina e Giappone che aumentano le loro importazioni di avocado, principalmente dal Perù e dal Cile. Conclusioni La "guerra dell'avocado" in Sud America rappresenta un esempio emblematico di come la globalizzazione e la domanda internazionale possano avere conseguenze devastanti a livello locale. La deforestazione, la violenza e lo sfruttamento delle risorse naturali sono problemi che richiedono una risposta urgente e coordinata da parte dei governi, delle organizzazioni internazionali e dei consumatori. È essenziale promuovere pratiche agricole sostenibili e responsabilità sociale lungo tutta la filiera produttiva. I consumatori, da parte loro, possono contribuire scegliendo prodotti certificati e sostenibili, e facendo pressione sui rivenditori per adottare politiche più etiche. Solo attraverso uno sforzo collettivo sarà possibile garantire che il successo dell’avocado non continui a essere macchiato da ingiustizie e distruzione ambientale.
SCOPRI DI PIU'Come le comunità di minoranze etniche e a basso reddito subiscono l'impatto sproporzionato dell'inquinamento atmosferico e cosa può fare la giustizia ambientale per affrontare questa ingiustiziadi Marco ArezioL'inquinamento atmosferico rappresenta una delle principali sfide ambientali a livello globale, poiché minaccia sia gli ecosistemi sia la salute di milioni di persone. Negli Stati Uniti, le disuguaglianze etniche e socioeconomiche determinano in modo significativo chi è più esposto ai rischi derivanti dall'inquinamento atmosferico. Diversi studi mostrano che le comunità emarginate, spesso costituite da minoranze etniche e persone a basso reddito, affrontano un'esposizione sproporzionata a livelli più elevati di inquinamento. Questo fenomeno solleva una questione cruciale di giustizia ambientale, poiché evidenzia come la disuguaglianza sistemica influisca negativamente sulla salute e sulla qualità della vita delle popolazioni più vulnerabili. Disuguaglianze etniche e socioeconomiche: Il contesto storico Le disparità nell'esposizione all'inquinamento atmosferico negli Stati Uniti affondano le loro radici in una lunga storia di segregazione razziale e disuguaglianza economica. Politiche abitative del passato, come il "redlining", hanno relegato le comunità nere e latine in aree urbane con accesso limitato ai servizi di base e una qualità dell'aria decisamente peggiore rispetto a quella delle comunità bianche più benestanti. Il redlining, una pratica discriminatoria che ha negato prestiti o imposto condizioni svantaggiose in determinate aree, ha portato alla creazione di quartieri segregati, spesso situati vicino a fonti di inquinamento industriale. Queste politiche hanno privato molte famiglie delle opportunità di migliorare le proprie condizioni di vita e di trasferirsi in zone più salubri. Le disuguaglianze economiche, inoltre, costringono molte persone con redditi bassi a vivere in aree più esposte a rischi ambientali. Queste comunità hanno meno possibilità di influenzare le decisioni politiche locali e spesso non dispongono dei mezzi necessari per opporsi allo sviluppo industriale dannoso nei propri quartieri. Il risultato è un ciclo di vulnerabilità che si perpetua nel tempo, dove chi vive già in condizioni difficili viene ulteriormente penalizzato dalla bassa qualità dell'aria. Impatti dell'inquinamento atmosferico sulla salute L'inquinamento atmosferico è composto da una miscela di sostanze nocive, tra cui particolato fine (PM2.5), ossidi di azoto (NOx) e ozono a livello del suolo. L'esposizione cronica a questi inquinanti è stata associata a numerosi problemi di salute, tra cui malattie respiratorie, cardiovascolari e un rischio aumentato di mortalità precoce. Tuttavia, l'esposizione a questi rischi non è distribuita equamente tra la popolazione. Studi epidemiologici dimostrano che le comunità nere, latine e indigene sono maggiormente vulnerabili agli effetti nocivi dell'inquinamento atmosferico rispetto alle comunità bianche. Uno studio del 2019 pubblicato su PNAS ha rilevato che, mentre le persone nere negli Stati Uniti contribuiscono meno all'inquinamento, subiscono esposizioni a particolato fine significativamente più alte rispetto alla popolazione bianca. Questo evidenzia una profonda ingiustizia ambientale, poiché coloro che meno contribuiscono all'inquinamento sono quelli che ne subiscono maggiormente le conseguenze. Inoltre, le comunità a basso reddito sono particolarmente vulnerabili agli effetti dell'inquinamento a causa della mancanza di accesso a cure mediche di qualità e della maggiore prevalenza di condizioni preesistenti, come l'asma, che possono essere esacerbate dall'inquinamento. Immaginare la vita di un bambino che cresce respirando aria inquinata e lottando con problemi respiratori cronici, senza accesso alle cure di cui avrebbe bisogno, aiuta a comprendere la dura realtà che molte famiglie emarginate devono affrontare quotidianamente. Giustizia ambientale e inquinamento atmosferico Il concetto di giustizia ambientale si è sviluppato per affrontare le disuguaglianze legate all'impatto ambientale sulle comunità più vulnerabili. Ogni individuo, indipendentemente dalla razza, dal reddito o dal luogo in cui vive, ha il diritto a un ambiente sano e a un'aria pulita. Tuttavia, la realtà negli Stati Uniti è che molte comunità emarginate continuano a vivere in prossimità di industrie pesanti, autostrade e discariche, con conseguente esposizione quotidiana a livelli elevati di inquinanti atmosferici. Un esempio emblematico di questa disparità è rappresentato dalla "cintura del cancro" della Louisiana, una regione lungo il fiume Mississippi con un'alta concentrazione di industrie chimiche e petrolchimiche. Le comunità nere che vivono in quest'area sono esposte a livelli preoccupanti di