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https://www.rmix.it/ - Notizie sul Legno Riciclato nel Mondo
rMIX: Il Portale del Riciclo nell'Economia Circolare Notizie sul Legno Riciclato nel Mondo
Economia circolare

Tavole, bancali, segatura, blocchetti per pallets, biomasse, pavimenti, pannellature, pellets, arredamento, porte, isolanti in fibra riciclata e serramentidi Marco ArezioSul portale del riciclo rMIX puoi trovare offerte, richieste e notizie sul mondo del legno riciclato, sia sotto forma di materia prima che di prodotto semilavorato o finito. Il legno riciclato proviene dalla raccolta dello scarto che viene inviato al riciclo, mentre i prodotti finiti in legno riciclato sono recuperati da ristrutturazioni o cambio di destinazione d'uso.I prodotti principale trattati sono:travicapriatepavimentipannelliinfissimobiliassipalletspelletspackaging variobiomassescarti di lavorazioneCategoria: notizie - legno - economia circolare - riciclo - rifiuti

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https://www.rmix.it/ - Il prezzo del PET Riciclato Raggiunge il Massimo Storico
rMIX: Il Portale del Riciclo nell'Economia Circolare Il prezzo del PET Riciclato Raggiunge il Massimo Storico
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Il prezzo dell’rPET Europeo ha raggiunto il suo massimo storico di Marco ArezioIl concatenarsi di molti fattori, considerando che gli impianti produttivi sia di scaglia in rPET che di granulo per il contatto alimentare, stanno lavorando a pieno regime, ormai vicini al 100% della loro capacità produttiva, hanno spinto alcuni clienti a tornare temporaneamente agli approvvigionamenti di materia prima vergine. Inoltre, il delta di prezzo tra il macinato trasparente di polietilene tereftalato riciclato, rispetto al PET vergine in Europa, ha raggiunto un livello record, poiché i prezzi dei materiali hanno continuato a seguire percorsi divergenti, secondo i dati di S&P Global Platts. Il delta tra l’ rPET clear flakes rispetto al PET vergine è stato calcolato a Euro 210/Ton il 30 giugno, il livello più ampio da quando è stata lanciato il monitoraggio dell’ PET clear flakes nel febbraio 2008. Il precedente massimo storico era stato di Euro 160/Ton il 15 maggio 2020. Mentre I prezzi del PET vergine in Europa diminuiscono, fino a toccare i 1.190 Euro/Ton, in calo di 35 Euro/Ton settimana su settimana, realizzando il livello più basso da 16 settimane, con la conseguenza di fare aumentare le scorte di polimero vergine, la richiesta e di conseguenza i prezzi dell’rPET aumentano. Sembrerebbe che la crescente domanda di rPET macinato e di granulo per contatto alimentare si mantenga, anche per l’inizio di questa estate, ben al disopra delle reali capacità produttive. I produttori di rPET riciclato si aspettano un aumento della diponibilità di bottiglie da riciclare solo a partire da Ottobre 2021, con la conseguenza di non poter soddisfare l’enorme richiesta di materiale riciclato. I prezzi delle balle di bottiglie in PET post-consumo hanno raggiunto 750 Euro/Ton FD NWE, un massimo storico, sulla scia di questi problemi legati all’offerta del prodotto. Categoria: notizie - plastica - economia circolare - riciclo - rifiuti - PET

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https://www.rmix.it/ - Il Riciclo Industriale Iniziò nel XVIII° Secolo con le Prime Attività Produttive
rMIX: Il Portale del Riciclo nell'Economia Circolare Il Riciclo Industriale Iniziò nel XVIII° Secolo con le Prime Attività Produttive
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Le scoperte nel campo chimico avviarono produzioni industriali in molti campi e con esse la necessità di riutilizzare i rifiutidi Marco ArezioLa rivoluzione chimica, che a partire dal 1700 interesserò le nazioni europee più progredite, pose in evidenza i primi problemi ambientali creati dagli scarti delle produzioni chimiche. Iniziò in quel periodo, insieme alle nuove scoperte, la ricerca di riutilizzo dei rifiuti prodotti dall’uomo. Il primo processo chimico industriale, in senso moderno, è stato quello inventato nel 1791, dal chimico francese Nicolas Leblanc (1742-1806), per la produzione del carbonato sodico in due passaggi. Leblanc ebbe, tuttavia, una vita lavorativa travagliata in quanto le sue ricerche furono finanziate inizialmente dal Duca di Orleans Filippo Egalité, con la speranza di poter vincere il premio messo in palio dall’Accademia delle Scienze Francesi per poter iniziare quindi una produzione industriale. Tuttavia nel 1793 il Duca venne giustiziato e i brevetti di Leblanc non furono riconosciuti validi, ricevendo anche la confisca dello stabilimento di produzione e il rifiuto del premio sperato. Nonostante Napoleone nel 1802 gli restituì la fabbrica, senza premio in denaro, Leblanc non ebbe le forze economiche per ripartire e nel 1806 di suicidò. La prima fase del processo di produzione del metodo Leblanc consisteva nel trattare il cloruro di sodio con acido solforico, il quale si formava in solfato di sodio, creando un rifiuto sotto forma di acido cloridrico gassoso, che per molto tempo fu rilasciato in atmosfera con gravi problemi verso le popolazioni che abitavano nelle vicinanze delle fabbriche e con la distruzione della vegetazione circostante. Il secondo passaggio consisteva nello scaldare il solfato di sodio con carbone e carbonato di calcio, miscela con la quale si otteneva il carbonato di sodio e il solfuro di calcio, poco solubile in acqua, che rappresentava il rifiuto solido del processo e veniva scartato costituendo mucchi all’aria aperta. Durante l’esposizione alle piogge, si liberava idrogeno solforato, gas nocivo e puzzolente. Gli abitanti iniziarono forme di protesta degne di nota contro l’inquinamento atmosferico, creando di fatto le prime contestazione ecologiche, che spinsero gli industriali della soda a cercare delle soluzioni al problema. In quell’occasione l’industria chimica scoprì che dai rifiuti era possibile recuperare qualcosa di utile e vendibile, infatti dall’acido cloridrico era possibile ottenere cloro, una merce che si capì che aveva un suo mercato finale e dal solfuro di calcio era possibile recuperare zolfo, che sarebbe stato vendibile alle fabbriche di acido solforico. Nel XIX° secolo, periodo in cui iniziò a fiorire l’industria pesante dell’acciaio, l’inventore francese Pierre Émile Martin (1824-1915) nel 1865 mise a punto un forno che poteva decarburare la ghisa su larga scala e poteva essere caricato con ghisa fusa ma anche con i rottami di ferro. Nel corso dell’Ottocento infatti, tali rottami si stavano accumulando a seguito della sostituzione dei vecchi macchinari con quelli nuovi, cosi questi rifiuti diventarono materie prime seconde, come le chiamiamo oggi. Il XX° secolo ha visto il progresso industriale crescere in modo continuo e vorticoso, passando da due guerre mondiali, una grande crisi economica-industriale, la conquista dello spazio, le nuove tecnologie, il benessere diffuso, la guerra fredda con la corsa alla creazione degli arsenali atomici, lo spostamento per lavoro e per turismo di grandi masse di persone attraverso l’industria aeronautica, lo sviluppo dei satelliti e le tecnologie legate alla comunicazione hanno alimentato un nuovo mercato di apparecchi, spinti anche dalla nuova intelligenza artificiale che ci fa comunicare attraverso i computers. Tutto questo progresso ha creato un numero crescente di rifiuti che nel passato erano abbandonati in modo superficiale nelle discariche, sulle quali venivano create graziose collinette cosparse di alberi, ma nel sottosuolo non ci si preoccupava di sapere se i rifiuti interrati continuassero a rilasciare i loro veleni. Si capì, più tardi, che molti rifiuti pericolosi continuavano a vivere e ad interagire negativamente con l’ambiente, per cui si iniziò a creare delle linee guide su come isolare le discariche da eventuali perdite di liquami tossici. Qualsiasi sforzo fatto per “nascondere” i rifiuti sembrava vano visto la continua crescita di merce dello scarto e, quindi, si iniziò a parlare di riciclo e termodistruzione. Se la strada di bruciare i rifiuti sembrava fosse comoda e “purificatrice”, ci si accorse ben presto che l’inquinamento espresso da un rifiuto solido pericoloso non sublimava con il fuoco, ma veniva solamente trasformato da solido in fumi, andando ad inquinare l’aria e, a cascata con le piogge, i terreni. Si dovette arrivare alle nuove generazioni di termovalorizzatori per risolvere questo problema ambientale e creando nello stesso modo energia elettrica rinnovabile. Il riciclo meccanico fu allora il solo mezzo per recuperare e riutilizzare i rifiuti che si accumulavano, ma ci volle molto tempo perché i governi e la popolazione capissero che si doveva iniziare con la raccolta differenziata e che l’industria aveva bisogno di normative precise per produrre arrecando i danni minori possibili all’ecosistema. Il futuro del riciclo si raggiungerà con l’integrazione tra processi meccanici, chimici, coadiuvati dalle energie rinnovabili.Categoria: notizie - plastica - economia circolare - rifiuti - storiaImmagine: Vernet, Claude Joseph – Seaport by Moonlight – 1771

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https://www.rmix.it/ - Come si produce il tessuto non tessuto e perché è eco-friendly
rMIX: Il Portale del Riciclo nell'Economia Circolare Come si produce il tessuto non tessuto e perché è eco-friendly
Economia circolare

