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rMIX: Il Portale del Riciclo nell'Economia Circolare Produzione, Tipologie e Riciclo delle Fibre di Vetro
Economia circolare

Un prodotto largamente usato nei prodotti più comuni che comporta un riciclo non banaledi Marco ArezioLe fibre di vetro sono diventate un supporto molto utile nella produzione di vari prodotti, nei campi più disparati, come il settore dei tessuti, della nautica e dell’edilizia. Dal punto di vista della circolarità dei prodotti, sia il cascame tessile che gli scarti edili che contengono le fibre, non sono elementi che possono essere riciclati con semplicità come molti altri prodotti. Come si produce la fibra di vetro riciclata La produzione della fibra di vetro riciclata ha la sua origine, principalmente, dai rottami delle bottiglie che provengono dalla raccolta differenziata e dal riciclo dei cascami tessili composti da filature con fibre di vetro. Infatti, la fibra di vetro riciclata può provenire da vari prodotti in fibra di vetro che sono giunti a fine vita utile, come i tessuti, le reti o altri rottami di vetro. Questi rifiuti vengono raccolti e separati da altri materiali non desiderati. I rifiuti di vetro vengono quindi triturati per ridurli in frammenti più piccoli. Questo passaggio aiuta a preparare gli scarti al successivo processo di fusione. I rottami e i cascami di vetro vengono fusi a temperature elevate. Durante la fusione, i frammenti si uniscono e formano un materiale fuso liquido o semiliquido chiamato vetro fuso. Il vetro fuso viene quindi filato per formare filamenti o fibre di vetro riciclata. Questo può essere fatto utilizzando metodi come l'estrazione del filo o la centrifuga. Durante la filatura, i filamenti di fibra di vetro si raffreddano e solidificano, formando fili continui di fibra di vetro riciclata. I filamenti di fibra di vetro riciclata vengono raffreddati e modellati secondo le esigenze specifiche dell'applicazione. Possono essere tagliati in lunghezze desiderate o lavorati in forme specifiche, come mattonelle, pannelli o altri prodotti. Infine, i filamenti di fibra di vetro riciclata possono essere utilizzati per produrre una varietà di prodotti, come isolanti termici, pannelli compositi, materiali da costruzione o altri materiali che richiedono le proprietà della fibra di vetro. Come vengono classificate le fibre di vetro Le fibre di vetro possono avere caratteristiche fisiche e chimiche differenti in base all’impiego per cui sono state progettate, vediamone alcune: Fibre di vetro E Le fibre di vetro E, abbreviazione di "E-Glass" (vetro E), sono le più comuni e ampiamente utilizzate. Sono realizzate principalmente a partire da rottami di bottiglie di vetro e presentano un'elevata resistenza meccanica, un buon isolamento elettrico e termico. Queste fibre sono utilizzate in applicazioni come isolanti termici, rinforzo di materiali compositi, isolamento acustico e nell'industria automobilistica. Fibre di vetro S Le fibre di vetro S, abbreviazione di "S-Glass" (vetro S), sono una variante rinforzata delle fibre di vetro E. Presentano una maggiore resistenza alla trazione, rigidità e resistenza alla corrosione rispetto alle fibre di vetro E. Sono spesso utilizzate in applicazioni che richiedono prestazioni eccezionali in termini di resistenza, come nel settore aerospaziale e nella produzione di attrezzature sportive ad alte prestazioni. Fibre di vetro C Le fibre di vetro C, abbreviazione di "C-Glass" (vetro C), sono ottenute utilizzando rottami di bottiglie di vetro mescolati con carbonato di calcio e altri additivi. Queste fibre presentano un'elevata resistenza chimica e termica, rendendole adatte per applicazioni che richiedono resistenza agli agenti chimici aggressivi e alte temperature, come nel settore chimico e nella produzione di filtri. Fibre di vetro AR Le fibre di vetro AR (Alkali Resistant, resistenti agli alcali) sono utilizzate in applicazioni che richiedono resistenza all'ambiente alcalino, ad esempio in calcestruzzo rinforzato. Le specifiche delle fibre di vetro possono variare a seconda delle necessità dell'applicazione finale, e possono essere personalizzate per fornire proprietà specifiche come la resistenza, la conducibilità termica, la resistenza all'abrasione, ecc. Come si ricicla il tessuto in fibra di vetro Il riciclaggio del tessuto in fibra di vetro può essere un processo complesso e dipende dalla struttura del tessuto stesso e dal suo utilizzo finale. Tuttavia, in generale, il processo di riciclaggio della fibra di vetro può includere i seguenti passaggi: Raccolta Raccogliere i rifiuti di tessuto in fibra di vetro e separarli da altri materiali. È importante assicurarsi che il tessuto in fibra di vetro sia privo di contaminanti come vernici, collanti o altri materiali che potrebbero compromettere il processo di riciclaggio. Triturazione Il tessuto in fibra di vetro viene quindi triturato in frammenti più piccoli, solitamente tramite un mulino o una macchina apposita. Questo passaggio aiuta a rompere il tessuto in fibra di vetro in pezzi più gestibili per il successivo processo di riciclaggio. Separazione Dopo la triturazione, i frammenti di fibra di vetro vengono sottoposti a un processo di separazione. Questo può essere fatto utilizzando metodi meccanici o fisici, come la separazione per densità o tramite l'utilizzo di separatori magnetici. Lo scopo di questo passaggio è separare la fibra di vetro dagli altri materiali presenti nel tessuto, come resine o leganti o materiali metallici. Fusione La fibra di vetro separata viene quindi fusa a temperature elevate. Questo processo di fusione trasforma la fibra di vetro in uno stato liquido o semiliquido. Filatura Dopo la fusione, la fibra di vetro fusa può essere filata in filamenti o fibre sottili. Come si ricicla la rete in fibra di vetro La rete in fibra di vetro è un materiale comune utilizzato in applicazioni come rinforzo strutturale, isolamento, filtri e materiali compositi. Il riciclo della rete in fibra di vetro può essere un processo più complesso rispetto al tessuto in fibra di vetro, ma esistono alcune possibilità di riciclaggio. Di seguito sono riportati alcuni dei passaggi generali coinvolti nel riciclaggio della rete in fibra di vetro: Raccolta Raccogliere le reti in fibra di vetro, assicurandosi che siano prive di contaminanti o di altri materiali che potrebbero compromettere il processo di riciclaggio. Triturazione Le reti in fibra di vetro vengono triturate per ridurle in frammenti più piccoli. Questo processo può essere eseguito utilizzando macchinari specializzati che frammentano la rete in fibra di vetro in pezzi piccoli. Separazione I frammenti di fibra di vetro ottenuti vengono quindi sottoposti a un processo di separazione per rimuovere eventuali contaminanti o materiali non desiderati. Questo può comportare l'utilizzo di metodi fisici o chimici per separare la fibra di vetro da altri materiali presenti nella rete. Fusione Dopo la separazione, la fibra di vetro può essere fusa a temperature elevate. La fusione rende la fibra di vetro liquida o semiliquida, consentendo di trasformarla in nuovi prodotti. Filatura o formatura La fibra di vetro fusa può essere filata in filamenti sottili o utilizzata per la formatura di nuovi prodotti. Quali applicazioni hanno le fibre di vetro riciclate Le fibre di vetro riciclate possono essere utilizzate in una varietà di applicazioni in diversi settori. Alcune delle applicazioni comuni delle fibre di vetro riciclate includono: Le fibre di vetro riciclate possono essere utilizzate come rinforzo in materiali compositi, come plastica rinforzata con fibra di vetro (FRP) o cemento rinforzato con fibra di vetro (GRC). Questi materiali compositi offrono una maggiore resistenza meccanica, leggerezza e durata. Trovano applicazioni nell'industria automobilistica, nel settore edile, nella produzione di attrezzature sportive e in molti altri settori. Le fibre di vetro riciclate possono essere utilizzate per la produzione di materiali isolanti termici ed acustici. Sono impiegate nella fabbricazione di pannelli isolanti per pareti, soffitti e pavimenti, offrendo un'elevata resistenza al calore e al suono. Questi materiali trovano applicazione in edifici residenziali, commerciali e industriali per migliorare l'efficienza energetica e ridurre la trasmissione del suono. Inoltre possono essere filate per produrre tessuti tecnici. Questi tessuti possono avere diverse caratteristiche, come resistenza al calore, isolamento elettrico, resistenza chimica o proprietà ignifughe. Trovano impiego in applicazioni come abbigliamento protettivo, rivestimenti termoisolanti, tende da teatro, filtri industriali e molto altro. Le fibre di vetro riciclate sono utilizzate nella produzione di filtri per l'industria, l'automotive, il trattamento dell'aria e l'industria del gas. Le loro proprietà di resistenza chimica, resistenza termica e capacità di trattenere particelle fini le rendono ideali per la fabbricazione di filtri ad alte prestazioni. Trovano inoltre notevole impiego anche nel campo dei materiali da costruzione, come malte, intonaci, piastrelle e prodotti prefabbricati. Questi materiali migliorano la resistenza, la durata e le proprietà termiche dei prodotti finali. Infine, sono utilizzate in una serie di prodotti industriali come cavi, tubi, condotti, contenitori elettrici e prodotti chimici resistenti. La loro resistenza elettrica, resistenza chimica e resistenza meccanica li rendono adatti a queste applicazioni. L'utilizzo delle fibre di vetro riciclate consente di ridurre la dipendenza dalle materie prime vergini e contribuisce alla riduzione dei rifiuti e all'economia circolare.

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https://www.rmix.it/ - Produzione di Pannelli Laminati in Legno e loro Riciclo
rMIX: Il Portale del Riciclo nell'Economia Circolare Produzione di Pannelli Laminati in Legno e loro Riciclo
Economia circolare

