Un Viaggio Attraverso la Storia della Cura Dentale, dall'Antichità alle Innovazioni Moderne in Materiali e Sostenibilitàdi Marco ArezioIl tubetto di dentifricio, un oggetto apparentemente semplice, ha una storia lunga e complessa che si intreccia con l'evoluzione della cura dentale e delle tecnologie dei materiali. Sin dai tempi antichi, l'igiene orale ha rivestito un ruolo importante nella vita umana, e i metodi per pulire i denti hanno subito numerose trasformazioni. I tubetti di dentifricio, così come li conosciamo oggi, sono il risultato di secoli di innovazioni, dall'invenzione delle prime paste dentali fino alla scelta dei materiali per il confezionamento. Le Origini della Cura Dentale L'uso di sostanze per pulire i denti risale a migliaia di anni fa. Gli Egizi, intorno al 3000 a.C., utilizzavano un mix di polveri abrasive composte da ceneri di ossa e gusci d'uovo, mescolate con mirra e altri ingredienti aromatici. Gli antichi Greci e Romani utilizzavano sostanze simili, arricchite con polvere di carbone o di corallo. Questi metodi rudimentali di pulizia erano prevalentemente a base di polveri, e venivano applicati con l'ausilio di panni o con le dita. La Transizione alle Paste DentaliL'evoluzione verso le paste dentali moderne iniziò nel XIX secolo. Nel 1824, un dentista di nome Peabody fu uno dei primi a introdurre il sapone nelle formulazioni per migliorare le capacità detergenti delle polveri dentali. Poco dopo, nel 1873, la Colgate & Company iniziò a produrre la prima pasta dentale in commercio, venduta in barattoli di vetro. Questi contenitori, sebbene innovativi, presentavano alcuni inconvenienti, come la difficoltà di dosaggio e la non praticità nell'uso quotidiano.L'Invenzione del Tubetto di DentifricioWashington Sheffield. By Sheffield Pharmaceuticals - Sheffield Pharmaceuticals Private Il vero punto di svolta arrivò nel 1892, quando il dentista Dr. Washington Sheffield di New London, Connecticut, introdusse per la prima volta un tubetto di metallo per contenere la pasta dentale. Ispirato dai tubetti utilizzati per le vernici dagli artisti, Sheffield capì che questo tipo di confezione era ideale per mantenere la freschezza della pasta, proteggerla da contaminazioni esterne e facilitare l'uso quotidiano grazie alla possibilità di spremere facilmente il contenuto. Questo tubetto era realizzato in stagno, un metallo morbido e malleabile, che poteva essere facilmente piegato per sigillare il prodotto all'interno. Nel 1896, la Colgate & Company seguì l'esempio di Sheffield e lanciò il suo primo tubetto di dentifricio in metallo, avviando così una rivoluzione nel settore dell'igiene orale. Da quel momento in poi, il tubetto divenne lo standard per il confezionamento del dentifricio. L'Evoluzione dei Materiali Con il passare del tempo, l'industria del dentifricio si è evoluta, e con essa anche i materiali utilizzati per i tubetti. Sebbene i primi tubetti fossero realizzati in stagno, questo metallo presentava alcuni problemi, tra cui la possibilità di corrodersi a contatto con i componenti acidi del dentifricio. Negli anni '50, con l'avvento delle materie plastiche, i tubetti in metallo iniziarono gradualmente a essere sostituiti da tubetti in plastica laminata, costituiti da più strati di diversi polimeri. I tubetti laminati, spesso composti da polietilene e alluminio, offrivano numerosi vantaggi: erano più leggeri, resistenti alla corrosione, e potevano essere prodotti a costi inferiori. Inoltre, questi nuovi materiali consentivano una maggiore flessibilità nel design e nella stampa, permettendo ai produttori di personalizzare i tubetti con colori vivaci e loghi accattivanti. Negli anni recenti, la crescente consapevolezza ambientale ha spinto l'industria a esplorare materiali più sostenibili. Alcuni produttori hanno iniziato a introdurre tubetti completamente riciclabili, realizzati interamente in polietilene monomateriale, che possono essere riciclati insieme agli altri rifiuti di plastica. Altri stanno sperimentando l'uso di bioplastiche, ottenute da risorse rinnovabili come il mais o la canna da zucchero, per ridurre l'impatto ambientale del prodotto finale. Le Materie Prime dei Dentifrici Accanto all'evoluzione dei tubetti, anche la formulazione del dentifricio ha subito significativi cambiamenti. Le materie prime usate per la produzione del dentifricio sono una combinazione di sostanze abrasive, agenti leganti, umettanti, saponi o tensioattivi, aromi, coloranti, conservanti e, ovviamente, fluoruro. Abrasivi: Gli abrasivi sono utilizzati per rimuovere la placca e le macchie superficiali dai denti. I composti più comuni includono il carbonato di calcio, il fosfato di calcio e il biossido di silicio. Questi materiali devono essere abbastanza duri per pulire, ma non così abrasivi da danneggiare lo smalto dentale. Agenti leganti: Questi agenti, come la gomma di xantano o il carbossimetilcellulosa, sono utilizzati per stabilizzare la pasta e prevenire la separazione dei componenti. Umettanti: Gli umettanti, come la glicerina e il sorbitolo, sono aggiunti per mantenere l'umidità del dentifricio e prevenire che si secchi. Tensioattivi: Il laurilsolfato di sodio è il tensioattivo più comunemente utilizzato, che aiuta a creare la schiuma durante lo spazzolamento e a distribuire uniformemente il dentifricio sulla superficie dei denti. Aromi e dolcificanti: Aromi, come la menta, e dolcificanti, come il saccarosio e il sorbitolo, sono aggiunti per migliorare il gusto del dentifricio, rendendo l'esperienza di spazzolamento più piacevole. Fluoruro: Il fluoruro è uno degli ingredienti chiave del dentifricio moderno, noto per la sua capacità di rafforzare lo smalto dei denti e prevenire le carie. Viene generalmente utilizzato sotto forma di fluoruro di sodio, fluoruro stannoso o monofluorofosfato di sodio. Conservanti e coloranti: Per garantire la durata del dentifricio e la stabilità nel tempo, vengono aggiunti conservanti come il benzoato di sodio, e coloranti per rendere il prodotto esteticamente attraente.Starks Tandpasta, Storico Dentifricio olandese. Foto WimediaInnovazioni Recenti e SostenibilitàNegli ultimi anni, l'attenzione si è spostata anche verso l'impatto ambientale dei dentifrici e dei loro tubetti. Con milioni di tubetti di dentifricio venduti ogni anno in tutto il mondo, lo smaltimento di questi materiali rappresenta una sfida significativa. Questo ha portato a innovazioni sia nella formulazione del dentifricio che nel design dei tubetti. Ad esempio, alcuni marchi stanno sviluppando dentifrici solidi, venduti in barattoli riutilizzabili, o in forma di compresse, eliminando completamente la necessità di un tubetto. Altri stanno lavorando su formule prive di microplastiche e ingredienti chimici potenzialmente dannosi per l'ambiente. Parallelamente, i produttori di tubetti stanno esplorando materiali riciclabili al 100%, come il polietilene ad alta densità (HDPE), che può essere riciclato insieme ai contenitori di plastica rigida. Questi sforzi sono parte di un movimento più ampio verso la sostenibilità, che mira a ridurre l'impatto ambientale dei prodotti di consumo quotidiano. Conclusione La storia dei tubetti di dentifricio riflette non solo l'evoluzione della tecnologia e dei materiali, ma anche i cambiamenti nelle aspettative dei consumatori e nella consapevolezza ambientale. Da semplici contenitori in stagno, i tubetti si sono trasformati in oggetti di design avanzato, realizzati con materiali sofisticati che rispondono alle esigenze moderne di praticità e sostenibilità. Allo stesso tempo, la composizione del dentifricio è passata da rudimentali miscele di polveri a complesse formulazioni scientifiche, in grado di fornire una protezione efficace contro le carie e migliorare l'igiene orale. Questa continua evoluzione è un esempio perfetto di come anche gli oggetti più comuni possano nascondere storie affascinanti e intricate di innovazione e progresso.© Riproduzione VietataPubblicità cinematografica del 1935 per il dentifricio. Foto Tho-RadiaFoto di copertina Wikimedia
SCOPRI DI PIU'Come le dinamiche relazionali, la leadership e la comunicazione influenzano l'efficienza e la coesione in un team prevalentemente composto da donnedi Marco ArezioNegli ultimi anni, la presenza femminile nei luoghi di lavoro è cresciuta in maniera significativa, contribuendo alla diversificazione e arricchimento delle dinamiche professionali. L'analisi dei team prevalentemente composti da donne solleva questioni interessanti riguardo agli equilibri e ai disequilibri che possono emergere in tali contesti, dal punto di vista della gestione delle relazioni interpersonali, della leadership, della comunicazione e della performance collettiva. Lungi dal voler generalizzare o stereotipare, è importante esaminare questi aspetti con uno sguardo analitico e contestualizzato, riconoscendo le sfide e le opportunità specifiche che un team prevalentemente femminile può affrontare. Il concetto di equilibrio in un team L'equilibrio in un team di lavoro si riferisce a una situazione in cui tutti i membri si sentono inclusi, valorizzati e in grado di contribuire al raggiungimento degli obiettivi comuni. Un team bilanciato è caratterizzato da una buona distribuzione delle responsabilità, una comunicazione fluida, una leadership efficace e una gestione armoniosa dei conflitti. In un team composto prevalentemente da donne, è fondamentale capire come le caratteristiche culturali e sociali legate al genere possano influenzare tali dinamiche. Uno dei punti di forza spesso riscontrati nei team femminili è la capacità di costruire relazioni interpersonali profonde, basate sull’empatia e sulla collaborazione. Questo tipo di legame può contribuire a creare un ambiente di lavoro più inclusivo e favorevole allo sviluppo della fiducia reciproca. Le donne tendono, in media, ad avere uno stile comunicativo orientato alla coesione e al confronto costruttivo, che può favorire il coinvolgimento di tutti i membri del team e l’elaborazione di decisioni condivise. Gli equilibri nel team femminile Uno degli aspetti positivi osservati in team prevalentemente femminili riguarda la gestione delle emozioni e la capacità di risolvere i conflitti in modo empatico. La maggiore propensione alla sensibilità emotiva e all'ascolto attivo, tipicamente attribuita alle donne in contesti di gruppo, può favorire la risoluzione dei problemi in modo pacifico e propositivo. Questo approccio permette spesso di prevenire l’insorgere di malintesi o tensioni, creando un clima di lavoro armonioso e costruttivo. Un altro elemento di equilibrio che si riscontra nei team femminili è la tendenza a un maggiore orientamento verso il consenso. Questo può risultare in decisioni più ponderate e meno impulsive, grazie alla capacità di valutare attentamente i pro e i contro di una scelta. L'inclusività nei processi decisionali può essere un grande vantaggio, soprattutto in settori dove la cooperazione e il coordinamento sono fondamentali per il successo del gruppo. La leadership femminile, inoltre, spesso si distingue per uno stile più orizzontale e partecipativo rispetto a un modello di leadership più gerarchico e autoritario. Questo approccio favorisce la creazione di team coesi, dove ogni membro si sente libero di esprimere le proprie idee e contribuisce attivamente al raggiungimento degli obiettivi collettivi. I possibili disequilibri in un team femminile Nonostante questi aspetti positivi, i team prevalentemente femminili possono anche affrontare delle problematiche specifiche. Una delle principali è legata alla tendenza ad evitare il conflitto diretto, il che può portare a una gestione non ottimale delle tensioni. Mentre l’empatia e la capacità di comprendere le emozioni altrui possono essere un vantaggio, possono anche diventare un ostacolo quando si evita il confronto per paura di creare disarmonia. Ciò può portare a frustrazioni non espresse e a una comunicazione indiretta, che a lungo andare può minare la coesione del team. Un altro potenziale disequilibrio riguarda l’eccessiva ricerca di consenso. Sebbene, come detto, la partecipazione e l'inclusività siano importanti, un processo decisionale troppo lungo e orientato al compromesso può rallentare l'efficienza del gruppo. In alcuni casi, il desiderio di mantenere un ambiente sereno e collaborativo può portare a evitare decisioni difficili o a rimandare scelte critiche. Inoltre, il