Scopri come viene prodotto il tessuto non tessuto, perché è considerato eco-friendly e quali sono le modalità per il suo riciclo  di Marco ArezioIl tessuto non tessuto (TNT), noto anche come nonwoven fabric, rappresenta una categoria di materiali tessili prodotti attraverso metodi che non includono la tessitura tradizionale. La produzione del TNT si basa su una serie di processi meccanici, chimici e termici che uniscono le fibre senza intrecciarle. Questi processi rendono il TNT un materiale versatile e ampiamente utilizzato in vari settori, dal medicale al packaging, dall'edilizia all'abbigliamento.Processo di Produzione del Tessuto Non Tessuto Selezione delle Fibre: Le fibre utilizzate per il TNT possono essere naturali (come il cotone o la lana) o sintetiche (come il polipropilene, il poliestere e il nylon). La scelta delle fibre dipende dalle proprietà desiderate nel prodotto finale, come la resistenza, l'elasticità, la capacità di assorbimento e la biodegradabilità.Le fibre selezionate vengono disposte in una rete attraverso vari metodi:Cardatura: Le fibre vengono separate e distribuite uniformemente in una forma di velo sottile. Spunbonding: Le fibre sintetiche vengono filate direttamente in una rete attraverso un processo di estrusione. Meltblown: Simile allo spunbonding, ma produce fibre molto più sottili che conferiscono al tessuto una maggiore capacità di filtrazione.La rete di fibre viene consolidata attraverso metodi meccanici, chimici o termici: Legatura Meccanica: Include il needlepunching, dove gli aghi forano ripetutamente il velo di fibre per intrecciarle insieme. Legatura Termica: Utilizza il calore per fondere le fibre termoplastiche e legarle tra loro. Legatura Chimica: Impiega adesivi o resine per unire le fibre. Finitura: Il tessuto non tessuto può subire ulteriori trattamenti per migliorare le sue proprietà, come il calandraggio per aumentare la densità e la resistenza o l'applicazione di agenti antimicrobici per usi medici.Perché il Tessuto Non Tessuto è "Eco-Friendly" Il tessuto non tessuto può essere considerato eco-friendly per diversi motivi: Efficienza Energetica: Il processo di produzione del TNT richiede generalmente meno energia rispetto alla tessitura tradizionale, poiché elimina le fasi di filatura e tessitura. Riduzione degli Sprechi: La produzione di TNT genera meno scarti, poiché le fibre possono essere riciclate e reintegrate nel processo produttivo. Materiali Riciclati: Molti TNT sono prodotti utilizzando fibre riciclate, riducendo la dipendenza da risorse vergini e contribuendo alla riduzione dei rifiuti. Durabilità e Riutilizzabilità: I TNT sono spesso progettati per essere duraturi e resistenti, riducendo la necessità di sostituzione frequente e quindi la produzione di rifiuti.Il Tessuto Non Tessuto è Riciclabile? Il tessuto non tessuto è, in molti casi, riciclabile. Tuttavia, la riciclabilità dipende da vari fattori, tra cui il tipo di fibre utilizzate, i trattamenti applicati durante la produzione e l'uso finale del prodotto. Tipi di Fibre Fibre Sintetiche: I TNT realizzati con polimeri come il polipropilene e il poliestere sono generalmente più facili da riciclare. Questi materiali possono essere fusi e riformati in nuovi prodotti. Fibre Naturali: I TNT a base di fibre naturali come il cotone sono biodegradabili e possono essere compostati. Tuttavia, il riciclo meccanico di questi materiali è meno comune. Trattamenti e Additivi Trattamenti Chimici: Alcuni TNT sono trattati con sostanze chimiche per migliorarne le proprietà, come la resistenza all'acqua o agli agenti microbici. Questi trattamenti possono complicare il processo di riciclo. Additivi: L'uso di additivi come coloranti, adesivi e resine può influenzare la riciclabilità. I TNT con pochi o nessun additivo sono generalmente più facili da riciclare.Come si Ricicla il Tessuto Non Tessuto? Il riciclo del tessuto non tessuto può avvenire attraverso vari processi, a seconda del tipo di materiale e dell'infrastruttura disponibile. I metodi principali includono il riciclo meccanico, il riciclo chimico e il riciclo termico. Riciclo Meccanico del TNTIl riciclo meccanico è il metodo più comune per i TNT sintetici. Questo processo include le seguenti fasi: Raccolta e Separazione: I TNT usati vengono raccolti e separati in base al tipo di fibra e al livello di contaminazione. Triturazione: Il materiale raccolto viene triturato in piccole particelle. Pulizia: Le particelle triturate vengono pulite per rimuovere contaminanti come adesivi e sostanze chimiche. Fusione ed Estrusione: Le particelle pulite vengono fuse e estruse per formare nuove fibre, che possono essere utilizzate per produrre nuovi TNT. Riciclo Chimico del TNTIl riciclo chimico è più complesso e coinvolge la decomposizione delle fibre sintetiche nei loro monomeri originali attraverso processi chimici. Questi monomeri possono essere purificati e polimerizzati nuovamente per produrre nuove fibre. Riciclo Termico del TNTIl riciclo termico implica l'utilizzo dei TNT come combustibile per la produzione di energia. Anche se non è il metodo più sostenibile, può essere utile per materiali che non sono facilmente riciclabili attraverso metodi meccanici o chimici.Conclusione Il tessuto non tessuto rappresenta un materiale versatile e potenzialmente eco-friendly grazie alla sua efficienza produttiva, alla possibilità di utilizzare materiali riciclati e alla sua durabilità. Sebbene la riciclabilità del TNT dipenda da vari fattori, esistono diversi metodi per riciclarlo, contribuendo così a un ciclo di vita più sostenibile. Promuovere l'uso e il riciclo dei TNT può quindi avere un impatto positivo significativo sull'ambiente, riducendo i rifiuti e conservando le risorse naturali.

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https://www.rmix.it/ - Riciclare? Non Basta più. Crescono i Prodotti Riutilizzati e Ricondizionati
rMIX: Il Portale del Riciclo nell'Economia Circolare Riciclare? Non Basta più. Crescono i Prodotti Riutilizzati e Ricondizionati
Economia circolare

L’economia circolare ha bisogno di integrazione e di sinergie per aumentare la circolarità dei prodottidi Marco ArezioNuove aziende nascono sulla scorta di nuovi business nel campo, soprattutto, dei rifiuti tessili e del RAEE, fortemente voluti e promossi dalle nuove generazioni, che sono in controtendenza rispetto al mercato tradizionale. Ma come siamo arrivati fino qui? In giro di qualche decennio siamo passati dalla logica della discarica, in cui “conferivamo”, nobile parole che copre il senso compulsivo di buttare qualsiasi cosa non utilizzata più in una buca, all’era del riciclo. Si sono faticosamente costruite aziende e macchinari che potessero separare i vari rifiuti che venivano prodotti dalla società, con l’intento di riutilizzarli sotto forma di nuova materia prima. Abbiamo imparato a diversificare la pattumiera che viene prodotta nelle case, attraverso la raccolta differenziata che ha accresciuto, in modo determinante, la quantità di rifiuti riutilizzabile attraverso il riciclo meccanico. Abbiamo iniziato a creare una nuova coscienza ambientalista, che ha messo al centro il risparmio delle materie prime naturali e la riduzione della CO2 nell’aria, cercando di avviare al riciclo la maggiore quantità possibile di rifiuti per creare un circolo virtuoso dei prodotti. Ma tutto questo purtroppo non è sufficiente, in quanto la quota dei rifiuti riciclati rimane ancora modesto rispetto a quello che viene buttato, ancora, in discarica o direttamente nell’ambiente. La necessità di innalzale la quota dei prodotti che vengono avviati al riciclo, oggi intorno al 10 % a livello mondiale, è del tutto essenziale e, ogni azione intrapresa dai consumatori, dalla politica e dall’industria è di estrema importanza. Una di queste riguarda la politica del riutilizzo dei prodotti usati e quella dell’acquisto di prodotti, specialmente elettronici, ricondizionati. Per quanto riguarda i prodotti usati, le nuove generazioni hanno già sdoganato l’impatto dell’acquisto di prodotti già utilizzati da altri, attraverso in commercio privato, specialmente per quanto riguarda i capi di abbigliamento od oggetti che non contengano componenti di difficile valutazione qualitativa. Si sta creando un mercato parallelo al nuovo, dove il costo del prodotto e l’offerta territoriale, attraverso le App dedicate, ne facilitano il funzionamento. Altra questione riguarda il problema dei rifiuti RAEE, cioè tutti quei prodotti elettrici od elettronici, che vengono eliminati, a volte anche se funzionanti, per questioni che, spesso, non riguardano la qualità dell’oggetto ma la moda. In questo filone possiamo sicuramente inserire gli smartphones uno strumento di lavoro, di divertimento, di gioco, uno status symbol e, forse, anche un po' di comunicazione. Un oggetto ormai di culto che viene spesso, se non spessissimo, cambiato non per inefficienza del prodotto, ma per acquistare gli ultimi modelli usciti dalle fabbriche del marketing della telefonia. Questo usa e getta elettronico, che si vede anche nei computers, nelle console dei giochi, negli orologi e in altri prodotti in continuo aggiornamento tecnologico, creano una quantità enorme di rifiuti elettronici di difficile riciclo. Inoltre c’è da considerare le emissioni di CO2 che ogni anno, solo nella filiera dell’estrazione delle materie prime degli smartphone, è pari a 125 megatonnellate, che corrispondono a circa 31,5 centrali a carbone in funzione per un anno. Qui, entrano in gioco società come la finlandese Swappie, che si occupa di ricondizionare gli smartphone della Apple, con l’obbiettivo di restituire al mercato un prodotto testato e garantito di sicuro valore residuo. La società recupera gli IPhone, li sottopone ad una serie di tests elettronici per verificare l’efficienza dei sistemi, delle batterie e di altri parti che potrebbero essere danneggiate ma non visibili all’occhio dell’uomo. Inoltre, generalmente, sostituisce le batterie, e attribuisce un prezzo di vendita per ogni telefono in base all’aspetto esterno del prodotto, qualità dei vetri, della cassa e di altri parti visibili, fermo restando la qualità della macchina interna. Swappie è diventata a tutti gli effetti un concorrente di Apple, in quanto garantisce un prodotto usato, ad un prezzo inferiore, con la giusta qualità attesa dal consumatore, contribuendo in maniera sostanziale alla circolarità dei prodotti. Categoria: notizie - riuso - economia circolare - riciclo - rifiuti - ricondizionatirNEWS

