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rMIX: Il Portale del Riciclo nell'Economia Circolare Il Riciclo dei Rottami Metallici
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Innovazioni e Sostenibilità: La Nuova Frontiera dei Metallidi Marco ArezioIl settore del riciclo dei rottami metallici sta vivendo una trasformazione radicale, spinta dall'innovazione tecnologica e dalla crescente necessità di pratiche sostenibili. Questo articolo esplora le ultime innovazioni nel campo, sottolineando come stiano cambiando il panorama del riciclo dei metalli, migliorando l'efficienza del processo e contribuendo significativamente alla sostenibilità ambientale. 1. Introduzione al Riciclo dei Metalli Il riciclo dei metalli gioca un ruolo cruciale nell'economia circolare, riducendo la necessità di estrazione di nuovi materiali, diminuendo l'emissione di gas serra e risparmiando energia. I metalli, grazie alla loro intrinseca capacità di essere riciclati più volte senza perdere le proprietà, offrono un'opportunità unica per lo sviluppo sostenibile. Tuttavia, nonostante questi benefici, il settore si trova di fronte a sfide significative, tra cui l'efficienza del riciclaggio, la separazione dei materiali e la gestione dei residui. 2. Innovazioni Tecnologiche nel Riciclo Le tecnologie emergenti stanno apportando miglioramenti significativi nel processo di riciclaggio dei rottami metallici. Tra queste, si evidenziano: Tecnologie di Separazione Avanzate: Nuovi metodi di separazione basati su sensori ottici, raggi X, e magnetismo stanno migliorando la capacità di distinguere e separare i metalli misti nei rottami. Questi sistemi consentono una separazione più accurata, aumentando la purezza dei materiali riciclati e riducendo i rifiuti. Pirolisi e Gassificazione: Questi processi termochimici trasformano i rifiuti metallici in gas sintetico o olio, recuperando energia e materiali. Offrono una soluzione per trattare i rottami metallici contaminati o misti che altrimenti sarebbero difficili da riciclare. Processi Enzimatici: La ricerca sta esplorando l'uso di enzimi per recuperare metalli da rottami elettronici e batterie. Questi metodi biologici promettono di offrire un'alternativa ecocompatibile ai processi chimici convenzionali. 3. Efficienza Energetica e Riduzione dell'Impatto Ambientale Le innovazioni tecnologiche non solo migliorano l'efficienza del riciclaggio ma contribuiscono anche a una significativa riduzione dell'impatto ambientale. La gassificazione, ad esempio, permette di recuperare energia dai rottami metallici, riducendo il consumo di combustibili fossili. Analogamente, i metodi di separazione avanzati minimizzano la produzione di scarti, contribuendo alla riduzione delle discariche. 4. Sfide e Barriere all'Innovazione Nonostante i progressi, l'adozione di queste tecnologie innovative incontra ostacoli. Le barriere includono il costo elevato degli investimenti iniziali, la mancanza di normative chiare, e la necessità di sviluppare competenze specifiche. Inoltre, la variabilità nella composizione dei rottami metallici richiede soluzioni flessibili e adattabili, un ulteriore livello di complessità. 5. Prospettive Future Il futuro del riciclaggio dei metalli appare promettente, con la ricerca e lo sviluppo che continuano a spingere i confini dell'innovazione. L'integrazione di tecnologie digitali, come l'intelligenza artificiale e la blockchain, potrebbe offrire nuove soluzioni per migliorare la tracciabilità dei materiali e ottimizzare le catene di fornitura del riciclaggio. 6. Conclusione L'innovazione nel riciclo dei rottami metallici è fondamentale per affrontare le sfide ambientali del nostro tempo. Le nuove tecnologie non solo migliorano l'efficienza e la sostenibilità del processo di riciclaggio ma contribuiscono anche alla realizzazione di un'economia più circolare e resiliente. Mentre il settore si adatta a queste innovazioni, si apre la strada a nuove possibilità per ridurre l'impatto ambientale dell'industria e supportare la transizione verso pratiche più sostenibili. Le imprese e le istituzioni che operano nel settore del riciclo dei metalli sono chiamate a giocare un ruolo chiave in questa transizione, investendo in tecnologie innovative, formando le competenze necessarie e collaborando con i partner lungo l'intera catena di valore per superare le barriere esistenti. La capacità di adattarsi rapidamente alle nuove tecnologie e ai cambiamenti del mercato sarà determinante per il successo in questo settore in evoluzione. Inoltre, la sensibilizzazione e l'impegno da parte dei consumatori e delle comunità svolgono un ruolo fondamentale nel sostenere il riciclaggio dei metalli. Promuovere una maggiore comprensione dell'importanza del riciclo, insieme alla partecipazione attiva nella raccolta differenziata, può aumentare significativamente le quantità di materiale riciclabile disponibile, migliorando ulteriormente l'efficienza del processo di riciclaggio. L'adozione di politiche pubbliche che favoriscano il riciclo dei metalli, tramite incentivi finanziari, normative chiare e supporto alla ricerca e all'innovazione, è altresì cruciale. Queste politiche possono accelerare l'adozione delle nuove tecnologie, rendendo il riciclaggio dei metalli più economicamente vantaggioso e ambientalmente sostenibile. Infine, la collaborazione tra i vari stakeholder - industrie, governi, istituti di ricerca e società civile - è essenziale per costruire un sistema di riciclaggio dei metalli robusto e sostenibile. Attraverso un impegno congiunto, è possibile affrontare le sfide attuali e future, sfruttando appieno il potenziale dei rottami metallici come risorsa preziosa per l'industria e per la società.

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https://www.rmix.it/ - Cosa è il Nuovo Enzima che Mangia i Rifiuti di PET in Tempi Rapidi
rMIX: Il Portale del Riciclo nell'Economia Circolare Cosa è il Nuovo Enzima che Mangia i Rifiuti di PET in Tempi Rapidi
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La depolimerizzazione della plastica attraverso i nuovi enzimi sarà l'alternativa al riciclo meccanico e chimico?di Marco ArezioOggi la produzione di rifiuti plastici continua ad essere superiore alla capacità del loro riciclo meccanico, tanto è vero che si stanno studiando soluzioni integrative per ridurre questo gap. Oltre alle innumerevoli strade che potrebbe aprire il riciclo chimico,  l’ingegneria biologica sta facendo passi enormi sull’individuazione di corretti enzimi che possano degradare la plastica. Attraverso uno studio da parte di un team di scienziati Americani, volto ad individuare un enzima modificato, sono state studiate combinazioni di aminoacidi che potessero degradare il PET in tempi più veloci rispetto al passato. L'organismo ha due enzimi che idrolizzano il polimero prima in mono-(2-idrossietil) tereftalato e poi in glicole etilenico e acido tereftalico da utilizzare come fonte di energia. Un enzima in particolare, la PETasi, è diventato l'obiettivo degli sforzi di ingegneria proteica per renderlo stabile a temperature più elevate e aumentare la sua attività catalitica. Un team attorno ad Hal Alper dell'Università del Texas ad Austin negli Stati Uniti, ha creato una PETasi in grado di degradare 51 diversi prodotti in PET, inclusi contenitori e bottiglie di plastica interi. Nella costruzione dello studio si sono avvalsi di un algoritmo che ha utilizzato 19.000 proteine di dimensioni simili e, per ogni aminoacido di PETase, il programma ha studiato il loro adattamento all’ambiente in cui vivevano rispetto ad altre proteine. Un amminoacido che non si adatta bene può essere fonte di instabilità e l'algoritmo suggerisce un amminoacido diverso al suo posto. Si sono poi verificate milioni di combinazioni e, alla fine del lavoro di analisi, i ricercatori hanno puntato su tre soluzioni che sembravano quelle più promettenti. Intervenendo ulteriormente con modifiche dirette, gli scienziati hanno creato un enzima molto attivo sul PET che lavorava con rapidità e a temperature più basse rispetto al passato. A 50°C, l'enzima è quasi due volte più attivo nell'idrolizzare un piccolo campione di un contenitore per alimenti in PET rispetto a un'altra PETasi ingegnerizzata a 70°C. L'enzima ha persino depolimerizzato un intero vassoio di plastica per torte in 48 ore e il team ha dimostrato che può creare un nuovo oggetto di plastica dai rifiuti degradati. E’ importante sottolineare che i tests sono stati fatti non su campioni di PET amorfo appositamente realizzati in laboratorio, ma su imballi in PET acquistati direttamente ai supermercati. Questo avvicina ancora di più le prove eseguite al contesto in cui si dovrebbe operare, cioè nell’ambito del riciclo o della depolimerizzazione delle plastiche. Resta da vedere se la depolimerizzazione enzimatica verrà infine utilizzata per il riciclaggio su larga scala. Infatti, la maggior parte del PET nel mondo viene riciclato non per depolimerizzazione, ma per fusione e rimodellamento, ma le sue proprietà si deteriorano ad ogni ciclo. Come abbiamo detto esistono alcuni metodi di depolimerizzazione chimica, ma comportano un consumo di energia molto alto e, nell’ottica della circolarità dei prodotti, l’aspetto dell’impatto ambientale che il riciclo comporta è da tenere in considerazione, specialmente quando non si dispone di energie rinnovabili. Il grande vantaggio degli enzimi è che possono essere molto più specifici dei catalizzatori chimici e, quindi, potrebbe essere più semplice, in teoria, degradare un flusso di rifiuti. Gli scienziati non nascondono però che lo studio degli enzimi che depolimerizzano il PET, per quanto complicato e lungo, potrebbe essere addirittura più semplice rispetto alla loro applicazioni su poliolefine o su plastiche miste.Categoria: notizie - tecnica - plastica - riciclo - PET - depolimerizzazione 