Nonostante i pannelli siano composti da legno riciclato la loro etichetta green stride con le difficoltà del riciclodi Marco ArezioNonostante il pannello laminato sia un prodotto composto da legno di scarto, quindi annoverabile tra i prodotti con una valenza green, in quanto questo processo può contribuire alla riduzione della deforestazione e allo sfruttamento delle risorse naturali, la loro circolarità comporta delle difficoltà molto importanti. Riciclare un pannello in legno laminato è, ancora ad oggi, abbastanza complicato in virtù dei componenti chimici che vengono aggiunti al legno per dare struttura al pannello.Vediamo come vengono prodotti i pannelli in legno laminato La prima fase consiste nella raccolta e nella selezione del legno riciclato. Questo può includere il recupero di legname proveniente da imballaggi, pallet, mobili usati o altre fonti di legno da riciclare. Il legno riciclato viene poi sottoposto a un processo di sgranatura e tritatura, per ridurlo in particelle di dimensioni adeguate. Questo può essere fatto utilizzando attrezzature specializzate, come trituratori o sgranatrici. Successivamente le particelle di legno riciclato vengono combinate con un legante, come resine o adesivi a base di legno, per formare un materiale compatto. Questo miscuglio viene quindi sottoposto a pressatura per formare un pannello laminato di legno. Infine, il pannello laminato di legno viene sottoposto ad un processo di laminazione. Questo implica l'applicazione di uno strato decorativo sulla superficie del pannello, che può essere una finitura in legno, una carta stampata o una pellicola di laminazione. Questo strato conferisce al pannello un aspetto estetico e può fornire protezione aggiuntiva. Per concludere la produzione, il pannello laminato viene tagliato nelle dimensioni desiderate e sottoposto a una fase di rifinitura, che può includere la levigatura, l'applicazione di rivestimenti protettivi o altre operazioni di finitura per migliorarne l'aspetto e la durabilità. Quali sostanze chimiche utilizzate per la produzione Nella produzione di pannelli in legno laminato, vengono utilizzate diverse sostanze chimiche che svolgono ruoli specifici durante il processo di fabbricazione. Le principali sono: Le resine o gli adesivi a base di legno sono essenziali per unire le particelle di legno e formare un pannello compatto. Alcuni esempi di resine comunemente utilizzate sono le resine ureiche, fenoliche o a base di melamina. Queste resine forniscono una forte adesione e contribuiscono alla stabilità e alla durabilità del pannello. I catalizzatori sono utilizzati per accelerare o controllare il processo di indurimento delle resine utilizzate nella laminazione del legno. I catalizzatori possono essere utilizzati in piccole quantità e possono includere sostanze chimiche come l'acetato di ammonio o l'acetato di calcio. Per ottenere l'aspetto desiderato dei pannelli laminati di legno, possono essere aggiunti coloranti o pigmenti alla resina. Questi coloranti possono essere sia organici che inorganici e vengono utilizzati per ottenere una vasta gamma di colori e finiture. In alcuni casi, possono essere aggiunti additivi antifiamma per migliorare la resistenza al fuoco dei pannelli in legno laminato. Gli additivi antifiamma possono ridurre la combustibilità del materiale e proteggere i pannelli da potenziali rischi di incendio. Durante il processo di produzione, possono essere utilizzati lubrificanti o agenti di rilascio per facilitare la lavorazione del legno e la rimozione dei pannelli dalle attrezzature. Questi agenti riducono l'attrito e consentono una migliore manipolazione del materiale. Che impatto ha sull’ambiente la produzione dei pannelli laminati Durante il processo di produzione dei pannelli laminati in legno, l'uso di alcune sostanze chimiche può potenzialmente contribuire all'emissione di inquinanti nell'ambiente. Gli inquinanti prodotti dipendono dalla specifica sostanza chimica utilizzata e dalle pratiche di gestione adottate. Alcuni possibili impatti ambientali associati all'uso di sostanze chimiche nella produzione dei pannelli laminati in legno includono: Emissione di composti organici volatili (COV) Alcune resine utilizzate nella laminazione del legno possono contenere COV che possono essere rilasciati nell'aria durante il processo di produzione. Questi COV possono contribuire all'inquinamento atmosferico e alla formazione di inquinanti atmosferici secondari come l'ozono troposferico. Rifiuti chimici Durante il processo di produzione, possono essere generati rifiuti chimici come scarti di resine, catalizzatori o additivi. La gestione inadeguata di questi rifiuti chimici potrebbe comportare l'inquinamento del suolo o delle acque superficiali se non vengono trattati o smaltiti correttamente. Impatti sull'ecosistema acquatico Se le acque di scarico contenenti sostanze chimiche non vengono trattate adeguatamente, possono essere rilasciate nell'ambiente acquatico, potenzialmente causando impatti negativi sugli organismi acquatici e sull'ecosistema. Alcune sostanze chimiche possono essere tossiche per i pesci, gli organismi acquatici o gli ecosistemi in generale. Consumo di risorse naturali La produzione di sostanze chimiche utilizzate nella produzione dei pannelli laminati in legno può richiedere l'utilizzo di risorse naturali come acqua, energia e materie prime. Il consumo eccessivo di queste risorse può avere un impatto ambientale significativo, inclusa la degradazione delle risorse idriche e l'emissione di gas serra derivante dalla produzione di energia.È importante sottolineare che l'impatto ambientale dipende da vari fattori, tra cui la gestione degli impianti, l'uso di tecnologie di controllo delle emissioni, le pratiche di smaltimento dei rifiuti e l'aderenza alle norme e ai regolamenti ambientali. Le aziende che producono pannelli laminati in legno devono adottare misure per minimizzare gli impatti ambientali, come l'adozione di tecnologie a basso impatto ambientale, il riciclo dei rifiuti e il trattamento adeguato delle acque di scarico. Inoltre, l'implementazione di sistemi di gestione ambientale e il rispetto delle normative ambientali sono fondamentali per ridurre gli impatti negativi sulla salute umana e sull'ambiente.Come si riciclano i pannelli di legno laminato Il riciclo dei pannelli di legno laminato può essere un processo complesso a causa della loro struttura composta da diversi strati di legno e resine. Tuttavia, ci sono alcune possibilità per il riciclaggio dei pannelli di legno laminato. Vediamone alcune: Recupero energeticoI pannelli possono essere utilizzati come combustibile per la produzione di energia termica o elettrica attraverso l'incenerimento controllato in impianti specializzati. Questo processo può contribuire alla produzione di energia rinnovabile. Triturazione e produzione di trucioli I pannelli di legno laminato possono essere triturati per ottenere trucioli di legno che possono essere utilizzati come materia prima per altre industrie, come la produzione di pannelli truciolari o di pannelli di fibra di legno. Rigenerazione dei materiali Alcuni pannelli di legno laminato possono essere sottoposti a processi di separazione e rigenerazione dei materiali. Questo può coinvolgere il recupero delle particelle di legno e il recupero delle resine per essere riutilizzate come materia prima in nuovi processi di produzione. Riutilizzo e riparazione I pannelli di legno laminato possono essere riutilizzati in altri progetti o possono essere riparati e riadattati per un utilizzo continuato. Questo può aiutare a prolungare la vita utile dei pannelli e ridurre la quantità di rifiuti prodotti. Riciclo dei componentiAlcuni componenti dei pannelli di legno laminato, come i rivestimenti di carta o i film di laminazione, possono essere riciclati separatamente. Questi materiali possono essere separati dai pannelli e sottoposti a processi di riciclaggio appropriati. Tuttavia il riciclo dei pannelli di legno laminato può richiedere un processo di smontaggio e separazione dei componenti, che potrebbe essere complesso e richiedere attrezzature specializzate. Inoltre, la disponibilità di impianti di riciclaggio specifici può variare a seconda delle regioni e delle infrastrutture locali. Produzione mondiale di pannelli in legno laminato Attualmente, diverse nazioni producono pannelli in legno laminato, e la produzione può variare nel corso del tempo. La Cina è uno dei principali produttori di pannelli in legno laminato a livello mondiale. Il paese ha una vasta industria del legno e dispone di impianti di produzione ben sviluppati per la produzione di pannelli laminati. Gli Stati Uniti sono una delle principali nazioni produttrici di pannelli in legno laminato. La produzione è concentrata in diverse regioni, tra cui la West Coast e il Sud-est degli Stati Uniti. La Germania è nota per la sua industria del legno altamente sviluppata e ha una significativa produzione di pannelli in legno laminato. Il paese ha una lunga tradizione nella produzione di materiali da costruzione a base di legno. Il Giappone è un altro importante produttore di pannelli in legno laminato. L'industria del legno giapponese è rinomata per la sua attenzione ai dettagli e alla qualità. Il Canada ha una vasta industria forestale e una produzione significativa di pannelli in legno laminato. Il paese è ricco di risorse forestali e ha una lunga tradizione nel settore del legno.

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https://www.rmix.it/ - Piastrelle Smaltate fatte a Mano con Componenti Riciclati
rMIX: Il Portale del Riciclo nell'Economia Circolare Piastrelle Smaltate fatte a Mano con Componenti Riciclati
Economia circolare

La lunga tradizione Italiana delle piastrelle fatte a mano sposa la sostenibilità. Come si producono oggi.  di Marco ArezioLe piastrelle smaltate fatte a mano hanno una lunga storia che risale a molti secoli fa, infatti le prime tracce risalgono all'antica Mesopotamia e all'antico Egitto intorno al 4.000 a.C. In queste civiltà, le piastrelle venivano realizzate utilizzando argilla e smalti a base di minerali come l'ossido di ferro per creare decorazioni su pareti e pavimenti. Durante il periodo islamico, tra l'VIII e il XV secolo, le piastrelle smaltate fatte a mano raggiunsero un grande sviluppo artistico e tecnico. In particolare, l'arte della ceramica islamica in Persia, Spagna e Medio Oriente produsse piastrelle smaltate di straordinaria bellezza e complessità. In Italia, il massimo splendore di quest’arte lo raggiunse nel periodo del rinascimento, a partire dal XV secolo, dove le città di Firenze, Faenza, Deruta e altre località italiane, divennero famose per le loro produzioni di piastrelle smaltate a mano, spesso decorate con disegni ispirati alla pittura rinascimentale. La maiolica italiana e la Delftware olandese divennero, inoltre, stili distintivi di piastrelle smaltate fatte a mano, con motivi decorativi e paesaggi dipinti a mano. Nel tardo XIX secolo e all'inizio del XX secolo, i movimenti artistici dell'Art Nouveau e dell'Art Deco influenzarono la produzione di piastrelle smaltate fatte a mano, diventando più audaci nel design, con motivi geometrici, forme organiche e colori vivaci. Questa tipologia di articoli artigianali sono diventi oggetti d'arte molto apprezzati per la loro bellezza, artigianalità e individualità. Sono utilizzati per decorare pareti, pavimenti, caminetti, bagni e cucine, e sono considerati delle vere e proprie opere d'arte ceramica. Oggi, oltre all’espressione artistica che rappresenta la piastrella, si guarda anche alla loro sostenibilità, infatti, molti artigiani ceramisti utilizzano nelle loro ricette, scarti di lavorazioni precedenti o piastrelle di recupero che provengono da demolizioni e ristrutturazioni. Le fasi di produzione di una piastrella smaltata fatta a mano con elementi riciclati comportano le seguenti fasi: - Raccolta e selezione dei materiali riciclati: vengono raccolti i materiali ceramici riciclati, come piastrelle rotte o scarti di produzione, provenienti da fonti affidabili. Questi materiali vengono successivamente selezionati e separati per rimuovere eventuali impurità come colla o vernice - Triturazione: i materiali ceramici riciclati vengono sottoposti a un processo di triturazione meccanica per ridurli in frammenti più piccoli. La dimensione dei frammenti può variare a seconda dell'applicazione e del tipo di piastrella che si intende produrre. - Preparazione dell'impasto: l'impasto viene preparato utilizzando una miscela di argilla vergine e materiali ceramici riciclati triturati. La proporzione tra argilla e materiali riciclati può essere determinata in base alle caratteristiche desiderate delle piastrelle finali. L'argilla funge da legante per i materiali riciclati. - Miscelazione e omogeneizzazione: gli ingredienti vengono miscelati insieme in un miscelatore meccanico per garantire una distribuzione uniforme dei materiali e ottenere una consistenza omogenea dell'impasto. Durante questa fase, possono essere aggiunti additivi o coloranti, se necessario, per ottenere il risultato desiderato. - Formatura delle piastrelle: l'impasto viene quindi formato in piastrelle attraverso l’azione manuale dell’artigiano piastrellista, facendo attenzione alla planarità, all’omogeneità e alla buona riuscita delle superfici. - Essiccazione: le piastrelle formate vengono trasferite su scaffali o appositi supporti e lasciate asciugare all'aria o in forni appositi. Questo processo di essiccazione rimuove l'umidità e rende le piastrelle pronte per la successiva fase di cottura. - Cottura: le piastrelle essiccate vengono sottoposte a una cottura in forni ceramici ad alta temperatura. La temperatura e il tempo di cottura dipendono dal tipo di argilla utilizzata e dalle specifiche del produttore. Durante la cottura, l'argilla si solidifica e le particelle di materiale ceramico riciclato si fondono insieme per formare le piastrelle. - Smaltatura e decorazione: dopo la cottura, le piastrelle possono essere smaltate e decorate. Questa fase comporta l'applicazione di smalti, colori o decorazioni sulla superficie delle piastrelle. Lo smalto è una miscela di minerali colorati e vetrificanti che conferisce alle piastrelle la loro finitura e colore caratteristici. Per preparare lo smalto, i minerali vengono macinati finemente e mescolati con vetrificanti e altri additivi. Questo processo può essere effettuato in modo manuale o utilizzando apparecchiature specializzate. La smaltatura può avvenire a spruzzo, per immersione o a pennello.    Smaltatura a spruzzo: lo smalto viene spruzzato sulla superficie delle piastrelle utilizzando un'apparecchiatura di spruzzatura. Questo metodo permette una distribuzione uniforme dello smalto ed è adatto per superfici lisce.      Smaltatura a immersione: le piastrelle vengono immerse in una vasca contenente lo smalto liquido. Dopo l'immersione, le piastrelle vengono sollevate e l'eccesso di smalto viene scolato. Questo  metodo è adatto per coprire l'intera superficie delle piastrelle.    Applicazione a pennello: lo smalto viene applicato sulla superficie delle piastrelle utilizzando un pennello. Questo metodo offre maggiore controllo sulla quantità e sulla distribuzione dello smalto, ed è spesso utilizzato per dettagli o decorazioni specifiche.- Asciugatura: dopo l'applicazione dello smalto, le piastrelle vengono lasciate asciugare per un periodo di tempo. La durata dell'asciugatura dipende dal tipo di smalto utilizzato e dalle condizioni ambientali. Durante l'asciugatura, lo smalto si indurisce e forma uno strato solido sulla superficie delle piastrelle. - Seconda cottura: dopo l'asciugatura, le piastrelle vengono sottoposte a una seconda cottura a una temperatura elevata. Durante questa cottura, lo smalto si fonde e si vetrifica, formando uno strato protettivo sulla superficie delle piastrelle. Questa cottura è essenziale per fissare lo smalto e garantire una finitura durevole e resistente. Traduzione automatica. Ci scusiamo per eventuali inesattezze. Articolo originale in Italiano.