sostanze cancerogene e i tassi di cancro sono significativamente più alti rispetto alla media nazionale. Queste comunità non solo subiscono gli effetti dell'inquinamento, ma spesso dipendono economicamente dalle stesse industrie che compromettono la loro salute, intrappolandole in un ciclo di dipendenza e malattia. Il ruolo delle politiche pubbliche Le politiche pubbliche svolgono un ruolo cruciale nel contrastare le disuguaglianze legate all'inquinamento atmosferico. Tuttavia, le normative ambientali non sempre riescono a proteggere efficacemente le comunità più vulnerabili. Sebbene l'Environmental Protection Agency (EPA) abbia stabilito standard per la qualità dell'aria attraverso il Clean Air Act, l'applicazione di tali standard varia da regione a regione e molte comunità colpite dall'inquinamento non vedono miglioramenti tangibili. Negli ultimi anni, sono emerse nuove iniziative volte a ridurre queste disuguaglianze. L'Environmental Justice for All Act, presentato al Congresso nel 2020, mira a rafforzare la protezione delle comunità emarginate migliorando la partecipazione pubblica nei processi decisionali e aumentando le sanzioni per le violazioni ambientali nelle aree più vulnerabili. Anche il piano Justice40 dell'amministrazione Biden, che prevede di destinare il 40% dei benefici degli investimenti federali in energie pulite e infrastrutture sostenibili alle comunità svantaggiate, rappresenta un passo significativo verso una maggiore equità ambientale. Conclusioni L'inquinamento atmosferico e le disuguaglianze socioeconomiche e razziali sono strettamente intrecciati negli Stati Uniti, con le comunità di minoranze etniche e a basso reddito che subiscono gli impatti più gravi. Questo mette in evidenza la necessità di un impegno costante per promuovere la giustizia ambientale, non solo per migliorare la qualità dell'aria, ma anche per sanare le ferite storiche causate dalle disuguaglianze che hanno lasciato molte comunità vulnerabili. Affrontare queste sfide richiede politiche pubbliche che promuovano uno sviluppo equo e sostenibile, garantendo che nessuna comunità sia lasciata indietro. Solo attraverso un approccio inclusivo e giusto potremo costruire un futuro in cui ogni persona, indipendentemente dalla sua razza o dal suo reddito, possa vivere in un ambiente sano e sicuro. La giustizia ambientale non è solo una questione di salute, ma anche di dignità umana e un passo fondamentale verso una società più equa e sostenibile per tutti.© Riproduzione Vietata
SCOPRI DI PIU'L’evoluzione dei vetri fotovoltaici e delle soluzioni trasparenti per la generazione energetica: architettura, materiali innovativi, efficienza e futuro sostenibile degli edificidi Marco ArezioNegli ultimi anni, la sostenibilità in edilizia ha compiuto un balzo in avanti grazie a soluzioni in grado di coniugare innovazione tecnologica, design architettonico e produzione energetica diffusa. Tra queste, i vetri solari e le tecnologie trasparenti per la generazione di energia rappresentano una delle frontiere più affascinanti e promettenti: superfici vetrate in grado di lasciar filtrare la luce e, contemporaneamente, trasformare l’energia solare in elettricità, integrandosi senza soluzione di continuità nelle facciate, nei lucernari e nelle finestre degli edifici. La questione non è solo tecnologica o estetica, ma profondamente culturale: si tratta di ripensare l’edificio come organismo vivo, capace di dialogare con l’ambiente circostante, ridurre il proprio impatto energetico e contribuire attivamente alla decarbonizzazione delle città. La sfida è quella di trasformare ogni superficie trasparente da semplice “buco” nell’involucro edilizio a fonte di energia, cambiando radicalmente la concezione stessa dell’abitare. Dalle Celle Fotovoltaiche Opache ai Vetri Solari Trasparenti Per comprendere la portata di questa rivoluzione, occorre partire dalla storia della tecnologia fotovoltaica. I primi impianti solari erano costituiti da pannelli opachi, installati per lo più su tetti e superfici inutilizzate, poco compatibili con le esigenze dell’architettura contemporanea che predilige trasparenza, luminosità e leggerezza delle strutture. La necessità di integrare la generazione energetica direttamente negli elementi costruttivi degli edifici ha quindi spinto la ricerca verso l’elaborazione di materiali e soluzioni capaci di coniugare efficienza energetica e trasparenza ottica. Ecco dunque la nascita dei vetri solari e delle tecnologie trasparenti. Le prime versioni erano costituite da celle fotovoltaiche a film sottile, disposte a intervalli su pannelli di vetro: questa configurazione permetteva il passaggio parziale della luce, ma comportava inevitabili limiti estetici e una trasparenza non sempre ottimale. La svolta è arrivata con l’introduzione di materiali innovativi e di nuovi principi fisici, in grado di rendere la cella solare quasi invisibile. Le principali famiglie di tecnologie oggi disponibili includono: - Celle fotovoltaiche a film sottile trasparente: realizzate depositando semiconduttori su lastre di vetro tramite processi di sputtering o evaporazione. I materiali utilizzati—come il silicio amorfo, il tellururo di cadmio e il diseleniuro di rame-indio-gallio—offrono un compromesso tra trasparenza e rendimento, adattandosi sia alle esigenze estetiche che a quelle energetiche. - Celle solari organiche (OPV): composte da polimeri conduttivi, possono essere stampate su substrati flessibili e permettono di modulare trasparenza e colore, consentendo soluzioni personalizzate e un’integrazione totale nelle architetture più moderne. - Celle a punti quantici e perovskite: sfruttano nanoparticelle o strutture cristalline innovative che assorbono selettivamente determinate lunghezze d’onda della