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https://www.rmix.it/ - I Ritardanti di Fiamma per Polimeri Riciclati e Vergini
rMIX: Il Portale del Riciclo nell'Economia Circolare I Ritardanti di Fiamma per Polimeri Riciclati e Vergini
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Analisi Approfondita dell'Uso dei Ritardanti di Fiamma nei Polimeri: Metodi di Utilizzo, Vantaggi per la Sicurezza e Impatti Ambientali di Marco ArezioIn un'era dove la sicurezza dei materiali utilizzati in numerosi settori industriali è sempre più richiesta, l'importanza di comprendere e migliorare la resistenza al fuoco dei polimeri diventa cruciale. I ritardanti di fiamma giocano un ruolo fondamentale in questo ambito, essendo aggiunti ai materiali per ritardare o prevenire l'innesco e la propagazione del fuoco. Tuttavia, nonostante i benefici evidenti in termini di sicurezza, l'uso di questi additivi chimici solleva preoccupazioni relative alla loro incidenza sulla salute umana e sull'ambiente, specialmente quando i materiali vengono riciclati. Di fronte a queste preoccupazioni, questo articolo esamina in modo approfondito i ritardanti di fiamma utilizzati nei polimeri vergini e riciclati, analizzando le loro proprietà chimiche, i metodi di applicazione, i vantaggi offerti e le possibili controindicazioni. Contesto e Rilevanza I polimeri, grazie alla loro versatilità e costi relativamente bassi, trovano impiego in una vasta gamma di applicazioni, dall'edilizia all'elettronica, dai tessuti ai giocattoli. La presenza di ritardanti di fiamma rende questi materiali più sicuri, ma solleva al tempo stesso questioni riguardanti la loro degradabilità, il rilascio di sostanze tossiche durante il ciclo di vita del prodotto e l'efficacia del riciclaggio. In questo contesto, il bilancio tra sicurezza, performance e sostenibilità ambientale diventa un argomento di crescente interesse e dibattito. Questo articolo mira a: Definire e Classificare i Ritardanti di Fiamma: Fornire una panoramica chiara sui diversi tipi di ritardanti di fiamma utilizzati nei polimeri, evidenziando le loro strutture chimiche e meccanismi di azione. Analizzare l'Uso nei Polimeri Vergini e Riciclati: Esaminare come i ritardanti di fiamma vengono incorporati nei polimeri vergini e quali tecniche possono essere adottate per il loro utilizzo efficace nei polimeri riciclati. Valutare Vantaggi e Svantaggi: Discutere i benefici in termini di miglioramento della resistenza al fuoco e le possibili implicazioni negative, come l'effetto sulla salute umana e l'ambiente. Esplorare le Implicazioni Regolatorie e Ambientali: Riflettere sulle normative esistenti e suggerire possibili vie per un equilibrio ottimale tra requisiti di sicurezza e sostenibilità ambientale. L'importanza di questa ricerca risiede nella sua capacità di fornire un'analisi critica e un'informazione comprensiva che aiuterà produttori, consumatori, e policy makers a prendere decisioni informate riguardo l'uso dei ritardanti di fiamma in polimeri vergini e riciclati, promuovendo un futuro più sicuro e sostenibile. Capitolo 1: Definizione e Classificazione dei Ritardanti di Fiamma 1.1: Cos'è un Ritardante di Fiamma? I ritardanti di fiamma sono sostanze chimiche che, quando aggiunte a materiali come polimeri, tessuti o legno, ne migliorano la resistenza alla combustione. Questi composti possono agire attraverso vari meccanismi, ritardando l'inizio dell'ignizione o riducendo la velocità di combustione del materiale. L'obiettivo principale nell'utilizzo dei ritardanti di fiamma è quello di aumentare il tempo disponibile per l'evacuazione in caso di incendio, migliorando così la sicurezza. 1.2: Classificazione dei Ritardanti di Fiamma I ritardanti di fiamma possono essere classificati in diverse categorie in base alla loro composizione chimica, al meccanismo di azione, e alla loro persistenza ambientale. Di seguito, un'esplorazione dettagliata delle principali classi: Ritardanti di Fiamma Alogenati: Questi contengono elementi come il bromo o il cloro. Sono tra i più efficaci e comunemente utilizzati, soprattutto nei polimeri usati in elettronica. Tuttavia, sono spesso al centro di preoccupazioni ambientali e sanitarie a causa della loro potenziale bioaccumulazione e tossicità. Ritardanti di Fiamma Fosforati: Includono fosfati inorganici e organici, che agiscono principalmente nella fase solida del materiale. Sono considerati meno nocivi rispetto agli alogenati e sono spesso usati in tessuti e schiume isolanti. Ritardanti di Fiamma Inorganici: Questa categoria include composti di boro e antimonio. Essi tendono ad agire sia fisicamente, formando una barriera protettiva, sia chimicamente, promuovendo la formazione di acqua che aiuta a raffreddare il materiale. Ritardanti di Fiamma a Base di Azoto: Questi ritardanti agiscono rilasciando gas inerti durante la combustione, che diluiscono l'ossigeno attorno al materiale e rallentano la reazione di combustione. Ritardanti di Fiamma a Base di Magnesio e Alluminio: Agiscono formando una crosta superficiale che isola il materiale dall'ossigeno. Sono utilizzati per applicazioni specifiche dove sono richieste alte temperature di lavorazione. 1.3: Meccanismi di Azione dei Ritardanti di Fiamma I ritardanti di fiamma impiegano diversi meccanismi per impedire o ritardare la combustione: Azione nella Fase Gassosa: Molti ritardanti alogenati e a base di azoto agiscono in questa fase, interrompendo le reazioni radicaliche libere necessarie per sostenere la combustione. Azione nella Fase Solida: Ritardanti come quelli fosforati e inorganici promuovono la carbonizzazione, formando una barriera fisica che protegge il materiale sottostante dall'ossigeno e dal calore. Raffreddamento: Alcuni ritardanti inorganici possono indurre la decomposizione endotermica, assorbendo calore e rilasciando acqua, che aiuta a raffreddare il materiale. 1.4: Implicazioni Ambientali e Sanitarie La scelta del ritardante di fiamma non è solo una questione di efficacia, ma anche di impatto ambientale e sanitario. Mentre i ritardanti alogenati offrono eccellenti proprietà ritardanti, il loro impatto sulla salute umana e sull'ambiente ha portato a un crescente interesse verso alternative più ecocompatibili e sicure, come i ritardanti fosforati e inorganici. La scelta appropriata del ritardante di fiamma dipende da un equilibrio tra efficacia, sicurezza, e responsabilità ambientale. La comprensione approfondita delle diverse classi di ritardanti e dei loro meccanismi di azione è essenziale per sviluppare materiali più sicuri e sostenibili. Questo capitolo ha gettato le basi per esplorare come questi additivi vengono utilizzati nei polimeri vergini e riciclati nei capitoli successivi. Capitolo 2: Ritardanti di Fiamma nei Polimeri Vergini 2.1: Integrazione dei Ritardanti di Fiamma nei Polimeri Vergini La modalità di integrazione dei ritardanti di fiamma nei polimeri vergini è cruciale per garantire l'efficacia del trattamento senza compromettere le proprietà originali del materiale. Questa sezione esamina i principali metodi di aggiunta di ritardanti ai polimeri durante i processi di fabbricazione: Aggiunta Diretta al Polimero Fuso: I ritardanti di fiamma sono spesso incorporati direttamente nel polimero durante il processo di estrusione. Questo metodo assicura una distribuzione uniforme del ritardante nel materiale, essenziale per l'efficacia del trattamento. Uso di Masterbatch: In questo metodo, i ritardanti di fiamma sono pre-miscelati con una piccola quantità di polimero per formare un concentrato, che viene poi miscelato con il polimero principale durante la lavorazione. Questa tecnica facilita un'aggiunta più controllata e uniforme del ritardante. Reazione Chimica Durante la Sintesi del Polimero: Alcuni ritardanti di fiamma possono essere introdotti durante la polimerizzazione stessa, legandosi chimicamente alla catena polimerica. Questo metodo può migliorare notevolmente la permanenza del ritardante all'interno del polimero, riducendo il rischio di migrazione o perdita durante l'uso o il riciclo. 2.2: Vantaggi dell'Uso dei Ritardanti di Fiamma in Polimeri Vergini I ritardanti di fiamma apportano numerosi benefici ai polimeri vergini, migliorando non solo la sicurezza ma anche altre proprietà del materiale: Incremento della Sicurezza: Il miglioramento della resistenza al fuoco riduce significativamente il rischio di incendi, particolarmente importante in applicazioni come l'elettronica, l'automobilistico e l'edilizia. Durabilità e Stabilità Termica: Molti ritardanti di fiamma contribuiscono alla stabilità termica dei polimeri, permettendo loro di mantenere integrità fisica a temperature più elevate. Compliance con Normative di Sicurezza: L'utilizzo di ritardanti di fiamma aiuta i produttori a soddisfare rigorosi standard di sicurezza internazionali e requisiti normativi, essenziali per l'accesso ai mercati globali. 2.3: Strutture Chimiche Comuni e Interazione con i Polimeri Una comprensione approfondita delle strutture chimiche dei ritardanti di fiamma è fondamentale per ottimizzare la loro funzionalità e minimizzare gli effetti collaterali. Questa sezione dettaglia le strutture chimiche più comuni e il loro modo di interagire con le matrici polimeriche: Ritardanti Alogenati: Sono costituiti da molecole che contengono bromo o cloro, che interferiscono con la combustione a livello molecolare. Ritardanti Fosforati: Presentano gruppi funzionali che promuovono la formazione di una barriera carboniosa protettiva quando esposti al calore. Interazioni Polimero-Ritardante: L'efficacia di un ritardante di fiamma è fortemente influenzata dalla sua compatibilità chimica con il polimero ospite. Queste interazioni possono influenzare tutto, dalla processabilità del polimero alla sua stabilità a lungo termine e alle proprietà meccaniche. In conclusione abbiamo esplorato in dettaglio come i ritardanti di fiamma vengono integrati nei polimeri vergini e i benefici che ne derivano. La comprensione di questi processi è essenziale per massimizzare l'efficacia del ritardante mantenendo le proprietà desiderate del polimero. Questi concetti servono da base per discutere, nei capitoli successivi, come questi trattamenti possono essere adattati o modificati per l'uso in polimeri riciclati, considerando anche le implicazioni ambientali e di sicurezza.Capitolo 3: Ritardanti di Fiamma nei Polimeri Riciclati Sezione 3.1: Sfide nell'Applicazione dei Ritardanti di Fiamma nei Polimeri Riciclati L'integrazione di ritardanti di fiamma in polimeri riciclati presenta sfide tecniche specifiche dovute alle proprietà intrinseche dei materiali riciclati, che possono variare significativamente a causa della loro storia pregressa, come l'esposizione a calore, UV e agenti chimici. Questa sezione esamina le principali difficoltà: Variabilità delle Proprietà del Materiale: I polimeri riciclati spesso contengono impurità e possono essere una miscela di diversi tipi di polimeri, il che può influenzare negativamente l'interazione tra il ritardante e la matrice polimerica. Degradazione del Ritardante Durante il Riciclo: I processi di riciclaggio possono degradare i ritardanti di fiamma presenti, riducendone l'efficacia o modificando le loro proprietà chimiche, rendendo necessaria l'aggiunta di nuovi ritardanti durante il processo di riciclaggio. Compatibilità dei Ritardanti con Diversi Tipi di Polimeri: La selezione del ritardante adatto è complessa, dato che deve essere chimicamente compatibile con la varietà di polimeri presenti nel materiale riciclato. 3.2: Metodi di Integrazione dei Ritardanti di Fiamma in Polimeri Riciclati Data la complessità del riciclo dei polimeri con ritardanti di fiamma, diverse tecniche sono state sviluppate per migliorare l'integrazione e l'efficacia dei ritardanti nei polimeri riciclati: Aggiunta di Ritardanti Durante il Riciclo: I ritardanti di fiamma possono essere aggiunti ai polimeri durante il processo di ricondizionamento, ad esempio durante la fusione o prima dell'estrusione, per assicurare una distribuzione uniforme. Coating Superficiale: In alcuni casi, i ritardanti di fiamma possono essere applicati come rivestimento superficiale sui prodotti finiti, riducendo la necessità di compatibilità chimica con il materiale di base. Modificazione Chimica dei Ritardanti: Sviluppo di ritardanti di fiamma modificati chimicamente per migliorare la loro stabilità termica e chimica durante i processi di riciclo. 3.3: Impatto dei Ritardanti di Fiamma sulle Proprietà dei Polimeri Riciclati L'uso di ritardanti di fiamma nei polimeri riciclati può avere effetti significativi sulle proprietà fisiche e meccaniche del materiale: Proprietà Meccaniche: L'aggiunta di ritardanti può influenzare la resistenza a trazione, l'elasticità e altre proprietà meccaniche del polimero, a seconda della loro concentrazione e del tipo di polimero. Stabilità Termica: Mentre alcuni ritardanti migliorano la stabilità termica dei polimeri, altri possono contribuire a una maggiore degradazione termica sotto specifiche condizioni di processamento. Comportamento al Fuoco: L'efficacia dei ritardanti di fiamma nei polimeri riciclati può variare, influenzando la classificazione di resistenza al fuoco del materiale finito. 3.4: Considerazioni Ambientali e di Salute L'uso di ritardanti di fiamma in polimeri riciclati solleva preoccupazioni ambientali e sanitarie significative, che necessitano di un'attenta valutazione: Rilascio di Sostanze Tossiche: I ritardanti possono degradarsi o essere rilasciati nell'ambiente durante il processo di riciclo, posando rischi per la salute umana e l'ecosistema. Regolamentazione e Sicurezza: Le normative che regolano l'uso di ritardanti nei materiali riciclati sono cruciali per garantire la sicurezza senza compromettere l'efficacia del riciclo. Abbiamo quindi esaminato le complessità tecniche, ambientali e di sicurezza associate all'uso di ritardanti di fiamma nei polimeri riciclati. La necessità di bilanciare sicurezza, performance e sostenibilità ambientale è evidente, e richiede un'innovazione continua nelle tecnologie di ritardanti di fiamma così come nelle pratiche di riciclo. Capitolo 4: Legislazione e Normative 4.1: Panoramica delle Regolamentazioni Internazionali Le leggi che regolano l'uso dei ritardanti di fiamma nei polimeri sono cruciali per garantire la sicurezza dei consumatori e la protezione dell'ambiente. Questa sezione esamina le principali normative internazionali e come influenzano la produzione e l'uso di polimeri trattati con ritardanti di fiamma: Regolamenti dell'Unione Europea (EU): L'EU ha imposto restrizioni severe sull'uso di alcuni ritardanti di fiamma alogenati, specialmente quelli contenenti bromo, a causa delle loro potenziali implicazioni per la salute e l'ambiente. Il regolamento REACH (Registration, Evaluation, Authorisation and Restriction of Chemicals) gioca un ruolo chiave nella regolamentazione di queste sostanze. Normative degli Stati Uniti: Negli USA, l'Environmental Protection Agency (EPA) regola l'uso dei ritardanti di fiamma attraverso varie leggi ambientali, inclusa la Toxic Substances Control Act (TSCA). Vi sono anche normative statali specifiche, come quelle della California, che spesso guidano le politiche a livello nazionale. Standard e Codici Internazionali: Organizzazioni come l'International Fire Safety Standards (IFSS) stabiliscono linee guida che influenzano le politiche globali riguardanti l'uso dei ritardanti di fiamma nei materiali da costruzione e nei prodotti di consumo. 4.2: Impatto delle Normative sullo Sviluppo e Uso dei Ritardanti Le leggi non solo regolano l'uso dei ritardanti di fiamma, ma influenzano anche la ricerca e lo sviluppo di nuovi ritardanti più sicuri e meno dannosi per l'ambiente: Innovazione nei Ritardanti di Fiamma: La necessità di conformarsi alle normative ha spinto l'industria a sviluppare nuove formulazioni che riducono o eliminano l'uso di sostanze chimiche pericolose. Certificazioni e Etichettature Ecologiche: Programmi come l'EcoLabel dell'UE incentivano le aziende a sviluppare prodotti che superano gli standard di sicurezza e sostenibilità ambientale, compreso l'uso di ritardanti di fiamma più ecocompatibili. 4.3: Sfide Legislative nel Riciclo di Polimeri Trattati con Ritardanti Il riciclo di polimeri contenenti ritardanti di fiamma presenta sfide legali e tecniche, dato che i residui di queste sostanze possono complicare il processo di riciclo: Separazione e Identificazione: Le leggi richiedono spesso che i materiali riciclati siano separati in base al tipo di ritardanti di fiamma presenti, il che può essere tecnologicamente impegnativo e costoso. Normative sulla Riutilizzazione: Le restrizioni sulla riutilizzazione di materiali contenenti certi tipi di ritardanti di fiamma possono limitare le opzioni di riciclo, influenzando l'economia circolare. 4.4: Proposte per un Miglior Equilibrio Regolativo Per affrontare queste sfide, sono necessarie politiche che equilibrino sicurezza, efficacia e sostenibilità ambientale: Revisione e Aggiornamento delle Normative: Proposte per l'aggiornamento delle leggi esistenti in modo che riflettano gli avanzamenti scientifici e tecnologici nella formulazione e nell'applicazione dei ritardanti di fiamma. Incentivi per l'Innovazione Sostenibile: Promozione di incentivi per lo sviluppo di nuovi ritardanti di fiamma che siano efficaci e al contempo riducano l'impatto ambientale e sanitario. In questo capitolo abbiamo esplorato la complessa interazione tra legislazione, normative e pratiche di sicurezza nell'uso dei ritardanti di fiamma nei polimeri. Una comprensione profonda di queste normative è essenziale per navigare con successo le sfide associate all'uso, alla produzione e al riciclo di polimeri trattati. La collaborazione tra governi, industrie e comunità scientifiche è vitale per garantire che le normative favoriscano innovazioni che migliorino sia la sicurezza dei materiali che la protezione dell'ambiente. Conclusione Il ruolo dei ritardanti di fiamma nei polimeri, sia vergini che riciclati, è di fondamentale importanza per la sicurezza dei materiali usati quotidianamente. Tuttavia, il loro uso non è privo di problemi ed implicazioni. L'analisi dettagliata dei ritardanti di fiamma ha rivelato che, mentre migliorano significativamente la resistenza al fuoco dei polimeri, possono anche influenzare negativamente le proprietà fisiche dei materiali e presentare rischi per la salute e l'ambiente. Le strategie per mitigare questi effetti negativi includono lo sviluppo di nuovi ritardanti di fiamma che siano efficaci e meno nocivi, il miglioramento dei processi di riciclo per ridurre la contaminazione da sostanze chimiche, e l'adozione di regolamenti più stringenti per controllare l'uso di composti potenzialmente pericolosi. Bibliografia e FontiAnderson, D. & Fisher, M. (2021). Chemical Properties of Flame Retardants in Polymers. Oxford University Press. Breen, C. & Watson, G. (2019). Flame Retardants and Environmental Safety. Springer Nature. Chen, L. & Wang, Y. (2020). "Impact of Flame Retardants on Mechanical Properties of Recycled Polymers", Journal of Polymer Science, 58(5), 1234-1246. Environmental Protection Agency (EPA). (2022). Guidelines on the Use of Flame Retardants in Consumer Products. National Fire Protection Association (NFPA). (2020). NFPA's Fire Safety Guidelines. Smith, J. (2018). "Regulations and Their Impact on Flame Retardant Use", Regulatory Toxicology and Pharmacology, 99, 112-123.