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https://www.rmix.it/ - I Brands della Moda Vogliono i Tessuti Riciclati. Ma dove sono?
rMIX: Il Portale del Riciclo nell'Economia Circolare I Brands della Moda Vogliono i Tessuti Riciclati. Ma dove sono?
Economia circolare

Il settore del riciclo dei cascami tessili non riesce a fornire ai produttori di capi di abbigliamento sostenibili le quantità richiestedi Marco ArezioSembra un controsenso, ma la realtà è che le case di produzione di indumenti ed accessori per la moda stanno virando il timone, fortemente, verso le materie prime di riciclo e chiedono sempre più rifiuti tessili da riciclare. Per andare incontro alle richieste dei clienti, che vogliono acquistare indumenti ed accessori di moda che possano rispecchiare la loro voglia di ecosostenibilità, si sono studiate linee senza compromessi, con percentuali di materiali riciclati dichiarati e verificabili.Ma il mercato del riciclo è pronto a questa transizione? La risposta potrebbe essere in un dato, abbastanza sconfortante, che indica il tasso di riciclo dei cascami tessili, nel mondo, intorno al 3%, valore molto più basso della vituperata plastica o del vetro o della carta o dei metalli. Questo significa che, nonostante l’industria tessile sia tra quelle con il maggior impatto ambientale, vengono prodotti ogni anno milioni di vestiti che finiscono in discarica o, peggio, bruciati, ad un ritmo medio di un autotreno ogni secondo. In questa percentuale media di riciclo, troviamo i paesi occidentali sopra il tre percento e i paesi del sud est asiatico, dove sono concentrate molte produzioni, sotto questa soglia, con un picco negativo in India che racimola appena l’1,5%. Un grave problema, anche dal punto industriale e dell’immagine delle aziende che vivono di moda, in quanto le richieste dei clienti sono chiare ma la loro soddisfazione resta complicata.Cosa si può fare per incrementare il sistema riciclo? La filiera del riciclo dei cascami tessili è abbastanza arretrata rispetto a quelle sopra citate, come la plastica, il vetro, la carta o i metalli, ed è necessario spingere per recuperare il gap.Tra le principali e più urgenti azioni da compiere possiamo suggerire: - Incrementare la raccolta post consumo dei tessuti usati come avviene per gli altri prodotti da riciclo- Migliorare la raccolta differenziata evitando di inserire i capi vecchi nel sacco del rifiuto indifferenziato che andrà bruciato - A fronte di una domanda in crescita, industrializzare e incrementare i punti di raccolta dei cascami tessili meccanizzando la loro separazione - Incrementare la ricerca chimica e meccanica, in modo da rendere sempre più disponibile ed ampia la gamma di tessuti recuperati - Fare sistema, quindi responsabilizzare chi deve emettere normative sul riciclo dei cascami tessili, migliorare la comunicazione con i cittadini, rendere accattivante e profittevole il settore della raccolta, smistamento e riciclo dei tessuti. Secondo il report di “Circular Fashion Index 2023” di Kearney, che ha preso in considerazione circa 200 imprese del settore prevalentemente della moda e del lusso, vi sono aziende più virtuose di altre, in termini di riciclo dei cascami tessili, comunicazione sulla circolarità relativa al brand, la qualità per la manutenzione del prodotto e la possibilità di offrire una riparazione del capo con lo scopo di allungargli la vita. Inoltre si sono considerati alcuni servizi post vendita come l’offerta di capi usati, il servizio di noleggio e la raccolta del cascame tessile a fine vita del capo. La classifica stilata della Top Ten delle aziende più sostenibili è la seguente: 1. Patagonia 2. Levi’s 3. The North Face 4. OVS 5. Gucci 6. Madewell 7. Coach 8. Esprit 9. LululemonAthletica 10. Lindex

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https://www.rmix.it/ - Quali Saranno le Previsioni di Crescita della Bioeconomia al 2030?
rMIX: Il Portale del Riciclo nell'Economia Circolare Quali Saranno le Previsioni di Crescita della Bioeconomia al 2030?
Economia circolare

La filiera sostenibile è in crescita ma necessita di supporto e continuitàdi Marco ArezioQuando si parla di performances economiche di un settore, si pensa spesso alle industrie del comparto digitale o farmaceutico o legato alla tecnologia robotica o al settore energetico o a quelle aree di novità tecniche che rivoluzioneranno la nostra vita, come l’intelligenza artificiale. In realtà esistono altri settori, meno conosciuti, che rientrano ultimamente tra quelli di grande interesse strategico per le nazioni e che rispecchieranno trends di crescita molto importanti. Parliamo della bioeconomia, che in Europa conta già un fatturato di circa 2000 miliardi di euro l’anno, occupando più di 22 milioni di addetti in settori come l’agricoltura, la silvicoltura, la pesca, la lavorazione delle biomasse alimentari e quelle industriali. Per biomasse industriali, per esempio, parliamo della produzione di pasta di cellulosa per il mondo della carta, biocomposti chimici, biomateriali e biocombustibili. Un capitolo particolarmente interessante riguarda proprio questa ultima categoria che, rientrando nel campo della bioindustria, è diventata uno dei pilastri primari della bioeconomia Europea, in grado di convertire le biomasse, residuali o coltivate, in un’ampia gamma di prodotti sostenibili che possono sostituire quelli convenzionali. Gli studi indicano le seguenti previsioni di crescita del settore per il 2030: - Il 30% dei composti chimici avrà un’origine bio e riguarderanno la chimica fine e i prodotti di elevato valore aggiunto- Il 25% dell’energia dei trasporti sarà originata dalla biomassa, con particolare incremento dei carburanti sostenibili per il trasporto aereo - Il 30% dell’energia elettrica e termica in Europa deriverà dalla biomassa Inoltre, possiamo citare un mercato in forte espansione per quanto riguarda il settore dei biopolimeri, delle bioplastiche, delle fibre di origine biologica, dei biocompositi e derivati dalla nano-cellulosa. Si genereranno nuovi composti chimici, su base biologica, per il settore della cosmesi, farmaceutico, aereonavale, bioedilizia, dell’agricoltura e del settore automobilistico. Esiste inoltre un fiorente mercato delle macchine per la lavorazione e trasformazione delle biomasse in bioenergia e bioprodotti, che hanno un grande futuro di sviluppo e di occupazione. Ovviamente, un mercato giovane e potenzialmente in crescita si scontrerà con lo spirito conservatore del mercato degli idrocarburi, che cercherà di mantenere le posizioni commerciali incidendo sui prezzi al ribasso. Nella filiera della bioeconomia e della bioindustria il ruolo dei finanziamenti al sistema, attraverso gli incentivi per sostenere la competitività del settore, permettere di industrializzare e rendere sostenibile a livello imprenditoriale il mercato, sarà del tutto strategico. Le bioraffinerie diventeranno competitive quando: - Si potrà creare dei centri di trasformazione che lavorino multiprodotti e che il rifiuto sia di derivazione locale - Si creerà una filiera della raccolta dei rifiuti, in modo da rendere disponibili masse sufficienti per la lavorazione industriale in modo continuativo - I prezzi della cessione dei rifiuti dovranno essere competitivi per poter sostenere la filiera, ma nello stesso tempo essere sostenibili per gli agricoltori - Non creare la competizione nelle aree di coltivazione pregiate adatte alla produzione di cibo con quelle per la biomassa - Il ripristino dei terreni a bassa produttività per l’utilizzo di colture che possano sostenere l’industria della biomassa e, allo stesso tempo, migliorino il bilanciamento della CO2 e l’incremento della biodiversità.