luce, lasciando passare il resto dello spettro. In questo modo, la luce visibile attraversa il vetro mentre l’energia viene raccolta sotto forma di elettricità. - Concentratori solari luminescenti (LSC): pannelli trasparenti che incorporano materiali in grado di catturare la luce solare e convogliarla ai bordi, dove viene raccolta da celle fotovoltaiche tradizionali. Ogni tecnologia presenta vantaggi e limiti specifici: le celle organiche garantiscono leggerezza e versatilità, quelle a perovskite efficienza e potenziale di crescita, mentre i concentratori luminescenti permettono di trasformare superfici trasparenti molto estese in generatori energetici quasi invisibili. Principi di Funzionamento: Trasparenza e Raccolta Energetica Ma come funzionano esattamente questi vetri solari trasparenti? Il principio di base consiste nell’assorbimento selettivo della luce: mentre la radiazione ultravioletta e infrarossa viene convertita in energia elettrica, la componente visibile passa attraverso il vetro, garantendo luminosità agli ambienti interni. Questa selettività si ottiene grazie all’uso di materiali semiconduttori opportunamente “sintonizzati” e di strati sottilissimi, spesso nanometrici. La sfida maggiore riguarda il bilanciamento tra efficienza energetica e trasparenza: più si aumenta la capacità di assorbire luce, più il vetro diventa opaco, e viceversa. Gli ultimi prototipi e prodotti commerciali raggiungono oggi efficienze tra il 5% e il 10%, con trasparenze superiori al 50%. Valori ancora inferiori ai pannelli fotovoltaici convenzionali, ma estremamente significativi se applicati su ampie superfici come le facciate continue dei grattacieli o i lucernari di centri commerciali e stazioni. Un ulteriore elemento di innovazione è rappresentato dalla possibilità di modulare colore e trasparenza, scegliendo soluzioni neutre o tinte, vetri riflettenti o selettivi che si adattano alle condizioni di luce esterna, migliorando il comfort abitativo e riducendo la necessità di climatizzazione. Efficienza, Durabilità e Criticità Tecnologiche Sul piano tecnico, i vetri solari trasparenti devono affrontare sfide specifiche. La prima riguarda la durabilità dei materiali: molti semiconduttori organici o a base di perovskite sono sensibili a umidità, ossigeno e raggi ultravioletti, rischiando di degradarsi nel tempo. Per questo, la ricerca si sta concentrando sullo sviluppo di strati protettivi e processi produttivi che ne aumentino la resistenza, così da garantire una vita utile di almeno 20-25 anni, comparabile a quella dei tradizionali elementi edilizi. Un secondo aspetto è rappresentato dall’integrazione impiantistica: i sistemi di raccolta dell’energia devono essere compatibili con gli impianti elettrici degli edifici, prevedendo inverter e sistemi di accumulo adeguati, nonché meccanismi di monitoraggio per ottimizzare il rendimento in tempo reale. Infine, la questione dei costi di produzione è centrale: sebbene le tecnologie più innovative siano ancora più costose rispetto ai vetri tradizionali, l’aumento della produzione e l’ottimizzazione dei processi stanno progressivamente abbattendo le barriere economiche, aprendo la strada a un’adozione di massa nei prossimi anni. Integrazione Architettonica e Potenziale Energetico La vera rivoluzione dei vetri solari è la loro capacità di integrarsi perfettamente nell’architettura contemporanea. Non si tratta di “aggiungere” pannelli solari, ma di progettare direttamente l’involucro edilizio come una macchina energetica. I vantaggi sono evidenti: ogni finestra, ogni vetrata panoramica, ogni tettoia trasparente può diventare un generatore invisibile, riducendo i consumi energetici e migliorando l’autonomia degli edifici. In ambito urbano, la diffusione delle superfici vetrate è in costante crescita: i nuovi grattacieli, le facciate continue, i grandi commerciali offrono una quantità di metri quadrati potenzialmente attivi senza impattare sul paesaggio. L’estetica ne guadagna, grazie a soluzioni “invisibili” e personalizzabili, e il bilancio energetico degli edifici migliora drasticamente. Le applicazioni non si limitano alle grandi opere pubbliche o commerciali. Anche il settore residenziale può trarre beneficio dall’installazione di finestre fotovoltaiche, soprattutto nei contesti urbani dove lo spazio per i classici impianti solari è limitato. Inoltre, queste tecnologie permettono la gestione intelligente della luce, il controllo termico degli interni e persino la ricarica diretta di piccoli dispositivi elettronici. Esempi Reali, Sperimentazione e Prospettive Numerosi progetti pilota in tutto il mondo testimoniano l’efficacia delle nuove tecnologie trasparenti. Un esempio emblematico è la Copenhagen International School in Danimarca, la cui facciata integra oltre 12.000 pannelli fotovoltaici colorati, producendo fino al 50% del fabbisogno energetico dell’edificio. In Italia, istituti di ricerca e aziende hanno avviato sperimentazioni per l’inserimento di vetri fotovoltaici in edifici pubblici e residenziali, con risultati incoraggianti sia in termini di resa che di accettazione estetica. A Singapore, in Corea del Sud e negli Stati Uniti, le nuove torri direzionali e residenziali fanno largo uso di facciate fotovoltaiche trasparenti, non solo per la produzione energetica, ma anche come elementi di design e comunicazione visiva, con possibilità di personalizzazione cromatica e dinamica. Le prospettive future vedono una crescita costante del settore, trainata sia dall’esigenza di ridurre le emissioni di CO₂ sia dagli incentivi normativi che spingono verso la riqualificazione energetica del patrimonio edilizio esistente. In questo contesto, la sinergia tra ricerca, industria e amministrazioni pubbliche sarà fondamentale per consolidare