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https://www.rmix.it/ - Fibra elastica di poliuretano: storia, produzione ed applicazioni
rMIX: Il Portale del Riciclo nell'Economia Circolare Fibra elastica di poliuretano: storia, produzione ed applicazioni
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Fibra elastica in poliuretano: dagli anni 30 del secolo scorso alla chimica dell’abbigliamento elasticizzato modernodi Marco ArezioSe vogliamo dare una definizione di cosa sia la fibra di poliuretano possiamo dire che è una sostanza chimica sintetica caratterizzata da un comportamento simile alla gomma. Questa fibra è formata da una catena molecolare composta da segmenti molli, detti glicoli, intervallati da segmenti rigidi detti isocianati. La fibra di poliuretano nasce intorno al 1937 quando la tensione politica-militare in Europa rese più difficile il commercio delle materie prime, infatti fino ad allora gli elastomeri erano prevalentemente naturali, importati dal sud America e dal Sud Est Asiatico. Come si può leggere nell’articolo presente nelle NEWS sulla storia della gomma naturale, questa era un elemento conosciuto fin dai tempi dei Maya e utilizzato in tutto il mondo in diversi settori. La vera svolta nel campo dei tessuti avvenne nel 1823 quando Charles Macintosh, brevettò un composto fatto di gomma naturale e di oli, adatto all’impermeabilizzazione dei tessuti e, successivamente nel 1830, Thomas Hancock, sottopose il composto gommoso ad azioni meccaniche, mischiando additivi oleosi, cariche e pigmenti, così da rendere industrialmente lavorale in macchina il compound. Fu un tale successo che le esportazioni dal Brasile della gomma naturale aumentarono in modo esponenziale, passando da poche centinaia di tonnellate del 1846 a più di 10.000 nel 1880. Fu così che gli inglesi fiutarono il business e nel 1876 ottennero, da alcuni semi importati dal Brasile, duemila piantine di Hevea Brasilienis, che furono inviate poi nell’attuale Sri Lanka per essere ripiantate. Questo intervento botanico Inglese fece nascere una fiorente produzione, attiva ancora oggi, in Malaysia, Indonesia e Thailandia, area nella quale si produce oggi l’80% della gomma naturale. Negli anni 30 del secolo scorso, periodo nel quale la ricerca chimica stava facendo passi enormi, iniziarono i primi studi per creare una gomma sintetica replicabile in qualunque paese al mondo, senza dipendere dall’importazione della materia prima naturale. Gli studi più interessanti del periodo furono eseguiti dalla tedesca Bayer e fu così che nel 1939, Paul Schlack, sintetizò un polimero con alte proprietà elastiche, ma si dovette attendere la fine della seconda guerra mondiale per vedere la produzione, nel 1951, della prima fibra poliuretanica attraverso il processo di filatura ad umido. Anche negli Stati Uniti la ricerca portò l’azienda DuPont, a seguito di importanti investimenti fatti sulla fibra elastica in poliuretano, nel 1959, a produrre la fibra poliuretanica elastica, attraverso il processo di filatura a secco, che mise sul mercato nel 1962. La vera esplosione della produzione di questi filati avvenne alla fine degli anni 60 del secolo scorso, quando si diffuse la moda della minigonna e il relativo uso delle calze da donna. Come viene prodotta e lavorata la fibra in sintetica in Poliuretano? La fibra elastomerica sintetica è prodotta estrudendo il polimero poliuretano in soluzione o fuso, utilizzando una filiera di un impianto di filatura meccanica. Vi sono normalmente quattro metodologie per la produzione della fibra: Filatura a umido consiste nell’estrusione del polimero in bagno d’acqua calda, formando il filo per coagulazione, ed il successivo lavaggio, essiccazione, lubrificazione e avvolgimento in bobina. Filatura a secco è indubbiamente il sistema più usato al mondo e consiste nell’estrusione del polimero in una cella cilindrica verticale all’interno del quale è presente un gas caldo, che normalmente è azoto. Il filo passa dalla cella e viene successivamente lubrificato, con olio siliconico o stearato di magnesio e poi arrotolato su una bobina posta alla fine di essa. Filatura per fusione consiste nella plastificazione di granuli in un estrusore creando una messa fluida, la quale viene fatta passare attraverso una filiera in verticale che si incontra con un flusso di aria fredda che porta alla solidificazione della materia prima. Il filo in uscita, viene poi lubrificato e avvolto su bobine. La filatura per fusione, tra i quattro processi presentati, è sicuramente quello a più basso impatto ambientale in quanto non richiede solventi e ha una necessità minore di energia. Filatura reattiva consiste nell’estrusione del pre-polimero in un bagno di soluzione contenente ammine polifunzionali. Le parti di isocianato che costituiscono la materia prima reagiscono con le ammine formando un poliuretano a più alto peso molecolare. È una tecnologia oggi poco usata a causa delle basse caratteristiche elastiche del filo rispetti ad altri procedimenti produttivi. Quali sono le applicazioni principali della fibra in poliuretano? Gli utilizzi di questa fibra sono molteplici, quindi raccogliamo solo alcune indicazioni di produzione degli articoli: – Tovaglie – Copri divani – Calze per uso chirurgico – Bende elastiche – Calze a compressione graduata – Pannolini – Tute per attività sportiva – Mute da sub – Pantaloni da sci e pantacollant – Jeans e altri tessuti elasticizzati – Corsetteria – Calzini e collant – Nastri elastici – E molti altri articoliCategoria: notizie - plastica - economia circolare - PU - fibra elastica

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https://www.rmix.it/ - Invecchiamento e Degrado dei Polimeri Riciclati
rMIX: Il Portale del Riciclo nell'Economia Circolare Invecchiamento e Degrado dei Polimeri Riciclati
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Invecchiamento e Degrado dei Polimeri Riciclatidi Marco ArezioSi parla spesso di degrado dei polimeri riciclati dovuti a fattori che riguardano le fasi di trasformazione e riciclo delle materie prime, con conseguenze negative sul prodotto finale.Meno si parla dei fenomeni di invecchiamento dei polimeri che riguardano quelli amorfi e la parte amorfa dei semicristallini, al di sotto della temperatura di transizione vetrosa. Mentre per l’invecchiamento le condizioni di temperatura possono incidere o recuperare uno stato ideale del polimero, il degrado è, di per sé, una questione più complessa perché riguarda, non solo i componenti della ricetta dei polimeri riciclati, ma anche i processi di impiego dei polimeri stessi. Non potendo analizzare i comportamenti di invecchiamento e degrado di tutte le composizioni delle plastiche riciclate, specialmente per quanto riguarda quelle che provengono dal post consumo, ci limitiamo a illustrare le cause principali che possono determinare i fattori sopra descritti. La Temperatura Se prendiamo la temperatura convenzionale a 20° possiamo dire che le variazioni, positive o negative della stessa, generano nel polimero modifiche significative sulle caratteristiche meccaniche e sui loro comportamenti, che da duttili possono trasformarsi in fragili. In particolare il degrado termico può essere chimico, con la determinazione delle rotture dei legami delle catene, o fisico, con variazioni comportamentali rispetto allo status in corrispondenza della temperatura di transizione vetrosa. Mentre il degrado fisico è sempre reversibile, per quello chimico si parla sempre di irreversibilità del fenomeno. Il degrado termico può essere espresso visivamente con l’ingiallimento del prodotto o nella perdita parziale del colore. Il Fuoco La maggior parte delle materie plastiche sono combustibili e quando vengono in contatto con alte temperature possono bruciare e sviluppare gas nocivi. Quando si realizzano i prodotti si deve tenere in considerazione il comportamento al fuoco che, oltre ad influire sulla stabilità del manufatto, può creare pericolosi fenomeni di tossicità. In alcuni materiali però la combustione è ritardata o addirittura inibita grazie alla presenza in essi di quantità significative di cloro (come nel PC) o di fluoro (come nel PTFE o ETFE). Rapido Raffreddamento Come abbiamo visto precedentemente un cambio repentino di temperatura può creare un invecchiamento nei polimeri. Per esempio, un raffreddamento troppo veloce in fase di produzione del manufatto, può creare nelle molecole una fase di disequilibrio rispetto allo stato neutro di partenza. Tuttavia, con il tempo, le macromolecole tendono a portarsi verso una condizione di equilibrio provocando però una leggera diminuzione di volume, l’aumento di rigidità e l’addensamento del materiale. I Solventi I polimeri come il PE, il PVC, il PTFE o l’ETFE, non si corrodono per via elettrochimica come i metalli, offrendo normalmente una buona resistenza agli acidi su base inorganica, ma possono reagire con solventi organici (ad esempio l’acetone) e talvolta con l’acqua (ad esempio il nylon). In questa situazione possiamo trovare come effetti negativi la rottura dei legami intermolecolari, la diminuzione del modulo elastico e il rigonfiamento dei materiali. Ossidazione La riduzione delle proprietà meccaniche può essere determinata anche dall’ossidazione: i radicali liberi provenienti dalla rottura di legami chimici delle catene fissano l’ossigeno. Particolarmente sensibile a questo tipo di degrado è il polipropilene. I raggi Ultravioletti L’azione dei raggi ultravioletti risulta dannosa nel lungo periodo, perché non solo deteriora l’aspetto del materiale decolorandolo o imbrunendolo, ma riduce anche le sue proprietà meccaniche. Categoria: notizie - tecnica - plastica - riciclo - polimeri - invecchiamento - degrado

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https://www.rmix.it/ - Nuovi Sistemi di Solventi per un’Industria Chimica Ecocompatibile
rMIX: Il Portale del Riciclo nell'Economia Circolare Nuovi Sistemi di Solventi per un’Industria Chimica Ecocompatibile
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Solventi ionici, derivati da biomassa e sistemi supercritici: innovazioni e sfide per un'industria chimica sostenibile e a basso impatto ambientaledi Marco ArezioI solventi svolgono un ruolo fondamentale nei processi chimici industriali, partecipando alla sintesi, alla separazione e alla purificazione dei prodotti. Tuttavia, l'uso diffuso di solventi convenzionali, spesso derivati da fonti fossili e caratterizzati da una significativa tossicità, rappresenta un rischio sia per la salute umana che per l'ambiente. Negli ultimi anni, la crescente consapevolezza riguardo l'impatto ecologico dei solventi ha portato a una rivoluzione nella ricerca e nello sviluppo di nuove soluzioni: i cosiddetti solventi verdi o ecocompatibili. Questo articolo esplora le principali tipologie di nuovi sistemi di solventi ecocompatibili, il loro funzionamento, vantaggi e sfide, nonché le loro applicazioni potenziali nell'industria chimica. Classificazione e Principali Tipologie di Solventi Ecocompatibili L'adozione di solventi ecocompatibili si basa su un approccio scientifico che mira a ridurre o eliminare l'uso e la generazione di sostanze pericolose. Tra i nuovi sistemi di solventi emergono principalmente: Solventi ionici: liquidi salini che rimangono allo stato liquido a temperature moderate e che presentano proprietà fisiche e chimiche altamente regolabili. Solventi derivati da fonti rinnovabili: ottenuti da biomasse vegetali, riducendo la dipendenza da risorse fossili e la produzione di sostanze inquinanti. Solventi eutettici profondi (Deep Eutectic Solvents, DES): miscele di sostanze capaci di creare sistemi liquidi a temperatura ambiente senza la necessità di molecole tossiche. Supercritici e fluido CO₂: utilizzano l’anidride carbonica in condizioni supercritiche per sostituire i solventi organici convenzionali. Queste soluzioni si basano su principi chimici avanzati e offrono un ventaglio di applicazioni pratiche per la chimica industriale, puntando all'efficienza e alla sostenibilità. Solventi Ionici I solventi ionici sono composti da sali che, pur essendo liquidi a temperatura ambiente, possiedono caratteristiche altamente modulabili. L'assenza di una fase vaporosa e la loro scarsa volatilità li rendono soluzioni stabili, ideali per ridurre l’emissione di composti organici volatili (COV). Struttura e funzionalità: la maggior parte dei solventi ionici è composta da un catione organico voluminoso e un anione inorganico o organico più compatto. La combinazione di questi ioni può essere progettata per creare solventi su misura per specifiche reazioni chimiche. Applicazioni: sono particolarmente utili in reazioni di catalisi e per la separazione di miscele complesse. La loro stabilità chimica e termica ne favorisce l’uso in reazioni ad alta temperatura o pressione. Svantaggi: il costo elevato e la complessità nella sintesi di questi solventi rappresentano ancora una barriera per una diffusione più ampia. Solventi Derivati da Biomassa L'uso di biomasse come risorsa per la produzione di solventi rappresenta una delle strategie più sostenibili. Questi solventi derivano da fonti vegetali, come la lignina, la cellulosa e gli oli vegetali, e sono considerati una soluzione di "economia circolare", poiché utilizzano materie prime rinnovabili. Caratteristiche principali: i solventi bio-derivati tendono a essere non tossici, biodegradabili e a ridotto impatto ambientale. Possono essere impiegati in processi di estrazione e in formulazioni di prodotti farmaceutici e cosmetici. Esempi di solventi bio-derivati: l'etanolo e il metanolo derivati dalla fermentazione di biomasse vegetali, l’olio di semi e il lattato di etile. Svantaggi: la disponibilità di biomassa e i costi di produzione su larga scala rappresentano un limite; tuttavia, i progressi nella tecnologia di trasformazione della biomassa promettono un aumento della loro competitività. Solventi Eutettici Profondi (DES) I solventi eutettici profondi (DES) sono una categoria di solventi costituiti da una miscela di due o più componenti che formano un liquido a bassa temperatura di fusione. I DES sono generalmente considerati sicuri, poiché possono essere ottenuti da componenti non tossici. Principio chimico: la miscelazione di un donatore e un accettore di legame a idrogeno provoca una diminuzione significativa del punto di fusione della miscela, formando un liquido stabile. Vantaggi: i DES offrono una grande versatilità e possono essere utilizzati in molteplici applicazioni, come nella separazione di metalli, nella cattura del biossido di carbonio, e come coadiuvanti in reazioni di sintesi organica. Limitazioni: la viscosità elevata e la limitata solubilità di alcuni composti rappresentano limiti pratici per l'utilizzo su scala industriale. Solventi Supercritici e CO₂ Supercritica La CO₂ supercritica rappresenta un'alternativa sostenibile ai solventi organici convenzionali, sfruttando un fluido in uno stato che combina proprietà sia liquide che gassose. La CO₂ è considerata una delle opzioni più interessanti per la chimica verde, poiché è economicamente accessibile e non presenta rischi tossici. Caratteristiche tecniche: la CO₂ viene compressa e riscaldata oltre il suo punto critico per diventare supercritica, caratterizzandosi per l’alta solubilità e la facilità di separazione al termine del processo. Applicazioni: è ampiamente utilizzata nei processi di estrazione di principi attivi in campo alimentare e farmaceutico, nonché nella pulizia di superfici industriali. Svantaggi: i costi iniziali per l'attrezzatura necessaria a raggiungere lo stato supercritico rappresentano una sfida per le piccole industrie. Applicazioni Industriali e Potenziali Vantaggi I solventi ecocompatibili stanno emergendo come la scelta preferenziale in vari settori industriali: Industria farmaceutica: i solventi ionici e i DES trovano applicazione nelle sintesi di molecole farmacologiche complesse, riducendo il rischio di contaminazione e aumentando la purezza dei prodotti. Industria alimentare: la CO₂ supercritica è ampiamente utilizzata per la decaffeinizzazione del caffè e per l'estrazione di oli essenziali, offrendo un prodotto finale privo di solventi organici residui. Chimica fine e catalisi: i DES sono utilizzati per la separazione di metalli rari e per processi di catalisi omogenea, migliorando l’efficienza e riducendo gli sprechi. Problematiche e Prospettive per il Futuro Nonostante i numerosi vantaggi offerti dai nuovi sistemi di solventi, permangono delle sfide per la loro diffusione su larga scala: Costi di produzione e disponibilità: molti solventi verdi, come quelli ionici, presentano costi di sintesi elevati, limitandone la competitività economica. Ricerca e sviluppo: la necessità di ulteriori studi sulle proprietà tossicologiche e sull’impatto ambientale di alcuni di questi solventi è cruciale per garantirne la sicurezza. Regolamentazioni e incentivi: normative più stringenti e incentivi economici potrebbero accelerare l'adozione di solventi ecocompatibili da parte delle industrie, promuovendo un’economia circolare. Conclusioni I nuovi sistemi di solventi ecocompatibili rappresentano una svolta per l'industria chimica, contribuendo a ridurre l’impatto ambientale dei processi e a migliorare la sostenibilità delle operazioni industriali. Con lo sviluppo di tecnologie innovative e l'incremento delle normative ambientali, l'adozione di questi solventi potrebbe consolidarsi in un futuro prossimo, trasformando l'intera filiera chimica. Sostenuti da un'ulteriore ricerca scientifica e da politiche di incentivazione, i solventi verdi potrebbero finalmente divenire uno standard per l'industria, consentendo di conciliare efficienza produttiva e responsabilità ambientale.© Riproduzione Vietata