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https://www.rmix.it/ - Le migliori università europee per l’ingegneria ambientale: dove formarsi per un futuro sostenibile
rMIX: Il Portale del Riciclo nell'Economia Circolare Le migliori università europee per l’ingegneria ambientale: dove formarsi per un futuro sostenibile
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Scopri perché gli istituti più prestigiosi attirano i talenti, quali opportunità di carriera attendono i laureati e quali aziende competono per assumere i migliori ingegneri ambientali in Europadi Marco ArezioL'ingegneria ambientale è un campo di studio in rapida espansione e di cruciale importanza nel contesto attuale, caratterizzato da crescenti sfide legate ai cambiamenti climatici, alla gestione delle risorse naturali e alla sostenibilità. L'Europa, con la sua ricca tradizione accademica e la forte attenzione alle politiche ambientali, ospita alcune delle migliori università al mondo che offrono programmi avanzati in ingegneria ambientale. In questo articolo, esamineremo alcune delle più prestigiose università europee in questo settore, spiegando perché sono così attrattive, quali prospettive di carriera offrono ai laureati e quali aziende competono per assicurarsi i migliori talenti. ETH di Zurigo (Svizzera) L'ETH di Zurigo, ufficialmente conosciuto come il Politecnico Federale di Zurigo, è costantemente classificato come una delle migliori università al mondo in ingegneria ambientale. Questa istituzione svizzera è nota per l'eccellenza accademica e la ricerca innovativa, soprattutto nei campi dell'energia sostenibile, della gestione delle risorse idriche e del controllo dell'inquinamento. Perché è famosa? L'ETH è rinomata per il suo approccio interdisciplinare e l'accesso a strutture di ricerca all'avanguardia. Il programma di ingegneria ambientale combina la teoria con un forte focus sulla pratica, rendendo i laureati particolarmente preparati ad affrontare le complesse sfide ambientali del futuro. La stretta collaborazione con aziende e governi a livello internazionale offre agli studenti un'opportunità unica di applicare le loro conoscenze in progetti reali. Prospettive di carriera e aziende principali I laureati dell'ETH sono molto ricercati da aziende come Siemens, ABB, e grandi aziende di consulenza ambientale come ERM e AECOM. Anche le organizzazioni internazionali e le agenzie governative svizzere offrono opportunità di lavoro di alto profilo. Prospettive di guadagno Dopo cinque anni di esperienza lavorativa, i laureati in ingegneria ambientale dell'ETH possono aspettarsi un salario medio di circa 85.000-100.000 CHF l'anno, con opportunità di crescita significative a seconda del settore e del ruolo. Imperial College London (Regno Unito) L'Imperial College London è uno dei principali istituti di ricerca scientifica e ingegneria nel Regno Unito e nel mondo. Il suo programma di ingegneria ambientale è tra i più completi, offrendo corsi che spaziano dalla gestione delle risorse idriche alla pianificazione urbana sostenibile. Perché è famoso? Imperial College è famoso per il rigore accademico e per l'elevato livello di ricerca scientifica. Il programma in ingegneria ambientale è noto per il suo approccio pragmatico e per le sue connessioni con l'industria. L'università ospita anche vari centri di ricerca dedicati alle energie rinnovabili, ai cambiamenti climatici e alla gestione dei rifiuti, fornendo agli studenti l'accesso diretto a ricerche all'avanguardia. Prospettive di carriera e aziende principali I laureati dell'Imperial College trovano impiego presso grandi multinazionali come Shell, BP, e Arup, nonché presso enti pubblici come il DEFRA (Department for Environment, Food & Rural Affairs). Anche aziende del settore della consulenza ambientale come WSP e Jacobs sono attivamente alla ricerca di neolaureati dall'Imperial. Prospettive di guadagno Dopo cinque anni di lavoro, i laureati possono guadagnare tra 60.000 e 85.000 GBP all'anno, con una crescita salariale più rapida per chi si muove verso ruoli dirigenziali o consulenze internazionali. Università tecnica di Delft (Paesi Bassi) L'Università tecnica di Delft (TU Delft) è una delle istituzioni più prestigiose d'Europa in ingegneria, con un forte focus sull'innovazione e la sostenibilità. Il programma di ingegneria ambientale dell'università è ben strutturato, con corsi specifici su tecnologie verdi, mitigazione del cambiamento climatico e pianificazione urbana sostenibile. Perché è famosa? La TU Delft è conosciuta per l'enfasi posta sulla ricerca applicata e per le sue strette relazioni con il settore industriale e le istituzioni governative. Gli studenti beneficiano di un'esperienza di apprendimento pratica e di una forte cultura di scambio internazionale, con molti programmi di cooperazione e stage in collaborazione con aziende europee e mondiali. Prospettive di carriera e aziende principali I laureati della TU Delft sono ambiti da società di ingegneria come Royal HaskoningDHV, Arcadis, e dalle autorità pubbliche nei Paesi Bassi e a livello europeo. Anche le aziende tecnologiche legate alle energie rinnovabili come Vestas e Ørsted sono frequenti destinazioni per i laureati in ingegneria ambientale. Prospettive di guadagno I laureati della TU Delft con cinque anni di esperienza possono guadagnare tra i 60.000 e i 75.000 EUR all'anno, con incrementi salariali significativi per chi lavora in settori di nicchia come le tecnologie verdi e le consulenze ambientali. Politecnico di Milano (Italia) Il Politecnico di Milano è una delle università tecniche più antiche e rinomate d'Italia e offre un eccellente programma di ingegneria ambientale, con particolare attenzione alla gestione delle risorse idriche, al trattamento dei rifiuti e all'energia sostenibile. Perché è famosa? Il Politecnico di Milano è noto per la qualità della sua formazione ingegneristica e per l'integrazione di tecnologia e sostenibilità. I programmi sono fortemente orientati al mercato del lavoro, con molte opportunità di stage presso aziende e enti pubblici italiani e internazionali. La vicinanza a distretti industriali all'avanguardia nel Nord Italia facilita inoltre l'accesso a risorse e reti professionali. Prospettive di carriera e aziende principali I laureati trovano impiego presso grandi aziende italiane e internazionali come Eni, Snam, Italferr, e presso enti pubblici e organizzazioni non governative attive nella sostenibilità e nell'ambiente. Anche aziende come Prysmian e Saipem sono tra le più attive nel reclutare neolaureati. Prospettive di guadagno Il guadagno medio dei laureati del Politecnico di Milano, dopo cinque anni di esperienza, varia tra 50.000 e 65.000 EUR all'anno, con possibilità di avanzamenti significativi in aziende multinazionali e ruoli di consulenza. Prospettive di carriera per i laureati in ingegneria ambientale Le prospettive di carriera per i laureati in ingegneria ambientale in Europa sono estremamente promettenti. Con l'urgente necessità di risolvere problemi legati al cambiamento climatico, alla scarsità delle risorse e all'inquinamento, le competenze in questo campo sono sempre più richieste. I laureati possono lavorare in diversi settori, tra cui: - Industria energetica (rinnovabili, petrolio e gas) - Consulenza ambientale (con particolare focus su sostenibilità, gestione delle risorse e conformità normativa) - Governi e organizzazioni internazionali (progettazione di politiche ambientali, regolamentazione e monitoraggio) - Aziende tecnologiche (sviluppo di soluzioni per l'energia pulita e la riduzione delle emissioni) Conclusione Le migliori università europee in ingegneria ambientale, come l'ETH di Zurigo, l'Imperial College London, la TU Delft e il Politecnico di Milano, offrono ai loro laureati una formazione di eccellenza e molte opportunità di carriera. Le prospettive per i neolaureati in questo settore sono eccellenti, grazie alla crescente domanda di soluzioni innovative per affrontare le sfide ambientali globali. Le aziende leader in ambito tecnologico, energetico e di consulenza si contendono questi talenti, offrendo remunerazioni competitive e opportunità di crescita significative. Dopo cinque anni di esperienza, i laureati possono aspettarsi stipendi che riflettono l'importanza cruciale delle loro competenze nel mondo del lavoro odierno.

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https://www.rmix.it/ - La Sostenibilità negli Imballaggi: Produzione e Riciclo dei Porta Uova in Cartone Riciclato Ammortizzante
rMIX: Il Portale del Riciclo nell'Economia Circolare La Sostenibilità negli Imballaggi: Produzione e Riciclo dei Porta Uova in Cartone Riciclato Ammortizzante
Economia circolare

Dalla Raccolta della Carta alla Creazione di Imballaggi Elastici e Resilienti: Tecniche, Additivi e Vantaggi dell’Economia Circolare nell’Industria degli Imballaggidi Marco Arezio Nell'era dell'economia circolare, la sostenibilità è diventata un tema centrale in molte industrie. Tra queste, l'industria degli imballaggi ha visto una significativa innovazione, con un crescente utilizzo di materiali riciclati. Un esempio emblematico di questa tendenza è rappresentato dai porta uova in cartone riciclato ammortizzante. Questi prodotti non solo proteggono le uova durante il trasporto, ma lo fanno in maniera ecologica, riducendo l'impatto ambientale. In questo articolo esploreremo il processo di produzione e riciclo dei porta uova in cartone riciclato ammortizzante, con un focus specifico sugli additivi che rendono il cartone così elastico e resistente agli urti. Produzione dei Porta Uova in Cartone Riciclato Raccolta e Selezione della Carta Riciclata Il primo passo nella produzione dei porta uova in cartone riciclato è la raccolta della carta usata. Questa carta può provenire da varie fonti, come uffici, abitazioni, e aziende che smaltiscono quotidianamente grandi quantità di carta. La raccolta avviene tramite sistemi di raccolta differenziata o centri di riciclaggio dedicati. Una volta recuperata, la carta viene trasportata agli impianti di riciclaggio, dove viene selezionata per eliminare eventuali impurità come plastica, metallo e altri materiali non fibrosi. Pulizia e Frantumazione della Carta La carta selezionata viene quindi pulita per rimuovere inchiostri, adesivi e altre sostanze contaminanti. Questo processo di pulizia può coinvolgere metodi chimici o meccanici, come l'uso di detergenti specifici e acqua calda. Dopo la pulizia, la carta viene frantumata in fibre di cellulosa mediante un processo di macinazione. Questo passaggio è cruciale per ottenere una pasta di carta omogenea e di alta qualità, che costituisce la base per la produzione del cartone riciclato. Formazione del Cartone La pasta di carta viene successivamente diluita con acqua per formare una sospensione fibrosa. Questa sospensione viene versata su una rete di drenaggio dove l'acqua viene rimossa, lasciando le fibre ad unirsi per formare un foglio di carta umida. Il foglio viene poi pressato e asciugato per rimuovere ulteriormente l'acqua, ottenendo così un cartone rigido. È in questa fase che vengono aggiunti gli additivi per migliorare le proprietà ammortizzanti del cartone. Additivi Ammortizzanti Gli additivi utilizzati per rendere il cartone più elastico e resistente agli urti includono una varietà di composti naturali e sintetici. Tra questi, i più comuni sono: Amido: Derivato da mais, patate o tapioca, l'amido viene utilizzato per migliorare la resistenza alla compressione del cartone. Funziona come un legante naturale che conferisce maggiore coesione alle fibre di cellulosa. Lattice di Gomma: Un additivo naturale ottenuto dal lattice degli alberi di gomma. Viene aggiunto alla pasta di carta per aumentare l'elasticità e la resistenza agli urti del cartone. Poliuretano: Un polimero sintetico utilizzato in quantità minime per migliorare le proprietà ammortizzanti. Aiuta a distribuire meglio gli impatti, riducendo il rischio di rottura delle uova. Resine: Utilizzate per migliorare la durabilità del cartone, le resine possono essere sia naturali che sintetiche. Conferiscono al cartone una maggiore resistenza all'umidità e agli agenti atmosferici. Fibre Riciclate: L'aggiunta di fibre di cellulosa più lunghe e resistenti provenienti da materiali riciclati di alta qualità aiuta a migliorare la struttura del cartone, rendendolo più robusto ed elastico. Stampaggio dei Porta Uova Il cartone rigido, ora arricchito con additivi ammortizzanti, viene sottoposto a un processo di stampaggio per assumere la forma dei classici porta uova. Questo processo avviene mediante stampi a caldo o a freddo, che modellano il cartone nelle forme specifiche necessarie per alloggiare e proteggere le uova. Gli stampi possono variare per adattarsi a diversi numeri di uova, da sei a dozzine, e possono includere design aggiuntivi per migliorare la stabilità e la protezione. Riciclo dei Porta Uova in Cartone Raccolta e Trasporto Una volta utilizzati, i porta uova in cartone possono essere riciclati. Il processo di riciclo inizia con la raccolta dei porta uova usati, che possono essere conferiti tramite servizi di raccolta differenziata o portati a centri di riciclaggio. È importante che i porta uova vengano separati da altri rifiuti per garantire un riciclo efficiente e di alta qualità. Pulizia e Riconversione I porta uova raccolti vengono trasportati agli impianti di riciclaggio, dove subiscono un processo simile a quello della carta usata. Vengono puliti per rimuovere eventuali residui di uova o altre contaminazioni, quindi frantumati in fibre di cellulosa. Queste fibre vengono nuovamente trasformate in pasta di carta, che può essere utilizzata per produrre nuovi porta uova o altri prodotti in cartone riciclato. Ciclo Chiuso e Economia Circolare Il riciclo dei porta uova in cartone rappresenta un esempio di ciclo chiuso, un concetto centrale nell'economia circolare. In questo sistema, i materiali vengono continuamente riciclati e riutilizzati, riducendo la necessità di nuove risorse e minimizzando i rifiuti. Ogni volta che un porta uova viene riciclato, le fibre di cellulosa possono essere riutilizzate, mantenendo il valore dei materiali e contribuendo a un sistema più sostenibile. Vantaggi Ambientali ed Economici Riduzione dei Rifiuti Uno dei principali vantaggi dei porta uova in cartone riciclato è la riduzione dei rifiuti. Utilizzando materiali riciclati, si evita l'accumulo di carta e cartone nei siti di discarica, riducendo così l'impatto ambientale. Inoltre, il riciclo dei porta uova consente di riutilizzare le fibre di cellulosa, riducendo la necessità di produrre nuova carta a partire da alberi. Risparmio Energetico La produzione di cartone riciclato richiede meno energia rispetto alla produzione di cartone da materie prime vergini. Questo risparmio energetico contribuisce a ridurre le emissioni di gas serra e l'impatto ambientale complessivo della produzione di imballaggi. Inoltre, il riciclo di carta e cartone è generalmente meno intensivo dal punto di vista energetico rispetto alla produzione di nuovi materiali. Benefici Economici Oltre ai vantaggi ambientali, il riciclo dei porta uova in cartone offre anche benefici economici. Il riciclo crea posti di lavoro nelle industrie di raccolta e riciclaggio, e riduce i costi associati alla gestione dei rifiuti. Inoltre, utilizzando materiali riciclati, le aziende possono ridurre i costi di produzione e migliorare la loro reputazione come imprese sostenibili. Conclusioni La produzione e il riciclo dei porta uova in cartone riciclato ammortizzante rappresentano un esempio significativo di come l'economia circolare possa essere applicata in modo pratico e efficace. Questi porta uova non solo offrono una protezione efficace per le uova, ma lo fanno in modo sostenibile, riducendo i rifiuti e l'uso di risorse naturali. Grazie a tecnologie avanzate e pratiche innovative, l'industria degli imballaggi sta facendo passi avanti verso un futuro più verde e sostenibile, dimostrando che è possibile conciliare efficienza economica e responsabilità ambientale.