standard di qualità, favorire l’industrializzazione delle soluzioni e abbattere ulteriormente i costi. Economia Circolare, Riciclabilità e Sostenibilità L’introduzione dei vetri solari trasparenti si inserisce in una visione più ampia di economia circolare applicata all’edilizia: non solo si riduce il fabbisogno energetico esterno, ma si valorizzano materiali e componenti con cicli di vita più lunghi, predisposti per il riuso e il riciclo a fine servizio. I nuovi materiali, come le perovskiti ibride e i polimeri bio-based, puntano a ridurre l’impatto ambientale sia in fase di produzione che di smaltimento, aprendo la strada a edifici sempre più sostenibili e “green”. Un aspetto chiave sarà la gestione della filiera di riciclo dei vetri fotovoltaici: processi di separazione dei materiali, recupero dei semiconduttori e riutilizzo dei componenti trasparenti permetteranno di chiudere il cerchio, minimizzando i rifiuti e favorendo una nuova economia dei materiali intelligenti. Conclusione I vetri solari e le tecnologie trasparenti per la generazione energetica rappresentano molto più di una semplice innovazione tecnica: sono la manifestazione concreta di una nuova idea di architettura, città e abitare. Un’idea in cui ogni elemento costruttivo contribuisce alla sostenibilità complessiva, riduce l’impatto ambientale e offre nuove possibilità di design e comfort. L’integrazione di queste soluzioni sarà centrale nei prossimi decenni, tanto per la riqualificazione degli edifici esistenti quanto per la progettazione delle città del futuro. La rivoluzione silenziosa dei vetri solari sta già cambiando il volto delle nostre metropoli—trasparente, invisibile, ma potentissima dal punto di vista energetico e culturale.© Riproduzione VietataFontiScience Magazine (AAAS). Lunt, R. R. (2017). "The Emergence of Transparent Photovoltaics for Solar Energy Harvesting and Beyond." Science, 357(6347), eaan5195.Nature Energy. Yang, Z., et al. (2020). "Recent advances in perovskite solar cells for building integrated photovoltaics." Nature Energy, 5, 926–935.International Energy Agency (IEA) – Photovoltaic Power Systems Programme. "Trends in Photovoltaic Applications 2023. Report IEA PVPS T1-42:2023."Solar Energy Materials and Solar Cells (Elsevier). Li, Y., et al. (2022). "Transparent photovoltaic windows: Materials, devices, and applications." Solar Energy Materials and Solar Cells, 236, 111529.
SCOPRI DI PIU'Le nuove direttive dell'Unione Europea mirano a intensificare il monitoraggio e la purificazione delle acque urbane, con specifica attenzione ai contaminanti persistenti e ai microinquinantidi Marco ArezioIl Parlamento Europeo ha recentemente dato il via libera definitivo a nuove disposizioni legislative per il trattamento e lo scarico delle acque reflue urbane, con l'obiettivo di implementare un controllo più accurato degli inquinanti chimici, tra cui i PFAS. Con un ampio sostegno dimostrato da 481 voti favorevoli, 79 contrari e 26 astensioni, il 10 aprile è stato approvato un accordo, precedentemente raggiunto con il Consiglio a gennaio 2024, per rivedere le regolamentazioni riguardanti la gestione delle acque e il loro trattamento nelle aree urbane. Questo provvedimento legislativo, la cui proposta era stata presentata dalla Commissione Europea nell'ottobre 2022, mira a rafforzare la protezione della salute pubblica e dell'ambiente, posizionandosi in linea con gli obiettivi dell'UE riguardo all'azione climatica, all'economia circolare e alla riduzione dell'inquinamento. Tuttavia, prima che possa diventare legge, il testo deve ricevere anche l'approvazione formale del Consiglio. Dettagli sulle Nuove Norme di Trattamento delle Acque Reflue Le nuove direttive impongono che, entro il 2035, tutte le acque reflue urbane, provenienti sia da insediamenti civili sia, eventualmente, da impianti produttivi (impianti misti), siano sottoposte a trattamento secondario prima del loro rilascio nell'ambiente per gli agglomerati di dimensioni pari o superiori a 1.000 abitanti equivalenti. Questo processo prevede la rimozione di materia organica biodegradabile attraverso metodi biologici con sedimentazione secondaria o altri processi similari, che includono l'uso di biodischi, letti percolatori e vasche di aerazione. Entro il 2039, sarà necessario applicare il trattamento terziario, che prevede l'eliminazione di azoto e fosforo, in tutti gli impianti di trattamento per agglomerati di 150.000 abitanti equivalenti o più. Questo passaggio è mirato a migliorare ulteriormente la depurazione riducendo la concentrazione di nutrienti nei reflui. Alcuni processi terziari sono anche capaci di rimuovere contaminanti poco biodegradabili che non vengono eliminati dai processi biologici. Entro il 2045, le normative richiederanno anche l'implementazione del trattamento quaternario per tutti gli impianti che servono più di 10.000 abitanti equivalenti, basandosi su una valutazione del rischio. Questo trattamento è progettato per eliminare un ampio spettro di microinquinanti, inclusi PFAS e microplastiche. Impatto e Prospettive della NormativaSecondo i dati ISTAT del 2020, in Italia operano 18.042 impianti di trattamento delle acque reflue urbane. La legislazione europea intende, dunque, incrementare il rigore del monitoraggio non solo di sostanze già note ma anche di agenti patogeni emergenti e resistenze antimicrobiche. Nils Torvalds, relatore della legislazione, ha sottolineato l'importanza di queste nuove normative, in particolare per quanto riguarda l'eliminazione di microinquinanti derivanti da medicinali e prodotti per la cura personale, assicurando che l'impatto economico sulle cure mediche rimanga proporzionato e che i contaminanti pericolosi come i PFAS siano monitorati e trattati efficacemente.