rischio di polarizzazione emotiva può emergere nei team femminili, dove l’intensità delle relazioni interpersonali può dare origine a dinamiche di alleanze o gruppi chiusi all’interno del team. Se queste dinamiche non vengono gestite con cura, possono portare a conflitti sotterranei, all'esclusione di alcuni membri o alla creazione di una competizione malsana. Gestione dei disequilibri: leadership e cultura aziendale Per prevenire e gestire i disequilibri in un team prevalentemente femminile, è cruciale un approccio di leadership consapevole. I leader, indipendentemente dal genere, devono essere in grado di riconoscere e affrontare le sfide legate alla comunicazione e alla gestione dei conflitti. Promuovere una cultura della trasparenza, dove il confronto costruttivo è incoraggiato e le divergenze vengono viste come opportunità di crescita, può aiutare a prevenire l’accumulo di tensioni latenti. Un altro aspetto fondamentale è quello di bilanciare la ricerca del consenso con l’esigenza di prendere decisioni efficaci. I leader devono saper riconoscere quando è il momento di ascoltare e coinvolgere tutto il team, ma anche quando è necessario prendere una decisione in maniera autonoma per il bene del progetto. Infine, un buon equilibrio tra vita personale e professionale può aiutare a mantenere un clima sereno e collaborativo all’interno del team. Le donne, spesso caricate di responsabilità familiari e professionali, possono trovare difficile bilanciare questi aspetti della vita quotidiana. Un’organizzazione del lavoro che tenga conto di queste esigenze può contribuire a ridurre lo stress e favorire una maggiore produttività e soddisfazione personale. Conclusioni In un team prevalentemente femminile, l’equilibrio può essere raggiunto grazie a una gestione consapevole delle dinamiche relazionali e delle emozioni. Le qualità intrinseche alla comunicazione empatica e alla collaborazione possono rappresentare un grande vantaggio per la coesione e il successo del gruppo, ma è importante essere consapevoli dei possibili disequilibri che possono sorgere, soprattutto in termini di gestione dei conflitti e processi decisionali. La leadership gioca un ruolo cruciale nel creare un ambiente di lavoro in cui tutte le voci vengano ascoltate e in cui le differenze siano valorizzate come risorsa. Solo attraverso un’attenzione costante alla gestione dei disequilibri e alla promozione di un dialogo aperto e trasparente si può garantire un clima di lavoro armonioso, in cui le potenzialità di ogni membro del team possano esprimersi al meglio.© Riproduzione Vietata
SCOPRI DI PIU'Produzione, recupero, riciclo e riuso degli pneumaticidi Marco ArezioSembra incredibile ma nel 2019 sono stati venduti nel mondo circa 3 miliardi di pneumatici, un volume enorme di materie prime impiegate, il cui prodotto finale deve essere riciclato nel rispetto delle regole dell’economia circolare. Siamo abituati a vedere gli pneumatici nella nostra vita quotidiana, sulle auto, bici, moto e su tutti gli altri mezzi della mobilità che incontriamo ogni giorno, ma dobbiamo anche pensare, in un’ottica di economia circolare, come dare una seconda vita agli pneumatici e come far diventare sostenibile il prodotto che usiamo. Per fare questo dovremmo conoscere un pò di storia del prodotto, di come viene realizzato e quali metodi oggi conosciamo per il loro smaltimento. La Storia La storia degli pneumatici è da far risalire al brevetto depositato a Londra dallo scozzese Robert William Thomson, nel 1846, ben prima della diffusione delle auto, camion, corriere e delle moto. Erano anche gli anni in cui la gomma naturale si affacciava al mondo industriale, (vedi articolo), e si provava a modellarla in forme differenti a varie temperature, per saggiarne la consistenza a caldo e a freddo. Negli Stati Uniti, nello stesso periodo, Charles GoodYear, dopo lunghi studi iniziati nel 1839 che si occupavano delle reazioni tra gomma con lo zolfo, riuscì a brevettare nel 1844, un compound attraverso il quale si potevano gestire le deformazioni elastiche della gomma sotto l’effetto delle temperature. Ma l’invenzione dei due ricercatori rimase lettera morta finché si arrivò ad inventare la camera d’aria che potesse sopportare, all’interno del pneumatico, il peso e le torsioni impresse dal mezzo in movimento. I vantaggi della ruota “ad aria” erano riassunti in una minore forza necessaria al movimento del mezzo, più silenziosità, maggiore confort e maggiore manovrabilità. Nonostante questi indubbi successi, dal punto di vista industriale non ci fù seguito e la ruota ad aria fu dimenticata rapidamente. Si dovette aspettare il 1888 quando John Boyd Dunlop brevettò nuovamente un pneumatico ad aria per biciclette e l’anno successivo lo applicò alla bicicletta di William Hume, un ciclista mediocre, che con questa rivoluzionaria bicicletta vinse, a Belfast, tutte e tre le competizioni a cui si era iscritto. Il successo fu tale che iniziò la produzione in serie di queste biciclette equipaggiate con il rivoluzionario pneumatico. Gli studi in quel periodo non si concentrarono solo sugli pneumatici, ma anche sui cerchioni che dovevano contenerli, sulle mescole per ispessire parti in cui gli sforzi del rotolamento erano superiori, sui problemi legati al surriscaldamento dei fili di orditura e, infine, per proteggere la ruota dalle forature. Nel 1912 gli pneumatici passarono dai colori chiari al nero, in quanto si era scoperto che l’aggiunta di nero fumo alla mescola, aumentasse la resistenza all’usura della gomma. Durante questi anni la produzione delle auto aumentò e l’adozione della gomma ad aria è da attribuire ai fratelli Michelin, che la testarono nella corsa Parigi-Brest-Parigi, del 1891, che vinsero con solo 5 forature. Processo di vulcanizzazione della gomma Il cuore del processo di produzione degli pneumatici sta nel principio di vulcanizzazione della materia prima, che consiste nel riscaldamento della gomma con lo zolfo. La vulcanizzazione tra il poliisoprene e lo zolfo provoca una modifica della struttura molecolare del polimero creando un aumento dell’elasticità e della resistenza a trazione del prodotto, riducendo l’abrasività e l’appicicosità iniziale. La realizzazione del processo di vulcanizzazione si ottiene attraverso una mescola tra l’elastomero, lo zolfo e altri additivi chimici quali acceleranti, attivatori, rinforzanti, antiossidanti, inibitori e anti invecchianti. Il Riciclo degli pneumatici Come abbiamo visto in precedenza, nel solo 2019 sono stati venduti circa 3 miliardi di pneumatici, che avranno un’usura in un certo lasso temporale, per poi venire sostituiti con altri articoli nuovi. Questo succede ogni anno, da anni, così da generare un’immensa quantità di pneumatici esausti che fino a poco tempo fà finivano in discarica o in centri di stoccaggio, perchè il loro riciclo era complicato a causa del mix di componenti che il prodotto contiene. Oggi disponiamo di alcuni processi di recupero degli pneumatici che possono ridurre la pressione tra produzione e riciclo. Possiamo elencare tre procedimenti di riciclo: Triturazione Meccanica Il processo prevede la triturazione grossolana degli pneumatici con pezzature intorno a 70 o 100 mm. per lato, passando poi attraverso il processo di asportazioni delle parti metalliche, la granulazione, con un’ulteriore pulizia e il processo finale di micronizzazione in cui il prodotto risulterà, pulito e diviso in differenti granulometrie. Processo Criogenico Il processo prevede una prima fase di triturazione grossolana degli pneumatici con relativa asportazione delle parti metalliche. Successivamente il macinato viene sottoposto ad un raffreddamento con azoto liquido, in modo da ricreare una struttura cristallina e fragile che permette facilmente una nuova triturazione fine. Il materiale di risulta viene poi trattato attraverso il processo di polverizzazione con mulini a martelli o dischi. Processo ElettrotermicoIl processo prevede la prima riduzione meccanica dimensionale del prodotto per poi essere inseriti in forni verticali ad induzione magnetica. In questi forni avviene il distaccamento delle parti metalliche dalla gomma sotto l’effetto di una temperatura di circa 700 gradi. Alla fine di questa operazione, la parte di gomma viene raccolta ed avviata alla de-vulcanizzazione che consiste nel riportare, l’elemento recuperato, ad una forma chimica simile all’elastomero originale, attraverso processi termochimici in autoclavi. Quali sono le caratteristiche della materia prima riciclata e quali i suoi impieghi? I granuli in gomma riciclata, vengono impiegati per la realizzazione di conglomerati resino-gommosi utilizzandoli in mescola al 60/70%, impiegando macchine a stampaggio a freddo. Per quanto riguarda il polverino, il suo impiego può essere abbinabile ad impasti con l’elastomero vergine ed impiegato attraverso i processi di pressofusione o altri tipi di stampaggio a caldo. C’è però da constatare che il riciclo degli pneumatici risulta ancora molto ridotto rispetto al totale raccolto, il che fa aumentare i costi per lo smaltimento, lasciando aperto il problema della loro gestione post vita. Le principali applicazioni dei granuli e del polverino le possiamo trovare nella produzione di superfici drenanti per campi con erba sintetica, asfalti, superfici che attutiscono le cadute nei capi gioco, pavimenti antiscivolo, isolanti acustici, accessori per l’arredo urbano, materassi per allevamenti e altri articoli. Nuovi studi sul riciclo Attualmente gli studi in corso, per cercare di aumentare la percentuale di riutilizzo degli pneumatici esausti, si indirizzano sui processi di scomposizione dei legami chimici che l’elastomero, lo zolfo e gli additivi creano tra di loro. I ricercatori dell’Università Mc Master hanno sviluppato, a livello sperimentale, un sistema che possa tagliare i legami polimerici orizzontali spezzando la maglia che tiene insieme, chimicamente, i vari componenti, riportandoli allo stato primario.Categoria: notizie - plastica - economia circolare - riciclo - rifiuti - pneumatici
SCOPRI DI PIU'Amazon ha deciso che gli articoli in plastica monouso saranno esclusi dalla vendita a partire fine del 2020 di Marco ArezioCi siamo occupati nel passato, in alcuni articoli, del problema relativo all'impatto dei rifiuti prodotti dal commercio on-line in termini di packaging usa e getta, specialmente di cartone, che questo tipo di commercio produceva. Abbiamo sottolineato come colossi del calibro di Amazon potessero incidere a livello mondiale sulla crescita dei rifiuti da imballo. Dobbiamo doverosamente citare la lodevole decisione di Amazon, come riportata da Money.it, di mettere al bando i prodotti fatti di plastica monouso dalla dine del 2020.Svolta storica per Amazon: il colosso degli e-commerce ha annunciato che non venderà più articoli e oggetti in plastica monouso in Italia e in alcuni paesi dell’Unione europea a partire da fine anno. Dal 21 dicembre 2020 non si potranno più acquistare su Amazon oggetti monouso in plastica realizzati con plastica oxo-degradabile: questa scelta renderà di conseguenza impossibile ordinare articoli come piatti e posate di plastica, cannucce, contenitori per alimenti, cotton fioc e molto altro. La svolta green di Amazon, dopo l’introduzione dei primi veicoli elettrici per le consegne, prosegue e la novità verrà applicata anche in Regno Unito, Francia, Spagna, Germania, Olanda e Turchia. Ecco cosa cambia e quali sono i piani a lungo termine di Jeff Bezos nella lotta alla plastica. L’elenco degli oggetti in plastica monouso che ogni giorno utilizziamo, e acquistiamo anche su Amazon, è lungo e comprende una lista di diversi articoli che, una volta gettati nella spazzatura (spesso non differenziata) ha un forte impatto sull’ecosistema. Amazon aveva in realtà alzato già da tempo i prezzi per piatti e posate di plastica acquistabili negli store online, che venivano venduti a un costo superiore rispetto a quello proposto nei supermercati tradizionali (una mossa sottile utile anche a scoraggiarne l’acquisto). Ora si passa allo step successivo e la data del 21 dicembre 2020 rappresenterà uno switch importante non solo per Amazon ma anche per gli utenti: Jeff Bezos spinge l’acceleratore sulla strada del Climate Pledge, il patto stilato da Amazon e le grandi multinazionali per raggiungere gli obiettivi sul clima dell’Accordo di Parigi entro il 2030.