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https://www.rmix.it/ - Esiste una relazione tra l’aspirina e la plastica riciclata?
rMIX: Il Portale del Riciclo nell'Economia Circolare Esiste una relazione tra l’aspirina e la plastica riciclata?
Economia circolare

I ricercatori hanno scoperto evidenze tra l'aspirina e la plastica riciclata. Vediamo quali sonodi Marco ArezioUn gruppo di ricercatori ha scoperto che l’idrolisi acida di un polimero vinilico riciclato induce ad una scomposizione chimica in acido salicilico e acido acetico. Questi acidi, debitamente trattati, sono i componenti per l’aspirina. Siamo pervasi ormai ogni giorno da notizie sull’inquinamento della plastica, sulla difficoltà di riciclare tutta quella che viene giornalmente prodotta, sulle difficoltà tecniche del processo di recupero meccanico delle varie tipologie di polimeri che troviamo nei prodotti e vediamo con speranza le nuove forme di riciclo non meccanico che si stanno studiando e testando. Esistono polimeri decisamente difficili da riciclare, dove le tecnologie molecolari di scomposizione dei componenti chimici potranno dare speranze industriali, per risolvere i vari problemi tecnici che comportano una percentuale di riciclo così bassa nel mondo. La via più sbrigativa, secondo alcune scuole di pensiero attuali, sarebbe quella di seguire le ideologie del movimento PlasticFree, che segue l’utopia di vivere senza plastica. Oggi, se ci guardiamo intorno, capiamo che nel breve periodo sembra impossibile sostituire tutti i prodotti plastici con prodotti alternativi che abbiano un costo sostenibile e un impatto ambientale corretto. Sarà sicuramente una strada da seguire quella di evitare la produzione di prodotti plastici usa e getta, in quanto la plastica nasce per durare. Una buona notizia viene dall’Universitàdi Shinshu, dove un ricercatore ha scoperto che l’idrolisi acida di un polimero vinilico porta alla formazione di acido salicilico e acido acetico, componenti di base dell’aspirina, che potrebbero, tramite passaggi chimici, ritornare a trasformarsi i composti in polimeri vinilici. Ma cosa sono i polimeri vinilici? Questi polimeri sono composti da monomeri vinilici, in pratica sono piccole molecole create da un doppio legame carbonio-carbonio e costituiscono la seconda più famosa ed utilizzata famiglia di polimeri. Tuttavia il vinile riciclato è di difficile utilizzo, in quanto instabile e di difficile manipolazione industriale, quindi i ricercatori stanno studiando i meccanismi di varie reazioni chimiche, per capire se forniranno indicazioni per nuove applicazioni sui vinili riciclabili e sulle sue applicazioni su scala industriale.Categoria: notizie - economia circolare - aspirina

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https://www.rmix.it/ - Dal Mare alla Terra: Il Recupero della Posidonia per un Terriccio Organico Sostenibile
rMIX: Il Portale del Riciclo nell'Economia Circolare Dal Mare alla Terra: Il Recupero della Posidonia per un Terriccio Organico Sostenibile
Economia circolare

Un’innovazione green per il recupero della posidonia spiaggiatadi Marco ArezioNel panorama dell’economia circolare e della gestione sostenibile dei rifiuti, il Gruppo Esposito di Lallio (Bg) si distingue per un’iniziativa innovativa: il recupero della posidonia spiaggiata per la produzione di un terriccio organico. Il progetto, denominato “Posidonia Garden”, si svolge nell’impianto di Quartu Sant’Elena, in Sardegna, e mira a trasformare un materiale naturale spesso considerato un rifiuto in una risorsa utile per l’ambiente e l’agricoltura. L'importanza ecologica della posidonia La Posidonia oceanica è una pianta marina fondamentale per gli ecosistemi marini del Mediterraneo. Forma vere e proprie praterie sottomarine che contribuiscono alla produzione di ossigeno, alla protezione della biodiversità e alla stabilizzazione dei fondali. Quando la posidonia giunge a fine ciclo e si deposita sulle spiagge, svolge una funzione protettiva contro l’erosione costiera, ma spesso viene considerata un rifiuto da smaltire. Come funziona il processo di recupero? Il Gruppo Esposito ha sviluppato una tecnologia innovativa che consente di trattare i rifiuti spiaggiati attraverso un processo a due fasi: - Recupero della sabbia: La posidonia spiaggiata viene lavata per separare la sabbia, che viene poi reintegrata negli arenili per contrastare il fenomeno dell’erosione costiera. - Trasformazione in terriccio organico: La posidonia, priva di impurità, viene compostata insieme ad altri materiali organici, creando un substrato fertile utile per l’agricoltura e il giardinaggio. Un progetto sostenuto dalle associazioni ambientaliste Questa innovazione è stata approvata da Legambiente e Mare Vivo, due tra le principali associazioni ambientaliste italiane. Il fondatore del Gruppo Esposito, Ezio Esposito, ha sottolineato come questo progetto rientri perfettamente nell’ottica dell’economia circolare, trasformando un rifiuto naturale in una risorsa preziosa per la coltivazione e il ripristino ambientale. I benefici del terriccio di posidonia L’uso della posidonia per la produzione di terriccio organico offre numerosi vantaggi ambientali ed economici: - Riduzione dei rifiuti: Evita che la posidonia spiaggiata venga smaltita come rifiuto, riducendo i costi e l’impatto ambientale dello smaltimento. - Miglioramento del suolo: Il terriccio ottenuto è ricco di sostanze nutritive e migliora la qualità dei terreni agricoli. - Tutela delle spiagge: Il reinserimento della sabbia negli arenili aiuta a contrastare l’erosione costiera. - Promozione dell’economia circolare: Il progetto rappresenta un modello virtuoso di riutilizzo intelligente delle risorse naturali. Conclusione: un passo avanti verso la sostenibilità L’iniziativa del Gruppo Esposito dimostra come sia possibile trasformare un problema ambientale in un’opportunità. Il recupero della posidonia spiaggiata e la sua conversione in terriccio organico rappresentano un’ottima soluzione per ridurre l’impatto ambientale, favorire la rigenerazione del suolo e contribuire attivamente alla sostenibilità ambientale. Questa innovazione potrebbe aprire la strada ad altri progetti simili lungo le coste italiane, incentivando un approccio sempre più circolare nella gestione dei rifiuti naturali.© Riproduzione Vietata

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https://www.rmix.it/ - Cosa è la Carta da Macero e come si Ricicla
rMIX: Il Portale del Riciclo nell'Economia Circolare Cosa è la Carta da Macero e come si Ricicla
Economia circolare

Il processo di riciclo della carta da macero è indispensabile per ridurre il consumo forestale a scopi industrialidi Marco ArezioLa carta da macero è un elemento essenziale nel ciclo di riciclo della carta, contribuendo alla sostenibilità ambientale e alla riduzione della deforestazione. Esaminiamo da cosa è costituita la carta da macero e il processo di riciclo che la trasforma in un materiale utile e eco-friendly. 1. Composizione della Carta da Macero La carta da macero è principalmente costituita da vecchi prodotti di carta e cartone raccolti attraverso il processo di riciclo. Questi materiali includono giornali, scatole di cartone, carta da ufficio, opuscoli e altri elementi di carta utilizzati quotidianamente. La composizione può variare, ma l'obiettivo è di utilizzare materiale precedentemente prodotto piuttosto che ricorrere a fibre vergini. 2. Raccolta e Separazione La prima fase del riciclo della carta da macero inizia con la sua raccolta. Le aziende specializzate recuperano questi materiali dai rifiuti solidi urbani. Dopo la raccolta, i materiali vengono separati in base alla qualità e alla tipologia. 3. Triturazione e Rottura delle Fibre Dopo la raccolta, i materiali che compongono la carta da macero vengono sottoposti a processi di triturazione e rottura delle fibre. Questo passaggio riduce la carta in piccoli frammenti, creando una polpa grezza che può essere lavorata per formare nuovi fogli di carta. 4. Pulizia e Sbiancamento La polpa ottenuta viene successivamente pulita per rimuovere inchiostri, collanti e altri contaminanti. Il processo di sbiancamento può essere incluso per migliorare la qualità e l'aspetto del prodotto finale. Tecniche ecocompatibili vengono spesso preferite per ridurre l'impatto ambientale. 5. Formazione dei Fogli Dopo la preparazione della polpa, si procede alla formazione dei nuovi fogli di carta. Questo avviene attraverso processi di pressatura e asciugatura, garantendo la creazione di fogli di carta uniformi e di qualità. 6. Formazione di Bobine e Taglio I fogli di carta prodotti vengono quindi avvolti in bobine o tagliati in formati specifici, a seconda delle esigenze del mercato. Questa fase è cruciale per preparare la carta da macero per l'uso in una varietà di applicazioni. 7. Utilizzo e Applicazioni La carta da macero riciclata può essere utilizzata in numerosi settori, tra cui la produzione di carta igienica, cartone ondulato, carta da stampa, e altro ancora. Il suo utilizzo riduce la dipendenza dalle fibre vergini, preservando le risorse naturali e riducendo l'impatto ambientale. 8. Ciclo di Vita Sostenibile La carta da macero completa il suo ciclo di vita sostenibile quando, alla fine della sua utilità, viene di nuovo raccolta e sottoposta al processo di riciclo. Questo ciclo continua, contribuendo a preservare le foreste e a ridurre la produzione di rifiuti. In conclusione, la carta da macero è un componente fondamentale del ciclo di riciclo della carta. Il suo processo di produzione e riciclo gioca un ruolo cruciale nella riduzione dell'impatto ambientale e nella promozione di pratiche sostenibili nell'industria cartaria.