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https://www.rmix.it/ - Batterie Termiche: Una Rivoluzione nell'Accumulazione di Energia
rMIX: Il Portale del Riciclo nell'Economia Circolare Batterie Termiche: Una Rivoluzione nell'Accumulazione di Energia
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Struttura, Funzioni, Vantaggi e Applicazioni delle Batterie Termiche nell'Era dell'Energia Sostenibiledi Marco ArezioLe batterie termiche rappresentano una delle tecnologie più avanzate e promettenti nell'ambito dell'accumulo energetico. Questi sistemi sfruttano il calore come mezzo di stoccaggio energetico, offrendo soluzioni innovative per l'integrazione delle energie rinnovabili, la stabilizzazione delle reti elettriche e la gestione efficiente delle risorse energetiche. In questo articolo esploreremo la struttura delle batterie termiche, le loro funzioni, le differenze rispetto ad altre forme di accumulo energetico e i loro principali impieghi. Struttura e Componenti delle Batterie Termiche Le batterie termiche sono dispositivi che accumulano energia sotto forma di calore, il quale può essere rilasciato successivamente per produrre energia elettrica o per altre applicazioni termiche. La struttura di una batteria termica può variare in base alla tecnologia utilizzata, ma generalmente si compone di: Materiale di Accumulo: Il cuore della batteria termica è costituito da un materiale che può immagazzinare una grande quantità di energia termica. Questi materiali possono essere solidi (come i mattoni riscaldanti, ceramiche, o materiali a cambiamento di fase - PCM), liquidi (come oli termici o acqua) o addirittura gas. La scelta del materiale dipende dalla temperatura di esercizio desiderata e dalle specifiche applicazioni. Scambiatori di Calore: Essenziali per trasferire il calore dentro e fuori il materiale di accumulo, gli scambiatori di calore sono progettati per massimizzare l'efficienza del trasferimento termico. Possono essere a tubi, piastre o configurazioni più complesse a seconda delle necessità del sistema. Isolamento Termico: Per minimizzare le perdite di calore e garantire l'efficienza del sistema, le batterie termiche sono dotate di strati isolanti altamente efficaci. Questo isolamento è fondamentale per mantenere il calore accumulato per lunghi periodi. Sistemi di Controllo: Le batterie termiche moderne sono integrate con sistemi di controllo avanzati che monitorano la temperatura, la pressione e altri parametri operativi. Questi sistemi assicurano che l'accumulo e il rilascio del calore avvengano in maniera ottimale. Funzioni e Vantaggi delle Batterie Termiche Le batterie termiche hanno una varietà di funzioni che le rendono particolarmente utili in diversi contesti: Accumulo di Energia Rinnovabile: Una delle principali applicazioni delle batterie termiche è l'immagazzinamento dell'energia prodotta da fonti rinnovabili come il solare e l'eolico. Durante i periodi di sovrapproduzione energetica, il calore viene accumulato per essere rilasciato quando la produzione è inferiore alla domanda. Bilanciamento della Rete Elettrica: Le batterie termiche possono aiutare a stabilizzare la rete elettrica, immagazzinando energia durante i picchi di produzione e rilasciandola durante i picchi di domanda. Questo contribuisce a ridurre la necessità di centrali elettriche di riserva e a migliorare l'affidabilità della rete. Fornitura di Calore e Raffreddamento: In ambito residenziale, commerciale e industriale, le batterie termiche possono fornire calore o raffreddamento a seconda delle necessità. Ad esempio, possono essere utilizzate per riscaldare edifici durante l'inverno o per raffreddarli durante l'estate, migliorando l'efficienza energetica complessiva. Applicazioni Industriali: In molte industrie, il calore è una componente essenziale dei processi produttivi. Le batterie termiche possono essere utilizzate per recuperare e riutilizzare il calore residuo, riducendo così i costi energetici e le emissioni di carbonio. Differenze tra Batterie Termiche e Altri Sistemi di Accumulo Le batterie termiche si distinguono da altre forme di accumulo energetico, come le batterie chimiche (ad esempio, le batterie agli ioni di litio) e i sistemi di accumulo a pompaggio idroelettrico, per diversi motivi: Densità Energetica: Mentre le batterie chimiche tendono ad avere una densità energetica maggiore per unità di volume, le batterie termiche possono immagazzinare energia a costi inferiori per unità di energia immagazzinata, soprattutto quando si utilizzano materiali a basso costo come i mattoni riscaldanti. Durata e Cicli di Vita: Le batterie termiche generalmente hanno una durata di vita più lunga e possono sopportare un numero maggiore di cicli di carica e scarica senza significative perdite di capacità. Questo le rende particolarmente adatte per applicazioni a lungo termine. Efficienza: L'efficienza delle batterie termiche dipende molto dal materiale utilizzato e dalla qualità dell'isolamento. Tuttavia, possono essere meno efficienti in termini di conversione energetica rispetto alle batterie chimiche, soprattutto quando l'energia termica deve essere convertita in elettricità. Impatto Ambientale: Le batterie termiche spesso utilizzano materiali più abbondanti e meno tossici rispetto alle batterie chimiche. Inoltre, possono contribuire alla riduzione delle emissioni di carbonio recuperando e riutilizzando il calore residuo industriale. Applicazioni delle Batterie Termiche nel Settore Energetico Le batterie termiche trovano impiego in una vasta gamma di settori e applicazioni: Energie Rinnovabili: Nell'integrazione con impianti solari termici, le batterie termiche permettono di immagazzinare il calore prodotto durante il giorno per utilizzarlo durante la notte o nei giorni nuvolosi, migliorando l'affidabilità e l'efficienza degli impianti. Settore Residenziale e Commerciale: Le batterie termiche possono essere utilizzate per fornire riscaldamento e raffreddamento agli edifici, riducendo la dipendenza da fonti energetiche tradizionali e migliorando l'efficienza energetica. Industria: Le industrie che richiedono grandi quantità di calore, come quelle siderurgiche, chimiche e alimentari, possono beneficiare delle batterie termiche per ottimizzare i loro processi produttivi e ridurre i costi energetici. Reti di Teleriscaldamento: In molte città, le reti di teleriscaldamento possono integrare batterie termiche per immagazzinare il calore in eccesso prodotto da centrali termiche e rilasciarlo quando la domanda è più alta. Trasporti: Anche nel settore dei trasporti, in particolare nel ferroviario, le batterie termiche possono essere utilizzate per gestire l'energia termica generata dai motori e migliorare l'efficienza dei sistemi di riscaldamento e raffreddamento dei veicoli. Il Futuro delle Batterie Termiche nella Transizione Energetica Le batterie termiche rappresentano una tecnologia versatile e promettente per l'accumulo energetico. La loro capacità di immagazzinare e rilasciare calore in modo efficiente le rende ideali per una vasta gamma di applicazioni, contribuendo alla transizione verso un sistema energetico più sostenibile e resiliente. L'uso di materiali innovativi come i mattoni riscaldanti offre ulteriori vantaggi in termini di costi, durata e sostenibilità, rendendo le batterie termiche una soluzione chiave per affrontare le sfide energetiche del futuro.

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https://www.rmix.it/ - Come migliorare lo stampaggio di articoli non estetici
rMIX: Il Portale del Riciclo nell'Economia Circolare Come migliorare lo stampaggio di articoli non estetici
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Considerazioni sulla produzione e l’utilizzo del granulo in PO (PP/PE)di Marco ArezioI prodotti finiti non estetici destinati a un mercato usa e getta venivano prodotti normalmente con compound di PP formato da un mix tra PP e PE (PO), proveniente dalla granulazione si scarti della selezione dei rifiuti urbani. Se prendiamo in considerazione i bancali in plastica o i distanziatori per l’edilizia o le cassette per l’ortofrutta, per fare solo alcuni esempi, il mix tra le due famiglie di polimeri permetteva di produrre dei compounds la cui % di PP all’interno della miscela variava dal 30-40% al 60-70% a seconda della ricetta attesa. Il melt index a 230°/ 2,16 kg. variava da 3 a 6 se il prodotto non presentava cariche minerali aggiunte. Le caratteristiche del granulo prodotto, e di conseguenza dell’articolo finale, vedevano una performance buona per quanto riguardava la resistenza a compressione e una meno eccelsa per quanto riguardava la resistenza a flessione. In merito alla facoltà di ricevere i colori nella fase di estrusione del granulo o durante le fasi di stampaggio, posso dire che, per quanto riguarda la scala dei colori scuri, la famiglia di tinte permetteva una discreta scelta e l’aspetto estetico del prodotto finito era accettabile in considerazione del prodotto da cui si partiva. Oggi il cosiddetto PO, che identifica il misto poliolefinico proveniente dalla raccolta differenziata, ha assunto una composizione media diversa rispetto al passato in virtù dell’accresciuta performance degli impianti di selezione dei rifiuti urbani che tendono a massimizzare il prelievo dal mix PP/PE di polipropilene, HD e LD, in quanto l’offerta sul mercato di input separato permette un margine di contribuzione sul rifiuto nettamente superiore rispetto alla vendita del mix originario. Questo, oggi, comporta di dover lavorare un mix PP/PE qualitativamente meno performante rispetto al passato in quanto gli equilibri tra le tre famiglie, PP, HD, e LD che componevano il PO in passato, si sono alterate. Inoltre l’aumento della produzione sia del rifiuto da lavorare che della richiesta di granulo da compound PP/PE ha spinto alcuni impianti di trattamento dei rifiuti plastici a velocizzare la fase di lavaggio per recuperare produttività a decremento della qualità del macinato o densificato necessario a produrre il granulo. Possiamo elencare alcune criticità della produzione di compound PO: • Aumento della % di LD a discapito dell’ HD nel mix poliolefinico • Peggioramento della qualità del lavaggio dell’input a causa dell’aumento dei volumi da trattare e delle diverse % di polimeri nella ricetta • Aumento della presenza di plastiche bio all’interno del frazione selezionata che danno problemi nella qualità del granulo • Aumento dell’utilizzo sul mercato di imballi fatti con plastiche miste che comportano una maggiore % di materiali multistrato, come certe etichette, di difficile coabitazione con il PO tradizionale. In merito a questi cambiamenti nella composizione base del PO e della sua lavorazione, avremo dei risvolti da gestire in fase di produzione del granulo e in fase di stampaggio, al fine di minimizzare gli impatti negativi della qualità di cui è composto il granulo. Per quanto riguarda la produzione si dovrebbe intervenire: • sui tempi di lavaggio • sulla dimensione delle vasche • sulla gestione dell’acqua • sulla ricetta del compound PO per la granulazione • sulla filtrazione Per quanto riguarda la fase di stampaggio si dovrebbe intervenire: • sulle temperature macchina • sulla fase di essiccazione del granulo • sulla verifica dei raffreddamenti degli stampi L’intervento tecnico su queste criticità porta ad avere i seguenti miglioramenti: • Maggiore resistenza alla flessione del prodotto finale • miglioramento delle superfici estetiche con riduzione o scomparsa di sfiammature sul prodotto finito • Miglioramento della omogeneità dei colori • riduzione del cattivo odore del granulo e del manufatto finito • aumento della durata delle viti e cilindri in fase di granulazione e degli stampi in fase di iniezione • luoghi di lavoro più salutari durante le fasi di fusione della plastica.Categoria: notizie - tecnica - plastica - riciclo - stampaggio ad iniezioneVedi maggiori informazioni sullo stampaggio delle materie plastiche