SCOPRI DI PIU'Investimento di 60 milioni di euro per un impianto di riciclaggio all'avanguardia in Sudafrica di Marco ArezioALPLA sta investendo 60 milioni di euro nella costruzione di un impianto di riciclo all'avanguardia a Ballito, nella provincia sudafricana di KwaZulu-Natal. La costruzione dell'impianto, che si estende su una superficie di 90.000 metri quadrati, è già in fase avanzata. A partire dall'inizio del 2025, si prevede che l'impianto produca annualmente oltre 35.000 tonnellate di PET riciclato (rPET). Re-Purpose, con sede a Durban, è uno dei leader di mercato nella logistica inversa dei rifiuti plastici post-consumo, grazie a programmi di raccolta orientati alla fonte. Con quattro centri di recupero materiali sparsi per il KwaZulu-Natal, Re-Purpose sta sviluppando e potenziando le comunità locali e i centri di acquisto, permettendo la raccolta e il riciclo di un volume significativo di rifiuti plastici. Questo modello crea anche centinaia di posti di lavoro e fonti di reddito per persone precedentemente svantaggiate.Unione delle Forze per un'Economia Circolare La partnership combina l'esperienza nel riciclo di ALPLA con l'innovativa logistica inversa di Re-Purpose. Unendo le forze, le due aziende mirano a sviluppare soluzioni innovative e a promuovere l'economia circolare. Allo stesso tempo, verranno creati numerosi posti di lavoro nel KwaZulu-Natal, nelle province limitrofe e potenzialmente in tutto il paese.Economia Circolare e Riduzione dei Rifiuti Come parte della collaborazione, Re-Purpose massimizzerà l'utilizzo dei suoi attuali centri di pressatura e ne aprirà di nuovi per facilitare la raccolta delle bottiglie in PET. Re-Purpose assisterà anche ALPLA nella costruzione di una base strategica di fornitori di balle di bottiglie in PET e lavorerà con gli stakeholder chiave per espandere i programmi di raccolta differenziata e di separazione alla fonte. L'obiettivo è contribuire alla raccolta di 5.000 tonnellate di PET al mese, volume necessario per il funzionamento a piena capacità dell'impianto di riciclaggio di ALPLA dal 2026.Commenti dei Dirigenti "Siamo entusiasti di collaborare con Re-Purpose per accelerare il nostro percorso verso un futuro più sostenibile. Questa collaborazione ci permette di ampliare il nostro portafoglio di soluzioni di imballaggio realizzate con materiale PET riciclato, offrendo ai nostri clienti della regione alternative innovative che si allineano ai loro obiettivi di sostenibilità," afferma Dietmar Marin, Managing Director della Divisione Riciclaggio di ALPLA.Il Ruolo di Re-Purpose Re-Purpose apporta la sua competenza nella pressatura con macchinari all'avanguardia e nello sviluppo di modelli di raccolta dalla fonte. La partnership rafforza l'impatto dell'azienda e promuove l'adozione diffusa di programmi di raccolta con centri di acquisto, raccoglitori di rifiuti e scuole. "Siamo entusiasti di unirci ad ALPLA per spingere l'innovazione e la sostenibilità nell'industria del riciclo. Combinando l'ampia esperienza di riciclo di ALPLA con il nostro modello di raccolta inversa, stiamo espandendo l'economia circolare e supportando i produttori nel raggiungimento degli obiettivi EPR richiesti," afferma Bevlen Sudhu, Fondatore e Managing Director di Re-Purpose.Verso un Ambiente più Circolare e Sostenibile Insieme, ALPLA e Re-Purpose si impegnano a promuovere lo sviluppo e l'introduzione di soluzioni di imballaggio sostenibili che beneficiano imprese, consumatori e ambiente. Questa partnership rappresenta un passo significativo verso un ambiente più circolare e sostenibile.
SCOPRI DI PIU'Si parla tanto di investimenti per l’economia circolare ma il capitale cerca sempre scorciatoieSembreremmo ormai entrati in una fase di sicuro interesse verso l’economia verde, di startup innovative che si occupano di agricoltura eco sostenibile, di scoperte per la riduzione dell’inquinamento atmosferico, dei mari e dei suoli, di una mobilità con una bassa impronta carbonica… ma è proprio così? Nonostante la Commissione Europea presieduta da Ursula von der Leyen, abbia tracciato una strada chiara e univoca su un modello di sviluppo più compatibile con le esigenze della terra e, nonostante dall’altra parte dell’oceano, il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, stia remando in senso opposto ritirando addirittura il suo paese dall’accordo di Parigi sul clima, il mondo degli affari tiene il timone dritto decidendo come e dove investire il denaro a disposizione. Infatti, al di là dei proclami statali e dei movimenti di opinione della gente, i soldi si muovono nell’interesse del profitto che, a volte, si può incrociare con i gli interessi della politica e dell’opinione pubblica e a volte no. Non si può dire che il business sociale esista, in quanto i soldi vengono investiti oggi con orizzonti temporali sempre più corti rispetto agli anni, ai decenni o al secolo scorso. Complice l’informatizzazione dei sistemi economici, gli investitori scommettono su attività che si auspicano avere dei ritorni di profitto molto alti in tempi estremamente ristretti. Un esempio lo possiamo vedere osservando l’andamento di alcuni titoli tecnologici e di servizi legati al web, come Google, Apple, Amazon, Tesla, solo per citarne alcuni, che hanno incrementato il loro valore durante il periodo dell’esplosione del Covid in modo del tutto sorprendente, in uno spazio di tempo estremamente limitato, con valori di crescita a due cifre percentuali. Questo è difficile che succeda in un’economia tradizionale, ed è sempre più consueto vedere come i capitali mondiali si rivolgano a business con crescite esponenziali in periodi ristretti. Come è possibile attirare investimenti su progetti green che debbano cambiare o risolvere le anomalie produttive, di consumo o di mobilità che affliggono il nostro pianeta, i cui progetti hanno bisogno di anni o decenni per essere realizzati? Interessa a qualche investitore portare l’acqua potabile in alcune metropoli, come Mumbai, in cui il ritorno dell’investimento sarebbe assicurato ma a fronte della costruzione di una rete idrica i cui tempi sarebbero ovviamente lunghi? Sembrerebbe di no, infatti ogni giorno centinaia di camion portano l’acqua in città, emettendo tonnellate di Co2, ma non si trovano capitali per ammodernare la rete idrica e ridurre l’inquinamento atmosferico. Questo è solo un esempio del paradosso della finanza, che influisce sul mantenimento di sistemi inefficienti e inquinanti, nonostante si dispongano di risorse e di mezzi per risolvere i problemi ambientali. Approfondisci l'argomento
SCOPRI DI PIU'Non è sufficiente rendere il packaging ecocompatibile se poi non ci occupiamo della conservazione e gestione sostenibile del cibodi Marco ArezioLo sviluppo incredibile dal dopoguerra del settore del packaging e dell’accesso agli alimenti su larga scala da parte della popolazione mondiale, è dovuto anche alla creazione della cosiddetta catena del freddo, che ha permesso la conservazione dei cibi in tempi più lunghi e in aree più estese.Si è quindi sviluppata l’industria dei prodotti pronti all’uso, aumentando gli acquisti pro capite, in quanto è cresciuta la possibilità del consumo del cibo su più giorni e si è creata la conservazione di lungo periodo attraverso i freezers. Con l’avvento di questa catena si sono create aziende che costruiscono macchine automatiche per il confezionamento, per la conservazione dei cibi, per il trasporto, per gli imballi e per lo stoccaggio. Non c’è dubbio che i prodotti alimentari, attraverso la catena del freddo, possono raggiungere molte più famiglie, soprattutto nei paesi sviluppati, dove l’industrializzazione e la globalizzazione delle vendite dei cibi impone la gestione di temperature certe per la conservazione. Ci sono due aspetti importanti però da considerare: L’impatto ambientale della catena del freddo Gli anelli di questa catena partono direttamente dopo la raccolta nel campo o la macellazione del capo o la pesca del pesce, questo per consentire di rendere inerte il processo naturale di invecchiamento e decomposizione del cibo. Quindi il cibo deve essere lavorato, imballato, trasportato e stoccato sempre ad una temperatura costante di pochi gradi, operazione che comporta il consumo di molta energia. Questa energia, per ora, dipende principalmente dalle fonti fossili e questo crea la dispersione di CO2 nell’ambiente, che ha un impatto catastrofico sui cambiamenti climatici. E’ necessario che le linee del freddo siano ripensate, certificate e dichiarate ecocompatibili, se possono dimostrare che l’energia usata, dal campo allo scaffale, provenga da fonti rinnovabili. Questo vale per tutti settori, anche quelli industriali, infatti, non possiamo spingere i cittadini a comprare l’auto elettrica se poi devono ricaricarla con energie che provengono dalle fonti fossili, rischiando si scivolare nel greenwashing. Anche la catena del freddo deve essere in linea con le richieste della popolazione in termini ambientali, creando una filiera ad emissioni zero. Lo Spreco alimentare La stima delle derrate alimentari che vengono perse ogni anno nel mondo ammonta, secondo i dati dell’International Institute of Refrigeration a 1,6 milioni di tonnellate, che potrebbero essere risparmiate se si diffondessero, nei paesi in via di sviluppo, forme di refrigerazione sostenibili e diffuse. In molti paesi, non è la mancanza del prodotto fresco a creare situazioni di mal nutrizione, ma il suo deterioramento a causa del caldo, delle infrastrutture stradali carenti, dai mezzi di trasporto non attrezzati e dell’insufficiente rete elettrica. Con il quantitativo di cibo sprecato si potrebbero sfamare circa novecentocinquanta milioni di persone ogni anno, quindi un’efficiente catena di refrigerazione nei paesi in via di sviluppo fa la differenza, tra la vita e la morte. Tuttavia, sia l’Unione Europea che il Governo Britannico avevano avviato programmi di inserimento di celle frigorifero nelle fattorie, per esempio del Ruanda, ma la mancanza di creazione di un sistema sinergico che contemplasse il deposito refrigerato dopo la raccolta della frutta o della verdura, il trasporto coibentato a bassa temperatura dalla campagna ai mercati cittadini, il posizionamento di impianti energeticamente autonomi e l’istruzione dei contadini per produrre alimenti con maggiore valore aggiunto, ha fatto naufragare i progetti. Tra il trenta e il cinquanta per cento di tutto il cibo prodotto nei paesi in via di sviluppo viene perso, scartato, invenduto e non consumato, grazie a catene del freddo deboli o inesistenti. Per gli agricoltori che sopravvivono con meno di un paio di dollari al giorno, l'effetto di queste perdite è sostanziale; per l'Africa subsahariana nel suo insieme, si stima che ammontino a centinaia di miliardi di dollari ogni anno.