SCOPRI DI PIU'Come il sovraffollamento delle spedizioni e la cattiva gestione dei rifiuti stanno trasformando l’Everest in una discarica, minacciando l’ecosistema e le comunità localidi Marco ArezioIl Monte Everest, la montagna più alta del mondo, rappresenta per molti alpinisti un sogno da realizzare, ma negli ultimi decenni è diventato anche un simbolo del degrado ambientale causato dall’uomo. Le spedizioni alpinistiche, sempre più frequenti, hanno trasformato la "montagna sacra" in una vera e propria discarica a cielo aperto, con gravi conseguenze ambientali e civili. Questo articolo esplora l’attuale situazione dei rifiuti sull’Everest, i rischi del business alpinistico e le possibili soluzioni per preservare uno degli ecosistemi più fragili del pianeta. La Situazione Attuale Negli ultimi anni, il Monte Everest è stato vittima di un crescente accumulo di rifiuti lasciati dagli alpinisti. Secondo dati recenti, ogni anno vengono raccolte decine di tonnellate di rifiuti durante le spedizioni di pulizia. Si stima che circa 50 tonnellate di immondizia, incluse bombole di ossigeno, tende, imballaggi alimentari, attrezzature abbandonate e persino rifiuti organici, rimangano disseminate lungo le sue pendici. L’aumento del turismo alpinistico ha contribuito a peggiorare la situazione. Nel 2023, il Nepal ha emesso il numero record di 478 permessi di salita all’Everest, una cifra che non tiene conto degli sherpa e delle guide, portando il totale degli scalatori a oltre 1.000 persone per stagione. Questo sovraffollamento genera una pressione insostenibile sull’ambiente montano e un accumulo di rifiuti che difficilmente possono essere smaltiti a causa delle difficoltà logistiche. Le Conseguenze Ambientali L’ecosistema dell’Everest è estremamente fragile. Le basse temperature rallentano la biodegradazione dei rifiuti organici, mentre materiali plastici e metallici possono rimanere intatti per secoli. I ghiacciai, che forniscono acqua potabile a milioni di persone nelle regioni circostanti, sono esposti alla contaminazione da sostanze chimiche e batteri derivanti dai rifiuti. Inoltre, il cambiamento climatico sta peggiorando la situazione: con il ritiro dei ghiacciai, i rifiuti sepolti per decenni stanno riemergendo, aggravando il problema. Questo fenomeno rappresenta una sfida non solo ambientale ma anche igienico-sanitaria, con rischi per la salute di chi vive o lavora nella regione. Le Implicazioni Civili e Culturali L’Everest non è solo una destinazione turistica: per il popolo sherpa e altre comunità locali, rappresenta un luogo sacro. La crescente quantità di rifiuti è percepita come una profanazione di un simbolo spirituale e culturale. Inoltre, l’aumento del turismo crea disuguaglianze: mentre gli operatori turistici occidentali traggono profitto dalle spedizioni, le comunità locali affrontano le conseguenze negative, come la gestione dei rifiuti e i rischi per la salute legati all’inquinamento. Le operazioni di pulizia spesso ricadono sulle spalle degli sherpa, che già affrontano enormi rischi fisici per guadagnare un salario modesto. Molti di loro partecipano a iniziative di raccolta dei rifiuti, trasportando materiali pesanti a valle a scapito della propria salute e sicurezza. Il Business Alpinistico: Opportunità e Rischi Il turismo alpinistico rappresenta una delle principali fonti di reddito per il Nepal, generando milioni di dollari ogni anno attraverso permessi, tasse e servizi correlati. Tuttavia, l’aumento incontrollato delle spedizioni ha portato a un sovraffollamento della montagna, con incidenti e vittime in aumento. Nel 2023, la cosiddetta "zona della morte" ha visto lunghe code di scalatori, creando situazioni di pericolo estremo. La competizione tra le agenzie turistiche per offrire prezzi più bassi ha ridotto gli investimenti in sicurezza e sostenibilità. Molte spedizioni non rispettano i requisiti di smaltimento dei rifiuti, nonostante le normative nepalesi prevedano una cauzione di 4.000 dollari per ogni spedizione, rimborsabile solo se i rifiuti vengono riportati a valle. Purtroppo, l’applicazione di tali regolamenti è spesso inefficace. Soluzioni e Iniziative Negli ultimi anni sono state avviate diverse iniziative per affrontare il problema dei rifiuti sull’Everest. Tra queste, spiccano i programmi di pulizia organizzati da ONG e governi locali. Una delle più significative è la "Sagarmatha Cleaning Campaign", che ha raccolto oltre 10 tonnellate di rifiuti solo nel 2022. Tuttavia, la soluzione a lungo termine richiede un cambiamento strutturale. Ecco alcune proposte: Limitare il numero di permessi: Ridurre il numero di spedizioni consentite per stagione per evitare il sovraffollamento. Maggiori controlli: Rafforzare l’applicazione delle normative sullo smaltimento dei rifiuti e aumentare le sanzioni per i trasgressori. Tecnologie sostenibili: Promuovere l’uso di attrezzature biodegradabili e