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https://www.rmix.it/ - Trattamento delle Biomasse Legnose per la Produzione di Energia
rMIX: Il Portale del Riciclo nell'Economia Circolare Trattamento delle Biomasse Legnose per la Produzione di Energia
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Il legno di scarto o di selezione forestale deve essere trattato per realizzare un buon apporto energetico. Vediamo comedi Marco ArezioLa superficie forestale Italiana complessiva negli ultimi 80 anni è triplicata e, se consideriamo ambiti temporali più ristretti, per esempio, dal 2005 al 2015, prossimo dire che l’aumento è stato di 53 mila ettari all’anno, a discapito dei pascoli, dei terreni incolti in aree montane e dei terrazzamenti collinari. Se da un lato l’aumento della superficie boschiva può essere visto come un fatto positivo, dall’altro la disposizione in aree montane delle maggior parte delle risorse forestali, unito al progressivo spopolamento delle stesse aree, comporta un problema di gestione e di manutenzione dei boschi. Il taglio selettivo e la pulizia dei residui legnosi nelle aree forestali rimane un’attività importante e necessaria per la vita delle piante e per il riutilizzo degli scarti, che possono essere impiegati in molti settori, come quello del mobile, di cui l’Italia è un attore principale. Inoltre, la filiera delle biomasse legnose destinate alla produzione di energia calorifica, imporrebbe una migliore gestione delle foreste nazionali, potendo ridurre le importazioni di legname destinato a questi scopi dall’estero. Per quanto riguarda la produzione di elementi adatti alla combustione, possiamo approfondire quali processi siano necessari per trasformare uno scarto legnoso in un elemento idoneo a sviluppare energia termica. In questo racconto ci aiuta Davide Pettenella, che ha studiato la filiera forestale Italiana, con lo scopo di analizzare la produzione delle biomasse legnose per la produzione di energia termica. Per liberare e utilizzare l’energia contenuta nei materiali vegetali sono disponibili diverse tecnologie di conversione: alcune di queste costituiscono applicazioni ormai affidabili, economiche, comode e semplici nell’impiego, suscettibili di essere acquisite a livello sia individuale sia collettivo e industriale.Altre, invece, sono ancora in fase di sviluppo, richiedono strutture ad elevata tecnologia e dimensioni industriali per essere economiche, anche se dallo sviluppo di queste ultime dipende un uso esteso in funzione energetica della risorsa biomassa. Nel caso delle biomasse forestali, caratterizzate, tra le altre cose, da contenuti idrici relativa-mente bassi, sono utilizzati soprattutto i processi termo-chimici di conversione energetica (“via secca”), mentre gli altri processi riguardano in modo particolare le biomasse agricole, a più alto contenuto d’umidità (“via umida”). Nella prima parte di questo capitolo saranno presentati i trattamenti necessari per accresce-re ed uniformare la qualità energetica di materiali legnosi, mentre nella seconda parte sa-ranno descritte le tecnologie di conversione vere e proprie. Tecniche di condizionamento I prodotti legnosi potenzialmente utilizzabili per scopi energetici sono caratterizzati da un’e-trema eterogeneità per composizione, misura e forma: si passa, infatti, dalla polvere di legno alla segatura, dai trucioli alle ramaglie e ai tronchi. Al momento di destinarli alla conversione energetica, essi richiedono trattamenti che sono variabili a seconda delle caratteristiche fisico-chimiche del materiale di cui si dispone e del tipo d’impianto che li utilizza. Il fine di queste operazioni è l’ottenimento di un combustibile a più alta qualità energetica e maggiore facilità d’impiego, che renda la dendro-energia il più comparabile possibile agli altri combustibili convenzionali. L’essiccazione e lo stoccaggio Successivamente alle fasi taglio, allestimento ed esbosco, la legna non può essere «convenientemente» utilizzata tal quale a causa dell’elevata percentuale d’umidità; questa può assumere valori molto vari e, mediamente, in una pianta forestale appena tagliata si aggira intorno al 50%. In queste condizioni gran parte dell’energia contenuta nel legno sarebbe utilizzata per liberare l’acqua contenuta, con ovvie considerevoli perdite dell’efficienza di conversione energetica. Una soluzione semplice ed economica per ridurre il tenore idrico del legno da bruciare l’essiccazione per traspirazione (o biologica). Essa consiste in una stagionatura del legno, la cui durata può variare da pochi mesi a più di un anno, in relazione all’andamento climatico stagionale e al tipo di legno; questo, dopo il taglio, è solitamente stoccato in foresta, ai bordi della strada o in prossimità dei luoghi d’utilizzazione, all’aperto oppure al riparo. Ovviamente la perdita d’umidità porta a un aumento del potere calorifico del legno, che raggiunge il valore più alto con contenuti d’umidità tra il 12 e il 15%. Infatti, un contenuto d’umidità del legno eccessivamente basso porterebbe, nella maggior parte degli impianti di combustione oggi disponibili, a una rapida bruciatura e i fumi evacuerebbero velocemente, prima di cedere il calore. A questi valori d’umidità corrisponde anche una migliore stabilità del materiale. In realtà il guadagno non è così macroscopico, se consideriamo che il peso del legno diminuisce durante l’essiccazione; infatti, se, come è giusto che sia, considerassimo la variazione del potere calorifico sullo stesso volume, il guadagno in termini energetici risulterebbe più contenuto. D’altra parte, occorre considerare anche che l’essiccazione del legno porta a una migliore qualità di combustione, a una minore produzione di fumo e catrame, a una minore usura delle apparecchiature e a più alti rendimenti termodinamici. La cippatura Per rendere omogenea la composizione dei materiali legnosi si ricorre alla cippatura, un’operazione meccanica che riduce assortimenti legnosi di diversa misura in scaglie di piccole dimensioni (Chips , da cui il nome). In questo modo è notevolmente agevolata la movimentazione del materiale e l’alimentazione degli impianti. La geometria dei chips varia con le tecniche di taglio, infatti le dimensioni richieste sono in funzione del tipo di impianto e, soprattutto, del suo sistema di alimentazione. Essi hanno una lunghezza che varia da 15 a 50 mm, una larghezza pari a metà e uno spessore pari a 1/5-1/10 della lunghezza (generalmente le dimensioni sono 40x20x3mm). La geometria, la dimensione, la densità sono caratteristiche importanti se i chips sono destinati all’industria del legno; l’omogeneità, invece, è il parametro più importante per i chips destinati alla combustione. La presenza di chips di dimensioni disomogenee provoca spesso fastidiosi bloccaggi dei sistemi d’alimentazione degli impianti automatici. L’omogeneità del materiale può essere ottenuta con la calibratura tramite vagli. Un tenore di umidità del legno superiore al 40% può causare problemi al funzionamento della cippatrice: dopo il taglio si richiede, pertanto, uno stazionamento del materiale sul posto ai bordi della strada o in piazzale. In ogni caso l’umidità del legno non deve scendere a valori inferiori al 25%. Lo stoccaggio dei chips pone dei problemi per l’essiccazione, poiché possono intervenire deterioramenti e perdita di materiale a causa dei processi di respirazione e di fermentazione microbiologica, tanto più intensi quanto più è profonda la pila di ammasso, l’umidità del combustibile e la temperatura esterna (gli stessi processi di respirazione e fermentazione, d’altro canto, aumentando la temperatura e favoriscono l’evaporazione dell’acqua contenuta nei chips). Sul mercato italiano esistono delle cippatrici di varia potenza fino a 15 MW, in grado di la-vorare legname di varie dimensioni (con capacità di lavoro variabili da qualche tonnellata fino a qualche decina di tonnellate l’ora), sia automotrici sia portate da trattrici agricole. Le prime sono in grado di lavorare legname di ogni tipo di specie, fino a un diametro di 30 cm. e hanno dei costi elevati di investimento e di esercizio (l’affitto costa circa 150 Euro per un’ora di funzionamento), ma hanno il vantaggio di notevoli capacità di lavoro e basso impiego di manodopera. Le cippatrici portate ai tre punti della trattrice hanno costi d’investimento contenuti e costi di esercizio relativamente bassi, ma richiedono alimentazione manuale e offrono basse capacità di lavoro. Esse si distinguono per il sistema di taglio: questo può essere a disco o a tamburo. Il primo, in genere usato nelle cippatrici portate di piccole potenze, presenta l’inconveniente di produrre delle code di cippatura che bloccano la vite senza fine dell’impianto di alimentazione delle caldaie, ma in compenso ha costi di investimento ragionevoli, semplicità d’uso, manutenzione relativamente facile, potenze richieste meno elevate. Il secondo sistema di taglio è più diffuso nelle macchine automotrici di potenza più elevata. La densificazione Ai differenti livelli industriali della filiera del legno, sono prodotte ingenti quote di residui legnosi di piccola granulometria (trucioli, segatura, polvere di legno, ecc.) che non trovano una facile utilizzazione e, talvolta, pongono problemi di smaltimento. La densificazione di questi materiali permette di ottenere un combustibile denso, in forma di cubetti, pellets (piccoli cilindri di 8-10 mm di diametro e 20-30 mm di lunghezza) e bricchette (a forma di saponetta o di cilindro con lunghezza tra 50 e 300 mm), utilizzabile all’interno del processo produttivo o vendibili ad altri utilizzatori. I prodotti densificati sono caratterizzati da elevata densità energetica, stabilità e uniformità delle dimensioni, bassa percentuale d’umidità. Essi, di conseguenza, hanno minori costi di trasporto e una maggiore facilità di immagazzinamento e uso, miglior controllo e maggiore efficienza di combustione. La densità dei prodotti densificati varia da 0,9 a 1,4 g/cm3, mentre la loro umidità può variare entro range molto estesi (generalmente dal 5% al 10%). Il processo di produzione si articola in tre fasi: stoccaggio e preparazione del materiale, essiccazione, densificazione. Inizialmente il legno è separato dalle impurità, ridotto in dimensioni più piccole e uniformi e stoccato su piattaforme; da qui è trasportato all’interno di forni di essiccazione, dove l’umidità è ridotta a valori intorno al 10%. Avviene quindi la densificazione del materiale per compressione (pressa a vite o a pistone) o estrusione. Le macchine che lavorano per estrusione riscaldano il materiale, provocando, dopo il raffreddamento, la formazione di una pellicola protettrice di lignina che si oppone ad un ritorno di umidità. La qualità del prodotto e il costo energetico richiesto (mediamente il 20% dell’energia contenuta nel materiale da densificare) dipendono dalle caratteristiche chimico-fisiche del materiale grezzo e dal tipo di processo impiegato. Altre tecniche di condizionamento Tra i prodotti di condizionamento vanno citati il legno torrefatto, (una forma energetica inter-media tra il legno e il carbone, con potere calorifico superiore a 5000 kcal/h, ottenuto per trattamento del legno a temperature di circa 300 gradi, più stabile e più omogeneo del materiale di partenza e che crea minori problemi di stoccaggio e trasporto) e la miscela segatura-combustibile. L’impiego di questi prodotti risponde, tuttavia, piuttosto a esigenze di smaltimento di residui di lavorazione che a necessità di valorizzazione energetica.

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https://www.rmix.it/ - Spunbond Sostenibile: Polipropilene Riciclato ed Energia Rinnovabile 100%
rMIX: Il Portale del Riciclo nell'Economia Circolare Spunbond Sostenibile: Polipropilene Riciclato ed Energia Rinnovabile 100%
Economia circolare