SCOPRI DI PIU'Molti preconcetti ruotano attorno all’uso del densificato in LDPE, frutto di produzioni non attente e utilizzi con aspettative troppo elevatedi Marco ArezioIl rifiuto in LDPE che proviene dallo scarto plastico della raccolta differenziata dovrebbe essere una selezione di film plastici, monoprodotto, da avviare al riciclo. In realtà, molte volte, questi flussi di rifiuti possono contenere materiali diversi, sotto forma di altre plastiche e di inquinanti, come etichette, carta e altre frazioni. La mancanza di un vero mercato di riferimento, nella vendita del densificato in LDPE, porta l’industria del riciclo a preferire la granulazione del materiale cercando, nella fase di estrusione, di ridurre questi corpi estranei in modo da qualificare al meglio la materia prima. In questo caso si rinuncia, un po' a priori, di porre maggiori attenzioni alla fase di selezione e desificazione del rifiuto in LDPE. Il risultato, spesso, è un granulo che rimane nella fascia bassa del mercato, che può essere utilizzato per lo stampaggio di articoli non estetici, come i vasi e i mastelli per il settore dell’ortofrutta, ma difficilmente si presta alla produzione di film con spessori sottili o alla produzione di tubi. A questo punto, tal volta, ci si chiede se non sia meglio qualificare il densificato, per il settore dello stampaggio ad iniezione, anziché spendere tempo, soldi ed energia per granulare l’LDPE. Per percorrere questa strada bisogna qualificare meglio il densificato, in modo che l’utilizzo nelle presse possa non far rimpiangere il processo di iniezione con un granulo filtrato. Ma vediamo cosa è il densificato in LDPE Il termine "densificato", in relazione all'LDPE, si riferisce al polimero che è stato compattato, nel contesto del riciclo meccanico. La produzione di densificato in LDPE da scarti post-consumo è parte integrante del processo di riciclo di questo materiale. Il processo produttivo possiamo suddividerlo in queste fasi: - Gli scarti di LDPE vengono acquisiti dai punti di raccolta designati, che si occupano degli scarti della raccolta differenziata, - Una volta arrivati in un impianto di riciclaggio, gli scarti di LDPE vengono separati dagli altri materiali. Questa separazione può essere effettuata manualmente o attraverso macchine come i separatori a aria. - I rifiuti di LDPE vengono quindi lavati per rimuovere le impurità come residui di cibo, terra o altre contaminazioni. Questo assicura che il prodotto finale sia di buona qualità. - Dopo la pulizia, il LDPE viene triturato in piccoli pezzi o scaglie. Questo facilita il processo di densificazione. - Ci sono diverse tecniche per densificare l'LDPE: - Per agglomerazione: l’LDPE macinato viene esposto al calore e all’agitazione. Questo causa la parziale fusione dei pezzi, che si agglomerano formando grumi più grandi. - Per compattazione: Il processo implica l'uso di macchine compattatrici che pressano il materiale in blocchi o agglomerati. E’ importante sottolineare che la qualità del densificato di LDPE dipende in gran parte dalla purezza del materiale di partenza e dall'efficacia dei processi di pulizia e separazione. Pertanto, un'attenzione particolare viene data a questi passaggi per assicurare che il densificato prodotto sia di buona qualità e libero da contaminazioni significative. Come creare un compound performante con il densificato in LDPE L’ LDPE (Polietilene a bassa densità) è spesso utilizzato in combinazione con altre resine plastiche, per sfruttare le caratteristiche complementari dei diversi polimeri e ottenere prodotti con proprietà specifiche. Tuttavia, la decisione di miscelare LDPE post-consumo con altri polimeri dipende da vari fattori, tra cui le proprietà desiderate del prodotto finale, la compatibilità dei polimeri stessi e la presenza di compatibilizzanti. Vediamo alcune combinazioni: - HDPE (Polietilene ad alta densità): LDPE e HDPE sono spesso compatibili tra loro e possono essere miscelati per ottenere prodotti con proprietà intermedie tra i due. Ad esempio, una miscela di LDPE e HDPE potrebbe offrire una combinazione di flessibilità e resistenza. - EVA (Etilene Vinil Acetato): L'aggiunta di EVA all'LDPE può migliorare la tenacità e l'elasticità del prodotto finale. L’EVA è anche utilizzato per migliorare la resistenza all'UV e la flessibilità del LDPE. - PP (Polipropilene): Sebbene il polipropilene e il polietilene non siano intrinsecamente compatibili, possono essere miscelati in presenza di compatibilizzanti specifici. Questa miscela può essere utilizzata in applicazioni specifiche dove si desiderano combinare le proprietà di entrambi i polimeri. - LLDPE (Polietilene lineare a bassa densità): L'LDPE e l'LLDPE possono essere miscelati per regolare le proprietà meccaniche e la lavorabilità del prodotto finale. Bisogna comunque fare attenzione perchè non tutte le plastiche sono compatibili tra loro, e la miscelazione di polimeri incompatibili può portare a prodotti con proprietà indesiderate o inadeguate. Inoltre, la presenza di contaminanti o additivi nei materiali post-consumo può influenzare la compatibilità e le proprietà del prodotto miscelato.Quali sono le temperature di fusione ideali per realizzare prodotti finito in LDPE Il LDPE (Polietilene a bassa densità) ha una struttura ramificata, il che significa che non ha la stessa disposizione regolare e ordinata delle catene molecolari come altri polietileni, ad esempio l'HDPE (Polietilene ad alta densità). Questa struttura ramificata rende l'LDPE più flessibile ma anche meno denso e con un punto di fusione più basso rispetto all'HDPE. La temperatura di fusione del LDPE varia generalmente tra 105°C a 115°C (220°F a 240°F). Tuttavia, quando si tratta di trasformare il LDPE attraverso tecniche come l'estrusione o lo stampaggio ad iniezione, le temperature possono variare in base alle specifiche esigenze dell'applicazione e alla presenza di eventuali additivi. Ecco alcune indicazioni generali per l'elaborazione dell'LDPE - Estrusione: 150°C a 220°C (300°F a 430°F). - Stampaggio a iniezione: 140°C a 250°C (285°F to 480°F). Queste temperature sono solo indicazioni generali e potrebbero variare in base allo scarto di LDPE, alle condizioni della macchina e ad altri fattori. Quali caratteristiche fisiche porta l'aggiunta di un densificato in LDPE in un compound con il PP La miscelazione di LDPE (Polietilene a bassa densità) e PP (Polipropilene) è una pratica comune in alcune applicazioni, specialmente quando si desidera sfruttare le proprietà complementari di entrambi i polimeri. L'aggiunta di un densificato di LDPE in un compound con il PP può influenzare le caratteristiche fisiche del blend in vari modi: Compatibilità Innanzitutto, è essenziale notare che LDPE e PP non sono intrinsecamente compatibili. Questo significa che senza l'uso di compatibilizzanti o modifica delle condizioni di fusione, le due resine tendono a separarsi in fasi distinte, potenzialmente portando a proprietà meccaniche inferiori o inadeguate nel prodotto finale. Elasticità e Flessibilità L'LDPE è generalmente più flessibile e duttile rispetto al PP. L'aggiunta di LDPE può quindi aumentare la flessibilità e la tenacità del blend, riducendo al contempo la rigidità. Punto di Fusione Poiché l'LDPE ha un punto di fusione inferiore rispetto al PP, la miscelazione dei due può portare a una diminuzione del punto di fusione complessivo del blend, a seconda delle proporzioni utilizzate. Trasparenza LDPE è in genere più opaco rispetto al PP. La sua aggiunta può quindi ridurre la trasparenza e la brillantezza del blend, rendendolo più opaco o lattiginoso. Resistenza Chimica LDPE e PP sono entrambi resistenti a molte sostanze chimiche, ma la loro combinazione potrebbe avere un profilo di resistenza chimica leggermente diverso rispetto ai polimeri puri. Trasformazione La lavorabilità del mix può cambiare con l'aggiunta di un densificato di LDPE. Ad esempio, la viscosità durante l'estrusione o la stampa a iniezione potrebbe mutare, influenzando le condizioni di lavorabilità ideali Quali inestetismi si possono creare nella produzione di prodotti in LDPE utilizzando una temperatura di fusione troppo alta L'uso di una temperatura di fusione eccessivamente alta durante la lavorazione dell'LDPE (Polietilene a bassa densità) può portare a vari inestetismi e problemi di qualità nei prodotti finiti. Possiamo ricordare alcuni dei potenziali problemi: - L'LDPE può degradarsi quando esposto a temperature troppo elevate. Questa degradazione può causare cambiamenti nelle proprietà meccaniche del materiale e produrre gas e/o composti volatili che possono formare bolle o vuoti nel prodotto finito. - La degradazione termica può anche portare a una decolorazione del polimero. Un LDPE sovra-riscaldato può assumere una colorazione giallastra o bruna. - La degradazione termica può produrre composti con odori sgradevoli. Ciò può essere particolarmente problematico per applicazioni in cui la presenza dell'odore è un fattore importante, come nel caso di imballaggi alimentari. - Temperature eccessivamente alte possono causare un raffreddamento non uniforme durante la formazione del pezzo, portando a deformazioni o ritiri non corretti. - L'uso di temperature troppo alte può causare la formazione di strisce o macchie superficiali sul prodotto, soprattutto se ci sono impurità o additivi nel materiale. - La degradazione termica può influenzare negativamente le proprietà meccaniche, termiche e chimiche dell'LDPE. Ciò potrebbe tradursi in prodotti con resistenza, tenacità o durata ridotte. - A temperature eccessivamente alte, l'LDPE potrebbe diventare troppo fluido, rendendo difficile la formazione di dettagli precisi o mantenendo le tolleranze desiderate. Problemi delle etichette di alluminio nel densificato in LDPE Spesso capita che, nonostante i lavaggi per decantazione e per centrifuga degli scarti plastici in LDPE, nel densificato vi sia ancora la presenza di parti di alluminio flessibile. Dobbiamo tenere ben presente la differenza tra le impurità costituite da frazioni di alluminio rigido da quelle costituite da alluminio in foglia. Se nel primo caso la rigidità dell’impurità metallica non può essere tollerata, per una serie di problematiche negative che queste possono dare agli impianti di iniezione, che sono frutto di una selezione e di un lavaggio scadente, la presenza di parti di alluminio in foglia non creano problemi tecnici. Queste parti sono costituite dalle etichette degli imballi che possono contaminare i film ma, essendo morbide, non arrecando danni agli impianti o ai prodotti finali. Resta un aspetto estetico che bisogna considerare, ma nell’ottica di realizzare prodotti non estetici, il puntino brillante che richiama una presenza della foglia di alluminio, deve essere considerato “parte del gioco”. Questa accettazione dell’impurità dell’alluminio in foglia può portare notevoli vantaggi di prezzo sul prodotto finale e una considerevole disponibilità di materia prima sul mercato.
SCOPRI DI PIU'Pale eoliche, una composizione di molti materiali solidamente ancorati tra loro ne rendeva impossibile il riciclodi Marco ArezioIl vento è un pilastro della produzione delle energie rinnovabili e, da anni, si sta sfruttando con sempre maggiore interesse costruendo ed installando turbine che possano intercettare il vento e creare energia elettrica. Nonostante la prima informazione che ci è giunta dal passato circa l’utilizzo del vento per scopi meccanici risale al I secolo D.C. ad opera dell’Ingegnere greco Erone di Alessandria, la forza del vento all’epoca veniva soprattutto sfruttata nel campo navale, per riempire le vele e creare il moto delle barche sull’acqua. Intorno al IX secolo D.C. si iniziò in India, Iran e in Cina, ad usare il vento per far girare delle pale telate che potevano imprimere una forza ad un sistema di trasmissione, attraverso il quale si potevano eseguire nuovi lavori meccanizzati, come macinare i cereali, pompare l’acqua o eseguire alcune attività nel campo edile. In Europa i mulini a vento si diffusero in maniera capillare, soprattutto in Olanda, utilizzandoli per pompare l’acqua dai terreni sotto il livello del mare. Questa operazione fu così importante nelle operazioni di bonifica, che il mulino a vento assunse una figura rappresentativa del paese. Per vedere l’uso del vento nella produzione di energia elettrica, abbiamo dovuto aspettare fino al 1887 quando il professor James Blyth costruì, nel suo guardino, la prima turbina eolica per dare la corrente al suo cottage. Il risultato fu così incoraggiante che nel 1891 depositò il brevetto. Negli anni successivi molti altri inventori e scienziati studiarono, testarono e brevettarono, migliorie sul numero di pale ideale per fruttare al meglio la forza del vento, il loro profilo, i sistemi meccanici dei rotori e le altezze corrette di installazione delle turbine. Le pale eoliche, non metalliche, sono formate da un agglomerato di prodotti la cui prevalenza è costituita da legno di balsa, plastica, fibra di vetro, ed in misura minore da fibre di carbonio e metalli vari. Il ciclo di vita di un parco eolico può essere considerato intorno ai 25 anni e, recentemente, si è presentata la prima ondata di turbine dismesse. Teniamo in considerazione che, nella sola Germania, si prevedono nel 2024 circa 15.000 pale da riciclare. La difficoltà di separare gli elementi che costituiscono il manufatto ha fatto mettere in moto l’istituto tedesco WKI, che hanno studiato come separare il legno di balsa dalle parti plastiche e dalla vetroresina, al fine di recuperare le parti in legno per costruire nuovi pannelli isolanti per edifici. In una lama del rotore può contenere fino a 15 metri cubi di balsa, un legno leggerissimo e molto resistente, ma essendo solidarizzato con la vetroresina e la plastica, era considerato un rifiuto non riciclabile e finiva negli impianti di incenerimento o nelle cementerie come combustibile. L’istituto WKI dopo vari tentativi, ha capito che i componenti si potevano separate sfruttando la loro tenacità, infatti inserendo il prodotto in un mulino a rotazione e scagliando il pezzo contro delle parti metalliche, la balsa si scomponeva dai pezzi in vetroresina e da quelli in plastica. La balsa recuperata veniva ceduta agli impianti di produzione di pannelli fonoisolanti ultraleggeri, infatti, questi, raggiungono una densità di circa 20 Kg. per metro cubo e le loro prestazioni sono paragonabili ai pannelli in polistirolo.Categoria: notizie - pale eoliche - economia circolare - riciclo - rifiutiVedi maggiori informazioni sull'energia eolica