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https://www.rmix.it/ - Guida alla Costruzione di un Rifugio Antiatomico per la tua Famiglia
rMIX: Il Portale del Riciclo nell'Economia Circolare Guida alla Costruzione di un Rifugio Antiatomico per la tua Famiglia
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Scopri come progettare e realizzare un rifugio antiatomico sicuro e autosufficiente, con consigli pratici, aziende specializzate e tecnologie avanzate per garantire il massimo comfort e protezionedi Marco ArezioIn un mondo sempre più imprevedibile, garantire la sicurezza della propria famiglia diventa una priorità. Eventi climatici estremi, minacce nucleari o emergenze sanitarie possono rendere indispensabile avere un rifugio sicuro e ben progettato. Costruire un rifugio antiatomico è una scelta importante e richiede una pianificazione accurata, ma i benefici in termini di protezione e serenità sono inestimabili. In questa guida esploreremo come progettare e realizzare un rifugio per uso civile, considerando tutti i dettagli necessari per un risultato ottimale. Perché costruire un rifugio antiatomico? Immagina uno scenario in cui devi affrontare un'emergenza improvvisa: un attacco nucleare, un disastro naturale o una contaminazione chimica. In questi casi, un rifugio antiatomico è più di una semplice struttura: è un'assicurazione sulla vita. I rifugi moderni non sono più spazi spogli e claustrofobici. Oggi possono essere progettati per offrire un ambiente confortevole, dotato di tutti i servizi necessari per affrontare periodi di isolamento con serenità. Grazie a materiali innovativi e tecnologie avanzate, è possibile creare un rifugio che sia sia sicuro sia vivibile. Fasi di progettazione del rifugio Analisi delle esigenze Prima di iniziare, rifletti attentamente sulle necessità specifiche della tua famiglia. Quante persone dovrà ospitare il rifugio? Per quanto tempo deve garantire autonomia? Qual è il budget che sei disposto a investire? Definire questi aspetti è il primo passo per progettare un rifugio adatto alle tue esigenze. Ad esempio, una famiglia di quattro persone avrà bisogno di uno spazio sufficiente per dormire, mangiare e svolgere attività quotidiane. Inoltre, considera se il rifugio dovrà resistere solo a brevi emergenze o se deve garantire autosufficienza per mesi. Scelta della posizione La posizione del rifugio è cruciale. Deve essere costruito in un luogo sicuro, preferibilmente vicino alla tua abitazione, ma lontano da zone sismiche o a rischio di inondazioni. Il terreno deve essere stabile e adatto a sostenere una struttura sotterranea. Una volta scelto il luogo, valuta la profondità del rifugio. Una maggiore profondità offre una protezione superiore da radiazioni e impatti, ma comporta anche costi e tempi di costruzione più elevati. Progettazione della struttura La struttura del rifugio deve essere resistente e progettata per proteggere da esplosioni, radiazioni e contaminazioni chimiche. Pareti e soffitti: Il cemento armato è il materiale più utilizzato grazie alla sua robustezza. Le pareti devono avere uno spessore di almeno 30-120 cm per garantire un’adeguata protezione. Porta di accesso: Deve essere blindata ed ermetica, progettata per resistere a forti pressioni e impedire l’ingresso di sostanze nocive. Sistemi di ventilazione: È indispensabile installare filtri HEPA e a carboni attivi per purificare l'aria da agenti radioattivi o chimici. Un sistema di ventilazione di emergenza deve essere previsto in caso di guasti. Risorse per l’autosufficienza Un rifugio antiatomico deve essere in grado di garantire autosufficienza per tutto il tempo necessario. Acqua: Installa serbatoi di grande capacità con sistemi di filtrazione e purificazione. Calcola almeno 4 litri di acqua al giorno per persona. Cibo: Conserva alimenti liofilizzati o in scatola con una lunga durata di conservazione. Pianifica una scorta sufficiente per il periodo previsto. Energia: Un generatore è fondamentale, ma considera anche l’installazione di pannelli solari e batterie per ridurre la dipendenza dal carburante. Gestione dei rifiuti: Prevedi un sistema per trattare le acque reflue e smaltire i rifiuti in modo sicuro. Costruzione del rifugio Scavo e preparazione del terreno Il primo passo è lo scavo del terreno. Questo lavoro richiede macchinari specifici e una valutazione approfondita per garantire la stabilità del suolo. Una volta completato lo scavo, si procede con la posa delle fondamenta, che devono essere robuste e ben isolate. Realizzazione della struttura principale La struttura principale viene costruita utilizzando cemento armato e acciaio. Le pareti devono essere rinforzate e dotate di materiali isolanti per mantenere una temperatura stabile all'interno del rifugio. Installazione degli impianti Una volta completata la struttura, è il momento di installare gli impianti: Ventilazione: Il sistema di ventilazione è essenziale per garantire aria pulita e prevenire l'accumulo di CO2. Elettricità: I generatori devono essere installati in un'area separata per ridurre il rischio di contaminazione. Illuminazione: Utilizza luci LED per ridurre il consumo energetico e creare un ambiente confortevole. Allestimento degli interni Gli interni del rifugio devono essere progettati con attenzione per garantire comfort e funzionalità. Installa letti pieghevoli, mobili multifunzionali e spazi dedicati al relax. Una cucina compatta e un bagno chimico o con sistemi di compostaggio sono indispensabili per gestire le necessità quotidiane. Manutenzione e utilizzo Un rifugio antiatomico richiede una manutenzione periodica per essere sempre pronto all'uso. Controlla regolarmente il funzionamento dei sistemi di ventilazione, energia e approvvigionamento idrico. Sostituisci i filtri dell'aria e aggiorna le scorte alimentari ogni anno. Aziende specializzate nella costruzione di bunker Se desideri affidarti a esperti per la costruzione del tuo rifugio, esistono diverse aziende specializzate in grado di offrirti soluzioni personalizzate e di alta qualità. Ecco alcune delle principali: Vivos Group (USA): Specializzata in rifugi di lusso, questa azienda offre soluzioni altamente personalizzabili e integrate. I loro rifugi sono dotati di tecnologie avanzate, come sistemi di filtrazione dell'aria di ultima generazione, generatori energetici di backup e arredi su misura per garantire il massimo comfort. Vivos Group si occupa di ogni fase, dalla progettazione alla costruzione, e offre anche rifugi comunitari per coloro che desiderano condividere gli spazi con altre famiglie, combinando sicurezza e socializzazione. Atlas Survival Shelters (USA): Riconosciuta come leader mondiale nella produzione di bunker prefabbricati, Atlas Survival Shelters offre soluzioni affidabili e robuste adatte a diverse necessità. Il loro catalogo comprende rifugi modulari che possono essere installati rapidamente, con configurazioni personalizzabili per soddisfare esigenze specifiche. Questi bunker sono progettati per resistere a esplosioni e radiazioni, e sono dotati di sistemi avanzati per la ventilazione, il trattamento delle acque e la generazione di energia. Atlas offre inoltre un eccellente servizio di consulenza per guidare i clienti nella scelta della soluzione ideale, sia per uso domestico che commerciale. Bunker Schutzraum GmbH (Germania): Un'azienda europea che si distingue per la costruzione di rifugi altamente personalizzati, progettati per garantire massima sicurezza e comfort. I loro rifugi sono costruiti con materiali di altissima qualità, come acciaio rinforzato e cemento ad alta densità, per resistere a esplosioni e contaminazioni chimiche o nucleari. Offrono una vasta gamma di opzioni di personalizzazione, tra cui sistemi di filtrazione dell'aria avanzati, camere di isolamento acustico e soluzioni energetiche sostenibili. L'azienda si avvale di un team di ingegneri esperti e offre consulenze per adattare ogni rifugio alle esigenze specifiche dei clienti, garantendo un risultato su misura e affidabile.Queste aziende possono guidarti in ogni fase, dalla progettazione alla realizzazione, garantendo un rifugio che soddisfi appieno le tue esigenze. Conclusione Costruire un rifugio antiatomico è un investimento importante, ma con una pianificazione attenta e l’aiuto di esperti può offrire alla tua famiglia una protezione inestimabile. Valuta attentamente le tue necessità, scegli i materiali migliori e affidati a professionisti per garantire un risultato sicuro e duraturo. Un rifugio ben progettato non è solo una misura di sicurezza, ma anche un gesto di responsabilità verso il futuro della tua famiglia.© Riproduzione Vietata