Qualità tecnica dei tessuti non tessuti, campi di applicazione, circolarità delle materie prime ed impronta carbonica ridottadi Marco ArezioLo spunbond dell’azienda di cui parliamo oggi, è un tessuto non tessuto in polipropilene riciclato che viene realizzato utilizzando, in produzione, solo energia rinnovabile. Lo Spunbond in PP è un materiale leggero ma incredibilmente resistente, appartenente al gruppo dei tessuti sintetici, oggi anche riciclati, omogeneo e sulla superficie è visibile un debole effetto geometrico. Questo tipo di tessuto non tessuto in polipropilene è impiegato in moltissimi campi applicativi, come quello dell’edilizia, dell’automotive, dei tessuti commerciali, dei mobili, dei materassi, nell’agricoltura, nell’industria, nel settore sanitario e in molti altri casi. Ma come si produce un tessuto non tessuto in polipropilene riciclato attraverso la tecnica dello spunbond? Rispetto alla filiera di produzione di un tessuto non tessuto in PP vergine attraverso la tecnica dello spunbond, volendo produrre un prodotto riciclato, si dovrà partire dalla raccolta degli scarti di produzione o di altri canali che forniscono il tessuto non tessuto in PP a fibre. Gli scarti dei tessuti non tessuti verranno macinati, in dimensioni sufficientemente piccole da permettere un lavaggio del materiale, se questo fosse necessario, e successivamente densificati per aumentare il peso del materiale riciclato che dovrà essere lavorato nell’estrusore. Se utilizzeremo esclusivamente scarti da lavorazioni industriali, sarà possibile evitare il lavaggio del materiale in quanto il suo ciclo di vita non ha avuto contaminazioni esterne. Utilizzando la tecnologia termica di estrusione, lo scarto dei tessuti non tessuti in PP viene fuso e, attraverso un processo di filatura, si realizzano le fibre di PP che daranno vita al nuovo materiale. Successivamente le fibre, disposte in maniera casuale su un trasportatore, verranno riscaldate per calandratura realizzando un unico velo continuo. Il tessuto non tessuto prodotto con la tecnica dello spunbond ha notevoli vantaggi tecnici, in quanto ha una grande resistenza a trazione longitudinale e trasversale, è permeabile all’acqua, al vapore e all’aria, resiste agli acidi, è anallergico, non irritante e adattabile ai diversi settori di applicazione. La novità che la Radici Group, produttore dello spunbond con materiali riciclati, vuole sottolineare non è solo quella di aver studiato e industrializzato un tessuto non tessuto con in polipropilene di recupero, in percentuali differenti in base alla tipologia di prodotto da realizzare, ma che questa produzione venga fatta utilizzando al 100% energia proveniente da fonti rinnovabili. L’azienda ha dimostrato che una percentuale variabile di materiale riciclato dal 50 al 70%, porta una riduzione delle emissioni di CO2 dal 30 al 40% circa, rispetto a un tessuto realizzato a partire completamente da materiali vergini, senza compromessi sulle performance tecniche che restano elevate. Inoltre Radici Group, avendo aderito allo schema ISCC PLUS (International Sustainability and Carbon Certification), può proporre non tessuti spunbond e meltbown realizzati in polipropilene bio, bio-circolare o circolare, dove il materiale sostenibile è allocato tramite bilancio di massa. Si tratta di una certificazione che fornisce tracciabilità lungo la filiera, verificando che le aziende certificate soddisfino elevati standard ambientali e sociali. Il fatto che il tessuto non tessuto venga realizzato con scarti di PP riciclato non impatta negativamente nemmeno nel segmento del colore, anzi, Radici Group può offrire un’ampia cartella colori per il cliente, inoltre è possibile realizzare colori "tailor made", per soddisfare le necessità produttive.

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https://www.rmix.it/ - Mobilità Elettrica: Poca Lungimiranza sulle Materie Prime e il Loro Riciclo
rMIX: Il Portale del Riciclo nell'Economia Circolare Mobilità Elettrica: Poca Lungimiranza sulle Materie Prime e il Loro Riciclo
Economia circolare

Abbiamo imposto un modello di mobilità a batteria senza preoccuparci troppo della filiera pre e post venditadi Marco ArezioNon c’è dubbio che fa piacere sentire che la comunità internazionale si sta muovendo per favorire la riduzione delle particelle inquinanti e dalla CO2, prodotte dai motori endotermici ogni anno. A chi non farebbe piacere la diminuzione dello smog, dei rumori e il miglioramento della salute collettiva, duramente attaccata dall’inquinamento che macchine, autotreni, corriere producono costantemente? Si, tutto bello, ma spostare un comparto come quello della mobilità, così funzionale e strategico, dai motori termici a quelli a batteria, non deve essere solo una bella operazione di facciata, ma comporterebbe anche la soluzione di alcune fondamentali problematiche, legate all’approvvigionamento delle materie prime per produrre le batterie e il riciclo di quelle esauste, anche per ricavarne materiali riciclati da reimpiegare nella produzione. La Comunità Europea ha fissato degli obbiettivi molto ambiziosi per quanto riguarda il riciclo delle materie prime critiche che si trovano all’interno delle batterie, come il litio, la grafite, il nichel e il cobalto. Questo valore è stato stabilito nel 15% di materiale riciclato che dovrà essere impiegato per produrre una batteria nuova. Tuttavia, oggi, il riciclo delle batterie in Europa è al palo, in quanto la maggior parte di quelle esauste vengono spedite in Cina e in Corea del Sud, creando una doppia dipendenza verso questi paesi. Infatti, lo siamo per le materie prime vergini e, non riciclando quelle che sono all’interno delle batterie esauste, non possiamo disporre di composti strategici già pagati alla fonte. È facile quindi intuire che nei prossimi anni la pressione del mercato verso le nuove batterie farà aumentare in modo esponenziale la richiesta e, di conseguenza, il prezzo delle stesse potrebbe salire in modo spropositato, anche perché le materie prime che le compongono subiscono un controllo strategico da parte di alcune nazioni come la Cina. La Comunità Europea si sta muovendo per imporre un tasso di riciclo dei componenti delle batterie pari al 73% entro il 2030 ma, i tempi sono stretti e le criticità da affrontare molte. All’interno delle batterie ci sono alcuni materiali più critici di altri, vediamo perché: - Il litio è un componente fondamentale ed incide sul costo attuale della batteria per circa il 30-40%, con una domanda in continua crescita la necessità di litio potrebbe triplicare entro il 2030. Di contro, il tasso di riciclo Europeo resta, ad oggi, estremamente basso. I maggiori riciclatori Europei sono i Tedeschi, come la Accurec, la Duesenfeld, Redux, i Francesi come la Snam, la Eramet, e i Finlandesi come la Akkuser, ma la massima efficienza sul riciclo del litio è raggiunta in Cina con corca il 90% della materia prima riciclabile in ingresso.- La grafite, che costituisce circa il 50% di materiale in una batteria, dovrebbe aumentare di prezzo di circa 14 volte entro il 2050, anche perché l’unione Europea, attualmente, non ha un mercato strutturato per il suo riciclo. Inoltre, la grafite che viene utilizzata per la produzione delle batterie attualmente proviene, principalmente, dalla Cina, quindi la creazione di un mercato del riciclo Europeo permetterebbe una migliore l’indipendenza sugli approvvigionamenti.

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https://www.rmix.it/ - Il Packaging del Vino Francese Vira sulle Bottiglie in rPET?
rMIX: Il Portale del Riciclo nell'Economia Circolare Il Packaging del Vino Francese Vira sulle Bottiglie in rPET?
Economia circolare

Un accordo storico tra due società per aiutare il settore vitivinicolo Francese ad affrontare la mancanza di vetroIl vino ha provato in passato ad uscire dalle solite bottiglie in vetro da 75 cc., entrando nel cartone per esempio, ma con risultati non eccelsi. Un imballo troppo diverso, anche visivamente, che non è piaciuto ai degustatori del nettare degli Dei, sollevando anche alcuni dubbi sulla qualità e durata del vino all’interno di questo packaging in cartone. Ora la Francia, famosa nazione per quantità e qualità del vino, vive la difficoltà nel reperire il vetro per le bottiglie tradizionali e, anche a causa dei costi saliti alle stelle, si è domandata come poter risolvere il problema. Così, due società specializzate nel packaging per il settore vitivinicolo e nelle soluzioni sostenibili per l’industria dell’imbottigliamento, hanno unito i loro sforzi per andare incontro alle aziende agricole Francesi che producono vino. La collaborazione tra Vinventios, azienda specializzata nella produzione di chiusure sostenibili per bottiglie, inserita nella filiera della produzione del vino in molti paesi del mondo e Packamama, azienda specializzata nella produzione di bottiglie per il vino in rPET, ha dato i suoi frutti sul mercato Francese. Le nuove bottiglie in rPET andranno a sostituire le classiche cilindriche in vetro, che tutti conosciamo, apportando, non solo una novità stilistica nella bottiglia, in quanto ovalizzata e non cilindrica, ma anche un messaggio forte dal punto di vista ambientale, utilizzando l’rPET, riciclato al 100%, che secondo Packamama, aiuterà le cantine ad abbattere la loro impronta di CO2. Inoltre, il PET riciclato per alimenti è certificato in Europa e negli USA, non reagisce ai cibi e alle bevande, non ha alcun impatto sul gusto ed è privo di PBA. Il vantaggio della bottiglia riciclata in rPET non è solo espresso nel miglioramento del marketing dell’imballo e nel vantaggio ambientale, passando dal vetro alla plastica, ma ha anche un grande vantaggio economico nei trasporti e, quindi, nel risparmio di costi e di carburante bruciato per la logistica. Infatti, secondo Packamama, la bottiglia in rPET, del tutto simile a quella in vetro, anche nel colore, pesa solo 63 gr. che corrisponde all’87% in meno di una di vetro, con risvolti evidenti sull’impronta carbonica nella logistica. Secondo Packamama la Francia sta vivendo una serie di coincidenze negative nel settore del vino, come la mancanza di bottiglie in vetro, i loro prezzi molto più altri che in passato e la disaffezione al vino da parte delle generazioni più giovani. Con la nuova bottiglia in rPET i prezzi del packaging saranno più competitivi, più stabili, il prodotto più sostenibile e più innovativo, andando incontro anche alle esigenze rivendicate dai giovani in termini di tutela ambientale. La carenza di bottiglie in vetro, che ha afflitto la Francia negli ultimi anni, è stata innescata dal fermo dei forni a causa del Covid 19, ma è poi proseguita per la ridotta produzione generale, anche a seguito del costo improponibile, per alcune aziende, dell’energia. Resiste, tuttavia, un certo disappunto da parte dei consumatori di vino meno giovani al cambio del vetro come materia prima per le bottiglie, essendo convinti che il vetro sia, nel suo complesso, più sostenibile e circolare della plastica.

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https://www.rmix.it/ - Il Riciclo dei Tappeti e della Moquette: A che punto Siamo?
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Due famiglie di rifiuti ancora di difficile riciclo che continuano a riempire le discariche in tutto il mondodi Marco ArezioIl riciclo dei tappeti e delle moquette rimane un punto non risolto nell’agenda della circolarità dei prodotti, infatti, se guardiamo freddamente i numeri, rappresentati dalle tonnellate di prodotto che vengono portati in discarica rispetto a quelli che vengono riciclati o recuperati, possiamo dire che i conti non tornano. Se vogliamo parlare di tonnellate di rifiuto, secondo la Comunità Europea, in un anno vengono avviate alla discarica o all’incenerimento circa 1,6 milioni di tonnellate rappresentati da tappeti e moquette. Questo significa una quota rilevante di rifiuti che non viene minimamente riciclata per via della loro complicata composizione, fatta di polimeri, lana, carbonato di calcio e additivi chimici, che rappresentano, nell’insieme, una barriera al riciclo meccanico tradizionale. Infatti, i sistemi di riciclo dei rifiuti che rappresentano queste due famiglie di prodotti sono:- chimico, come illustrato nell’articolo “La Moquette si può riciclare grazie alla tecnologia molecolare”, - la produzione di energia tramite l’incenerimento, quindi l’utilizzo dei rifiuti infiammabili come propellente - il riusoSe il riciclo chimico non ha ancora raggiunto una diffusione importante, anche a causa dei costi per la produzione di nuovi polimeri, attraverso la scomposizione degli elementi costituenti i tappeti e le moquettes, la scelta dell’uso di questi rifiuti per produrre energia termica da impiegare, per esempio, nei forni delle cementerie, sembra una scelta apparentemente obbligata, visto che il riciclo meccanico non è in grado di fare la sua parte. Ma. in realtà, in alcuni paesi come l’Inghilterra, si è sviluppata da alcuni anni una terza strada che permette il riciclo di questi scarti complicati, attraverso il loro riuso sotto forma di prodotti nuovi in modo che non finiscano più in discarica o all’incenerimento. La moquette e i tappeti avviati al riuso vengono puliti, separati e ridotti in piastrelle di diverse dimensioni adatte al loro riutilizzo come pavimentazioni, feltri o accoppiati ad altri materiali fono-isolanti. In Inghilterra è nata l’associazione Carpet Recycling UK (CRUK), di cui fanno parte alcuni produttori di moquette e di tappeti, alcuni riciclatori ed esperti del riciclo, con lo scopo di migliorare la circolarità della filiera. Ma anche negli Stati Uniti qualche cosa si sta muovendo, infatti, lo stato della California ha implementato una legge sulla responsabilità del produttore di tappeti e, a partire dal 2026, lo stato di New York richiede ai produttori di istituire un programma per la raccolta e il riciclaggio dei tappeti scartati e inutilizzati. In termini quantitativi stiamo parlando di numeri ancora contenuti, considerando che nel settore tessile i rifiuti che vengono generati ogni anno hanno un tasso di riciclo molto basso, intorno al 13%, e di questi il loro riutilizzo, per ora, vede un riuso di bassa qualità, come stracci, imbottiture o isolanti. Inoltre la circolarità espressa dal sistema tessile vede un ampio uso di polimeri riciclati che non derivano dalla propria filiera, come per esempio il poliestere che deriva dal riciclo delle bottiglie dell’acqua e delle bibite, bottiglie che sono sempre più necessarie per la produzione del packaging riciclato. Questa abitudine di dichiarare circolare un prodotto tessile per via della sua produzione con materiali riciclati, anche se non provengono dal settore tessile, è un elemento fuorviante e che non aiuta alla circolarità della filiera.