SCOPRI DI PIU'La frenesia della vita ti anestetizza e non ti rendi conto di bruciarla sulle tue pire ideali.I tuoi occhi sono tristi nonostante la tua serrata loquacità voglia convincermi del contrario. I tuoi lineamenti esprimono la stanchezza di una barca che dopo giorni di navigazione cerca disperatamente un porto. E’ da troppo tempo che rimandi sistematicamente l’appuntamento con te stesso, sfuggi solo all’idea di guardare la tua esistenza con occhi diversi. E intanto, amico mio, gli anni sono inesorabilmente passati e ciò che da giovane consideravi inesauribile, oggi non lo è più e lui, il tempo, non ti farà sconti. Tu sei caduto molto tempo fa nella trappola dei luoghi comuni, dove ogni azione era stabilita. Ti sei convinto che la base della soddisfazione generale sia conforme al tuo modo di sentire la vita. Hai capito da tempo, amico mio, che c’è una reale discrepanza tra l’etichetta, la tua anima e il tuo cuore. Hai forse paura di fermarti, voltare la testa, aprire il tuo cuore e sintonizzare il tuo cervello su frequenze diverse? Hai forse paura di scoprire che per stare bene bisogna essere sé stessi, infrangendo il comune senso del pensare e, a volte, assumersi i dovuti rischi? Ma forse, amico mio, improvvisamente, quando la barca si sarà incagliata in qualche spiaggia sconosciuta e, tu sarai costretto a scendere per cercare cibo e acqua, allora capirai che non prenderai mai più il largo per la solita rotta, ma sarà, forse, altrettanto bello guardarsi intorno e capire che la vita è fatta da infinite strade e che tu avrai, finalmente ancora, il potere di fare delle scelte sentendoti un po' più felice e un po' più sereno. Il coraggio che ti manca, amico mio, è fermati, per un attimo a pensare alla tua storia e al tuo futuro, perché la paura che ti attanaglia è sapere che la vita non ti ha mai aspettato e non ti spetterà nemmeno questa volta. Categoria: Slow life - vita lenta - felicità
SCOPRI DI PIU'Un collaudato e pericoloso modo di gestire i collaboratori in modo da non essere coinvolto in critiche o colpedi Marco ArezioAbbiamo parlato, in alcuni precedenti articoli, delle diverse strategie manageriali sulla gestione delle attività dei lavoratori del proprio team, finalizzate al raggiungimento degli obbiettivi, assegnati ad ogni manager, da parte delle aziende. In particolare si è sviscerata la tematica del “Divide et Impera” che spinge alla massima competizione tra le risorse umane, lasciando che vi siano momenti di attrito e di lotta intestina, per alzare sempre più l’asticella della tensione professionale e facilitando lo scorrimento di un’adrenalina costante. La posizione del manager che gestisce da fuori la lotta, i vantaggi o gli svantaggi di questa pratica, sono elementi da prendere con estrema attenzione per i risvolti che questo approccio può ingenerare. Il “divide et impera” potrebbe portare ad un vantaggio negli obbiettivi aziendali, in particolari condizioni e con un’attenta analisi interna del team da parte del manager, ma non è, ovviamente, la sola teoria passiva che un manager può introdurre. Infatti, può anche emergere nelle aziende un’altra diffusa pratica di gestione dei lavoratori, che è quella di un responsabile di team o di più teams che “usa” i collaboratori per proteggere la propria posizione apicale. Sono managers complessi, dal carattere sfuggente, dal modo di ragionare non sempre lineare, che fanno della manipolazione della forza lavoro un mezzo per consolidare la propria posizione, assorbendo dal lavoro quotidiano i vantaggi di tale gestione, sia che si tratti di successi, quindi le sua vittorie, che di insuccessi della squadra, quindi le sconfitte e l’incapacità dei singoli. Il principio del loro operare è quello di coinvolgere i collaboratori nelle attività quotidiane, trasferirgli il concetto di responsabilità del lavoro e l’entusiasmo degli obbiettivi, con la capacità di far nascere nelle persone quel senso di dedizione alla causa e al sacrificio. Elogia, spinge, rimprovera con garbo, assegna compiti chiedendone la condivisione al gruppo o ai singoli, fa squadra e mantiene alta la competizione, crea una sorta di dipendenza dei collaboratori nei suoi confronti, una forma sottile di gratitudine perpetua verso sé stesso, una sensazione di debito mai estinguibile verso il capo, senza mai, in ogni caso, entrare nelle scelte e nelle decisioni in modo diretto. Finge una neutralità costruttiva, una forma di francescana di aiuto alla crescita dei collaboratori, uno modo di spingerli a migliorarsi professionalmente, attraverso l’assunzione delle proprie responsabilità nei confronti degli obbiettivi e dell’azienda. Crea addirittura una forma astratta di riconoscenza da parte dei collaboratori, che vedono la sua figura come un tutore quasi disinteressato alla sua posizione apicale, che si adopera a far crescere i managers del futuro, che condivide la propria intelligenza per migliorare la capacità deduttiva e decisionale dei collaboratori. Molto spesso, però, succede che il manager non vuole sporcarsi le mani con decisioni spinose, rischiose o scomode, che, tuttavia, il suo ruolo gli chiederebbe di assumersi personalmente, anche a tutela del proprio team. È astuto nel capire che la sua posizione dipende dal buon risultato del lavoro dei suoi collaboratori, di cui si assumerà i meriti nel momento in cui la squadra raggiunge o supera gli obbiettivi aziendali, ma che in caso di errori o insuccesso negli obbiettivi, deve dimostrare di saper intervenire per sanare la situazione in modo che sia palese, a tutti, che l’evento negativo non è di sua responsabilità. Questo suo atteggiamento costruisce una comunicazione chiara verso i suoi superiori, circa i suoi sforzi nel cercare il colpevole o i colpevoli dell’insuccesso, dimostrando che la sua visione della gestione o della problematica sarebbe stata diversa, e che all’interno del team potevano esserci delle “mele marce” da isolare. Un comportamento adatto a galleggiare sui problemi senza venire travolto, avendo agito in modo di attribuire le colpe a chi si è esposto tra suoi collaboratori, questi, ingenuamente pensando che la squadra nel suo complesso, capo compreso, condividesse le scelte fatte. Il collaboratore che fino qui ha lavorato con soddisfazione nel portare il proprio apporto all’azienda, vivendo le piccole luci della ribalta, godendosi le piccole invidie dei colleghi per uno speciale rapporto professionale con il manager da cui dipende, aveva l’autoconvinzione che il gruppo, incluso il suo referente, aveva ragionato e deciso insieme le migliori strade da seguire. Invece si troverà isolato, nella colpevolizzazione di essersi assunto decisioni in maniera autonoma, senza l’avvallo esplicito e chiaramente comunicato del proprio superiore, con quello che probabilmente era la routine, diventa l’eccezione di un comportamento mai autorizzato. Ciò che era chiaro a tutti, a voce, non lo è più per il superiore e di conseguenza probabilmente anche per i suoi colleghi, che per ovvie ragioni potrebbero non prendere le su posizioni difensive o addirittura negare l’evidenza per convenienza. Riaffiorano le vecchie ruggini, le rivalse sopite, le nuove alleanze nel team, l’ambiente si fa caldo e spinoso al punto che sono possibili delle rese dei conti interne. Ogni manager che adotta questa politica difensiva per la propria posizione, in maniera un po' differente in base all’azienda, al mercato e al suo carattere, tenderà a peggiorare la condizione dei collaboratori a cui ha deciso di addossare le colpe di una situazione negativa, perché salvarli vorrebbe dire che, in qualche modo, avvallare ciò che loro hanno fatto e che avrebbe, invece, dovuto fare lui al posto loro.
SCOPRI DI PIU'La Resilienza della Natura tra Rottami e Macchinari Arrugginiti di Marco ArezioQuesta opera d’arte, intitolata “Il Bosco Metallico al Tramonto”, è una rappresentazione surreale e potente di un ambiente naturale trasformato in uno scenario industriale. Il tema centrale dell’opera è la fusione tra natura e tecnologia, simbolizzata da alberi che, al posto di rami e foglie, sono fatti di rottami metallici, ingranaggi e macchinari arrugginiti. Il tramonto, con il suo bagliore caldo e arancione, si riflette sulle superfici fredde e dure del metallo, creando un contrasto cromatico tra toni caldi e freddi che accentua la dicotomia tra la vita naturale e il decadimento industriale. Le forme contorte degli alberi di ferro sembrano evocare la resilienza della natura, che cerca di sopravvivere anche in un mondo trasformato dall’uomo e dalle sue tecnologie. L’artista, attraverso questa visione distopica, vuole stimolare una riflessione sull’impatto dell’industrializzazione e del consumo eccessivo delle risorse naturali. L’immagine trasmette un messaggio profondo sulla fragilità della natura di fronte alle forze distruttive del progresso, ma allo stesso tempo lascia trasparire una sottile speranza: l’energia del sole al tramonto suggerisce un ciclo in continua evoluzione, un possibile rinnovamento o un ritorno a un equilibrio perduto. In definitiva, “Il Bosco Metallico al Tramonto” è un’opera che colpisce per la sua intensità visiva e simbolica, offrendo uno spunto di riflessione sulla relazione tra uomo, tecnologia e natura in un’epoca in cui il futuro dell’ambiente è sempre più incerto.Per acquistare l'opera su formato cartoncino 21x30 o 30x40 cm. contattare il portale rMIX: info@rmix.it inserendo il codice: ECME0310. © Riproduzione Vietata
SCOPRI DI PIU'Guida Completa ai Benefici Ambientali e Operativi degli Inchiostri Sostenibili di Marco ArezioLa crescente consapevolezza ambientale e le normative sempre più stringenti hanno spinto l'industria della stampa serigrafica verso l'adozione di inchiostri più sostenibili. Gli inchiostri serigrafici ecologici rappresentano una risposta innovativa e responsabile a questa esigenza, coniugando performance di stampa di alto livello con un impatto ambientale ridotto. In questo articolo, esploreremo la natura, la produzione e i vantaggi degli inchiostri serigrafici ecologici rispetto alle alternative tradizionali. Definizione e Tipologie degli Inchiostri Serigrafici Ecologici Gli inchiostri serigrafici ecologici sono formulazioni speciali progettate per ridurre al minimo l'impatto ambientale associato alla produzione, all'uso e allo smaltimento degli inchiostri utilizzati nell'industria della stampa serigrafica. Questa categoria di inchiostri si distingue per l'uso di componenti meno nocivi, sostenibili e, ove possibile, derivati da fonti rinnovabili. La definizione di "ecologico" abbraccia una gamma di attributi, inclusa la riduzione dell'uso di sostanze tossiche, la diminuzione delle emissioni di composti organici volatili (COV) e l'impiego di materiali biodegradabili o riciclabili. Tipologie di Inchiostri Serigrafici Ecologici La diversificazione degli inchiostri serigrafici ecologici permette loro di rispondere a esigenze specifiche di sostenibilità e applicazione, comprendendo principalmente: Inchiostri a Base d'Acqua Questi inchiostri utilizzano l'acqua come solvente principale, sostituendo in larga misura i solventi a base di petrolio. Sono meno volatili e tossici rispetto ai loro omologhi solventi. Sono particolarmente adatti per la stampa su tessuti, carta e cartone, dove l'assorbimento del materiale compensa la minore velocità di asciugatura rispetto agli inchiostri a solvente.Inchiostri UV Gli inchiostri UV induriscono o polimerizzano quando esposti a luce ultravioletta. Questo processo trasforma l'inchiostro da liquido a solido senza l'evaporazione di solventi, eliminando quasi completamente le emissioni di COV. Questi inchiostri trovano impiego in una vasta gamma di supporti, inclusi plastica, metallo, vetro e legno, grazie alla loro eccellente adesione e durabilità.Inchiostri a Base di Soia e Vegetali Composti principalmente da oli vegetali (come l'olio di soia), questi inchiostri sostituiscono gli oli minerali e i solventi derivati dal petrolio. Offrono una stampa di alta qualità con una minore dipendenza dalle risorse fossili. Sono ideali per la stampa su carta e cartone, offrendo una buona definizione di stampa e contribuendo a facilitare il riciclo del materiale stampato.Vantaggi Comuni Nonostante le differenze, tutte queste tipologie condividono vantaggi chiave che le rendono preferibili in un contesto ecologico: Minore Impatto Ambientale: Riducono le emissioni nocive e l'utilizzo di risorse non rinnovabili. Sicurezza e Salute sul Lavoro: Diminuiscono l'esposizione a sostanze pericolose per gli operatori. Compatibilità con Normative Ambientali: Aiutano le aziende a rispettare standard e regolamenti ambientali sempre più rigorosi. La scelta tra queste tipologie dipende dalle specifiche esigenze di applicazione, dalla sostenibilità desiderata e dalle caratteristiche del materiale da stampare. L'evoluzione continua della tecnologia degli inchiostri serigrafici ecologici promette ulteriori miglioramenti in termini di prestazioni e impatto ambientale, spingendo l'industria verso pratiche più sostenibili. Dove e come si usano gli inchiostri serigrafici Gli inchiostri serigrafici trovano applicazione in una vasta gamma di settori e su diversi tipi di materiali, grazie alla loro versatilità e alla capacità di offrire stampe di alta qualità su superfici diverse. Di seguito, vengono esplorate alcune delle principali aree di applicazione degli inchiostri serigrafici: Tessile La serigrafia è una tecnica ampiamente utilizzata nel settore tessile per la decorazione di capi di abbigliamento, tessuti per