sistemi innovativi per la gestione dei rifiuti. Educazione e consapevolezza: Sensibilizzare gli alpinisti e le agenzie turistiche sull’importanza della sostenibilità ambientale. Coinvolgimento delle comunità locali: Assicurare che le popolazioni locali traggano benefici diretti dal turismo, ad esempio attraverso programmi di formazione e lavori ben retribuiti. Conclusione Il Monte Everest è un simbolo di conquista umana, ma anche un monito sui costi ambientali del nostro desiderio di avventura. È fondamentale bilanciare il turismo alpinistico con la sostenibilità, proteggendo l’ecosistema fragile e rispettando le culture locali. Le soluzioni esistono, ma richiedono un impegno collettivo da parte di governi, agenzie turistiche, alpinisti e comunità locali. Il futuro dell’Everest dipende dalla nostra capacità di agire con responsabilità, trasformando una montagna di rifiuti in un esempio di gestione sostenibile e rispetto per il pianeta.Foto wikimedia© Riproduzione Vietata
SCOPRI DI PIU'La Cina di Fronte a una Nuova Minaccia: L'Inquinamento Ambientaledi Marco ArezioLa Cina della grande muraglia, della rivoluzione industriale, della potenza militare, dello sviluppo iper-tecnologico, dell’espansionismo nei paesi del terzo mondo specialmente in Africa e Sud America, delle guerre commerciali, delle pressioni sull’area indocinese, non aveva fatto i conti con il suo iper liberismo che è partito ai tempi di Deng, catapultando il paese dal socialismo maoista, che assicurava una ciotola di riso per tutti, alla rincorsa frenata a condizioni di vita più agiate rispetto alla dignitosa povertà in cui il popolo cinese aveva vissuto fino agli anni della pre industrializzazione diffusa. Le emergenze nazionali sono rappresentate principalmente dall’inquinamento dell’aria e da quello delle acque che ha fatto risvegliare in modo violento la Cina da un beato sonno in cui si vedevano solo le cose positive create dallo sviluppo, mettendo sotto il tappeto le conseguenze negative. Per quanto riguarda l’inquinamento dell’aria, secondo uno studio pubblicato della Berkeley Earth, in Cina muoiono circa 4000 persone al giorno per fenomeni legati a patologie che dipendono dall’inquinamento dell’aria. Gli scienziati attribuiscono la responsabilità dei decessi soprattutto alle emissioni delle centrali a carbone e in particolare alle minuscole particelle note come PM 2,5 che possono scatenare attacchi di cuore, ictus, cancro ai polmoni e asma e che , sempre secondo lo studio di Berkeley Earth, uccidono silenziosamente 1,5 milioni di persone all’anno, il 17% del livello di mortalità della Cina. Il governo cinese ha preso atto della situazione ambientale catastrofica assumendosi decisioni che stanno andando nella giusta direzione per cercare di risolvere la pericolosità dell’aria che viene respirata. Il prezzo da pagare non è stato basso, anzi i sistemi utilizzati dal governo sono stati piuttosto drastici. Oltre alla chiusura di tutte le fabbriche obsolete a carbone, è stato limitato l’uso di carbone e legna per il riscaldamento domestico nelle città. Inoltre il governo cinese ha puntato ingenti risorse sull’eolico e sul solare, iniziando la produzione di energia verde che contribuirà ad abbassare il livello degli inquinanti nell’aria nei prossimi anni. Per quanto riguarda il settore dei trasporti il governo prevede entro il 2020 la presenza sulle proprie strade di 200.000 veicoli elettrici e la messa al bando di 500 modelli di auto in circolazione considerati inquinanti. L’azione riformatrice del governo cinese non si esaurisce qui infatti sta cercando soluzioni anche contro la desertificazione e la de- ossigenazione dell’aria prevedendo la realizzazione di un piano di piantumazione ambizioso, infatti saranno messi a dimora circa 26 miliardi di piante nei prossimi 10 anni. Per quanto riguarda invece la situazione delle acque, attualmente, un terzo delle risorse idriche nel paese non è potabile e il 15% non è utilizzabile nemmeno per l’irrigazione o la produzione, in quanto è inquinata da pesticidi, scarichi industriali e fertilizzanti. Di conseguenza l’attività ittica è globalmente compromessa visto che il pescato presenta un grado di inquinamento altamente pericoloso per la salute. Alla luce di questo problema il governo ha costituito la figura del responsabile delle acque, che non è in ogni caso del tutto nuova, infatti questa posizione è nata già dal 2007, nell’area di Shanghai, quando accadde un grave incidente ambientale nel lago di Taihu, uno dei più grandi del paese, dove ci fu un’ invasione di alghe velenose. Circa 5 milioni di abitanti della città di Wuxi non avevano la possibilità di usufruire delle risorse idriche per la vita quotidiana e fu per questo che venne costituita la figura del responsabile delle acque che aveva il potere di sovraintendere le molte autorità sciogliendo finalmente l’ingorgo dei poteri e lo stallo decisionale.