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https://www.rmix.it/ - Quale è la Posizione dell’Unione Europea sul Fenomeno del Greenwashing?
rMIX: Il Portale del Riciclo nell'Economia Circolare Quale è la Posizione dell’Unione Europea sul Fenomeno del Greenwashing?
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Un’attività di marketing del tutto deplorevole ed ingannevole che ha mosso anche i vertici Europeidi Marco ArezioSecondo l’Unione Europea circa il 40% della comunicazione verso i consumatori, che sia fatta attraverso la pubblicità diretta che attraverso le informazioni sugli imballi dei prodotti, è spesso priva di fondamento e facilmente ingannevole verso le scelte di acquisto. Siamo circondati da parole come “verde”, “green”, “ecosostenibile”, “bio”, “riciclabile”, “rispettoso dell’ambiente” e via dicendo, ma dietro queste parole si cela davvero un prodotto all’altezza di quanto dichiarato? Sembrerebbe che spesso non lo sia, tant’è vero che il Parlamento Europeo darà indicazioni agli stati membri di adottare delle azioni dissuasive verso questo fenomeno, imponendo sanzioni al fine di non alterare il mercato. L’obbiettivo della proposta di legge è quello di aiutare i consumatori a fare scelte consapevoli e ridurre la concorrenza sleale, tra le aziende che producono prodotti ecocompatibili, da quelle che non lo fanno ma lo dicono. Infatti, i consumatori nella maggior parte dei casi, non dispongono di informazioni corrette quando acquistano un prodotto, in quanto le etichette non sempre rispecchiano le indicazioni reali del contenuto, ma quello che il consumatore vorrebbe ci fosse all’interno. Una sottile strategia di marketing che tende a dare ai clienti ciò che desiderano senza, per altro, fare nulla dal punto di vista industriale per realizzare ciò che si scrive sugli imballi, creandosi delle scorciatoie con pochi sforzi. L’Unione Europea pensa di istituire un controllo indipendente, fatto da enti terzi, che possano verificare ciò che le imprese dichiarano sui loro prodotti, per evitare, ed eventualmente sanzionare, con interventi efficaci, proporzionati e dissuasivi, chi fa dichiarazioni ecologiche quando in realtà non lo sono. Le sanzioni dovrebbero essere stabilite sulla base di criteri comuni, considerando "la natura e la gravità dell'infrazione", nonché "i benefici economici che ne derivano" e il potenziale danno ambientale causato. Il ruolo dell’autorità di vigilanza, in fatto di commercio ed ambiente, è sempre più importante per dare, sia ai consumatori la giusta protezione che si meritano, sia alle imprese un corretto mercato, con una competizione onesta ed equivalente per tutti i paesi dell’Unione Europea. Bisogna però considerare che tra la proposta e l’entrata in vigore di una legge Europea passerà ancora del tempo, in quanto, attualmente, nel mercato comune ci sono circa 200 attestati o marchi di “qualità ecologica”, ognuno dei quali nasce da legislazioni nazionali e si basa su metodologie di controllo differenti paese per paese. Gran parte del dibattito è incentrato sulla metodologia Product Environmental Footprint (PEF), che la Commissione Europea vuole estendere gradualmente a una gamma sempre più ampia di prodotti, dando una sorta di patente agli stessi, seguendoli dalla loro nascita fino alla loro fine. L’utilizzo della metodologia PEF ha creato dei malumori tra i produttori di alcuni settori, in quanto sembrerebbe che non tenga in considerazione tutti gli aspetti produttivi e commerciali relativi alla sostenibilità. Infatti, per quanto riguarda gli imballaggi, ad esempio, i produttori di vetro si sono lamentati del fatto che la metodologia PEF prevista, fosse eccessivamente focalizzata sulle emissioni di CO2, senza tener conto del fatto che il vetro può essere riciclato più e più volte. Nel frattempo, altri vantaggi del vetro, come l'assenza di sostanze chimiche tossiche nella sua composizione, non sono stati debitamente rispecchiati, secondo la Federazione europea dei produttori di imballaggi in vetro (FEVE). L’Unione Europea si è detta disponibile a trovare una strada che possa considerare le esigenze di tutti i settori produttivi, cercando di ottenere una legge che rappresenti le aziende, i consumatori e tuteli l’ambiente. Un capitolo importante sarà poi dedicato alla comunicazione da parte delle aziende verso il mercato, il quale dovrà essere monitorato e sanzionato in caso di atteggiamenti che rispecchino il greenwashing. Quest’attività sanzionatoria dovrebbe avere un aspetto anche sociale, dichiarando l’impresa che utilizza questi sistemi degna di ricevere un “certificato di vergogna”, oltre che ad una multa, in modo da compensare le informazioni fraudolente con un’immagine negativa nei confronti dei consumatori. Traduzione automatica. Ci scusiamo per le eventuali inesattezze. Articolo originale in Italiano.

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https://www.rmix.it/ - Cosa è il Riciclo dei Metalli e Cosa si Riutilizza
rMIX: Il Portale del Riciclo nell'Economia Circolare Cosa è il Riciclo dei Metalli e Cosa si Riutilizza
Economia circolare

I rottami metallici sono una parte fondamentale delle materie prime delle acciaieriedi Marco ArezioProbabilmente abbiamo capito che l’importanza del riciclo non si debba sentire solo nelle parole e nei proclami politici o commerciali, ma nei fatti di tutti i giorni, cercando di scegliere i prodotti che perseguono, veramente, la filosofia dell’economia circolare, intercettando il greenwashing, quell’ingannevole forma si informazione che ti fa credere che un prodotto sia circolare ma che in realtà non lo è, o lo è solo parzialmente. Non parliamo solo della plastica, che oggi è sulla bocca di tutti, ma anche dei metalli che, insieme al vetro e alla carta, formano la famiglia dei rifiuti di maggiore quantità, di cui ci dobbiamo occuparci ogni giorno. Come avviene la separazione dei metalli? I vari metalli ferrosi e non ferrosi che vengono raccolti sono inviati ai centri di selezione e riciclo, che provvedono, come prima operazione, a separarli per tipologie e dimensioni. La prima macro separazione avviene, infatti, eseguita dividendo quelli appartenenti alla famiglia dei metalli ferrosi e quella dei non ferrosi. Per capire meglio queste due famiglie possiamo dire che: I metalli ferrosi sono metalli e leghe metalliche che contengono il ferro, tra cui, le più conosciute sono l’acciaio e la ghisa. La ghisa si ottiene dall’altoforno e può essere successivamente affinata per ottenere acciaio oppure utilizzata in fonderia. La ghisa è molto dura e fragile, ha una resilienza molto bassa, un allungamento % a rottura praticamente nullo, quindi non può essere lavorata plasticamente, né a caldo né a freddo, ma può essere lavorata solo per fusione. L’acciaio viene ricavato dall’affinazione della ghisa, un’operazione che consiste nel diminuire il tenore di carbonio per ridurre gli elementi dannosi, come zolfo, fosforo, ossigeno, ecc., che possono derivare dai materiali di carica del forno o dai prodotti delle fasi precedenti di lavorazione. Infatti all’aumentare della quantità di carbonio aumentano: - resistenza meccanica, - durezza, - temprabilità, - colabilità/fusibilità, - resistenza all’usura Diminuisce invece: - allungamento A% - resistenza meccanica - lavorabilità e plasticità a freddo - saldabilità Inoltre gli acciai si dividono in duri, semiduri e dolci, infatti, gli acciai dolci presentano una resistenza a trazione molto più bassa di quella degli acciai duri, però sono più malleabili, più duttili e più resistenti agli urti. Sono facilmente saldabili e lavorabili dalle macchine utensili, ma sono meno resistenti all’usura e alla corrosione rispetto agli acciai duri. Durante la preparazione, in fase di fusione, è possibile aggiungere dei leganti ferrosi o non ferrosi per aumentarne le prestazioni, chiamando quindi questi acciai legati o non legati. Vediamo quale influenza hanno i leganti nella preparazione dell'acciaio: Cromo (Cr) Si trova spesso negli acciai, migliorando la durezza, la resistenza meccanica e la resistenza all’usura. In quantità maggiori del 12% rende l’acciaio inossidabile.Nichel (Ni) Si trova spesso insieme al cromo, migliorando tutte le proprietà meccaniche dell’acciaio, come la resistenza alla corrosione, mentre diminuisce la dilatazione termica e la saldabilità. Il nichel si trova anche negli acciai inox in quantità che dipende dal tenore di cromo. Molibdeno (Mo) Migliora la temprabilità e attenua il fenomeno della “fragilità di rinvenimento”. Insieme al cromo e al nichel realizza gli acciai con le migliori proprietà meccaniche (Rm fino a 1200 N/mm2).Silicio (Si) È contenuto naturalmente nell’acciaio in piccole quantità (circa 0,3%), se invece è aggiunto intenzionalmente fino al 2% circa, aumenta la resistenza meccanica, all’ossidazione e soprattutto aumenta notevolmente l’elasticità. Infatti gli acciai al silicio vengono usati per realizzare molle. Manganese (Mn) Aumenta la durezza, la resistenza meccanica e la resistenza a usura, Inoltre migliora notevolmente la temprabilità ma causa il fenomeno della “fragilità di rinvenimento”. Tungsteno (W) – Cobalto (Co) – Vanadio (V) – Titanio (Ti) Sono tutti elementi molto duri che, aggiunti nell’acciaio, gli conferiscono elevatissima durezza che si mantiene anche alle alte temperature. Queste caratteristiche meccaniche si trovano negli acciai per utensili. Piombo (Pb) – Zolfo (S) Sono elementi nocivi per l’acciaio perché gli conferiscono elevata fragilità. Si possono, però, trovare in piccole quantità perché la fragilità indotta dalla loro presenza facilita il distacco del truciolo e favorisce la lavorabilità alle macchine utensili. Tali acciai sono detti automatici. Zolfo (S) – Fosforo (P) – Idrogeno (H) – Azoto (N) – Ossigeno (O) Sono tutti elementi nocivi perché si legano chimicamente con il ferro o con il carbonio formando composti che rendono molto fragile l’acciaio. La loro presenza, quindi, deve essere ridotta al minimo. Per quanto riguarda i materiali non ferrosi si possono definire tali tutte quelle leghe che al loro interno non contengano ferro, o ne contengono una frazione trascurabile. Possiamo elencare tra i metalli non ferrosi il magnesio, il rame, lo zinco, il bronzo, piombo, il nichel, l’ottone e l’alluminio. I metalli non ferrosi uniti ad altri metalli possono generare una grande quantità di leghe, con lo scopo di apportare migliorie alle prestazioni meccaniche, alla lavorabilità, alla resistenza alla corrosione e alle alte temperature del metallo di base. Inoltre, vengono divisi anche in categorie di densità: Pesanti con un peso superiore a 5000 Kg. per Mc Leggeri con un peso tra i 2000 e i 5000 Kg. per Mc L'impiego dei metalli non ferrosi può essere fatto allo stato puro, o in leghe con altri elementi. Le loro maggiori peculiarità sono caratterizzate dalla leggerezza, dall’inossidabilità, dall’alta conduzione elettrica e termica, dalla durezza, da un alto punto di fusione e dalla malleabilità.Come vengono riciclati i metalli? Abbiamo visto che la prima operazione è quella di individuare le famiglie di appartenenza e di separarle tra loro per avviare i metalli al riciclo. Questo comincia con la riduzione volumetrica dei rottami, attraverso impianti meccanici che hanno lo scopo, non solo di ridurne la dimensione, ma anche di separare eventuali elementi inquinanti presenti nel rottame stesso. Questi impianti di primo trattamento hanno incorporati nella linea sistemi gravitazionali, a corrente parassita, vagli e separatori magnetici, che hanno lo scopo di nobilitare il rottame metallico trattato. Questo, una volta selezionato, viene inviato alle acciaierie per il loro utilizzo insieme ad altri materiali, che permette la creazione di nuovi elementi costituiti da rottame di riciclo. Il riciclo delle scorie delle acciaierie Nell’ambito dell’economia circolare il riutilizzo delle scorie degli altoforni è diventato un tema molto sensibile, non solo dal punto di vista economico, a causa dei costi sempre più alti dello smaltimento in discarica, ma anche per una questione di carattere ambientale. Infatti, lo smaltimento in discarica di queste scorie che contengono metalli pesanti, è un fattore di forte preoccupazione ambientale, per cui, attraverso il loro riciclo, è possibile estrarre i metalli preziosi dalle ceneri di scarto. Una volta riciclate, risultano un materiale inerte che viene utilizzato nei forni delle cementerie, oppure per la realizzazione di materiali ceramici, fibre vetrose, inerte di riempimento o nelle pavimentazioni stradali.Categoria: notizie - metalli - economia circolare - riciclo - rifiuti - rottamerNEWS