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https://www.rmix.it/ - La plastica non riciclabile nei forni delle cementerie: siamo sicuri?
rMIX: Il Portale del Riciclo nell'Economia Circolare La plastica non riciclabile nei forni delle cementerie: siamo sicuri?
Economia circolare

Se i termovalorizzatori nascono per utilizzare correttamente l’End of Waste, le cementerie lasciano molti dubbidi Marco ArezioNell’ottica dell’economia circolare, lo scarto dei prodotti del riciclo plastico, che per sua composizione chimica non può essere utilizzato, ha una valenza termica come combustibile. Ma se l’End of Waste non può essere riciclato è perché è composto da un mix di scarti plastici che, se bruciati nei forni, determinano l’emissione di sostanze tossiche che non devono essere immesse in atmosfera. Per questo sono nati i termovalorizzatori. Gli impianti di termovalorizzazione sono progettati, costruiti e destinati alla combustione dell’End of Waste, tenendo in considerazione il processo chimico di trasformazione delle varie plastiche sotto l’effetto del calore.  Questo processo comporta la produzione di fumi nei quali sono contenute sostanze pericolose per l’uomo e l’ambiente che, un impianto nato per questo lavoro, gestisce in modo corretto, con l’obbiettivo di abbattere le sostanze dannose. E’ una pratica comune però, destinare una parte dell’End of Waste anche agli impianti di produzione del cemento, che lo utilizza come comburente per i propri forni a prezzi contenuti, ma attraverso impianti che non sono stati progettati specificatamente per lo smaltimento dei rifiuti. Ma cos’è l’End of Waste? Nelle corrette politiche di gestione dei rifiuti urbani ci sono due categorie di scarti che vengono raccolti e trattati in modo diverso e con scopi diversi: I rifiuti organici, che produciamo quotidianamente nell’ambito domestico, che vengono conferiti nei centri di raccolta dei rifiuti differenziati. Questi prodotti vengono trattati per la produzione di biogas, fertilizzante, anidride carbonica per uso anche alimentare ed energia elettrica. I rifiuti urbani, sotto forma di plastiche miste, che vengono selezionati per tipologia di plastica e avviati al riciclo trasformandoli in scaglie, densificati e polimeri. Nell’ambito della selezione delle frazioni di plastica emergono alcune famiglie, le cui caratteristiche non si prestano ad una selezione meccanica come, per esempio, i poli accoppiati, plastiche formate da famiglie di polimeri differenti tra loro ed incompatibili. Quando una plastica, alla fine del suo ciclo non è recuperabile in modo meccanico, può assumere una importante valenza termica creando un materiale comburente, di caratteristiche caloriche decisamente apprezzabili, che aiuta, attraverso il suo utilizzo, a continuare il cammino dell’economia circolare.  Infatti, oltre a non mandare in discarica questa frazione di plastiche miste, che in termini di volume annuo è decisamente importante, possiamo risparmiare l’utilizzo di risorse naturali derivanti dal petrolio. Con l’End of Waste si alimentano oggi principalmente centrali elettriche e cementifici. L’utilizzo di questo rifiuto nelle centrali elettriche ha ridotto la dipendenza anche verso il carbone, carburante fossile con un tenore di inquinamento molto elevato e responsabile di problemi legati alla salute dei cittadini che vivono nelle vicinanze delle centrali. La produzione di energia elettrica, attraverso l’End of Waste, ha permesso di calibrare la progettazione degli impianti rispetto al prodotto che serve come combustibile, creando un’alta efficienza ecologica rispetto ad altri sistemi. Nel nord Europa la produzione di energia attraverso la combustione di rifiuti plastici non riciclabili, risulta un buon compromesso tra risultato tecnico e ambientale. Il secondo ambito di utilizzo del carburante derivato dall’ End of Waste riguarda l’uso nelle cementerie, che lo impiegano per alimentare i forni per la produzione di clinker. Secondo uno studio fatto Agostino di Ciaula, gli impianti per la produzione di clinker/cemento non sarebbero adeguati, dal punto sanitario, ad impiegare questo tipo di rifiuto plastico. In base a queste ricerche, l’impiego dell’End of Waste nei cementifici, in sostituzione di percentuali variabili di combustibili fossili, causa la produzione e l’emissione di metalli pesanti, tossici per l’ambiente e dannosi per la salute umana. Queste sostanze quando emesse nell’ambiente, sono in grado di determinare un aumento del rischio sanitario per i residenti a causa della loro non biodegradabilità (persistenza nell’ambiente), della capacità di trasferirsi con la catena alimentare e di accumularsi progressivamente in tessuti biologici (vegetali, animali, umani). È stato dimostrato che, per alcuni metalli pesanti (soprattutto quelli dotati di maggiore volatilità), il fattore di trasferimento di queste sostanze dal combustibile derivato da rifiuti alle emissioni dell’impianto, è di gran lunga maggiore nel caso dei cementifici, quando confrontati con gli inceneritori classici. Questo valore è significativamente superiore a quello rilevabile in seguito all’utilizzo di End of Waste in impianti progettati per questo scopo (Termovalorizzatori) e, negli stessi cementifici, in misura maggiore rispetto al solo utilizzo di combustibili fossili. Questo impiego è in grado di incrementare le emissioni nell’ambiente di diossine, PCB e altri composti tossici clorurati persistenti con conseguenze negative sulla salute umana. Fattori di trasferimento considerevolmente maggiori per i cementifici sono anche evidenti nel caso del cadmio, sostanza riconosciuta come cancerogeno certo (emissioni percentuali 3.7 volte maggiori nel caso dei cementifici) e del piombo (fattore di trasferimento percentuale 203 volte maggiore nel caso dei cementifici). Nonostante le misure tecnologiche di limitazione delle emissioni adottate dai cementifici, considerato l’elevato volume di fumi emessi da tali impianti, la quantità totale di Hg che raggiungerà l’ambiente sarà, comunque, tale da incrementare in maniera significativa il rischio sanitario dei residenti nei territori limitrofi. Limitando l’analisi al solo mercurio, è stato calcolato che ogni anno in Europa nascono oltre due milioni di bambini con livelli di mercurio oltre il limite considerato “di sicurezza” dall’OMS. Pur tralasciando l’incremento del rischio sanitario da emissione di metalli pesanti cancerogeni presenti nell’End of Waste (arsenico, cadmio, cromo, nichel), problemi altrettanto rilevanti derivano dalla presenza, concessa nel rifiuto stesso, di quantità rilevanti di piombo. Il fattore di trasferimento del piombo, dall’End of Waste alle emissioni, è circa 203 volte maggiore nei cementifici, rispetto agli inceneritori tradizionali, e i valori emissivi sono resi, nel caso dei cementifici, ancora più problematici da un volume medio di fumi emessi, circa cinque volte maggiore nei cementifici rispetto agli inceneritori classici. Anche per il piombo, come per gli altri metalli pesanti, il rispetto dei limiti di legge non è in grado di tutelare adeguatamente l’età pediatrica. L’esposizione a piombo, infatti, come quella da mercurio, inizia durante la vita fetale (in utero) e comporta un accumulo progressivo e irreversibile nell’organismo. Per limitarsi all’assunzione di piombo attraverso l’acqua potabile, secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, l’assunzione di acqua con concentrazioni di piombo pari a soli 5 μg/L comporta un apporto totale di piombo che varia da 3.8 μg/giorno in età pediatrica a 10 μg/giorno per un adulto. Un altro problema riscontrato sono le emissioni di diossina, che anche se contenute all’1% è pur sempre una quantità da considerarsi ad alto rischio per la formazione e la conseguente emissione in atmosfera di diossine, (delle quali il cloro è precursore) e altri composti tossici clorurati, da parte dei cementifici che impieghino la co-combustione dell’End of Waste in sostituzione dei combustibili fossili. Le alte temperature presenti in alcuni punti del ciclo produttivo di questi impianti favoriscono la disgregazione delle diossine. Tuttavia, evidenze scientifiche mostrano con chiarezza come, sebbene le molecole di diossina abbiano un punto di rottura del loro legame a temperature superiori a 850°C, durante le fasi di raffreddamento, (nella parte finale del ciclo produttivo la temperatura scende sino a circa 300°C) esse si riaggregano e si riformano, comparendo di conseguenza nelle emissioni. Rapporti SINTEF e pubblicazioni scientifiche internazionali, documentano la produzione di diossine e di naftaleni policlorurati da parte di cementifici con pratiche di co-combustione e, un recente studio, ha dimostrato quantità considerevoli di diossine nella polvere domestica di case localizzate nei territori limitrofi a cementifici con co-combustione di rifiuti. La Convenzione di Stoccolma richiede la messa in atto di tutte le misure possibili utili a ridurre o eliminare il rilascio nell’ambiente di composti organici clorurati (POPs) e, i cementifici con co-combustione, di rifiuti sono esplicitamente menzionati in essa. Inoltre, anche quando le emissioni di diossine siano quantitativamente contenute, l’utilizzo di combustibile derivato da rifiuti plastici, può generare la produzione e l’emissione di ingenti quantità di PCB (concentrazioni migliaia di volte superiori), composti simili alle diossine in termini di pericolosità ambientale e sanitaria. Le diossine sono composti non biodegradabili, persistenti nell’ambiente con una lunga emivita (che per alcuni congeneri arriva a superare il secolo), trasmissibili con la catena alimentare e, soprattutto, bio-accumulabili.  La Environmental Protection Agency (USA EPA) ha recentemente ricalcolato il livello giornaliero di esposizione a diossine considerato non a rischio per l’organismo umano, che è pari a 0.7pg (0.0007ng) di diossine per Kg di peso corporeo.Categoria: notizie - plastica - economia circolare - rifiuti - termovalorizzatoriApprofondisci l'argomento

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https://www.rmix.it/ - Come riciclare gli scarti bituminosi
rMIX: Il Portale del Riciclo nell'Economia Circolare Come riciclare gli scarti bituminosi
Economia circolare

Incrementare il recupero dell’asfalto e delle guaine bituminose in un’ottica di economia circolare di Marco ArezioNonostante si parli ogni giorno di economia circolare esistono ancora settori, in alcuni paesi, in cui si potrebbe fare molto di più nell’ambito della sostenibilità ambientale. Il campo dei composti bituminosi destinati al riciclo vede luci ed ombre. Il bitume, con cui si realizzano i composti bituminosi come le guaine impermeabilizzanti o l’asfalto, proviene dalla distillazione del petrolio e si presenta sotto forma di liquido di colore nero, viscoso, la cui classificazione è espressa rispetto al grado di penetrazione. Nella moderna produzione troviamo tre tipi di bitume: Distillato Ossidato Soffiato I settori in cui si usano maggiormente i prodotti bituminosi sono l’edilizia, i cui vengono impiegate le guaine bituminose per l’impermeabilizzazione delle strutture e il settore stradale in cui vengono impiegati composti aggreganti per la produzione di asfalto. Come tutti i prodotti, anche i composti bituminosi hanno un ciclo di vita prestabilita, finita la quale vanno rimossi e sostituiti. L’operazione di sostituzione rientra nelle buone procedure dell’economia circolare, attraverso le quali i rifiuti devono essere recuperati per il loro riutilizzo. Per quanto riguarda le guaine bituminose lo scarto deve essere avviato agli impianti di triturazione e selezione e può essere riutilizzato nella formazione di manti stradali, in quanto gli elementi sono compatibili con le miscele d’asfalto. Per quanto riguarda il prodotto risultante dalla fresatura delle pavimentazioni stradali, questo rappresenta per eccellenza l’elemento costitutivo delle miscele per le nuove asfaltature. In realtà, il riciclo degli scarti bituminosi, specialmente quello stradale, gode in Europa di luci ed ombre, con numeri molto differenti tra le nazioni. La Germania, per esempio, riutilizza circa l’84% dello scarto delle pavimentazioni stradali, il Belgio addirittura il 95%, la Francia il 70%, il Regno Unito il 90%, mentre l’Italia solo il 25%, secondo i dati dell’associazione strade e bitume Siteb, portando la media Europea al 60%. I numeri del fresato d’asfalto nel mondo sono davvero importanti, se consideriamo che solo in Germania se ne generano circa 13 milioni di tonnellate all’anno e, la considerazione della qualità di un prodotto per asfaltatura, in paesi come gli Stati Uniti, il Giappone e l’Inghilterra, si misura sul numero di volte in cui si può riutilizzare. Il riciclo e riutilizzo dei composti bituminosi in modo corretto porterebbe a minori importazioni di petrolio, riduzione della circolazione dei mezzi pesanti e riduzioni delle emissioni in atmosfera.Categoria: notizie - bitume - economia circolare - riciclo - rifiuti