SCOPRI DI PIU'L'inquinamento atmosferico, indoor e idrico continua a minacciare la salute globale: cause, impatti e soluzioni per affrontare una crisi persistentedi Marco ArezioL’inquinamento rappresenta uno dei più gravi problemi sanitari e ambientali a livello mondiale, con un bilancio drammatico: circa 9 milioni di decessi all'anno, una cifra che, pur restando stabile rispetto al 2015, nasconde trasformazioni importanti nelle cause sottostanti. Questo dato, riportato dalle più recenti ricerche internazionali sulla salute pubblica, mostra come l’inquinamento rimanga uno dei principali fattori di mortalità, soprattutto nei paesi in via di sviluppo, ma con un’evoluzione nelle dinamiche. Inquinamento indoor in calo: l’effetto del progresso abitativo Negli ultimi anni, si è osservata una riduzione significativa dei decessi legati all’inquinamento indoor, ovvero quello derivante dalla qualità dell’aria all’interno delle abitazioni. Questa tendenza positiva è particolarmente evidente nei paesi a basso e medio reddito, dove miglioramenti nelle infrastrutture abitative e l’accesso a fonti di energia più pulite hanno ridotto l’uso di combustibili solidi, come legna e carbone, per cucinare e riscaldare le case. Questi combustibili rilasciano particolato fine (PM2.5) e altre sostanze tossiche che possono provocare malattie respiratorie croniche, polmoniti e altre patologie mortali, soprattutto tra donne e bambini. L’adozione di soluzioni più sostenibili e moderne, come l’elettricità e il gas naturale, ha contribuito a migliorare la qualità dell’aria domestica e, di conseguenza, la salute delle popolazioni più vulnerabili. Tuttavia, questa transizione energetica non è ancora universale e resta un obiettivo da raggiungere in molte aree rurali e urbane dei paesi meno sviluppati. L’incremento dell’inquinamento esterno e industriale Se da un lato l’inquinamento indoor sta diminuendo, dall’altro l’inquinamento atmosferico esterno continua a peggiorare, con gravi ripercussioni sulla salute pubblica. La crescita della popolazione mondiale, l’aumento delle attività industriali e il numero sempre maggiore di veicoli su strada contribuiscono all’aumento delle emissioni di gas e particolato fine nell’ambiente. Le principali fonti di inquinamento esterno includono: - Traffico veicolare: I gas di scarico delle auto, in particolare i diesel, rilasciano ossidi di azoto (NOx), monossido di carbonio (CO) e particolato che penetrano profondamente nei polmoni. - Industrie: Le emissioni delle attività manifatturiere, chimiche e di produzione energetica costituiscono una quota rilevante dell’inquinamento globale, soprattutto nei paesi con regolamentazioni ambientali meno stringenti. - Urbanizzazione crescente: La costruzione di infrastrutture e la cementificazione contribuiscono al deterioramento della qualità dell’aria nelle città. Questi fattori sono responsabili dell’aumento dei casi di malattie cardiache, ictus, cancro ai polmoni e malattie croniche respiratorie. La situazione è particolarmente critica nelle megalopoli dell’Asia e dell’Africa, dove l’inquinamento atmosferico ha raggiunto livelli insostenibili. L’acqua inquinata: una minaccia sottovalutata Un aspetto spesso trascurato riguarda l’impatto dell’inquinamento delle acque sulla salute globale. Secondo recenti stime, oltre 1,3 milioni di decessi annuali sono attribuibili al consumo di acqua contaminata e alla mancanza di servizi igienico-sanitari adeguati. L’acqua inquinata può contenere batteri patogeni, metalli pesanti e agenti chimici tossici, derivanti da scarichi industriali, rifiuti non trattati e pesticidi. Le conseguenze dell’acqua contaminata sono particolarmente devastanti nei paesi in via di sviluppo, dove malattie come il colera, la diarrea e l’epatite A continuano a mietere vittime, soprattutto tra i bambini. L’accesso a fonti d’acqua pulita e potabile resta una priorità globale, poiché rappresenta una delle misure più efficaci per ridurre la mortalità legata all’inquinamento. Soluzioni e interventi necessari Affrontare l’emergenza globale dell’inquinamento richiede un approccio multidisciplinare e coordinato a livello internazionale. Alcuni interventi chiave includono: - Riduzione delle emissioni industriali e dei trasporti: Investire in tecnologie più pulite, migliorare le normative ambientali e incentivare l’uso di mezzi di trasporto sostenibili. - Transizione energetica: Promuovere fonti di energia rinnovabile per ridurre la dipendenza da combustibili fossili. - Miglioramento dell’accesso all’acqua pulita: Investire in infrastrutture idriche e sistemi di depurazione, soprattutto nelle aree più vulnerabili. - Educazione e sensibilizzazione: Informare le popolazioni sui rischi dell’inquinamento e promuovere pratiche più sostenibili. Conclusioni L’inquinamento continua a rappresentare una delle principali cause di morte a livello globale, ma le sue dinamiche stanno cambiando. Mentre si registrano progressi nella riduzione dell’inquinamento indoor, l’inquinamento atmosferico esterno e quello idrico restano sfide urgenti. Investire in soluzioni sostenibili e adottare politiche ambientali più rigorose è essenziale per proteggere la salute umana e l’ambiente, garantendo un futuro più sicuro e pulito per le prossime generazioni.© Riproduzione Vietata