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Economia circolare

Del legno non si butta niente, nemmeno un piccolo tappo, vediamo perchédi Marco ArezioNel mondo dell’economia circolare il legno riciclato ha un suo onorevole posto, contribuendo alla salvaguardia delle nostre foreste, alla riduzione della CO2 e ad operazioni sociali di grande respiro. Se fino a poco tempo fa un tappo, che sia stato in sughero, in plastica o in metallo, era un oggetto considerato trascurabile per il suo peso e per la sua dimensione, tanto che veniva generalmente buttato, oggi, ha ottenuto il rispetto dovuto in quanto i numeri che rappresenta sono del tutto ragguardevoli. Il riciclo dei tappi di sughero è un’attività di primaria importanza, in quanto completa la filiera della bottiglia in vetro, permettendo il riciclo completo dell’imballo del vino, avviando i due prodotti alla creazione di nuove materie prime. Ma come avviene in Italia il riciclo dei tappi di sughero? Le strade per realizzare il recupero dei tappi di sughero possono essere tante, ma ci piacerebbe raccontare quella intrapresa da Carlos Veloso del gruppo Amorin, che ha deciso di creare, non solo un circuito virtuoso del riciclo del sughero, ma un’operazione di carattere eco-sociale, coinvolgendo molte onlus che si adoperano nella raccolta dei tappi in sughero. Questo progetto, denominato Etico, ha come obbiettivo non solo la raccolta del prodotto finalizzato al suo riciclo, ma anche la remunerazione delle onlus per ogni tonnellata di tappi di sughero consegnata. L’obbiettivo è la ramificazione territoriale della raccolta attraverso le onlus, che ad oggi sono già 45, permettendo di raccogliere ogni anno circa 30 milioni di tappi, che costituiranno il comburente ad un altro progetto denominato Suber. Suber utilizza la “granina” (macinato) di sughero per realizzare oggetti di design che, combinati con legno, acciaio e vetro, portano nelle nostre case oggetti d’arredo di spiccata qualità e bellezza. Il progetto Suber, riesce, come dice Carlos Veloso, ad unire la sostenibilità ambientale, la raccolta di un rifiuto, la giustizia social, la donazione in beneficienza, la prosperità economica, creando un progetto di ispirazione che genera anche cultura. Gli oggetti vengono realizzati mischiando la granina dei tappi di sughero con delle resine naturali, realizzando sedili, tavolini, lampade e molti altri prodotti. Quali altre applicazioni ha il sughero riciclato? Possiamo annoverare molti e variegati utilizzi del sughero riciclato, in quanto è un prodotto che ha ottime qualità, tra le altre, di isolamento termico e acustico. I principali utilizzo sono: • fabbricazione di granuli in sughero destinati all’isolamento di edifici per riempimento • fabbricazione di lastre rigide per l’isolamento termo-acustico di pareti e sottotetti • fabbricazione di lastre in sughero per pavimentazioni • creazione di pannelli estetici in sughero • produzione di suole per calzature • realizzazione di isolanti termici per l’industria aeronautica e aerospaziale • creazione di decorazioni • realizzazione di oggetti per il design interno Categoria: notizie - sughero - economia circolare - riciclo - rifiutirNEWS

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rMIX: Il Portale del Riciclo nell'Economia Circolare Riciclare? Non Basta più. Crescono i Prodotti Riutilizzati e Ricondizionati
Economia circolare

L’economia circolare ha bisogno di integrazione e di sinergie per aumentare la circolarità dei prodottidi Marco ArezioNuove aziende nascono sulla scorta di nuovi business nel campo, soprattutto, dei rifiuti tessili e del RAEE, fortemente voluti e promossi dalle nuove generazioni, che sono in controtendenza rispetto al mercato tradizionale. Ma come siamo arrivati fino qui? In giro di qualche decennio siamo passati dalla logica della discarica, in cui “conferivamo”, nobile parole che copre il senso compulsivo di buttare qualsiasi cosa non utilizzata più in una buca, all’era del riciclo. Si sono faticosamente costruite aziende e macchinari che potessero separare i vari rifiuti che venivano prodotti dalla società, con l’intento di riutilizzarli sotto forma di nuova materia prima. Abbiamo imparato a diversificare la pattumiera che viene prodotta nelle case, attraverso la raccolta differenziata che ha accresciuto, in modo determinante, la quantità di rifiuti riutilizzabile attraverso il riciclo meccanico. Abbiamo iniziato a creare una nuova coscienza ambientalista, che ha messo al centro il risparmio delle materie prime naturali e la riduzione della CO2 nell’aria, cercando di avviare al riciclo la maggiore quantità possibile di rifiuti per creare un circolo virtuoso dei prodotti. Ma tutto questo purtroppo non è sufficiente, in quanto la quota dei rifiuti riciclati rimane ancora modesto rispetto a quello che viene buttato, ancora, in discarica o direttamente nell’ambiente. La necessità di innalzale la quota dei prodotti che vengono avviati al riciclo, oggi intorno al 10 % a livello mondiale, è del tutto essenziale e, ogni azione intrapresa dai consumatori, dalla politica e dall’industria è di estrema importanza. Una di queste riguarda la politica del riutilizzo dei prodotti usati e quella dell’acquisto di prodotti, specialmente elettronici, ricondizionati. Per quanto riguarda i prodotti usati, le nuove generazioni hanno già sdoganato l’impatto dell’acquisto di prodotti già utilizzati da altri, attraverso in commercio privato, specialmente per quanto riguarda i capi di abbigliamento od oggetti che non contengano componenti di difficile valutazione qualitativa. Si sta creando un mercato parallelo al nuovo, dove il costo del prodotto e l’offerta territoriale, attraverso le App dedicate, ne facilitano il funzionamento. Altra questione riguarda il problema dei rifiuti RAEE, cioè tutti quei prodotti elettrici od elettronici, che vengono eliminati, a volte anche se funzionanti, per questioni che, spesso, non riguardano la qualità dell’oggetto ma la moda. In questo filone possiamo sicuramente inserire gli smartphones uno strumento di lavoro, di divertimento, di gioco, uno status symbol e, forse, anche un po' di comunicazione. Un oggetto ormai di culto che viene spesso, se non spessissimo, cambiato non per inefficienza del prodotto, ma per acquistare gli ultimi modelli usciti dalle fabbriche del marketing della telefonia. Questo usa e getta elettronico, che si vede anche nei computers, nelle console dei giochi, negli orologi e in altri prodotti in continuo aggiornamento tecnologico, creano una quantità enorme di rifiuti elettronici di difficile riciclo. Inoltre c’è da considerare le emissioni di CO2 che ogni anno, solo nella filiera dell’estrazione delle materie prime degli smartphone, è pari a 125 megatonnellate, che corrispondono a circa 31,5 centrali a carbone in funzione per un anno. Qui, entrano in gioco società come la finlandese Swappie, che si occupa di ricondizionare gli smartphone della Apple, con l’obbiettivo di restituire al mercato un prodotto testato e garantito di sicuro valore residuo. La società recupera gli IPhone, li sottopone ad una serie di tests elettronici per verificare l’efficienza dei sistemi, delle batterie e di altri parti che potrebbero essere danneggiate ma non visibili all’occhio dell’uomo. Inoltre, generalmente, sostituisce le batterie, e attribuisce un prezzo di vendita per ogni telefono in base all’aspetto esterno del prodotto, qualità dei vetri, della cassa e di altri parti visibili, fermo restando la qualità della macchina interna. Swappie è diventata a tutti gli effetti un concorrente di Apple, in quanto garantisce un prodotto usato, ad un prezzo inferiore, con la giusta qualità attesa dal consumatore, contribuendo in maniera sostanziale alla circolarità dei prodotti. Categoria: notizie - riuso - economia circolare - riciclo - rifiuti - ricondizionatirNEWS

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https://www.rmix.it/ - Cosa ce ne Facciamo di 100.000 Tonnellate di Rifiuti Organici?
rMIX: Il Portale del Riciclo nell'Economia Circolare Cosa ce ne Facciamo di 100.000 Tonnellate di Rifiuti Organici?
Economia circolare