arredamento e accessori. Gli inchiostri serigrafici a base d'acqua, in particolare, sono molto popolari per la stampa su tessuti, poiché sono meno nocivi per l'ambiente e per chi indossa i capi stampati. Carta e Cartone Gli inchiostri serigrafici vengono utilizzati per la stampa su carta e cartone in una varietà di applicazioni, inclusi imballaggi, poster, cartoline, e materiale promozionale. La serigrafia consente di ottenere effetti particolari, come finiture lucide, metallizzate o con texture, che aggiungono valore agli oggetti stampati. Elettronica Nel settore elettronico, gli inchiostri serigrafici sono impiegati per la stampa di circuiti stampati, tastiere a membrana, display e componenti elettronici vari. In questo ambito, sono spesso utilizzati inchiostri conduttivi e inchiostri UV per le loro proprietà specifiche, come la conducibilità elettrica o la resistenza a solventi e abrasioni. Vetro e Ceramica La serigrafia è utilizzata anche nella decorazione di vetro e ceramica, per esempio in bottiglie, bicchieri, piastrelle e stoviglie. Gli inchiostri utilizzati in queste applicazioni devono resistere ad alte temperature e a processi di cottura, mantenendo la brillantezza e la fedeltà dei colori. Industria Pubblicitaria e Segnaletica Gli inchiostri serigrafici sono ideali per la produzione di insegne, adesivi, striscioni, e materiale promozionale grazie alla loro durabilità esterna e alla resistenza agli agenti atmosferici. Questa applicazione sfrutta la capacità della serigrafia di stampare su materiali plastici e metallici, oltre che su supporti più tradizionali. Articoli Promozionali Oggetti promozionali come penne, chiavette USB, gadget e articoli da regalo sono spesso decorati utilizzando la serigrafia. La tecnica consente di applicare loghi e messaggi promozionali su superfici di forme e materiali diversi, con elevata precisione e qualità. Processo di Produzione degli Inchiostri Serigrafici Ecologici Il processo di produzione degli inchiostri serigrafici ecologici rappresenta un'espressione di impegno verso la sostenibilità e l'innovazione nell'industria della stampa. Questo processo si distingue per l'enfasi sulla selezione di materie prime meno impattanti sull'ambiente, l'ottimizzazione dei processi produttivi per ridurre sprechi e consumi energetici, e l'attenzione alla sicurezza e alla salute degli operatori. Vediamo in dettaglio le fasi principali: Selezione delle Materie Prime La prima fase nel processo di produzione degli inchiostri serigrafici ecologici riguarda la selezione accurata delle materie prime. Questa include: Pigmenti Ecocompatibili: Si opta per pigmenti non tossici e preferibilmente di origine naturale o meno impattanti sull'ambiente rispetto ai tradizionali pigmenti sintetici. Leganti Naturali o Biodegradabili: Gli oli vegetali (come l'olio di soia) o altre sostanze naturali vengono utilizzati come leganti al posto di quelli derivati da petrolio. Solventi a Basso Impatto Ambientale: Nei casi in cui è necessario l'utilizzo di solventi, si preferiscono quelli con bassa volatilità e minore tossicità, come l'acqua nei inchiostri a base d'acqua. Formulazione dell'Inchiostro Durante la fase di formulazione, gli ingredienti selezionati vengono miscelati secondo proporzioni precise per ottenere le caratteristiche desiderate dell'inchiostro, come viscosità, colore, e resistenza. Questo processo richiede competenze tecniche specifiche per bilanciare le proprietà ecologiche dell'inchiostro con le necessità di performance nella stampa.Produzione e Controllo Qualità Una volta formulato, l'inchiostro subisce un processo di produzione che può includere passaggi come la molatura per ridurre le dimensioni dei pigmenti e migliorare la finitura, e l'omogeneizzazione per assicurare una distribuzione uniforme dei componenti. Durante tutto il processo produttivo, vengono applicati rigidi controlli di qualità per garantire che l'inchiostro finale rispetti le specifiche tecniche e ambientali. Imballaggio e Distribuzione Gli inchiostri serigrafici ecologici vengono poi imballati in contenitori appositamente scelti per minimizzare l'impatto ambientale, preferendo materiali riciclati o riciclabili. La distribuzione è pianificata in modo da ridurre le emissioni di CO2, ad esempio raggruppando le spedizioni o utilizzando mezzi di trasporto ecocompatibili. Problematiche ed Innovazioni La produzione di inchiostri serigrafici ecologici presenta diverse problematiche, come il mantenimento delle prestazioni di stampa a livelli comparabili con quelli degli inchiostri tradizionali pur rispettando i criteri ecologici. L'innovazione costante nei materiali e nelle tecniche di produzione è fondamentale per superare questi problemi, rendendo gli inchiostri ecologici una scelta sempre più valida per l'industria della stampa. Vantaggi Ambientali e Operativi degli Inchiostri Serigrafici Ecologici Gli inchiostri serigrafici ecologici offrono una serie di vantaggi significativi rispetto ai loro omologhi tradizionali, non solo dal punto di vista ambientale ma anche in termini operativi. Questi benefici riflettono l'importanza crescente della sostenibilità nelle decisioni di produzione e acquisto, senza trascurare l'efficienza e la qualità del processo di stampa. Vantaggi Ambientali Riduzione delle Emissioni Nocive Gli inchiostri ecologici minimizzano o eliminano del tutto l'uso di solventi volatili, responsabili delle emissioni di composti organici volatili (COV) nell'atmosfera. Questo non solo riduce l'inquinamento dell'aria ma contribuisce anche a migliorare la qualità dell'ambiente di lavoro, riducendo l'esposizione dei lavoratori a sostanze potenzialmente nocive. Minor Impatto sulla Salute e Sicurezza La composizione più sicura degli inchiostri serigrafici ecologici riduce il rischio di reazioni allergiche, problemi respiratori e altri problemi di salute legati all'uso di sostanze chimiche aggressive. Ciò significa anche che possono essere necessarie meno misure di protezione individuale e di ventilazione, rendendo l'ambiente di lavoro più sicuro e piacevole. Uso Sostenibile delle Risorse L'impiego di materie prime rinnovabili, come oli vegetali, e di pigmenti meno impattanti sull'ambiente, promuove l'uso sostenibile delle risorse. Inoltre, l'elevata biodegradabilità di molti inchiostri ecologici facilita il processo di smaltimento, riducendo l'impronta ecologica del prodotto finito. Vantaggi Operativi Efficienza nella Pulizia e Manutenzione Gli inchiostri a base d'acqua e UV richiedono procedure di pulizia meno aggressive rispetto agli inchiostri a base solvente. Ciò si traduce in minori tempi di fermo macchina e riduzione dell'uso di sostanze chimiche per la pulizia, con un conseguente abbattimento dei costi operativi e un minor impatto ambientale. Versatilità e Qualità di Stampa Nonostante la loro natura ecologica, gli inchiostri serigrafici ecologici offrono un'eccellente qualità di stampa, con colori vivaci e buona resistenza nel tempo. Sono adatti a una vasta gamma di supporti, inclusi tessuti, carta, plastica e metallo, offrendo così grande versatilità agli operatori del settore. Compatibilità con Normative Ambientali L'utilizzo di inchiostri ecologici facilita il rispetto delle normative ambientali sempre più stringenti, aiutando le aziende a evitare sanzioni e a migliorare la propria immagine presso i consumatori, sempre più attenti alla sostenibilità. Confronto con Gli Inchiostri Tradizionali La transizione verso l'utilizzo di inchiostri serigrafici ecologici rappresenta una svolta significativa per l'industria della stampa, rispondendo alla crescente esigenza di sostenibilità ambientale. Per comprendere meglio il valore aggiunto degli inchiostri ecologici, è utile esaminare le differenze principali rispetto agli inchiostri serigrafici tradizionali sotto vari aspetti. Composizione Chimica Inchiostri Tradizionali: Tradizionalmente, gli inchiostri serigrafici sono formulati con una base di solventi volatili, pigmenti sintetici, e resine derivati dal petrolio, che possono emettere composti organici volatili (COV) nocivi per l'ambiente e la salute umana. Inchiostri Ecologici: Al contrario, gli inchiostri ecologici sono sviluppati con l'intento di ridurre o eliminare la presenza di tali sostanze nocive. Utilizzano solventi a base d'acqua, oli vegetali, pigmenti naturali o meno tossici, e leganti biodegradabili, risultando in emissioni significativamente ridotte di COV. Impatto Ambientale Inchiostri Tradizionali: L'uso di solventi e componenti a base di petrolio comporta un elevato impatto ambientale, dalla produzione allo smaltimento, includendo rischi di contaminazione dell'aria, dell'acqua e del suolo. Inchiostri Ecologici: Gli inchiostri serigrafici ecologici minimizzano l'impatto ambientale in tutte le fasi del loro ciclo di vita. La loro produzione, uso, e smaltimento presentano rischi ambientali molto più bassi, grazie all'utilizzo di materie prime rinnovabili e alla ridotta tossicità. Salute e Sicurezza sul Lavoro Inchiostri Tradizionali: L'esposizione a lungo termine ai solventi e ad altri componenti tossici degli inchiostri tradizionali può avere effetti negativi sulla salute degli operatori, richiedendo l'uso di dispositivi di protezione individuale e sistemi di ventilazione adeguati. Inchiostri Ecologici: La formulazione più sicura degli inchiostri ecologici riduce il rischio di problemi di salute e migliora le condizioni di lavoro, limitando la necessità di misure di protezione e ventilazione specialistiche. Prestazioni e Applicabilità Inchiostri Tradizionali: Gli inchiostri tradizionali sono noti per la loro durata, resistenza alle intemperie, e versatilità su diverse superfici. Queste caratteristiche li hanno resi la scelta prevalente in molte applicazioni industriali e commerciali. Inchiostri Ecologici: Sebbene in passato gli inchiostri ecologici potessero presentare limitazioni in termini di prestazioni rispetto agli inchiostri tradizionali, i recenti sviluppi tecnologici hanno notevolmente migliorato la loro qualità, resistenza e versatilità, rendendoli competitivi in molteplici applicazioni. Costi Inchiostri Tradizionali: Generalmente, gli inchiostri tradizionali hanno un costo inferiore rispetto alle varianti ecologiche, principalmente a causa della diffusa disponibilità e del minor costo delle materie prime a base di petrolio. Inchiostri Ecologici: Gli inchiostri ecologici possono presentare un costo iniziale più elevato, dato il prezzo più alto delle materie prime sostenibili e dei processi produttivi meno inquinanti. Tuttavia, questo costo è spesso compensato dai benefici in termini di salute, sicurezza e conformità ambientale, oltre che da un miglioramento dell'immagine aziendale.
SCOPRI DI PIU'La siccità è arrivata in modo devastante anche in Europa, forse adesso ascolteremo la terra?di Marco ArezioIl Covid, la guerra, il caldo asfissiante, la siccità, la mancanza di energia, i flussi migratori in crescita, questa è la fotografia del nostro vivere contemporaneo. I problemi ci piace vederli in televisione, con l’idea sciocca che rimangano confinati li dentro, poi, facciamo la vita di sempre, facendo finta che tutto vada bene. E’ una forma di protezione? Forse, ma di fatto la situazione è proprio questa, un insieme di fatti concatenati (e non li ho citati tutti), che rendono complicata la vita di oggi e del medio periodo. Di cambiamenti climatici piace parlarne a tutti, siamo tutti ecologisti per uniformarci alla massa che, ora, cammina in questo senso, ma in realtà, nella nostra vita quotidiana ci comportiamo in modo non troppo green. Noi rispecchiamo la classe politica che eleggiamo, che dovrebbe prendere delle decisioni per la comunità, anche impopolari, nella giusta direzione per il nostro futuro, ma la politica oggi sembra un grande social e i politici, come influencers, devono piacere e compiacere, non governare. Quindi risolvere i problemi climatici è difficile, perché sembra non ci siano nell’agenda delle priorità, anche se ne parlano giornalmente. Da anni si parla di energie rinnovabili e da anni si fa pochino per aumentare seriamente la produzione di energia dal sole e dal vento, ma adesso che il prezzo del gas è andato alle stelle si rispolverano vecchi progetti lasciati nei cassetti dei burocrati. Per quanto riguarda l’acqua la faccenda è, purtroppo, ancora più grave in quanto non basta finanziare nuovi progetti, come è successo per le energie rinnovabili, per avere più acqua, in quanto questa è difficilmente producibile. Anche per il settore idrico, bene primario per la popolazione, le istituzioni hanno fatto sempre poco, molto poco, in un paese che fino a poco tempo fa non aveva il problema della siccità, non si è mai investito abbastanza sugli acquedotti, che in molti casi disperdono lungo il tragitto anche il 30-40% della loro portata. Non si è investito sugli accumuli, creando nelle zone più piovose, come in montagna, invasi che potessero fungere da riserva d’acqua quando necessario, non si è investito in impianti di desalinizzazione lungo le coste e non si è mai affrontato una gestione organica e sociale delle acque sotterranee profonde. Secondo i dati Istat del 2019, le acque sotterranee garantiscono l’84% del fabbisogno idropotabile (48% da pozzi e 36% da sorgenti), oltre a coprire una parte significativa delle esigenze agricole e industriali. Pur risentendo della diminuzione delle piogge, la risorsa idrica sotterranea nazionale si rinnova annualmente per circa 50 miliardi di metri cubi, valore paragonabile all’acqua invasata in media nel Lago di Garda e a quella che mediamente il fiume Po scarica in Adriatico in un anno. Inoltre si dovrebbe sfruttare di più la risorsa dell’umidità dell’aria, in quanto è possibile costruire deumidificatori che, spinti da energia rinnovabile, trasformino l’umidità in acqua potabile. Questi impianti potrebbero contribuire alla riduzione dell’uso dell’acqua che preleviamo dagli acquedotti, facendo risparmiare risorse naturali importanti. Forse è il caso di svegliarci e fare tutti, nel nostro piccolo, qualche cosa.