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https://www.rmix.it/ - Dalla Raccolta dei Rifiuti all’Economia Circolare nelle Guerre Mondiali
rMIX: Il Portale del Riciclo nell'Economia Circolare Dalla Raccolta dei Rifiuti all’Economia Circolare nelle Guerre Mondiali
Economia circolare

Le necessità di carattere sanitario diventano presto necessità di sostentamento economicodi Marco ArezioLa raccolta dei rifiuti ha una genesi lontana, infatti, se ne parla già nel medioevo come problema che assillava i primi centri urbani nei paesi più evoluti.Ma fu a partire dai primi del XIX secolo che, all’accrescere degli agglomerati cittadini, si organizzarono, specialmente in Inghilterra, i primi centri di selezione manuale indipendenti dei rifiuti urbani. Posti malsani, dove montagne di immondizia di tutte le specie venivano divise, quasi esclusivamente da donne, cercando di recuperare ciò che poteva essere riutilizzato e rivenduto. Una condizione di lavoro, quelle delle donne della spazzatura, estremamente difficile e igienicamente pericolosa che esponeva le lavoratrici a frequenti incidenti o malattie, come ha descritto per la prima volta nel 1900 la ricercatrice Emily Hobhouse, scrivendo un articolo per il giornale l’Economic Journal, in cui raccontava le precarietà lavorative delle donne in questi cantieri lungo le sponde del Tamigi:“Un uomo spala i rifiuti appena portati nel suo setaccio, lei setaccia e poi rapidamente ordina il resto prima che venga lanciata una nuova fornitura. Raggruppati su ogni setaccio una mezza dozzina di cesti sono pronti a ricevere le cernite. Stracci, ossa, spago, sughero, stivali e carta, carbone, vetro e nocciolo duro questi ricettacoli. La polvere vola densa sul viso della donna e la permea vestiti e capelli; ma l'aria aperta è salutare e lei continua a lavorare..” Ma le osservazioni di Emily seguirono ad una diffusa contestazione dei cittadini verso questi luoghi maleodoranti, tanto che durante il 1883 non era insolito leggere, persino sul Times, lettere di cittadini illustri che chiedevano una soluzione a questo problema. Così, intorno al 1890, la rivoluzione industriale portò con sé l’invenzione dei primi inceneritori dei rifiuti che avevano un duplice scopo, quello di distruggere fisicamente i rifiuti non utilizzabili e di portare una sorta di sanificazione tramite il fuoco. A partire dal XX secolo, in Inghilterra, quasi tutte le maggiori città si dotarono di un inceneritore e, i comuni, iniziarono la raccolta dei rifiuti in modo organizzato, portando alla chiusura della maggior parte di cantieri di raccolta indipendenti. L’azione della preselezione dei rifiuti, con lo scopo di recuperare materiali riutilizzabili, divenne sempre meno evidente, in quanto la comodità della distruzione del rifiuto in entrata presso un impianto di incenerimento, creava una sorta di alibi per evitare il costoso lavoro di separazione e stoccaggio dei materiali recuperabili, spinti anche dall’industria che produceva sempre più prodotti nuovi e a costi progressivamente più bassi. A ridosso dell’inizio della prima guerra mondiale il concetto di rifiuto era espresso in un elemento di cui ci si doveva sbarazzare in modo efficiente, in quanto senza valore, ma allo scoppio delle ostilità, l’immenso sforzo bellico aveva bisogno di tutti i materiali utilizzabili o riutilizzabili. Fu così che ingenti quantità di carta, tessuti, stracci, ossa, metalli venivano richiesti dalle industrie che lavoravano per il ministero della guerra, ma l’inefficienza della raccolta a livello municipale faceva sprecare la maggior parte di queste risorse. Alla fine della prima guerra mondiale ci si rese conto dell’importanza di realizzare una raccolta organizzata, finalizzata al recupero di tutti i materiali riciclabili, come segno di aiuto all’economia del paese, creando in Inghilterra un ufficio preposto a questo scopo. Allo scoppio della seconda guerra mondiale, l’Inghilterra non fu colta di sorpresa, in quanto poteva contare su una rete di raccolta nazionale i cui centri di smistamento potevano fornire molti materiali per le necessità belliche. Sotto la guida di H.G. Judd, nel 1939, il suo ufficio impose l’obbligatorietà della raccolta differenziata con lo scopo di recuperare dai rifiuti la maggior quantità possibile di materiali da inserire nuovamente nel ciclo della produzione, questo anche a causa dello stretto embargo posto dai tedeschi via mare e via aerea. Attraverso uno studio del Public Cleansing, del Novembre del 1947 possiamo vedere i materiali raccolti tramite programmi di recupero e riciclo delle autorità locali, nel periodo tra l’ottobre 1939 e il luglio 1947: Materiali in Tonnellate • Carta straccia:     2.141.779 • Metalli di scarto:    1.585.921 • Tessili:      136.193 • Ossa:      68.695 • Rifiuti domestici da cucina:   2.368.485 • Varie (carburante, cenere, vetro, ecc.):  2.546.005 Totali Ton.: 8.896.012Categoria: notizie - plastica - economia circolare - rifiuti - storia 

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https://www.rmix.it/ - Vetro e Plastica non Riciclabili: c’è un’Alternativa alla Discarica?
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Economia circolare

Vetro e Plastica non Riciclabili: c’è un’Alternativa alla Discarica?di Marco ArezioPer quanto possiamo essere virtuosi nella raccolta differenziata del vetro e della plastica, oltre che per gli altri materiali riciclabili, ci sono delle frazioni importanti, in termini quantitativi, che non possono essere riciclate con gli impianti di trattamento dei rifiuti meccanici. In attesa che la tecnologia del riciclo chimico diventi diffusa ed economica il genio umano si sta dando da fare per trovare una strada diversa ai rifiuti di vetro e di plastica, misti a volte a carta e organico, che non possono essere avviati agli impianti di riciclo. La causa di questi rifiuti dei rifiuti può dipendere da una selezione domestica non corretta o dagli imballi composti con materiali non compatibili con il riciclo, per cui una frazione di vetro e di plastica, durante la raccolta, viene scartata per essere avviata alla discarica o, per la plastica, all’incenerimento. Sembrano piccoli numeri ma se consideriamo che, per motivi vari, la percentuale di rifiuti riciclati nel mondo non supera il 10% di quelli prodotti, ci rendiamo conto di quanto possa essere importante ed imminente trovare soluzioni alternative. Un impianto di produzione di conglomerato bituminoso Australiano, oltre alle ricette di bitumi “green” che contemplavano già l’uso di plastica di scarto non riciclabile, ha trovato una soluzione per utilizzare lo scarto del vetro che andrebbe in discarica. L’obbiettivo dell’impianto è utilizzare, a parziale sostituzione della sabbia dei composti bituminosi, la polvere di vetro per creare ricette che abbiamo delle caratteristiche tecniche elevate in un’ottica di sostenibilità ambientale. La produzione utilizza circa 4 milioni di confezioni di vetro di scarto al giorno, producendo 800 tonnellate di sabbia con alte proprietà tecniche evitando lo sversamento in discarica di materiali preziosi. L’impianto di produzione non è in grado solo di riciclare la plastica e il vetro che andrebbero interrate, ma riceve anche lo scarto dell’asfalto esausto che viene fresato e asportato dalle strade, successivamente riciclato in azienda e riformulato con altri materiali di scaro, producendo circa 500.000 tonnellate di asfalto verde ogni anno. Se consideriamo il processo di escavazione della sabbia dalle cave o dai letti dei fiumi per la produzione di asfalti stradali, ci rendiamo conto di quante risorse naturali, carburanti per il trasporto (con una elevata quantità di CO2 emessa) consumiamo ogni anno, che vanno ad incidere negativamente sul consumo della terra e l’aumento dell’impronta carbonica. L’attenzione all’economia circolare da parte degli enti preposti ad assegnare gli appalti per l’asfaltatura delle strade, richiede sempre più miscele bituminose per l’asfalto che contengano una quantità importante di rifiuti trattati, creando nello stesso tempo ricette non solo sostenibili ma anche con performace qualitative migliori.Categoria: notizie - plastica - economia circolare - rifiuti - vetro Vedi maggiori informazioni sul riciclo

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https://www.rmix.it/ - Riciclo dei Tessuti: Confronto tra Metodi Meccanici e Chimici per un Futuro Sostenibile
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Economia circolare