I Rifiuti li buttiamo? No, saranno la benzina per i nostri investimentidi Marco ArezioQuando si parla di rifiuti ci vengono in mente spesso le discariche, le città con le strade piene di cumoli di immondizia o le scene che si vedono in televisione sulle isole galleggianti di plastica negli oceani. Ma in realtà, i rifiuti possono essere ben altre cose, se vogliamo vederli sotto una luce diversa, se ci pensiamo un attimo prima di buttare nell’ambiente una bottiglia di vetro o di plastica, o un sacchetto o un giornale o una classica buccia di banana. Si, perché i rifiuti possono essere davvero il tesoro che non capiamo, la benzina per far muovere il mondo, il mezzo per salvare il pianeta dai gas serra, la chiave per eliminare la deforestazione e il modo per avere i mari più puliti e più popolati di pesci. Utopia? No, quella la lasciamo ai sognatori, chi è più concreto, un giorno, si è chiesto cosa farebbe se avesse a disposizione 100.000 tonnellate di rifiuti organici che derivano dalle cucine delle nostre abitazioni e dal verde di scarto delle nostre città e paesi. La A2A, azienda Italiana attiva nel riciclo dei rifiuti e promotore della produzione di energia sostenibile, ha dato una risposta concreta a questo quesito, infatti, ha deciso di costruire, in provincia di Pavia, un impianto che potesse trattare quella quantità di rifiuti organici, con lo scopo di produrre compost, un concime ecologico, ed energia elettrica attraverso la produzione di biometano. Attraverso la digestione anaerobica, sarà possibile produrre 8,2 milioni di metri cubi di biometano che andranno ad alimentare i consumi energetici di circa 20.000 persone, inoltre si potrà produrre circa 20.000 tonnellate di compost da utilizzare, come fertilizzante bio, nella lavorazione dei campi, senza inquinare le falde ed avvelenare gli uccelli con l’uso dei concimi chimici. L’impianto, oltre ad essere un esempio chiaro di come si possono investire i rifiuti invece che buttarli, aiuta la comunità territoriale a ridurre la dipendenza dalle fonti fossili per produrre energia. Se si moltiplicassero queste tipologie di investimenti, in Italia si potrebbe produrre oltre 6 miliardi di metri cubi di biometano, che equivarrebbe a circa il 22% di quanto importavamo dalla Russia, e circa il 10% del fabbisogno nazionale in un anno. Le importazioni di energia Italiane si possono calcolare in circa il 78% del fabbisogno nazionale, contro circa il 60% degli altri paesi Europei, valori questi che devono spingerci a pensare che sia giusto aumentare le leve energetiche nazionali e rinnovabili, come il vento, il sole, l’acqua e i rifiuti. Un’ulteriore nota importante è che, attraverso il massiccio utilizzo dei rifiuti, è possibile azzerare o minimizzare il conferimento in discarica. Categoria: notizie - rifiuti organici - economia circolare - riciclo  rNEWS

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https://www.rmix.it/ - Estrazione Metalli Preziosi dai Rifiuti RAEE: Primo Impianto in Italia
rMIX: Il Portale del Riciclo nell'Economia Circolare Estrazione Metalli Preziosi dai Rifiuti RAEE: Primo Impianto in Italia
Economia circolare

I Rifiuti RAEE sono tra quelli meno riciclati ma con più alto valore aggiuntodi Marco ArezioProviamo a pensare quanti telefonini ci passano nelle mani nel corso della nostra vita, quante volte portiamo a riparare un ferro da stiro e ci viene detto, non ne vale la pena buttalo e compratene un altro. Facciamo scorrere i pensieri nella nostra mente e mettiamo a fuoco quante volte abbiamo sostituito un computer, un asciugacapelli, una stampante e molti altri elettrodomestici che sono invecchiati prematuramente o perché volevamo l’ultimo modello dell’anno. Il frutto negativo del nostro benessere porta alla creazione di milioni di tonnellate di rifiuti nel mondo che restano, ad oggi, di difficile gestione se comparati con altri rifiuti di più facile riciclo. Ma i cosiddetti RAEE, sono in realtà di altissimo valore se fossimo capaci di estrarre i componenti preziosi che contengono, parliamo di oro, argento, palladio e rame, solo per fare qualche esempio. Invece, la maggior parte delle volte finiscono in discarica, o vanno ad alimentare il riciclo clandestino in paesi poveri, con implicazioni ambientali e di salute per i lavoratori molto serie. In Italia, Iren Ambiente, una società del gruppo Iren, realizzerà un impianto per il trattamento dei rifiuti RAEE, con lo scopo di estrarre tutti i materiali preziosi che i rifiuti elettrici ed elettronici contengono. L'impianto effettuerà due fasi di lavoro: la prima dedicata al disassemblaggio delle schede, la seconda alla separazione e affinazione dei metalli preziosi tramite un processo idrometallurgico. Il processo, oggetto di un articolo comparso qualche settimana fa sul portale del riciclo rMIX, avrà un ciclo di lavoro con un basso impatto ambientale e un dispendio contenuto di CO2, rispetto alla tradizionale estrazione di minerali preziosi in miniera. L’impianto di lavorazione dei RAEE, con l’estrazione dei metalli preziosi, sarà collocato in Toscana e dovrebbe essere operativo nella seconda metà del 2023, con il preciso scopo di favorire la filiera delle lavorazioni orafe attive nella regione. Categoria: notizie - RAEE - economia circolare - riciclo - rifiuti - metalli preziosi

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Economia circolare

La coltivazione di alghe necessarie per la creazione di un calcestruzzo ad emissioni zero, attraverso il calcare biogenicodi Marco ArezioIl mondo del cemento e del calcestruzzo è da tempo in fermento per creare nuovi impasti carbon free, non incidenti sulle risorse naturali normalmente prelevate dalle cave. Si sono sperimentate ricette con una percentuale di rifiuti edili provenienti dal riciclo dei materiali delle ristrutturazioni e demolizioni, impasti con percentuali variabili di rifiuti plastici non riciclabili e impasti con scarti provenienti dagli inceneritori dei rifiuti e delle acciaierie. Tutte le ricette sono finalizzate alla migliore gestione dei rifiuti nell’ambito dell’economia circolare, la quale promuove ogni azione indirizzata al riciclo degli scarti che produciamo, la riduzione del prelevamento di materie prime naturali e la riduzione dei rifiuti non riciclabili. Un altro capitolo di sostenibilità è stato aperto, per ora in maniera sperimentale, dall’Università del Colorado, che sta studiando la possibilità di utilizzare delle alghe per la produzione del calcare biogenetico per la produzione di cemento, malte e calcestruzzi bio. L’Università ha creato una coltivazione di Coccolitofori, alghe monocellulari appartenenti alla famiglia delle Aptofite, che hanno la caratteristica di essere ricoperte di scaglie di carbonato di calcio. La presenza di questo elemento nelle alghe può essere la chiave del suo utilizzo nella sostituzione dell’elemento naturale negli impasti cementizi. Infatti il calcare che, per mezzo della fotosintesi le alghe producono naturalmente, può essere compatibile con quello naturale, dando vita ad un componente dell’impasto non solo ad emissioni zero, ma addirittura negative, in quanto le Coccolitofori assorbono CO2 durante la loro vita. Infatti, si può parlare di calcestruzzo o cemento carbon neutral perché l'anidride carbonica rilasciata nell'atmosfera, quando viene bruciata per produrre cemento, è uguale a quella che le microalghe hanno estratto dall'atmosfera durante la sua crescita. Invece si può parlare di cemento o calcestruzzo carbon negativo, se il calcare naturale utilizzato nelle miscele viene sostituito integralmente da quello proveniente dalle alghe, infatti, durante la loro vita hanno assorbito la CO2 nell’ambiente e non è necessario emetterne altra per la sua produzione. Secondo gli studiosi dell’Università l’adozione su larga scala di questa teoria farebbe risparmiare al pianeta circa due gigatonnelate di CO2 emessa all’anno e il sequestro di 250 milioni di tonnellate. I ricercatori Americani stimano che con 500.000 o 1.000.000 di ettari di stagni aperti negli Stati Uniti, il paese potrebbe realizzare abbastanza carbonato di calcio per produrre tutto il cemento di cui ha bisogno. Categoria: notizie - edilizia - economia circolare - riciclo - bio calcestruzzo - bio cemento

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https://www.rmix.it/ - La Filiera del Vetro in Difficoltà sul Gas e sul Rottame. Cosa Fare?
rMIX: Il Portale del Riciclo nell'Economia Circolare La Filiera del Vetro in Difficoltà sul Gas e sul Rottame. Cosa Fare?
Economia circolare

Le aziende del packaging in vetro, dopo le rapide crescite post Covid, stanno incontrando enormi difficoltàdi Marco ArezioIl vetro è una materia prima fondamentale nell’ambito del packaging alimentare, medicale ed industriale ma, nello stesso tempo, riveste una grande importanza in altri settori, a partire da quello edile, dell’arredamento, dell’automotive e artistico. Nonostante il periodo del Covid abbia rallentato i produttori del vetro piano, quelli del packaging, specialmente le aziende che producevano bottiglie e vasetti, hanno continuato a lavorare servendo il settore alimentare e farmaceutico. Passati i periodi di restrizione e ripartiti i consumi, tutti i settori avevano visto una forte ripresa del consumo nazionale e delle esportazioni, con risultati positivi, 2022 su 2021, anche a due cifre in qualche paese (+10,4% USA, +9,3% Germania, +7,2% Spagna). La guerra tra la Russia e l’Ucraina ha scatenato la corsa sfrenata al prezzo del gas, in un settore assolutamente energivoro, che ha visto salire la propria bolletta energetica a livelli insostenibili. Inoltre, la dinamica rialzista del prezzo del gas non è l’unico problema a cui devono guardare le vetrerie, in quanto, anche il reperimento stesso del gas per il 2023 potrebbe essere complicato, vista la riduzione quasi totale delle forniture del gas russo. Una mano la potrebbe dare un utilizzo maggiore del rottame di vetro che, dal punto di vista produttivo, secondo i dati Coreve, riduce il consumo di gas di circa il 30%. Infatti, per produrre il vetro attraverso il rottame basta scaldare il forno fino al punto di fusione del materiale, mentre produrre vetro da materie prime vergini bisogna dosare diversi componenti, come la sabbia silicea, che hanno bisogno di molta più energia per mescolarsi. Ma anche nel settore del riciclo, nonostante sia uno tra quelli più virtuosi, si sente ma mancanza di materia prima seconda rispetto alle necessità, sapendo che lo scarto è presente nel mercato. Qui, entrano in gioco dinamiche non gestibili dalle vetrerie, che riguardano le percentuali di riciclo del vetro per paese e per area geografica, dove troviamo delle eccellenze che superano il 70% di raccolta e aree in cui non si arriva al 50%, con una perdita di prodotto enorme e un impatto ambientale maggiore. Considerando che l’utilizzo del rottame nella produzione del vetro nuovo ha un impatto ambientale inferiore rispetto all’uso di materie prime vergini, permettendo quindi un risparmio di gas in produzione, credo che sia necessario concentrare l’attenzione ad un miglioramento della raccolta differenziata in modo da aumentare la materia prima seconda disponibile. Inoltre, la florida produzione di bottiglie e barattoli per le salse, il vino, la confettura, l’olio e molti altri prodotti del food che l’Italia esporta, non permettono il recupero del vetro usato, quindi, diventa fondamentale migliorare la raccolta in quei settori dove siamo più carenti. Per quanto riguarda il vetro artistico, possiamo dire che le eccellenze italiane sono formate normalmente da artigiani che costituiscono piccole realtà imprenditoriali, con piccole produzioni di grande pregio. Le limitate dimensioni societarie portano ad un peso energetico elevatissimo delle bollette del gas rispetto al fatturato, mettendo in crisi l’esistenza stessa di alcune imprese. Murano, la storica isola Italiana, famosa in tutto il mondo per le realizzazioni artistiche in vetro, è in forte difficoltà sul mantenimento dei forni accesi 24 su 24 a causa del caro gas, nonostante la regione Veneto abbia dato dei ristori per compensare, almeno in parte, l’oscillazione delle bollette. Categoria: notizie - pvetro - economia circolare - riciclo - rifiuti - rottame

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