SCOPRI DI PIU'Scopri come vengono prodotti i cosmetici vegani, i controlli e le certificazioni che ne garantiscono la qualità, i vantaggi per il consumatore e il confronto con i cosmetici chimici tradizionalidi Marco ArezioL’interesse per i cosmetici vegani è in continua crescita, grazie alla consapevolezza che sempre più consumatori stanno sviluppando verso uno stile di vita etico, sostenibile e attento alla propria salute. In questo articolo approfondiremo cosa sono i cosmetici vegani, come vengono prodotti, quali controlli e certificazioni ne garantiscono la qualità e la sicurezza, quali benefici offrono al consumatore e, infine, effettueremo un confronto dettagliato con i cosmetici chimici tradizionali. La lettura di questo articolo permetterà di comprendere a fondo le peculiarità di questi prodotti, offrendo spunti utili per una scelta consapevole e informata. Introduzione: Un Nuovo Paradigma nella Bellezza La cosmetica ha sempre avuto un ruolo fondamentale nella nostra vita quotidiana, andando ben oltre la mera funzione estetica per rappresentare uno strumento di cura e benessere. Negli ultimi anni, il settore ha subito una trasformazione radicale, con un’attenzione crescente verso pratiche sostenibili, ingredienti naturali e il rispetto per gli animali. I cosmetici vegani si inseriscono in questo contesto, offrendo un’alternativa ai prodotti tradizionali, spesso carichi di ingredienti sintetici e di processi produttivi non sempre rispettosi dell’ambiente. La scelta di passare a prodotti vegani non solo risponde a una crescente domanda di prodotti etici, ma offre anche vantaggi tangibili in termini di salute e sicurezza. Che Cosa Sono i Cosmetici Vegani Definizione e Filosofia Etica I cosmetici vegani sono formulazioni realizzate senza l’impiego di ingredienti di origine animale. Questo significa che non contengono derivati quali cera d’api, lanolina, collagene, o qualsiasi altro componente estratto da animali. Tuttavia, la definizione di “vegano” non si limita esclusivamente all’assenza di ingredienti animali: implica anche che il prodotto non sia stato testato su animali e che l’intero processo produttivo segua linee guida etiche e sostenibili. La filosofia vegana si fonda su principi di rispetto per la vita e per l’ambiente. I cosmetici vegani sono spesso associati a pratiche cruelty-free e, in molti casi, ad un approccio biologico o naturale che privilegia l’utilizzo di materie prime provenienti da coltivazioni sostenibili e da filiere trasparenti. Questa scelta risponde a una domanda crescente di consumatori che desiderano prodotti in linea con uno stile di vita che minimizza l’impatto ambientale e promuove il benessere degli animali. Ingredienti Naturali e Alternativi Per ottenere formulazioni efficaci e rispettose degli standard vegani, i produttori impiegano una vasta gamma di ingredienti di origine vegetale: oli essenziali, estratti di piante, burri vegetali (come il burro di karité e di cacao), vitamine derivate da fonti naturali e agenti idratanti a base di alghe o aloe vera. Questi componenti non solo garantiscono una buona performance del prodotto, ma spesso offrono anche proprietà benefiche per la pelle e il cuoio capelluto, riducendo il rischio di irritazioni e allergie. Come Vengono Prodotti i Cosmetici Vegani Filiera e Scelta delle Materie Prime La produzione di cosmetici vegani parte dalla scelta accurata delle materie prime. I produttori selezionano fornitori che garantiscano la provenienza da coltivazioni biologiche o da agricoltura sostenibile. L’attenzione si concentra su una filiera corta e trasparente, che riduce il trasporto e l’impatto ambientale, e garantisce che ogni ingrediente sia privo di contaminazioni da sostanze chimiche nocive. In molti casi, i cosmetici vegani si distinguono per l’uso di ingredienti integrali, ottenuti attraverso metodi di estrazione ecocompatibili che rispettano sia la biodiversità che il benessere del suolo. Ad esempio, l’olio di argan, l’olio di jojoba e il burro di cacao vengono estratti tramite processi a bassa temperatura per mantenere intatte le proprietà benefiche, mentre l’uso di solventi organici o tecniche di estrazione con CO₂ permette di evitare l’impiego di sostanze sintetiche. Processi Produttivi e Innovazione Tecnologica La produzione dei cosmetici vegani si avvale di tecnologie innovative e di processi produttivi studiati per ridurre l’impatto ambientale. La scelta di tecnologie a basso consumo energetico, l’utilizzo di imballaggi ecologici e la riduzione degli sprechi sono elementi chiave. Inoltre, l’adozione di standard di produzione certificati, come le norme ISO, garantisce una qualità costante e un controllo rigoroso dell’intera filiera produttiva. Una fase fondamentale riguarda la formulazione: i laboratori di ricerca e sviluppo lavorano in sinergia con esperti di botanica e chimica naturale per ottenere prodotti efficaci, stabili e sicuri. La sperimentazione e l’innovazione permettono di superare le sfide poste dall’assenza di conservanti chimici aggressivi, trovando soluzioni alternative basate su ingredienti naturali che prolungano la durata e la sicurezza del prodotto. Controlli di Qualità e Certificazioni Controlli Interni e Procedure di Verifica Prima di giungere al consumatore, i cosmetici vegani sottoposti a severi controlli di qualità in ogni fase della produzione. Dal controllo delle materie prime all’analisi del prodotto finito, ogni passaggio viene monitorato per garantire l’assenza di contaminazioni, la stabilità delle formulazioni e il rispetto delle normative vigenti in materia di cosmetica. I laboratori interni, spesso certificati secondo gli standard ISO, effettuano test microbiologici, fisico-chimici e dermatologici per verificare che il prodotto sia sicuro e conforme alle aspettative. Certificazioni Vegane e Cruelty-Free Le certificazioni rappresentano uno strumento fondamentale per attestare la qualità e l’integrità dei cosmetici vegani. Tra le principali certificazioni si annoverano: - Vegan Society: Il logo della Vegan Society è uno dei più riconosciuti a livello internazionale e garantisce che il prodotto non contenga ingredienti di origine animale e che non siano stati effettuati test sugli animali. - Cruelty-Free International e Leaping Bunny: Questi marchi certificano che il prodotto non è stato testato su animali in nessuna fase della produzione. - Certificazioni Biologiche (es. ECOCERT, COSMOS): Quando applicabili, attestano che gli ingredienti utilizzati provengono da agricoltura biologica e che il processo produttivo rispetta standard ambientali rigorosi. - Certificazioni di Sostenibilità: Alcuni marchi investono in certificazioni che garantiscono una produzione a basso impatto ambientale e l’utilizzo di imballaggi riciclabili o biodegradabili. Questi marchi non solo rafforzano la fiducia dei consumatori, ma aiutano anche a distinguere chiaramente i prodotti vegani autentici da quelli che adottano strategie di marketing “greenwashing”. La trasparenza e la tracciabilità dell’intera filiera sono elementi essenziali che assicurano che il consumatore possa fare una scelta informata. Vantaggi per il Consumatore Salute e Benessere Uno dei principali motivi per cui i consumatori scelgono i cosmetici vegani è l’attenzione per la salute della pelle. L’assenza di ingredienti di origine animale e di sostanze chimiche aggressive riduce il rischio di irritazioni, allergie e reazioni cutanee indesiderate. Inoltre, l’utilizzo di ingredienti naturali e di estratti vegetali ricchi di antiossidanti, vitamine e acidi grassi essenziali contribuisce a migliorare l’idratazione, a lenire le infiammazioni e a proteggere la pelle dagli effetti nocivi dell’inquinamento. Impatto Ambientale Ridotto I cosmetici vegani sono spesso prodotti seguendo pratiche sostenibili che minimizzano l’impatto ambientale. Dalla scelta di ingredienti provenienti da coltivazioni biologiche o sostenibili, alla riduzione degli imballaggi in plastica, ogni aspetto della produzione è studiato per tutelare l’ambiente. La filiera corta e la trasparenza nella tracciabilità degli ingredienti contribuiscono a ridurre l’impronta ecologica, facendo sì che ogni acquisto rappresenti una scelta responsabile e consapevole. Etica e Responsabilità Sociale Per molti consumatori, acquistare cosmetici vegani significa sostenere un’etica di rispetto verso gli animali e la natura. Il rifiuto di utilizzare ingredienti di origine animale e di sostenere pratiche di sperimentazione sugli animali rappresenta un impegno concreto verso un futuro più giusto e sostenibile. Questa dimensione etica si traduce anche in un forte legame emotivo e di fiducia nei confronti dei marchi che si impegnano realmente a rispettare questi principi. Trasparenza e Informazione I marchi di cosmetici vegani tendono a comunicare in maniera trasparente i processi produttivi, le fonti degli ingredienti e le certificazioni ottenute. Questo livello di trasparenza rassicura il consumatore, che può verificare facilmente la genuinità e la sostenibilità del prodotto. La maggiore informazione a disposizione favorisce una scelta consapevole, che va oltre la mera funzione estetica per abbracciare una filosofia di vita orientata alla responsabilità ambientale e sociale. Confronto con i Cosmetici Chimici Ingredienti e Formulazioni Il confronto tra cosmetici vegani e cosmetici chimici tradizionali mette in luce differenze significative nelle formulazioni e negli ingredienti utilizzati. I cosmetici chimici, infatti, spesso impiegano sostanze sintetiche, parabeni, siliconi e fragranze artificiali per garantire una lunga conservazione e un’applicazione uniforme. Sebbene questi ingredienti possano offrire risultati immediati in termini di consistenza e performance, il loro uso prolungato può portare a reazioni allergiche, irritazioni cutanee e, in alcuni casi, a effetti negativi a lungo termine sulla salute. Al contrario, i cosmetici vegani privilegiano ingredienti naturali e derivati da fonti vegetali, evitando l’uso di sostanze chimiche aggressive. Pur richiedendo processi di formulazione più complessi e una maggiore attenzione alla stabilità del prodotto, il risultato finale è un cosmetico meno irritante, più compatibile con la pelle sensibile e dotato di proprietà benefiche intrinseche grazie agli estratti naturali. Impatto Ambientale e Sostenibilità Un ulteriore aspetto fondamentale riguarda l’impatto ambientale. La produzione di cosmetici chimici tradizionali può comportare l’uso intensivo di risorse non rinnovabili e il rilascio di sostanze inquinanti durante il processo produttivo. Gli imballaggi, spesso in plastica, e la gestione degli scarti industriali rappresentano ulteriori criticità dal punto di vista ecologico. I cosmetici vegani, al contrario, adottano una filosofia di produzione “green” che mira a ridurre al minimo lo spreco di risorse e a utilizzare imballaggi riciclabili o biodegradabili. L’attenzione all’ecosostenibilità non riguarda solo la materia prima, ma si estende a tutte le fasi della catena produttiva, rendendo questi prodotti una scelta molto più responsabile e in linea con le esigenze ambientali del nostro tempo. Efficacia e Innovazione È importante sottolineare che l’idea che i cosmetici vegani siano meno efficaci rispetto ai prodotti chimici è ormai superata. Grazie agli avanzamenti della ricerca e dello sviluppo di nuove tecnologie di estrazione e formulazione, i cosmetici vegani oggi offrono performance elevate, in grado di competere con i prodotti tradizionali. Molti marchi hanno investito notevolmente nell’innovazione per garantire che la naturalezza degli ingredienti non comprometta l’efficacia, ma al contrario, la potenzi attraverso l’utilizzo di componenti bioattivi e antiossidanti. Sicurezza e Tollerabilità Un aspetto cruciale che lega l’uso di cosmetici vegani a un maggior grado di sicurezza è la tollerabilità cutanea. La maggior parte dei cosmetici chimici, infatti, può contenere ingredienti irritanti o potenzialmente tossici, che, sebbene testati e approvati, possono rappresentare una sfida per le persone con pelle particolarmente sensibile o con predisposizioni allergiche. I cosmetici vegani, basandosi su ingredienti naturali e su processi di estrazione delicati, risultano generalmente più indicati per chi desidera evitare complicazioni dermatologiche e investire in prodotti che rispettino l’integrità della pelle. Conclusioni: Una Scelta Consapevole per il Futuro Il mondo della cosmetica si trova a un bivio in cui l’innovazione deve coniugarsi con la sostenibilità e l’etica. I cosmetici vegani rappresentano una risposta concreta a queste esigenze, offrendo prodotti che rispettano la salute dell’utente, l’ambiente e la vita degli animali. Grazie a un’attenta selezione degli ingredienti, a processi produttivi trasparenti e a rigorosi controlli di qualità, questi cosmetici garantiscono una sicurezza elevata e prestazioni competitive, riuscendo a superare, in molti casi, i limiti dei cosmetici chimici tradizionali. L’adozione di cosmetici vegani non è solo una scelta di bellezza, ma diventa un atto di responsabilità verso il pianeta e verso le future generazioni. Acquistare prodotti vegani significa abbracciare uno stile di vita consapevole, che valorizza la salute, l’etica e la sostenibilità. Con l’aumento della domanda, sempre più marchi si impegnano a innovare e a migliorare continuamente le proprie formulazioni, offrendo soluzioni efficaci e rispettose dei più alti standard qualitativi. In conclusione, la scelta tra cosmetici vegani e cosmetici chimici non deve essere vista come un compromesso, ma come un’opportunità per adottare pratiche che integrano benessere personale, cura della pelle e rispetto per l’ambiente. Informarsi, verificare le certificazioni e comprendere i processi produttivi sono passaggi fondamentali per effettuare una scelta informata. Il futuro della bellezza è orientato verso prodotti che siano non solo efficaci, ma anche in armonia con i valori etici e sostenibili della società moderna.© Riproduzione Vietata COSMESI NATURALE: fai da te le tue creme Green Beauty Guide Organic Body Care Recipes: 175 Homemade Herbal Formula