Riciclo Tessile: come ridurre gli sprechi e creare valore con metodi meccanici e chimici per un futuro più sostenibiledi Marco ArezioIl settore tessile è da sempre uno dei pilastri dell’economia globale, alimentato dall’evoluzione di mode, tendenze e dall’aumento della popolazione mondiale. La produzione annua di fibre tessili, che supera ormai i 100 milioni di tonnellate, è accompagnata da una preoccupante crescita dei rifiuti tessili, destinati in grande parte a discariche o inceneritori. Questa dinamica non solo comporta uno spreco di risorse, ma anche una notevole pressione sugli ecosistemi, generando emissioni di gas serra e un consumo elevato di acqua ed energia. In risposta a queste criticità, il concetto di economia circolare ha guadagnato terreno, spingendo imprese, governi e organizzazioni internazionali a promuovere strategie di riduzione, riuso e riciclo dei prodotti tessili. Tra le pratiche più rilevanti, il riciclo dei tessuti riveste un ruolo determinante, consentendo di recuperare materia prima seconda e di limitare l’estrazione di risorse vergini. All’interno di questo processo, si distinguono due principali metodi di riciclo: il riciclo meccanico e il riciclo chimico. Sebbene entrambi rappresentino soluzioni valide per ridurre la quantità di rifiuti tessili, essi presentano sostanziali differenze in termini di costi, impatto ambientale, qualità delle fibre ottenute e versatilità nell’affrontare miscele di materiali. Negli ultimi anni, inoltre, la ricerca sta sviluppando approcci ibridi e innovazioni tecnologiche che mirano a combinare i pregi dei due metodi, superando i rispettivi limiti. Il presente articolo approfondisce i due metodi di riciclo dei tessuti, illustrandone le fasi, discutendone vantaggi e sfide, e delineando possibili prospettive future in ottica di massima sostenibilità. Metodi di Riciclo Meccanico dei Tessuti: Caratteristiche e Applicazioni Il riciclo meccanico consiste in un insieme di processi fisici che puntano a ridurre i tessuti in fibre più corte, da reimpiegare poi per la produzione di nuovi filati o materiali tessili. In questa tipologia di riciclo, la scomposizione del manufatto tessile avviene grazie a macchinari specifici, che sfibrano i tessuti, riducendoli a fiocchi o fibre riciclate. A seguire, le fibre vengono riorganizzate e sottoposte a ulteriori lavorazioni (ad esempio, cardatura) prima di essere filate nuovamente. I passaggi principali sono dunque: Cernita iniziale e selezione: i tessuti vengono suddivisi in base alla tipologia di fibra (cotone, poliestere, lana, ecc.) e al grado di contaminazione (ad esempio, cerniere, bottoni, ecc.). Sfilacciatura: i materiali sono introdotti in macchinari dotati di lame e rulli, che distruggono la struttura tessile originaria per recuperare fibre di lunghezza più breve. Cardatura e pulizia: questa fase serve a eliminare eventuali impurità residue, come filacce e nodi, e a rendere le fibre omogenee. Filatura: se necessario, le fibre vengono filate nuovamente per creare filati, che saranno poi utilizzati in nuovi processi produttivi. Vantaggi del riciclo meccanico Uno dei vantaggi più immediati del riciclo meccanico è la relativa semplicità del processo. Poiché si basa su principi fisici e non richiede reattori chimici o solventi specifici, risulta generalmente meno costoso da implementare rispetto ad altre tecnologie. Questa semplicità intrinseca contribuisce alla diffusione su vasta scala di impianti di riciclo meccanico, specialmente in regioni in cui l’industria tessile è storicamente radicata. Inoltre, il consumo idrico risulta ridotto rispetto ad altre tecniche, data l’assenza di reazioni chimiche complesse. Anche dal punto di vista energetico, il riciclo meccanico può dimostrarsi piuttosto efficiente, benché la resa finale dipenda da vari fattori, tra cui la tipologia di tessuto in ingresso e la purezza delle fibre. Svantaggi del riciclo meccanico Tuttavia, il processo meccanico comporta una riduzione della lunghezza delle fibre, incidendo così sulla qualità del filato finale. Le fibre risultanti tendono a essere meno resistenti e meno morbide rispetto a quelle vergini, limitando le possibili applicazioni dei prodotti ottenuti. Ne deriva che gran parte del materiale derivante dal riciclo meccanico può trovare impiego in applicazioni di fascia medio-bassa, come imbottiture, panni per la pulizia e rivestimenti industriali. Un’altra criticità riguarda la trattabilità dei tessuti misti (ad esempio, cotone-poliestere), i quali richiedono talvolta una fase di separazione molto complicata, se non impossibile. Ciò riduce l’efficienza del processo e può generare ulteriori scarti, rendendo questa soluzione meno vantaggiosa in termini di economia circolare. Nonostante tali limiti, il riciclo meccanico rimane una tecnica consolidata e un componente essenziale di molte strategie di recupero tessile. Metodi di Riciclo Chimico dei Tessuti: Tecnologie e Possibili Innovazioni A differenza del riciclo meccanico, che agisce principalmente su base fisica, il riciclo chimico opera a livello molecolare. L’obiettivo primario è rompere le catene polimeriche delle fibre per poi ricostruirle, ottenendo materiali nuovi con proprietà chimiche e fisiche comparabili a quelle delle fibre vergini. Esistono diversi approcci nel riciclo chimico, in base alla fibra da trattare. Per i tessuti sintetici, come il poliestere (PET), si utilizza spesso la depolimerizzazione, che scompone il polimero nei suoi monomeri originali (acido tereftalico e glicole etilenico). Questi monomeri, una volta purificati, possono essere usati per produrre nuovo PET con prestazioni di alta qualità. Nel caso di fibre cellulosiche naturali, come il cotone, uno dei metodi più studiati è la dissoluzione in solventi specializzati (ad esempio, ossidi amminici) e la successiva rigenerazione della cellulosa. Gli sviluppi più recenti includono l’uso di enzimi specifici, capaci di degradare parzialmente i tessuti in maniera selettiva. Questi processi enzimatici potrebbero permettere un recupero su misura di componenti chimiche, riducendo l’impatto ambientale legato all’utilizzo di reattivi chimici aggressivi. Vantaggi del riciclo chimico Uno dei principali punti di forza del riciclo chimico è la qualità elevata del materiale riciclato. In molti casi, le fibre ottenute possono competere con quelle vergini, sia in termini di resistenza che di altre proprietà meccaniche (es. elasticità). Questo permette di reinserire la materia seconda in un circuito di produzione di alto livello, consentendo persino un “upcycling”, ovvero la creazione di prodotti di maggior valore rispetto a quelli originari. Inoltre, la versatilità del riciclo chimico rende possibili trattamenti specifici per differenti tipologie di fibre, incluse miscele complesse. Nel migliore dei casi, i componenti indesiderati (come coloranti o finissaggi) possono essere eliminati durante il processo, garantendo un output finale più puro. Svantaggi del riciclo chimico Di contro, il riciclo chimico richiede generalmente investimenti notevoli in termini di impianti e conoscenze tecniche. La gestione dei reagenti chimici, la loro rigenerazione e lo smaltimento di eventuali rifiuti di processo possono incidere significativamente sui costi operativi. In aggiunta, se i cicli non sono adeguatamente controllati, c’è il rischio di creare impatti ambientali correlati a emissioni e residui chimici. Dal punto di vista logistico, la realizzazione di impianti di riciclo chimico è più complessa rispetto a quella di impianti meccanici. Ciò implica che tali strutture siano ancora piuttosto limitate a livello geografico, risultando poco accessibili per molti operatori del settore tessile. Tuttavia, la crescente domanda di materiali sostenibili e l’interesse delle aziende più avanzate in fatto di ricerca e sviluppo stanno gradualmente riducendo queste barriere. Vantaggi e Sfide: Confronto tra Riciclo Meccanico e Chimico Il confronto tra i due sistemi di riciclo mette in luce aspetti fondamentali per chiunque operi nella filiera tessile e voglia valutare un approccio di economia circolare. Efficienza e resa Il riciclo meccanico può raggiungere buoni tassi di recupero quando i tessuti in ingresso sono omogenei e puliti, con rese che si attestano attorno al 60-80%. Per il riciclo chimico, si può potenzialmente arrivare a rese superiori al 90%, soprattutto in presenza di singole tipologie di fibre sintetiche come il PET. Tuttavia, la complessità dei materiali da trattare (ad esempio, tessuti fortemente colorati, finissaggi particolari, miscele di fibre) può ridurre la resa effettiva anche nel riciclo chimico. Impatto ambientale Il riciclo meccanico è spesso citato come più semplice e con un impatto ambientale relativamente contenuto, poiché richiede meno energia e risorse chimiche. Al contrario, il riciclo chimico necessita di impianti complessi e di un uso più intensivo di energia, nonché di reagenti talvolta inquinanti o difficili da smaltire. D’altra parte, nelle versioni più avanzate del riciclo chimico, si adottano processi “a ciclo chiuso” in cui i solventi vengono recuperati e riutilizzati, minimizzando il rilascio di sostanze dannose e riducendo notevolmente il consumo di risorse. Qualità del prodotto finale Laddove il riciclo meccanico tenda a produrre fibre di qualità inferiore, utili principalmente per prodotti di fascia medio-bassa, il riciclo chimico può offrire un materiale paragonabile a quello vergine. Ciò si traduce in opportunità commerciali più ampie, e in una maggiore accettazione da parte di marchi e consumatori attenti a standard qualitativi elevati. Barriere e prospettive In entrambi i casi, la disponibilità di rifiuti tessili ben separati e differenziati costituisce un fattore determinante per il successo dell’operazione. Tecnologie di riconoscimento della composizione fibrosa (come scanner NIR, marcatori RFID) e sistemi di raccolta efficaci sono cruciali per fornire ai riciclatori una materia prima adeguata. Le innovazioni tecnologiche stanno già delineando nuove frontiere: il riciclo meccanico potrebbe avvalersi di processi di sfilacciatura meno aggressivi, per mantenere le fibre più lunghe, mentre il riciclo chimico sta sperimentando nuovi solventi “verdi” e reazioni a bassa temperatura per ridurre ulteriormente l’impatto ambientale. Le politiche governative e gli incentivi finanziari, infine, possono contribuire a creare un quadro favorevole per l’adozione su larga scala di entrambi i metodi, promuovendo la nascita di filiere circolari integrate. Prospettive Future e Conclusioni: Verso una Strategia Integrata La transizione verso un’economia circolare nel settore tessile richiede sforzi coordinati tra istituzioni, imprese e centri di ricerca. Sebbene il riciclo meccanico e quello chimico siano spesso presentati come alternative, in realtà possono coesistere e integrarsi efficacemente in un modello ibrido. Le fasi iniziali di smistamento e pretrattamento potrebbero, per esempio, avvalersi di tecniche meccaniche per separare rapidamente le fibre più adatte a essere sfilacciate, mentre altre frazioni più complesse e contaminate potrebbero essere destinate al riciclo chimico, massimizzando in tal modo i volumi di recupero e la qualità complessiva dei materiali rigenerati. In un futuro prossimo, la sfida maggiore sarà ridurre i costi e l’impatto ambientale dei processi chimici, rendendoli competitivi anche per materiali più difficili da trattare. Nel contempo, l’evoluzione dell’automazione e dell’Intelligenza Artificiale sta aprendo strade interessanti per una cernita più precisa e rapida, con conseguente miglioramento delle rese sia nei processi meccanici sia in quelli chimici. Sul fronte normativo, l’Unione Europea ha introdotto obiettivi specifici per la raccolta e la gestione dei rifiuti tessili, con la prospettiva di favorire l’utilizzo di materie prime seconde. Tali azioni mirano a ridurre l’impiego di risorse vergini, promuovendo al contempo l’innovazione industriale e la creazione di nuovi posti di lavoro nel riciclo avanzato. In definitiva, il riciclo dei tessuti costituisce una componente essenziale per abbattere l’impatto ambientale del settore tessile, promuovendo al contempo opportunità economiche e sociali. Il confronto tra riciclo meccanico e chimico mostra come entrambi i metodi abbiano un ruolo chiave e complementare, offrendo soluzioni diversificate per una varietà di materiali e applicazioni. Se accompagnati da politiche lungimiranti, investimenti in ricerca e sviluppo, e una crescente consapevolezza dei consumatori, questi approcci possono davvero traghettare il settore tessile verso un futuro più sostenibile e circolare. © Riproduzione VietataRiferimenti Bibliografici Ellen MacArthur Foundation (2017). A New Textiles Economy: Redesigning Fashion’s Future. Textile Exchange (2021). Preferred Fiber & Materials Market Report. Bartl, A. (2011). Barriers towards achieving a circular economy in textile recycling: A state-of-the-art review. Journal of Cleaner Production, 19(1), 127–134. Chen, J., & Patel, M. K. (2012). Chemical recycling of polyester: A review of life cycle assessments. Resources, Conservation and Recycling, 74, 123–135. Sandin, G., & Peters, G. (2018). Environmental impact of textile reuse and recycling – A review. Journal of Cleaner Production, 184, 353–365. Directive (EU) 2018/851 of the European Parliament and of the Council of 30 May 2018, amending Directive 2008/98/EC on waste.