SCOPRI DI PIU'Benefici Ambientali, Salute Pubblica e Mitigazione del Cambiamento Climaticodi Marco ArezioLa forestazione urbana rappresenta una strategia fondamentale per migliorare la qualità della vita nelle città. Attraverso la piantumazione di alberi e la creazione di spazi verdi, è possibile ottenere numerosi benefici ambientali, sociali ed economici. Questo articolo esplora i vantaggi della forestazione urbana, concentrandosi sulla salute umana, sulla riduzione degli inquinanti atmosferici e sull'attenuazione delle isole di calore urbane. Verranno inoltre proposte simulazioni su quantità e tipologie di piante necessarie per abitante per massimizzare questi benefici. Forestazione Urbana - Vantaggi sulla Salute Purificazione dell'Aria e riduzione degli inquinantiGli alberi urbani sono essenziali per filtrare gli inquinanti atmosferici, tra cui particolato fine, ozono, biossido di azoto e monossido di carbonio. Uno studio del 2019 ha dimostrato che in una città media europea, piantare almeno tre alberi per abitante può ridurre significativamente la concentrazione di particolato fine nell'aria, migliorando la salute respiratoria della popolazione.Assorbimento di CO2 Gli alberi giocano un ruolo cruciale nell'assorbimento del biossido di carbonio, contribuendo significativamente alla lotta contro il cambiamento climatico. Un singolo albero maturo può assorbire fino a 150 kg di CO2 all'anno. Implementando piani di forestazione urbana, le città possono compensare una parte delle loro emissioni di gas serra.Riduzione del Particolato Fine La capacità degli alberi di trattenere particelle sottili dall'aria è un altro beneficio importante. Studi hanno dimostrato che la forestazione urbana può ridurre le concentrazioni di PM2.5, particolato fine che rappresenta un serio rischio per la salute umana, fino al 20-30%. Attenuazione delle Isole di Calore Urbane Effetto Refrigerante Le isole di calore urbane, aree della città significativamente più calde del loro circondario rurale, sono mitigate efficacemente attraverso la forestazione urbana. La traspirazione degli alberi e l'ombreggiatura contribuiscono a ridurre le temperature ambientali. Un'area ben piantumata può essere fino a 8°C più fresca rispetto a zone urbane senza copertura verde. Incremento del Comfort Abitativo La riduzione delle temperature estive grazie alla presenza di alberi migliora il comfort abitativo e riduce la necessità di condizionamento d'aria, portando a un significativo risparmio energetico. Un'analisi del 2021 ha rivelato che incrementare del 30% la copertura arborea in una città può ridurre il consumo di energia per il raffrescamento fino al 50%. Benefici Psicologici La presenza di spazi verdi urbani contribuisce anche al benessere psicologico, riducendo lo stress e promuovendo attività fisica. Secondo una ricerca pubblicata nel 2020, le persone che vivono entro 500 metri da aree verdi urbane riportano livelli di stress inferiore e una migliore qualità della vita. Strategie di Implementazione: Pianificazione e Gestione La pianificazione e la gestione della forestazione urbana richiedono un approccio olistico che tenga conto di variabili ambientali, sociali ed economiche. Pianificazione Urbana: Integrare la forestazione urbana nelle politiche di pianificazione urbana è essenziale. Ciò include la definizione di zone verdi protette, la creazione di corridoi verdi che collegano diversi spazi verdi della città, e l'implementazione di normative che incoraggiano o impongono la piantumazione di alberi in nuovi sviluppi urbani. Gestione Sostenibile: La manutenzione degli spazi verdi urbani richiede una gestione attenta per garantire la loro sostenibilità a lungo termine. Questo include pratiche di irrigazione efficienti, la scelta di piante adatte al clima locale, e programmi di sostituzione per gli alberi malati o vecchi. Casi Studio: Esempi di Successo Internazionali Casi studio da tutto il mondo dimostrano l'efficacia della forestazione urbana nell'affrontare le sfide ambientali e sociali delle città moderne. Conosciuta come la "Città Giardino", Singapore è un esempio primario di forestazione urbana integrata nella pianificazione città. Attraverso un impegno governativo decennale, Singapore ha trasformato il suo paesaggio urbano in uno degli spazi urbani più verdi del mondo, migliorando significativamente la qualità dell'aria e riducendo le temperature urbane. La città di Milano ha intrapreso il progetto "Forestami" con l'obiettivo di piantare 3 milioni di alberi entro il 2030. Questo progetto punta a incrementare la biodiversità, migliorare la qualità dell'aria e combattere le isole di calore, trasformando Milano in un modello di sostenibilità urbana. Quantità e Tipologia di Piante per Abitante Per realizzare una forestazione urbana efficace, è fondamentale adottare un approccio basato su dati scientifici. Le simulazioni effettuate da studi recenti forniscono linee guida precise su quantità e tipologie di piante per ottenere i massimi benefici in termini di qualità dell'aria, riduzione delle isole di calore e benessere psicofisico. Quantità di Piante: La densità ottimale di piantumazione varia in base alle dimensioni della città e alla sua struttura urbanistica. Generalmente, si raccomanda la piantumazione di almeno 3-5 alberi di grande taglia per abitante. Questo target permette di creare una copertura arborea capillare che può offrire benefici tangibili in termini di riduzione dell'inquinamento e miglioramento del microclima urbano. Tipologia di Piante: La selezione delle specie è critica. Alberi come querce, platani e frassini sono preferibili per la loro grande capacità di assorbimento del CO2 e per la loro efficacia nel filtrare particolato fine dall'aria. Allo stesso tempo, è importante includere specie a foglia caduca per garantire una copertura solare in inverno e ombreggiamento in estate, oltre a specie sempreverdi per un verde urbano costante. Conclusione La forestazione urbana rappresenta una strategia ecologica e sostenibile per affrontare molteplici sfide ambientali e sociali nelle aree urbane. Attraverso la piantumazione mirata e la manutenzione di spazi verdi, le città possono diventare più vivibili, salutari e resilienti ai cambiamenti climatici.
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