SCOPRI DI PIU'La Caotica Situazione del Polipropilene in Turchia: la Tempesta Perfettadi Marco ArezioUn periodo così se lo ricorderanno a lungo, non solo il sistema industriale Turco che utilizza il polipropilene ma, a cascata, anche gli acquirenti dei prodotti finiti che le fabbriche Turche riforniscono e il sistema finanziario che è sotto pressione.Gli aumenti spropositati del polipropilene in Turchia è la conseguenza di una serie di situazioni eccezionali che si sono verificate sui mercati mondiali delle materie prime vergini, manifestandosi come una tempesta perfetta. E come tutte le tempeste improvvise, la situazione ha colto di sorpresa anche i buyers Turchi, creando una serie di difficoltà sull’approvvigionamento della materia prima, sui livelli di prezzi insostenibili e sui bilanci delle aziende. La concatenazione degli eventi si è abbattuta su analisi previsionali di disponibilità di PP regolare, pur con una previsione di un rialzo dei prezzi che sembrava sostenibile e ciclico. Le aspettative di un rialzo graduale ruotavano intorno alla considerazione di un periodo estremamente lungo di prezzi sotto la media, di una ipotesi di ripresa internazionale e dell’avvicinarsi del capodanno Cinese che avrebbe liberato maggiori disponibilità sul mercato. In realtà queste tesi si sono rilevate sbagliate in merito all’eccezionalità degli eventi che sono capitati: • I problemi metereologici negli USA con un crollo delle produzioni di PP • Lo spostamento di parti delle scorte mondiali dei produttori verso mercati più profittevoli come gli USA e l’Europa • La scarsità di circolazione dei containers che ha impennato le quotazioni • Il concatenamento di fermi produttivi agli impianti, in parte già programmati come Total, Ineos, LyondellBasell, ExxonMobil, Borealis e Unipetrol. Scorte ridotte anche nel Medio Oriente, area di normale approvvigionamento per la Turchia • La riduzione delle festività del capodanno cinese a causa del Covid con una ripresa dei consumi di di polimeri prima del previsto • Il rallentamento delle operazioni doganali causa Covid. Questi eventi concatenati hanno portato in Turchia un livello dei prezzi elevatissimi, con una scarsità di disponibilità che ha messo in crisi i produttori locali. Gli operatori dichiarano aumenti per il PPH di 350-500 $ a tonnellata, da una settimana all’altra e i buyers non sanno come trasmettere in modo costruttivo al settore commerciale gli aumenti dei costi dei prodotti. La crescita dei prezzi in percentuale ha raggiunto il 49% per il PP Raffia e il 32% il PPBC per iniezione, rispetto a Febbraio 2021, creando il caos soprattutto nelle aziende che lavorano con contratti di forniture per clienti che assemblano i semilavorati prodotti in Turchia. Non sono solo i margini di contribuzione sulle commesse a non quadrare più, ma anche l’impossibilità di produrre per la mancanza, anche a qualsiasi prezzo, della materia prima. Nemmeno l’aumento della lira turca rispetto al dollaro è stata di aiuto in questa situazione paradossale, che sta mettendo in ginocchio il comparto delle materie plastiche avendo un peso nel paese di cruciale importanza. Ci si interroga su quando questa situazione possa risolversi, ma gli analisti sono prudenti nello stabilire delle date, in quanto il fenomeno è complesso e la risoluzione delle problematiche passa dall’evolversi in modo positivo di tutti i fattori sopra descritti.Categoria: notizie - plastica - economia circolare - rifiuti - PP - Turchia Maggiori informazioni sulle regole di navigazione internazionali
SCOPRI DI PIU'L’impianto di Versalis di Mantova (IT) Fermerà per ManutenzioneLa direzione dell’impianto di produzione dei polimeri stirenici in ABS di Versalis Mantova, attraverso un comunicato, ha annunciato lo stop delle produzioni per dare avvio ad un piano di ammodernamento degli impianti di produzione nei mesi di Giugno e Luglio di quest’anno.Infatti, Versalis (Eni) informa che sono iniziate le operazioni propedeutiche alla fermata generale programmata per la manutenzione e i nuovi investimenti previsti nello stabilimento di Mantova. Le attività saranno eseguite per fasi: nei mesi di giugno e luglio 2021 è previsto il picco delle operazioni presso gli impianti. Le attività di manutenzione riguardano gli impianti stirenici e intermedi (stirolo monomero, fenolo e derivati, polimeri e i servizi di stabilimento) e un nuovo importante investimento per l’espansione della produzione di polimeri stirenici ABS, per una capacità aggiuntiva di 30mila tonnellate/anno, verso gradi differenziati e ad alto valore aggiunto, destinati a settori chiave come automotive, arredamento ed elettrodomestici. Gli investimenti prevedono anche interventi per il miglioramento tecnologico e di affidabilità e di efficientamento energetico e ambientale per un totale di oltre 40 milioni di euro di investimenti nel biennio 2020-2021. Nel cantiere, che durerà circa due mesi, saranno coinvolte circa 30 imprese, con una presenza di picco di 600 persone di ditte terze. Saranno costruiti 60 mila metri cubi di ponteggi e ispezionate 600 apparecchiature. Le attività vedranno impegnati un team dedicato alla sicurezza integrato dal supporto delle squadre del Safety Competence Center di Eni e personale dedicato alla sorveglianza sanitaria. In particolare, è stato previsto un protocollo di misure aggiuntive a quelle già attuate e un programma di screening epidemiologico per la prevenzione e il contrasto al Covid-19 al fine di garantire la massima tutela della salute dei lavoratori e delle comunità locali. La più importante delle misure attuate è la campagna di test tramite tamponi rapidi in un’area dello stabilimento appositamente attrezzata che verrà avviata, su base volontaria anche a tutto il personale del sito, prima della fermata. Inoltre, verranno installati 9 termo-scanner per agevolare il controllo del personale in entrata e uscita dallo stabilimento e saranno distribuite a tutto il personale impiegato nelle operazioni di fermata mascherine FFP2. Durante le attività di fermata e di riavvio degli impianti saranno attivi i dispositivi di controllo e i sistemi di sicurezza, tra i quali la torcia che si attiverà, in maniera discontinua, per il tempo strettamente necessario a effettuare gli interventi programmati. Saranno preventivamente informati gli Enti competenti, come previsto dal vigente Protocollo Operativo di comunicazione.
SCOPRI DI PIU'In Francia Apre la più Grande Stazione di Rifornimento a BioGasIl problema dell'inquinamento prodotto dal traffico veicolare leggero e ancora di più da quello pesante, è sempre molto attuale per chi ha responsabilità politiche per trovare efficaci soluzione per ridurre le emissioni nocive e garantire la mobilitò civile e commerciale.Sul banco degli imputati è salito il carburante diesel che, nonostante i recenti sistemi di intercettazione del particolato emesso nelle marmitte e i nuovi motori meno inquinanti, continua a destare molta preoccupazione.Con l'avvento del biogas si è aperto un nuovo scenario sulla mobilità verde, con un doppio vantaggio che consiste nella riduzioni delle emissioni nell'ambiente e l'utilizzo dei residui umidi dei rifiuti domestici.Total ha inaugurato la più grande stazione di rifornimento francese dedicata esclusivamente al gas naturale per veicoli (NGV) e bioNGV, con la presenza in loco di Jean-Baptiste Djebbari, ministro delegato per i trasporti francese. Situata nel cuore della piattaforma logistica di Gennevilliers, il secondo porto fluviale più grande d'Europa, questa stazione è ora aperta 24 ore su 24, 7 giorni su 7 ai professionisti (B2B) e ai clienti B2C. Sarà gestito da Total per i prossimi 10 anni.Tale concessione è stata attribuita a Total da Sigeif Mobilités (società semipubblicata fondata da Sigeif e dalla Caisse des Dépôts) tramite gara. Sosterrà lo sviluppo di nuove mobilità nella regione dell'Île-de-France e diventerà un luogo strategico per la fornitura di NGV e bioNGV per l'area Grand Paris (che comprende la città di Parigi e le sue 130 città circostanti) e oltre. Questa stazione a marchio Total distribuirà NGV come gas naturale compresso (CNG) e sarà fornita al sito da GRTgaz, per la prima volta in Francia attraverso la sua rete di fornitura di gas ad alta pressione. La stazione sarà in grado di distribuire fino al 100% di bioNGV, in quanto gli utenti hanno la possibilità di scegliere e regolare, direttamente alla pompa e contrattualmente per i clienti B2B, tra diversi tassi di incorporazione di biometano. " Questa apertura della più grande stazione di rifornimento di NGV e bioNGV della Francia è motivo di orgoglio per i nostri team " , afferma Guillaume Larroque, Presidente di Total Marketing France . “ La nostra ambizione è chiara: diventare leader nella distribuzione di NGV e bioNGV in Europa, con 450 stazioni gestite Total entro il 2025, di cui 110 in Francia. Questa stazione è anche un modello per i nostri futuri sviluppi in Europa, dove Total si impegna a raggiungere la neutralità del carbonio entro il 2050 o prima, per i prodotti utilizzati dai nostri clienti. Il nostro obiettivo di un tasso del 50% di incorporazione di biometano contribuirà direttamente ad esso . " Jean-Jacques Guillet, presidente di Sem Sigeif Mobilités , si rallegra del lancio di questa stazione, un nuovo mattone nella rete di stazioni di rifornimento di NGV / bioNGV che Sigeif ha avviato e avviato nel 2014. " Questa stazione all'interno del porto di Gennevilliers è una infrastrutture essenziale, che si inseriscono nel piano in corso per migliorare la qualità dell'aria nella regione dell'Île-de-France. Le società situate nel porto hanno ora la possibilità di utilizzare un carburante pulito per le loro consegne urbane a Parigi e nelle città vicine occidentali, il tutto coperto da una zona a basse emissioni attualmente in fase di implementazione ". Jean-Baptiste Djebbari, Ministro delegato per i trasporti, dichiara : “ Saluto l'apertura della più grande stazione di rifornimento per autocarri di NGV e bioNGV della Francia. Le aziende dedite al trasporto su strada di merci e persone sono alla continua ricerca di soluzioni alternative al diesel per il proprio mix energetico. Al di là della forte riduzione delle emissioni di CO2, il vantaggio delle tecnologie NGV e bioNGV è la loro disponibilità immediata, diffusa in tutti i segmenti. Abbiamo rinnovato le politiche di supporto per questi veicoli fino alla fine del 2024, al fine di fornire alle aziende visibilità e consentire loro di impegnarsi in questa transizione ". Valérie Pécresse, Presidente della Regione Île-de-France, Presidente dell'Île-de-France Mobilités, dichiara : "La riduzione dell'inquinamento causato dal traffico stradale è un problema di salute pubblica per la protezione dell'ambiente e per il clima. Sono orgoglioso che la regione Ile-de-France ne abbia fatto una delle sue priorità e abbia contribuito alla creazione della stazione di servizio Total - Sigeif Mobilités nel porto di Gennevilliers, la più grande mai costruita in Francia. Il suo collegamento alla rete del gas e la sua vicinanza sia ai propri clienti nel business della logistica che alla futura unità di metanizzazione dei rifiuti organici - che sosteniamo - ne fa un caso esemplare di economia circolare. Il governo regionale accelera lo sviluppo dell'utilizzo di NGV e bioNGV per autocarri e veicoli commerciali in Île-de-France, attraverso la sua partecipazione al Sem Sigeif Mobilités, ma anche attraverso un'ambiziosa politica di sussidi a sostegno dell'acquisizione di veicoli compatibili con il metano da parte di piccole e medie imprese. Tuttavia, la regione è anche leader con la transizione energetica della flotta di autobus Île-de-France Mobilités. " Lo sviluppo di questa stazione e la sua apertura al pubblico che già utilizza NGV completerà la rete Total esistente in Francia e consentirà a un numero crescente di professionisti del trasporto e della logistica dell'area della Grande Parigi di convertirsi a GNV in condizioni ottimizzate. Total li aiuterà quindi a cambiare le loro flotte di veicoli (autocarri pesanti, autobus, camion della nettezza urbana, veicoli commerciali ...) a NGV e bioNGV.Total info
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