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La creazione di microplastiche aprendo una bottiglia. Dove vanno a finire? di Marco ArezioTagliare, strappare o svitare involucri di plastica dalle confezioni di cibo o dalle bibite crea un certo quantitativo di microplastiche o nanoplastiche, anche non visibili, che possono finire nei nostri alimenti. Le bibite nelle bottiglie di PET sono così comode che sono diventate così diffuse da non mancare mai nelle nostre case, nelle nostre auto o durante le nostre gite. Si potrebbe dire che hanno una comodità “mortale” perché, se non gestite in modo corretto, diventano non solo rifiuti pericolosi per l’ambiente, ma anche per la salute. Infatti un gruppo di ricercatori dell’Università di Newcastle e dell’Accademia delle Scienze Cinesi, hanno studiato cosa succede dei frammenti che si creano attraverso lo svitamento del tappo in PE dalle bottiglie di PET, o tagliando una confezione di alimenti o strappando una busta contenente biscotti, per esempio. I prodotti da analizzare sono stati pesati, prima e dopo l’apertura, con microbilance elettroniche e si è analizzata, con microscopi a scansione elettronica, la situazione del prodotto e dei residui dopo l’apertura della confezione. Nell’analisi dell’insieme dei dati di un campione misto di confezioni alimentari e di bibite, i ricercatori hanno verificato che il quantitativo di nanoparticelle che si creano ad ogni apertura, può essere indicata tra 10 e 30 manogrammi. Ovviamente questo divario dipende dal tipo di apertura eseguita, in quanto, se viene fatta svitando un tappo od usando una forbice le quantità di frammenti rilasciati saranno inferiori rispetto ad un taglio con un coltello o ad uno strappo. Sono quantitativi preoccupanti? Secondo i ricercatori, non in assoluto, ma le nanoplastiche e le microplastiche che potremmo introdurre nel nostro corpo non vengono solo da queste operazioni, ma anche dalle bevande che beviamo, dai pesci che mangiamo da certi cosmetici e da alcuni abiti con cui entriamo in contatto durante la nostra vita. Cosa succeda esattamente all’organismo umano ingerendo questi frammenti infinitesimali di plastica non è ben definito ad oggi, ma un passo sulla conoscenza del problema è stato fatto quando alcuni studiosi hanno messo in relazione le nanoplastiche con i disturbi cerebrali di alcuni pesci, che sono nella nostra catena alimentare. Ovviamente quello che c’è da ribadire sempre è che non è la plastica la nemica dell’uomo, ma è l’uomo che non ha saputo, o voluto, gestire, nei corretti modi, il riuso della plastica, lasciando che finisse nei mari e subendone poi le drammatiche conseguenze. Di plastica ci si può suicidare se l’essere umano vuole, per estremizzare il concetto in modo astratto, ma mai si potrà morire di essa se si gestiscono i rifiuti secondo le regole dell’economia circolare.Categoria: notizie - plastica - economia circolare  Maggiori informazioni sulle microplastiche negli alimenti

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Il settore del riciclo dei cascami tessili non riesce a fornire ai produttori di capi di abbigliamento sostenibili le quantità richiestedi Marco ArezioSembra un controsenso, ma la realtà è che le case di produzione di indumenti ed accessori per la moda stanno virando il timone, fortemente, verso le materie prime di riciclo e chiedono sempre più rifiuti tessili da riciclare. Per andare incontro alle richieste dei clienti, che vogliono acquistare indumenti ed accessori di moda che possano rispecchiare la loro voglia di ecosostenibilità, si sono studiate linee senza compromessi, con percentuali di materiali riciclati dichiarati e verificabili.Ma il mercato del riciclo è pronto a questa transizione? La risposta potrebbe essere in un dato, abbastanza sconfortante, che indica il tasso di riciclo dei cascami tessili, nel mondo, intorno al 3%, valore molto più basso della vituperata plastica o del vetro o della carta o dei metalli. Questo significa che, nonostante l’industria tessile sia tra quelle con il maggior impatto ambientale, vengono prodotti ogni anno milioni di vestiti che finiscono in discarica o, peggio, bruciati, ad un ritmo medio di un autotreno ogni secondo. In questa percentuale media di riciclo, troviamo i paesi occidentali sopra il tre percento e i paesi del sud est asiatico, dove sono concentrate molte produzioni, sotto questa soglia, con un picco negativo in India che racimola appena l’1,5%. Un grave problema, anche dal punto industriale e dell’immagine delle aziende che vivono di moda, in quanto le richieste dei clienti sono chiare ma la loro soddisfazione resta complicata.Cosa si può fare per incrementare il sistema riciclo? La filiera del riciclo dei cascami tessili è abbastanza arretrata rispetto a quelle sopra citate, come la plastica, il vetro, la carta o i metalli, ed è necessario spingere per recuperare il gap.Tra le principali e più urgenti azioni da compiere possiamo suggerire: - Incrementare la raccolta post consumo dei tessuti usati come avviene per gli altri prodotti da riciclo- Migliorare la raccolta differenziata evitando di inserire i capi vecchi nel sacco del rifiuto indifferenziato che andrà bruciato - A fronte di una domanda in crescita, industrializzare e incrementare i punti di raccolta dei cascami tessili meccanizzando la loro separazione - Incrementare la ricerca chimica e meccanica, in modo da rendere sempre più disponibile ed ampia la gamma di tessuti recuperati - Fare sistema, quindi responsabilizzare chi deve emettere normative sul riciclo dei cascami tessili, migliorare la comunicazione con i cittadini, rendere accattivante e profittevole il settore della raccolta, smistamento e riciclo dei tessuti. Secondo il report di “Circular Fashion Index 2023” di Kearney, che ha preso in considerazione circa 200 imprese del settore prevalentemente della moda e del lusso, vi sono aziende più virtuose di altre, in termini di riciclo dei cascami tessili, comunicazione sulla circolarità relativa al brand, la qualità per la manutenzione del prodotto e la possibilità di offrire una riparazione del capo con lo scopo di allungargli la vita. Inoltre si sono considerati alcuni servizi post vendita come l’offerta di capi usati, il servizio di noleggio e la raccolta del cascame tessile a fine vita del capo. La classifica stilata della Top Ten delle aziende più sostenibili è la seguente: 1. Patagonia 2. Levi’s 3. The North Face 4. OVS 5. Gucci 6. Madewell 7. Coach 8. Esprit 9. LululemonAthletica 10. Lindex

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https://www.rmix.it/ - Riciclo dei Metalli Rari dalle Scorie Industriali: Strategie Avanzate per l'Ottimizzazione dei Processi e la Sostenibilità
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Un Approccio Tecnologico ed Economico alla Gestione delle Risorse Critiche come i Metalli Raridi Marco ArezioIl recupero dei metalli rari dalle scorie industriali è una sfida sempre più centrale per l’industria e la ricerca scientifica. Questi elementi, fondamentali per la produzione di dispositivi elettronici, batterie per veicoli elettrici e tecnologie legate alle energie rinnovabili, sono difficili da estrarre con metodi convenzionali a causa dei costi elevati e dell’impatto ambientale significativo. Per questo motivo, il riciclo da fonti secondarie, come le scorie industriali, si configura come un’opzione strategica sempre più percorribile, sia in termini di sostenibilità che di efficienza economica. La Sfida del Recupero dei Metalli RariUno degli aspetti più complessi del recupero dei metalli rari è la loro dispersione nelle matrici industriali. Spesso si trovano in concentrazioni molto basse e legati chimicamente ad altri elementi, rendendo la loro estrazione e purificazione particolarmente difficoltose. Le scorie industriali, prodotti di scarto derivanti dai processi metallurgici e minerari, rappresentano una risorsa preziosa ma difficile da trattare. La loro variabilità chimica impone lo sviluppo di metodi altamente selettivi e flessibili per garantire un’efficienza di recupero elevata e costi operativi contenuti. Tecnologie Avanzate per il Recupero dei Metalli Rari Negli ultimi anni, sono stati sviluppati diversi approcci tecnologici per ottimizzare il recupero dei metalli rari, migliorando l’efficienza dei processi e riducendo l’impatto ambientale. Tra le metodologie più innovative troviamo: Lisciviazione Selettiva ed Elettrochimica: Questi processi prevedono l’utilizzo di solventi ecocompatibili, come acidi organici, per estrarre selettivamente determinati metalli riducendo la dispersione di altri elementi. L’elettrochimica consente inoltre di ottimizzare il recupero tramite l’uso controllato di correnti elettriche, migliorando la resa complessiva. Separazione mediante Membrane: Tecnologie avanzate di filtrazione che consentono di selezionare i metalli rari con alta precisione, migliorando la purezza del materiale recuperato e riducendo la necessità di processi chimici invasivi. Processi Pirometallurgici Avanzati: Metodi basati su alte temperature che permettono l’estrazione di metalli difficili da isolare con altre tecniche, aumentando l’efficienza del recupero e migliorando la qualità del metallo riciclato. Tecnologie Biotecnologiche: L’utilizzo di microrganismi capaci di dissolvere selettivamente i metalli attraverso processi di bio-lisciviazione rappresenta una delle frontiere più promettenti per il recupero sostenibile. Questi metodi permettono di ridurre l’uso di sostanze chimiche tossiche e abbattere il consumo energetico. Benefici Economici e Ambientali del Riciclo L’adozione di tecnologie avanzate per il recupero dei metalli rari non solo migliora la sostenibilità dei processi produttivi, ma porta anche a notevoli vantaggi economici. Il riciclo consente di ridurre la dipendenza dalle miniere primarie, abbattendo i costi di estrazione e minimizzando le emissioni di CO₂ associate ai processi tradizionali. Inoltre, il recupero da fonti secondarie garantisce una maggiore sicurezza nell’approvvigionamento di materie prime critiche, riducendo la vulnerabilità delle catene produttive globali. Applicazioni Industriali e Sviluppi Futuri L’impiego di metalli rari riciclati sta diventando sempre più diffuso in diversi settori industriali, rappresentando una soluzione chiave per ridurre la dipendenza da materie prime vergini e migliorare la sostenibilità dei processi produttivi. Grazie ai progressi tecnologici nel recupero e nella purificazione di questi elementi, sempre più industrie stanno adottando strategie di riciclo per ottimizzare le proprie risorse. Il settore automobilistico, per esempio, punta sul riutilizzo del neodimio e del disprosio, componenti essenziali nei magneti permanenti dei veicoli elettrici. Nel comparto elettronico, il recupero di materiali come il tantalio e il gallio sta permettendo una riduzione significativa dell’impatto ambientale associato all’estrazione primaria. Anche il settore delle energie rinnovabili beneficia dell’utilizzo di metalli rari riciclati, con il riuso di terre rare nelle turbine eoliche e nei pannelli fotovoltaici. Questi sviluppi non solo rispondono alla crescente domanda di materie prime critiche, ma incentivano anche la creazione di un sistema produttivo più resiliente e circolare. Le prospettive future per il riciclo dei metalli rari includono lo sviluppo di nuove normative e incentivi governativi volti a favorire un’economia circolare basata sul recupero delle risorse. L’introduzione di agevolazioni fiscali e finanziamenti per le aziende che investono in tecnologie di riciclo sta contribuendo a rendere questi processi sempre più economicamente sostenibili. L’innovazione continua e la collaborazione tra istituzioni, industrie e centri di ricerca rappresentano fattori determinanti per il progresso nel settore. Conclusione Il recupero dei metalli rari dalle scorie industriali rappresenta una soluzione chiave per ridurre l’impatto ambientale dell’industria mineraria e per garantire un approvvigionamento più sicuro di materie prime critiche. Grazie alle innovazioni tecnologiche e alla crescente attenzione per l’economia circolare, il riciclo sta diventando un’alternativa sempre più vantaggiosa rispetto all’estrazione primaria. La collaborazione tra istituzioni, aziende e centri di ricerca sarà fondamentale per accelerare questa transizione e rendere il recupero dei metalli rari un pilastro della sostenibilità industriale.© Riproduzione VietataMetallurgia. Principi generaliMetallurgia e materiali non metallici. Teoria e esercizi svolti

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