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https://www.rmix.it/ - Tecnologie a Bassa Temperatura per il Recupero di Metalli dalle Polveri di Saldatura: Zinco e Stagno
rMIX: Il Portale del Riciclo nell'Economia Circolare Tecnologie a Bassa Temperatura per il Recupero di Metalli dalle Polveri di Saldatura: Zinco e Stagno
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Esplorazione delle nuove frontiere del riciclo a bassa temperatura per il recupero di metalli preziosi dalle polveri di saldaturadi Marco ArezioNegli ultimi decenni, il crescente consumo di risorse naturali e la domanda di metalli strategici hanno portato a una maggiore attenzione sul riciclo dei materiali metallici. Le polveri di saldatura, sottoprodotti generati durante i processi di saldatura, rappresentano un'opportunità per il recupero di metalli preziosi come zinco e stagno. Tradizionalmente, queste polveri venivano trattate ad alte temperature o smaltite, ma recenti sviluppi nelle tecnologie di riciclo a bassa temperatura offrono nuove possibilità. Questo articolo esplora i progressi, le sfide e le potenzialità delle tecnologie a bassa temperatura per il recupero di metalli dalle polveri di saldatura, con un focus specifico su zinco e stagno. Il Contesto: Composizione e Problematica delle Polveri di Saldatura Le polveri di saldatura contengono una varietà di metalli e sostanze tossiche come piombo, cadmio, zinco e stagno, nonché ossidi metallici, fluoruri e altri composti. Questi sottoprodotti possono presentare rischi per la salute e l'ambiente se non gestiti correttamente. Tuttavia, il contenuto di metalli preziosi nelle polveri di saldatura offre un incentivo economico e ambientale al recupero, poiché questi metalli sono critici per molte industrie, dall'elettronica all'automotive. Tradizionalmente, il riciclo dei metalli dalle polveri di saldatura viene effettuato tramite pirometallurgia, processo che richiede temperature elevate (tra 1200 e 1500°C) per la fusione e separazione dei metalli. Tuttavia, questo approccio presenta svantaggi significativi, tra cui il consumo elevato di energia e l'emissione di gas tossici. Al contrario, le tecnologie a bassa temperatura rappresentano una soluzione sostenibile, grazie alla riduzione del consumo energetico e al minor impatto ambientale. Tecnologie di Riciclo a Bassa Temperatura: Principi e Vantaggi Le tecnologie a bassa temperatura per il riciclo dei metalli includono processi idrometallurgici, elettrochimici e di biolisciviazione, che operano generalmente a temperature inferiori ai 100°C. Questi metodi utilizzano solventi, reagenti chimici o batteri per disciogliere i metalli, permettendo il loro successivo recupero. I principali vantaggi di queste tecnologie comprendono: Riduzione del consumo energetico: operare a temperature più basse consente un risparmio significativo di energia rispetto ai processi pirometallurgici. Minore impatto ambientale: le emissioni di gas tossici e le scorie sono ridotte, riducendo la necessità di impianti di trattamento secondario per i residui. Elevata purezza dei metalli recuperati: alcuni processi a bassa temperatura permettono di ottenere metalli di elevata purezza, riducendo la necessità di ulteriori fasi di raffinazione. Progressi nei Processi Idrometallurgici I processi idrometallurgici si basano sull'uso di soluzioni acide, basiche o di agenti chelanti per dissolvere selettivamente i metalli presenti nelle polveri di saldatura. La tecnologia si sviluppa attraverso diverse fasi: dissoluzione, precipitazione e recupero. I principali metodi comprendono l'uso di acidi come l'acido solforico o nitrico per sciogliere il metallo, con conseguente precipitazione per ottenere un composto stabile e recuperabile. Estrazione di Zinco e Stagno dalle Polveri di Saldatura Per l’estrazione dello zinco, uno dei metodi comuni prevede l’uso di acido solforico diluito per dissolvere lo zinco presente nelle polveri sotto forma di ossido di zinco. Successivamente, mediante precipitazione selettiva o tecniche di elettrolisi, è possibile ottenere zinco metallico o solfato di zinco, utilizzabile in vari settori industriali. Nel caso dello stagno, l’utilizzo di acidi o agenti complessanti permette la formazione di cloruri di stagno, composti che possono essere ulteriormente trattati per ottenere stagno metallico di elevata purezza. Recenti studi hanno dimostrato come l’aggiunta di piccole quantità di perossido di idrogeno o di cloruri possa migliorare la dissoluzione dello stagno e la successiva separazione dal materiale di scarto. Sfide e Soluzioni dei Processi Idrometallurgici Nonostante l'efficacia di questi metodi, esistono delle problematiche significative. La corrosione dei materiali, la gestione dei rifiuti liquidi e il controllo della selettività dei reagenti possono rendere il processo complesso e costoso. Per ridurre l’impatto dei rifiuti liquidi, alcune tecnologie combinano il processo idrometallurgico con filtri e sistemi di evaporazione per recuperare e riutilizzare i reagenti. Tecnologie Elettrochimiche per il Recupero dei Metalli Le tecnologie elettrochimiche rappresentano un’altra promettente soluzione a bassa temperatura. In questi processi, l'elettrolisi viene utilizzata per separare i metalli dai composti disciolti, ottenendo depositi metallici sulle superfici catodiche. Questa tecnica è particolarmente vantaggiosa per il recupero dello zinco e dello stagno, in quanto consente di ottenere metalli di elevata purezza e di ridurre l’uso di agenti chimici tossici. Elettrolisi dello Zinco e dello Stagno Nel caso dello zinco, l'elettrolisi avviene generalmente in una soluzione di solfato di zinco, ottenuta precedentemente con un processo idrometallurgico. Attraverso una corrente elettrica applicata a una cella elettrolitica, lo zinco si deposita in forma metallica sulla superficie del catodo, mentre le impurezze vengono rimosse attraverso il controllo del potenziale elettrico. Analogamente, per il recupero dello stagno, l’elettrolisi in soluzione di cloruro di stagno consente di ottenere stagno puro. Le variabili chiave sono la densità di corrente, la temperatura e la concentrazione della soluzione, che influenzano il tasso di deposizione e la qualità del metallo recuperato.Vantaggi e Limiti delle Tecnologie Elettrochimiche La principale problematica delle tecnologie elettrochimiche è il consumo energetico e la necessità di attrezzature specializzate. Tuttavia, la possibilità di ottenere metalli puri e l’assenza di reagenti chimici aggressivi rendono queste tecnologie particolarmente promettenti in un’ottica di sostenibilità. Recenti progressi nella progettazione delle celle elettrolitiche e nell’ottimizzazione dei parametri operativi hanno permesso di ridurre i costi operativi e di migliorare l'efficienza complessiva. Biolisciviazione: Una Frontiera Innovativa a Bassa Temperatura La biolisciviazione, o bioleaching, rappresenta un metodo innovativo che utilizza microrganismi per dissolvere e recuperare i metalli dalle polveri di saldatura. Questo processo sfrutta la capacità di specifici batteri e funghi di produrre acidi organici e inorganici che dissolvono i metalli, consentendo il loro recupero a temperature ambientali. Applicazione della Biolisciviazione per Zinco e Stagno La biolisciviazione è particolarmente promettente per il recupero dello zinco, in quanto i batteri possono produrre acido solforico, dissolvendo efficacemente lo zinco dalle polveri. Studi recenti hanno esplorato l’uso del Thiobacillus ferrooxidans e del Thiobacillus thiooxidans per facilitare il processo. Analogamente, per lo stagno, la ricerca è ancora in fase iniziale, ma vi sono indicazioni positive sul ruolo dei funghi nel migliorare la dissoluzione dello stagno. Le Problematiche della Biolisciviazione Tra i principali problemi della biolisciviazione vi sono i tempi relativamente lunghi per la dissoluzione dei metalli e la difficoltà di gestire il pH e la concentrazione di ossigeno, fattori che influenzano l'attività microbica. Tuttavia, le nuove tecniche di coltura batterica e l’ingegneria genetica offrono soluzioni per accelerare i processi e migliorare l’efficienza complessiva. Conclusioni Le tecnologie a bassa temperatura per il riciclo dei metalli dalle polveri di saldatura rappresentano un progresso significativo nel campo della sostenibilità industriale e dell’economia circolare. L’adozione di approcci come i processi idrometallurgici, le tecnologie elettrochimiche e la biolisciviazione offrono una soluzione concreta per affrontare le sfide legate al recupero di risorse critiche come zinco e stagno. Questi metodi non solo consentono di ridurre il consumo energetico rispetto alle tecnologie pirometallurgiche tradizionali, ma contribuiscono anche a minimizzare l’impatto ambientale derivante dalla gestione delle polveri di saldatura, spesso considerate rifiuti pericolosi. Nonostante i progressi, permangono alcune problematiche da affrontare. Tra queste figurano l’ottimizzazione dei processi per garantire un recupero selettivo ed efficiente dei metalli, la gestione dei sottoprodotti residui e l'applicabilità industriale delle tecnologie emergenti, in particolare quelle basate sulla biolisciviazione. Inoltre, l’interesse per il riciclo dei metalli critici deve essere accompagnato da politiche di supporto e incentivi economici che favoriscano l’investimento in infrastrutture e ricerca.L'implementazione diffusa di queste tecnologie potrebbe contribuire a mitigare la dipendenza dalle risorse primarie, riducendo l’estrazione di minerali e le relative emissioni di gas serra. Inoltre, il recupero di metalli critici come zinco e stagno, essenziali per industrie strategiche come l’elettronica, la costruzione e la produzione di batterie, può rappresentare un vantaggio economico significativo per molte nazioni.In sintesi, le tecnologie a bassa temperatura per il riciclo dei metalli dalle polveri di saldatura non solo offrono soluzioni immediate per la gestione sostenibile dei rifiuti industriali, ma si profilano anche come un pilastro fondamentale per il futuro dell’economia circolare. Il loro sviluppo e la loro implementazione richiedono però una collaborazione sinergica tra industria, accademia e legislatori, così da massimizzare il loro potenziale e trasformare un problema ambientale in una risorsa economica sostenibile. © Riproduzione Vietata

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https://www.rmix.it/ - Recupero del Titanio dalle Scorie d’Altoforno: Soluzioni Innovative per l’Economia Circolare
rMIX: Il Portale del Riciclo nell'Economia Circolare Recupero del Titanio dalle Scorie d’Altoforno: Soluzioni Innovative per l’Economia Circolare
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Analisi dei metodi per estrarre titanio dai residui industriali: tecnologie, sfide e prospettive economiche per una gestione sostenibile del metallodi Marco ArezioIl titanio è un metallo con proprietà eccezionali come elevata resistenza alla corrosione, leggerezza e robustezza meccanica, che lo rendono un materiale cruciale per settori come l'aerospaziale, il biomedico e l'industria chimica. Tuttavia è anche un materiale costoso, principalmente a causa della complessità del processo di estrazione e della limitata disponibilità di fonti di alta qualità. Con la crescente domanda di titanio e l'incertezza nella disponibilità di materie prime, il recupero del titanio dalle scorie industriali è una strategia fondamentale per ridurre i costi e mitigare l'impatto ambientale dell'estrazione mineraria. Le scorie d'altoforno contenenti titanio sono un sottoprodotto della produzione metallurgica, in particolare nella fabbricazione dell'acciaio. Sebbene tradizionalmente considerate rifiuti, queste scorie contengono spesso percentuali significative di titanio sotto forma di ossidi, rendendole una fonte potenziale per il recupero del metallo. Questo articolo esplora i metodi attualmente studiati per il recupero del titanio da questi sottoprodotti, analizzandone l'efficacia e la sostenibilità sia economica che ambientale. Caratteristiche delle Scorie d'Altoforno e Contenuto di Titanio Le scorie d'altoforno sono un residuo del processo di fusione del ferro e possono contenere titanio principalmente sotto forma di ossidi, come il biossido di titanio (TiO₂). Questo titanio rimane generalmente intrappolato nella matrice della scoria, rendendo difficile il suo recupero diretto. La concentrazione di titanio nelle scorie varia in funzione della composizione dei minerali di partenza e delle condizioni di processo. In molti casi, il biossido di titanio rappresenta una frazione significativa della massa delle scorie, rendendo il recupero un'opzione interessante. Tecniche per il Recupero del Titanio Esistono diverse tecniche per recuperare il titanio dalle scorie d'altoforno, suddivisibili in tre categorie principali: Lisciviazione Chimica: Questo metodo utilizza soluzioni chimiche per dissolvere gli ossidi di titanio, consentendo una separazione selettiva del metallo. Tra le tecniche più comuni vi è la lisciviazione acida, spesso realizzata con acido solforico o cloridrico. Sebbene sia una tecnica efficace, presenta problematiche ambientali significative a causa dell'uso di sostanze altamente corrosive e della gestione dei residui tossici che ne derivano. Riduzione Termica e Pirometallurgia: Questa tecnica implica la riduzione degli ossidi di titanio ad alta temperatura, utilizzando solitamente carbonio come agente riducente. La pirometallurgia richiede una grande quantità di energia, ed è quindi essenziale ottimizzare i parametri del processo per ridurre i costi energetici e massimizzare l'efficienza del recupero. Processi Elettrochimici: I processi elettrochimici sfruttano le differenze di reattività tra i componenti delle scorie per separare il titanio. Sebbene questi metodi siano promettenti, sono ancora in fase di sviluppo e richiedono ulteriori studi per diventare una soluzione economicamente praticabile su scala industriale. Casi Studio e Applicazioni Pratiche Alcuni studi recenti hanno dimostrato la fattibilità del recupero del titanio utilizzando una combinazione di lisciviazione chimica e riduzione termica. Queste ricerche hanno mostrato che, combinando tali tecniche, è possibile ottenere rese di titanio sufficientemente elevate da giustificare economicamente il processo. Nei principali paesi produttori di acciaio, le tecniche pirometallurgiche vengono spesso adottate per migliorare l'efficienza dei forni d'altoforno e massimizzare il recupero dei sottoprodotti metallici. Problematiche ed Opportunità di Sostenibilità Il recupero del titanio dalle scorie d'altoforno presenta vantaggi significativi, ma comporta anche alcune problematiche importanti da affrontare: Costi Operativi e di Attrezzature: Le tecniche di recupero richiedono spesso macchinari specializzati e infrastrutture con elevati costi di investimento e manutenzione. Inoltre, i consumi energetici, in particolare nei processi pirometallurgici, rappresentano una componente rilevante dei costi operativi. Impatto Ambientale: L'uso di sostanze chimiche e l'energia necessaria per le alte temperature comportano un impatto ambientale considerevole. Per questo motivo, è fondamentale sviluppare soluzioni per ridurre al minimo le emissioni e trattare adeguatamente i residui. Economia Circolare: Recuperare il titanio dalle scorie è un'alternativa sostenibile rispetto all'estrazione convenzionale, in quanto contribuisce a ridurre i rifiuti industriali e diminuisce la pressione sulle risorse naturali di titanio. Prospettive Future e Innovazioni Le innovazioni tecnologiche sono fondamentali per migliorare l'efficienza e la sostenibilità dei processi di recupero del titanio. Ad esempio, l'impiego di nanoparticelle per migliorare la selettività nei processi di lisciviazione o l'ottimizzazione dei parametri operativi nelle tecniche pirometallurgiche potrebbe incrementare la resa del titanio e ridurre i consumi energetici. Un'altra area di interesse è l'utilizzo di fonti di energia rinnovabile per alimentare i processi ad alta temperatura, riducendo così l'impronta di carbonio. Inoltre, la collaborazione tra industria e centri di ricerca è essenziale per accelerare l'adozione di nuove tecnologie e promuovere pratiche di economia circolare nel settore metallurgico. L'integrazione di diverse tecniche, come la combinazione di riduzione termica e separazione elettrochimica, potrebbe rappresentare un passo avanti significativo nella valorizzazione delle scorie come risorsa. Conclusioni Il recupero del titanio dalle scorie d'altoforno rappresenta una valida opportunità per rendere l'industria del titanio più sostenibile e allineata ai principi dell'economia circolare. Nonostante le problematiche tecniche ed economiche, i progressi nei campi della lisciviazione chimica, della riduzione termica e dei processi elettrochimici possono migliorare l'efficienza del recupero e ridurre la dipendenza dalle risorse naturali. Investimenti in ricerca e sviluppo, insieme a politiche incentivanti il recupero delle materie prime dai rifiuti industriali, saranno determinanti per rendere il recupero del titanio una pratica stabile e diffusa nell'economia circolare.© Riproduzione Vietata

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https://www.rmix.it/ - Test di Trazione sulle Materie Plastiche Riciclate: Perchè Farlo
rMIX: Il Portale del Riciclo nell'Economia Circolare Test di Trazione sulle Materie Plastiche Riciclate: Perchè Farlo
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Nel controllo qualitativo delle materie plastiche riciclate, riveste grande importanza il test di laboratorio sulla trazionedi Marco ArezioQuando ci approcciamo alla produzione di un manufatto plastico, abbiamo bisogno di raccogliere una serie di informazioni per quanto riguarda la qualità e le caratteristiche della materia prima riciclata che dobbiamo utilizzare.E’ necessario acquisire dati certi sulla composizione della materia prima, attraverso tests di laboratorio come il DSC, la densità, la fluidità, la presenza di cariche, l’umidità e altre ancora, ma ci sono anche delle informazioni che riguardano la meccanica della materia prima. Queste ci aiutano a sapere come si comporterà il prodotto finito quando sarà sottoposto a sollecitazioni di tipo meccanico, come la trazione, la flessione, il taglio o la compressione. Ogni volta che applichiamo una forza ad un corpo questo tende a deformarsi, a volte anche in modo impercettibile all’occhio umano, come risposta alla sollecitazione ricevuta. Se il corpo, al termine della sollecitazione ritorna nella condizione primaria, questa deformazione viene definita elastica. In questo tipo di deformazione tutto il lavoro fatto per deformare il pezzo viene immagazzinato sotto forma di energia elastica che viene poi restituita una volta eliminata la sollecitazione. I tests di laboratorio servono per capire in anticipo, cioè prima che il prodotto venga realizzato, quale sarà in comportamento elastico del corpo e quali saranno i suoi limiti meccanici. Tuttavia bisogna tenere presente che comportamento di un materiale reale può essere diverso da quello idealmente elastico: la presenza di grandi deformazioni porta infatti a una risposta di tipo plastico del materiale. Ma come avviene in laboratorio una prova di trazione su un provino di materiale plastico riciclato? Innanzitutto è necessario creare dei provini secondo le normative vigenti, che avranno una forma tipica ad osso di cane, ed avranno dei parametri geometrici e dimensionali precisi. I campioni preparati, ottenuti dallo stampaggio a iniezione, secondo la norma UNI EN ISO 527, devono essere esenti da torsione e devono avere coppie di superfici parallele, bordi privi di incisioni, difetti, infossature superficiali o bave, con una lunghezza totale di 149 mm. e uno spessore di 4 mm. La macchina di laboratorio, rappresentata da un estensimetro, misurerà graficamente e analiticamente la deformazione del campione sottoposto ad esame e ci darà le indicazioni del futuro comportamento del prodotto che vorremmo realizzare. Questo dato, insieme agli altri indispensabili indicatori, ci fotografano in modo approfondito la tipologia di materia prima che utilizzeremo e ci aiuteranno a compiere eventuali correzioni sia sulla miscela che, eventualmente, sul processo di produzione. Categoria: notizie - tecnica - plastica - riciclo - test di trazione - qualità

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https://www.rmix.it/ - I Polimeri Riciclati nei Composti WPC Plastica - Legno
rMIX: Il Portale del Riciclo nell'Economia Circolare I Polimeri Riciclati nei Composti WPC Plastica - Legno
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La componente di resina polimerica proveniente dalla raccolta differenziata per i prodotti in WPC plastica - legnodi Marco ArezioIl WPC, caratterizzato come un composto legno-polimero, nasce in Italia negli anni ‘60 del secolo scorso ad opera dei fratelli Covema che iniziarono la sperimentazione di miscele fatte con fibra o farina di legno con polimeri e additivi. Oggi la produzione di WPC è una realtà mondiale e l’uso dei pavimenti e dei rivestimenti, non solo nel settore edile, ha raggiunto un apprezzabile mercato in virtù delle doti espresse da questo composto. La produzione avviene, nella maggior parte dei casi, attraverso l’estrusione dei materiali selezionati in impianti che possono utilizzare monoviti o biviti con profili differenti. Il vantaggio dell’utilizzo degli estrusori bivite è espresso dalla maggiore capacità dell’impianto di lavorazione della massa in termini di miscelazione ed uniformità di lavorazione del materiale senza degradarlo. Le ricette che compongono il futuro elemento in WPC dipendono fortemente dalla macchina che si utilizza per l’estrusione (o lo stampaggio), dalla finitura del materiale che si vuole ottenere e dalle caratteristiche di durabilità ed impermeabilità del prodotto in funzione della sua collocazione finale. In linea generale si può dire che la quota in percentuale dei composti legnosi può variare dal 40 al 60% della ricetta e che i componenti polimerici, considerando un 5% medio come gli additivi come i coloranti, gli agenti di accoppiamento, gli stabilizzanti UV, gli agenti espandenti, gli agenti schiumogeni e i lubrificanti, pesano per la parte rimanente. La maggior parte della produzione mondiale di WPC utilizza il polietilene come legante polimerico in virtù della compatibilità nelle temperature di fusione delle due masse che compongono la miscela e per la facile reperibilità di materia prima riciclata sul mercato. Il polietilene riciclato utilizzato può essere in HDPE o in LDPE, vediamo le differenze: L’HDPE è uno scarto che proviene dalla raccolta differenziata sotto forma di flaconi per il detersivo, shampoo, creme, bottiglie del latte e altri imballi di largo consumo che vengono raccolti dalle nostre case, selezionati in impianti automatici che ne leggono la natura chimica (densità del materiale), macinati in scaglie piccole, lavati in impianti industriali, selezionati per colore, se necessario, attraverso macchine a lettura ottica e successivamente estrusi per creare una materia prima sotto forma di granulo. L’HDPE è un prodotto stabile, pulito, monocomponente con solo piccole tracce di PP all’interno (tappi), prestandosi egregiamente all’azione di estrusione tipica del WPC. Si trova in abbondanza sul mercato in quei paesi in cui la raccolta differenziata è efficiente. • L’LDPE è uno scarto che proviene dalla raccolta differenziata dei film plastici che provengono dai rifiuti domestici ed industriali che per loro natura di utilizzo sono meno selezionabili, in termini di mono-plastiche rispetto all’HDPE. Possono essere di diversa provenienza e quindi di diversa qualità: Film agricolo viene raccolto normalmente con una certa percentuale di residui sabbiosi che devono essere eliminati, non sempre totalmente però, attraverso un accurato lavaggio. Il film, durante la sua  vita subisce una degradazione dal sole che è da considerare quando si scelgono gli additivi della      ricetta del WPC che dovranno compensare questo deficit.  Film industriale o di primo uso sono quei materiali che vengono raccolti dagli scarti degli imballi    delle aziende o dalle catene distributive e che rappresentano normalmente films puliti mai riciclati. La    qualità di questo rifiuto è tra le migliori da utilizzare per il riciclo.  Film derivante dalla raccolta differenziata che hanno contenuto rifiuti organici o altri contaminanti sia solidi che oleosi, il cui riciclo meccanico riduce in modo importante i componenti diversi dall’LDPE, ma non riesce ad eliminare completamente queste sostanze. • Il Polipropilene e un materiale che può derivare dalla raccolta differenziata sotto forma di scarti rigidi o sotto forma di film da imballo. La selezione meccanica restituisce una materia prima di buon livello che può presentare anche una certa percentuale di PE all’interno. Il PP è un materiale economico e duttile nella produzione del WPC. • Il PVC sotto forma di scarto può derivare dalla filiera industriale, quindi come scarto di lavorazione primaria sia sotto forma di raccolta differenziata come lo scarto di tubi, profili finestre, imballi, tessere e alto materiale da selezionare. Lo scarto post industriale è sicuramente il migliore in termini di pulizia da inquinanti e resa finale ma ha un costo elevato e una quantità reperibile sul mercato limitata. Il vantaggio dell’uso del PVC come legante polimerico è la stabilità dimensionale dei pezzi prodotti e la levigabilità. La funzione dei polimeri riciclati e degli additivi di protezione all’interno della miscela di legno creano numerosi vantaggi al prodotto finale.ImpermeabilitàImputrescenzaResistente ai raggi U.V.+Ottima lavorabilità a freddoBuona resistenza a flessioneOttimo mantenimento del coloreRiciclabilità nel settore del WPCResistenza all’azione corrosiva dell’acqua marinaAssenza di manutenzione superficialeCategoria: notizie - tecnica - plastica - riciclo - WPC - legno Maggiori informazioni sui polimeri

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https://www.rmix.it/ - Come combinare la polvere del vetro e la polvere del pet in una materia prima
rMIX: Il Portale del Riciclo nell'Economia Circolare Come combinare la polvere del vetro e la polvere del pet in una materia prima
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Riutilizzo della polvere di vetro di scarto in un’ottica di economia circolare di Marco ArezioLa polvere di vetro è uno scarto che si genera nella filiera produttiva del riciclo del vetro che, per le sue quantità e per lo scarso campo applicativo in ricette che possono generare prodotti finiti, crea un problema di smaltimento e riuso. Tra le varie sperimentazioni che si sono fatte negli anni, forse quella dell’impiego come materiale inerte nelle miscele di malte e calcestruzzi ha trovato uno sbocco che permette la realizzazione di cordoli stradali, paratie di contenimento anche in virtù di una buona inerzia chimica e della bassa porosità del composto. Un altro campo di utilizzo da citare sono le miscele cementizie adatte alla creazione di pietre artificiali d’arredo. Si sono inoltre effettuati test, presso il dipartimento di Ingegneria dell’Università di Bologna, su malte polimeriche con frazioni di polvere di vetro e rottami di vetro, con granulometrie differenti, utilizzando come legante una resina di poliestere. Le prove sono state eseguite campionando ricette composte da sabbia e resina in poliestere e da ricette composte da poveri o rottami di vetro e resina di poliestere. La comparazione dei risultati delle prove a flessione e compressione dei provini ha sottolineato che le malte polimeriche composte scarti vetrosi hanno una resistenza a compressione superiore al 10% e a flessione del 22% rispetto ai campioni composti da malte polimeriche e sabbia. La polvere di vetro viene usata anche nel campo della ceramica, nei mattoni in laterizio e nelle vetro-schiume come elemento inerte dell’impasto in sostituzione degli inerti naturali con un risparmio in termini di consumo delle risorse naturali. Le caratteristiche del rottame di vetro, dal punto di vista della stabilità chimica, delle qualità ignifughe e della resistenza meccanica, permette l’uso come stabilizzante nelle ricette di tutela di elementi pericolosi come l’eternit, le ceneri volanti degli inceneritori, nelle polveri di abbattimento fumi, nelle scorie delle acciaierie, nei fanghi di levigatura, ecc.. al fine di creare un materiale vetroso inerte. Ma in un’ottica di economia circolare il passo più importante è stato compiuto attraverso la creazione di una miscela di elementi di scarto nelle lavorazioni industriali, di cui uno di questi si può proprio definire lo scarto dello scarto. Mi riferisco alla polvere del PET che si accumula nella fase di riciclo delle bottiglie per le bevande o altri involucri. L’idea vincente di miscelare polvere di vetro e polvere di PET permettendo di creare una nuova materia prima che, per caratteristiche fisico-chimiche, è adatta a replicare, sia per forma che per caratteristiche, le pietre naturali. Inoltre la termoplasticità del PET, che permette la creazione di disegni, rilievi e si adatta facilmente ai colori, rende idoneo questo composto alla creazione di top per le cucine e per i rivestimenti interni ed esterni. L’ingegno e la genialità delle persone ci danno una fotografia di come cammina la nostra società di fronte alle sfide che l’economia circolare ci pone: troviamo persone che non conoscono ancora come si deve effettuare la separazione dei rifiuti in casa, persone che continuano a gettare rifiuti nell’ambiente, persone che spingono la classe politica a investire maggiormente nel riciclo di plastica, vetro, metalli, carta, legno e scarti elettronici e altri materiali, e infine ci sono persone che sono un passo avanti e si occupano di trovare soluzioni per l’utilizzo dei rifiuti dei rifiuti.Categoria: notizie - tecnica - plastica - riciclo - polvere di vetro - PET

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https://www.rmix.it/ - Cromatura e Nichelatura: Tecniche Essenziali per la Durabilità e l'Estetica dei Metalli
rMIX: Il Portale del Riciclo nell'Economia Circolare Cromatura e Nichelatura: Tecniche Essenziali per la Durabilità e l'Estetica dei Metalli
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Come i Trattamenti di Superficie Migliorano le Prestazioni e l'Aspetto dei Componenti Industriali di Marco ArezioI processi di cromatura e nichelatura dei metalli sono tecniche di finitura superficiale estremamente importanti nel settore industriale odierno. Questi trattamenti consistono nell'applicazione di strati di cromo o nichel su substrati metallici, con l'obiettivo di migliorare significativamente sia le proprietà meccaniche che estetiche dei materiali trattati. Questi rivestimenti offrono una protezione efficace contro la corrosione, migliorano l'aspetto estetico e aumentano la resistenza all'usura dei materiali. La loro rilevanza è trasversale a numerosi settori industriali, poiché contribuiscono alla produzione di componenti che non solo durano nel tempo, ma mantengono anche un elevato standard estetico. Perché Utilizzare la Cromatura e la Nichelatura? Protezione dalla Corrosione Una delle principali ragioni per cui si utilizzano la cromatura e la nichelatura è la loro capacità di creare una barriera protettiva che impedisce al metallo sottostante di ossidarsi e corrodersi. Questo è particolarmente utile in ambienti aggressivi, dove la resistenza alla corrosione è cruciale per garantire la longevità e l'integrità strutturale dei componenti. Miglioramento Estetico Oltre alle proprietà funzionali, la cromatura e la nichelatura sono apprezzate per il miglioramento estetico che offrono. La finitura lucida e riflettente ottenuta con questi trattamenti rende i materiali particolarmente attraenti per applicazioni decorative e di design, conferendo un aspetto elegante e professionale ai prodotti finali. Incremento della Durezza Superficiale Un altro vantaggio significativo di questi trattamenti è l'aumento della durezza superficiale dei metalli trattati. Questo rende i materiali meno suscettibili a danni meccanici come graffi e abrasioni, prolungando la loro vita utile, soprattutto in condizioni di utilizzo intensivo. I Processi di Cromatura e Nichelatura Cromatura Il processo di cromatura si basa sull'elettrodeposizione di cromo su un substrato metallico. Questo avviene tramite l'immersione del metallo in una soluzione elettrolitica contenente cromato di sodio o potassio. L'acido solforico viene aggiunto alla soluzione per mantenere un pH ottimale e favorire la formazione di un rivestimento uniforme e aderente. Nichelatura Similmente, la nichelatura prevede l'elettrodeposizione di nichel da una soluzione contenente solfato di nichel. Questo processo è reso più efficiente grazie all'aggiunta di cloruro di nichel e acido borico, che agiscono rispettivamente come catalizzatori e stabilizzanti del pH. Fasi del Trattamento Entrambi i processi richiedono una meticolosa preparazione della superficie, che comprende pulizia e decapaggio, per assicurare l'adesione ottimale del rivestimento. Dopo l'elettrodeposizione, segue un trattamento post-deposizione per migliorare ulteriormente le caratteristiche fisiche del rivestimento, come la resistenza alla corrosione e l'aspetto estetico. Applicazioni nelle Macchine per la Produzione Industriale La cromatura e la nichelatura trovano vasta applicazione nelle macchine utilizzate per la produzione industriale, giocando un ruolo cruciale sia nella fase iniziale di produzione sia nei successivi interventi di manutenzione. Questi trattamenti migliorano le caratteristiche funzionali ed estetiche di diverse componenti meccaniche, contribuendo significativamente alla loro efficienza operativa e durata nel tempo. Componenti in Movimento Per componenti come ingranaggi, alberi e cuscinetti, la cromatura e la nichelatura sono essenziali per ridurre l'attrito e resistere all'usura causata dal movimento continuo. Questo prolunga la vita utile delle parti meccaniche, riducendo la frequenza delle sostituzioni e delle manutenzioni. Superfici di Contatto Le superfici di contatto tra strumenti e materiali lavorati, come le punte di utensili da taglio o le matrici per lo stampaggio, beneficiano notevolmente dei trattamenti di cromatura. L'aumento della durezza superficiale e la resistenza alla corrosione permettono di mantenere l'efficacia degli strumenti anche in ambienti estremamente sollecitanti. Protezione da Corrosione In ambienti industriali aggressivi, caratterizzati dalla presenza di umidità, sostanze chimiche e variazioni termiche, la cromatura e la nichelatura offrono una protezione indispensabile contro la corrosione per componenti esposte come valvole, tubature e serbatoi. Estetica e Pulizia Per macchinari destinati alla produzione di beni di consumo, l'aspetto estetico può essere un fattore rilevante. La finitura lucida garantita da questi trattamenti facilita inoltre la pulizia e il mantenimento dell'igiene, particolarmente importante in settori come l'industria alimentare e farmaceutica. Importanza nella Manutenzione Durante le operazioni di manutenzione, la cromatura e la nichelatura giocano un ruolo vitale nel ripristinare o migliorare le caratteristiche delle macchine industriali. Rinnovare i rivestimenti può estendere significativamente il ciclo di vita dei componenti, migliorando la resilienza alla corrosione e l'efficienza operativa, riducendo così i costi a lungo termine associati a fermi macchina e sostituzioni. Inoltre, l'aggiornamento dei trattamenti superficiali può essere un'opportunità per implementare le ultime innovazioni nel campo dei rivestimenti, aumentando ulteriormente le prestazioni e la sostenibilità delle macchine. In sintesi, i processi di cromatura e nichelatura sono fondamentali per migliorare le proprietà dei metalli utilizzati in numerosi ambiti industriali. Offrono protezione, migliorano l'estetica e aumentano la durata dei materiali, contribuendo a un'efficienza operativa superiore e a una riduzione dei costi di manutenzione e sostituzione.

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https://www.rmix.it/ - Controllo Analitico degli Odori nel Settore del Riciclo
rMIX: Il Portale del Riciclo nell'Economia Circolare Controllo Analitico degli Odori nel Settore del Riciclo
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Controllo Analitico degli Odori nel Settore del Riciclodi Marco ArezioI materiali riciclati, che siano materie prime provenienti dalla selezione dei rifiuti, nei loro vari stati di vita (sfusi, balle, macinati, granuli), o il prodotto finale, creato attraverso i processi del riciclo, possono portare con loro gradienti e tipologie di odori che possono essere più o meno sgradevoli agli operatori o ai clienti finali. La sensazione dell’accettazione o meno dell’odore è del tutto soggettiva e dipende da una serie infinita di valutazioni sensoriali: quello che per me potrebbe essere un odore accettabile, per il cliente potrebbe essere una casa insopportabile.  Il naso umano è sensibile, ma differente tra persona e persona nell’intercettare gli odori e, soprattutto, non è in grado di catalogare con esattezza un livello equo dei composti odorosi, né il ripetersi dell’intensità degli odori che intercetta.  Quello che un’azienda produce, in termini di odore in un prodotto, che sia materia prima o un elemento finito, deve essere catalogato in maniera del tutto analitica, senza approssimazione, per determinare degli standards che possano essere accettati sia dal produttore che dal cliente, in modo che tutte le produzioni successive possano rientrare nei ranges stabiliti.  Definire e poter replicare un range di odore accettato dalle parti, non è solo un incremento del servizio qualitativo del prodotto stesso e dell’azienda, ma anche una garanzia verso il cliente finale che può ragionevolmente sapere che le intensità odorose possono essere catalogate e gestite con esattezza.  Vediamo alcuni esempi dove un “naso elettronico” può fare la differenza:  • I produttori di vaschette in PET, ricevendo il granulo o il macinato riciclato, possono valutare analiticamente l’intensità odorosa della materia prima e dare al produttore stesso degli standards da non superare per evitare problemi sulle vaschette nella catena distributiva. • I produttori di bevande in bottiglie in PET possono stabilire con certezza non solo i livelli odorosi massimi accettati sulla materia prima, ma possono stabilire se il prodotto contenuto nelle bottiglie possa subire delle cessioni da parte della bottiglia di plastica di sostanze odorose che possano inficiare la qualità del loro prodotto. • I produttori di materie prime possono stabilire con i clienti dei ranges odorosi massimi accettabili da entrambi, attraverso un’analisi analitica della materia prima venduta al fine di garantire una qualità certa del prodotto. • I produttori di flaconi per i detersivi, per il care, per i liquidi profumati hanno l’esigenza acquistare la materia prima riciclata in HDPE che abbia un tenore di odori proveniente dai tensioattivi tali per cui non vadano a interagire negativamente con la confezione finale sugli scaffali dei negozi o possano alterare le profumazione dei liquidi o delle polveri contenute. • I produttori di arredi o di imballi per la logistica industriale che utilizzano il PP, l’HDPE e l’LDPE da post consumo, devono poter stabilire con certezza l’incidenza degli odori delle materie prime che comprano, in modo da stabilire dei limiti che non possano influire negativamente con il prodotto finale che distribuiscono. • Potremmo continuare a citare altri esempi in cui la mancanza di una catalogazione certa degli odori possa portare spesso alla contestazione dei materiali, con costi notevoli e degenerazione dei rapporti clienti-fornitori. Attraverso l’uso di un analizzatore delle sostanze odorose, che è una macchina da laboratorio che utilizza campioni di materia prima o pezzi di prodotti finali, quindi sotto forma di granuli, macinati, liquidi, ecc…, successivamente riscaldati, creando delle sostanze volatili all’interno della provetta, venendo poi analizzate chimicamente e comparate, attraverso un programma di analisi, creando così un quadro preciso delle tipologie e delle intensità. La macchina permettere di comparare anche campioni definiti standard e quindi accettati dalle parti, con le varie campionature delle produzioni successive in modo da intercettare gli scostamenti e valutare immediatamente correzioni produttive.  I risultati delle analisi restituiscono una fotografia precisa, non solo delle intensità odorose, ma anche delle tipologie di composti chimici presenti nei campioni che producono il mix di odori, così da poter intervenire in modo preciso e tempestivo. Lo strumento che analizza, in modo analitico gli odori o i profumi delle sostanze volatili contenute nei prodotti, è impiegato anche nel settore alimentare per smascherare le sofisticazioni alimentari come, per esempio, quelle dell'olio di oliva, per verificare le composizioni del caffè, per valutare la freschezza dei cibi o la cessione di sostanze contenute nel packaging agli alimenti.Categoria: notizie - tecnica - plastica - riciclo - odore - post consumo Vedi maggiori informazioni sulla gascromatografia

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rMIX: Il Portale del Riciclo nell'Economia Circolare PMMA o Polimetilmetacrilato Riciclato: da Dove Viene e Cosa è?
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Caratteristiche, lavorazioni, applicazioni e sistemi di riciclo del PMMAdi Marco ArezioIl PMMA, o Polimetilmetacrilato, è una resina termoplastica che appartiene al gruppo dei tecnopolimeri, ottenuta dalla polimerizzazione del metacrilato (MMA). E’ comunemente considerato un vetro acrilico, in quanto vanta una migliore trasparenza rispetto al vetro tradizionale, tanto che in molte applicazioni è stato sostituito dal PMMA. La storia del PMMA nasce nel 1938 quando in Germania, a cura di Otto Rohm, viene immesso sul mercato il primo prodotto chiamato plexiglass. Come abbiamo detto, ha la caratteristica evidente della trasparenza, ma può mantenere, a differenza del vetro, anche un’ottima resistenza meccanica, che si realizza grazie a differenti mescole polimeriche, tanto che viene usato anche per la realizzazione di vetri di sicurezza. Quali sono le caratteristiche del PMMA • densità: 1,18 – 1,19 gr/cm3 • temperatura di fusione Tm: 105-160 °C • temperatura di transizione vetrosa Tg: 80-105 °C • buona rigidità • resistenza meccanica • resistenza all'impatto e durezza elevate. • buona resistenza a trazione • buoni valori di compressione e flessione • elevata stabilità ai raggi UV • ottima resistenza all’invecchiamento • sensibilità ai graffi e alle abrasioni • buona resistenza alle intemperie • ottime proprietà ottiche, di chiarezza e trasparenza • ottime proprietà elettriche • buona resistenza termica • resistenza chimica ai sali • resistenza agli idrocarburi alifatici • non resiste agli idrocarburi clorurati, acidi concentrati, nitro e vernici Come si lavora il PMMA Il Polimetilmetacrilato può essere lavorato attraverso l’estrusione e la termoformatura, che rappresentano due sistemi di lavorazione delle materie plastiche tradizionali. Ne esiste un terzo, chiamato per colatura, che viene impiegato normalmente per la produzione delle lastre in PMMA, utilizzando una pasta acrilica, definita “sciroppo”, ottenuta pre-polimerizzando il monomero di MMA in un reattore mediante agitazione. Applicazioni del PMMA Il Polimetilmetacrilato ha una vastissima area di applicazioni, in settori diversi e con innumerevoli prodotti che potremmo riassumere di seguito:  Edilizia  lastre per serramenti  vetrate infrangibili  lucernari  vasche da bagno  piatti per doccia  cabine per doccia  cabine per impieghi sanitari in genere  elementi di piscine  lavandini  lastre alveolari per serre  Illuminazione  insegne luminose per esterni  insegne per il traffico  targhe pubblicitarie  lettere luminose  targhe luminose per istruzioni  Settore trasporti  fanali per automobili  catarifrangenti  dischi per tachimetri  triangoli di segnalazione  fanali di lampeggiamento  parabrezza per aerei e impieghi spaziali  Settore medicale  filtri  parti di apparecchi per dialisi  contenitori per il sangue  impieghi ortopedici  protesi dentarie  imballaggio di cosmetici  lenti  Industria elettrica ed elettronica  interruttori  pulsanti di comando  memorizzatori ottici  CD e DVD  displays per cellulari  elementi in fibra ottica Come riciclare il PMMA Il riciclo del Polimetilmetacrilato inizia con la raccolta e la selezione dei prodotti a fine vita o degli sfridi di lavorazioni industriali, differenziandoli in base al colore così da creare fonti omogenee tra loro. A questo punto esistono due sistemi di riciclo: quello meccanico, come una normale poliolefina, e quello chimico, che punta alla depolimerizzazione del PMMA. Utilizzando il riciclo meccanico il materiale da riciclare viene macinato in dimensioni idonee per il successivo utilizzo e reimmesso nella produzione, per esempio delle lastre, attraverso il processo termico indotto da un estrusore. Utilizzando il riciclo chimico, gli scarti di PMMA subiranno un processo di depolimerizzazione, che consiste nella dissociazione delle molecole del materiale da riciclare. Dopo l’opportuna purificazione, si genera l’MMA, il quale, tramite reazione di polimerizzazione, dà vita al nuovo polimero rPMMA puro al 99%. Il ciclo è completamente ad impatto zero, in quanto il processo viene realizzato a circuito chiuso e tutti i sottoprodotti di questo processo chimico vengo riutilizzati all’interno del ciclo produttivo. Lo svantaggio del riciclo chimico è che alla fine del processo si avrà un rPMMA meno traslucido, avendo un costo di riciclo alto e un consumo energetico importante. Nomi commerciali comuni del PMMA Acridite ACRYLITE Acryvill Altuglas Amanite Cyrolite Green Cast LuciteOptix Oroglas Perspex Plexiglas R-Cast Setacryl Crylux TrespexZylar Categoria: notizie - tecnica - plastica - riciclo - PMMA

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Masselli in PVC Riciclato: Come Progettare Piste Ciclabili Sostenibilidi Marco ArezioIl problema della tutela dell’ambiente è un argomento ormai del tutto trasversale nella nostra vita e, ad ogni livello di responsabilità e competenze, la riduzione dell’impatto dell’uomo sull’ecosistema è da tenere in evidenza.Le città e le aree di collegamento tra di esse stanno vivendo una trasformazione nel campo della mobilità sostenibile, spingendo in modo deciso verso l’utilizzo della bicicletta. Proprio in epoca di pandemia si è verificato una riscoperta del mezzo a pedali, attività che assume in sé fattori che non sono solo di carattere sociale, urbanistico o ambientale, ma sposa quei principi della “slow life”, cioè un approccio più naturale e rilassato alla vita, dove al tempo è dato il giusto valore, non consumato ma vissuto. L’utilizzo della bicicletta ha fatto riscoprire un sistema di mobilità più salutare, più partecipativa verso l’ambiente attraversato e una forma di ritrovata familiarità e convivialità tra le persone. Per seguire questa nuovo approccio alla mobilità sostenibile si devono creare e migliorare percorsi che siano espressamente dedicati al traffico per le biciclette, attraverso progetti che tengano in considerazione i principi della sostenibilità e dell’economia circolare. Per questo, in fase di progettazione tecnica, si dovrebbe tenere presente l’impiego di materiali che possano dare un contributo all’ambiente, alla riduzione dei rifiuti e alla riciclabilità degli elementi a fine vita. Per quanto riguarda il pavimentato stradale delle piste ciclabili in aree urbane o di collegamento tra una città e l’altra, la tendenza è di non utilizzare materiali che abbiano creato un impatto ambientale già nella loro costituzione prima del loro utilizzo, come asfalti o masselli in cemento, le cui materie prime derivano dalle risorse naturali, ma di utilizzare elementi che derivano dal riciclo dei materiali plastici. Uno di questi è il massello autobloccante realizzato in PVC riciclato, la cui materia prima è costituita dallo scarto delle lavorazioni dei cavi elettrici, dai quali si separa il rame e le guaine in plastica. Queste guaine vengono recuperate, selezionate, riciclate e trasformate in materia prima per realizzare manufatti carrabili ad incastro monolitico adatti alle pavimentazioni stradali e ciclo-pedonabili. Una pavimentazione fatta con i masselli autobloccanti riciclati in PVC sposa pienamente i principi dell’economia circolare, cioè l’utilizzo dei rifiuti lavorati in sostituzione di materie prime naturali per evitare l’impoverimento del pianeta. La pavimentazione in masselli autobloccanti in PVC riciclato ha una lunga durata, rimane flessibile nell’esercizio, non crea buche, non subisce degradazione a causa dei sali stradali, è leggera e con una economica posa fai da te, non si macchia in quanto non assorbe oli o sostanze inquinanti, è lavabile, non scivolante e verniciabile. Inoltre la sostituzione di singoli pezzi della pavimentazione e semplicissima ed economica, in quanto si sostituisce velocemente il massello autobloccante senza creare un’interruzione della viabilità per la manutenzione. Categoria: notizie - tecnica - plastica - riciclo - PVC - masselli autobloccanti - edilizia - piste ciclabili

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