Un'analisi delle norme CECA sulla classificazione dei rottami ferrosi: un sistema di riferimento per qualità, tracciabilità e sostenibilità nel riciclo dell'acciaio in Europadi Marco ArezioLa gestione dei rottami ferrosi rappresenta un aspetto cruciale del settore siderurgico, contribuendo in modo significativo sia alla sostenibilità ambientale sia all'efficienza economica del ciclo produttivo. La Comunità Europea del Carbone e dell'Acciaio (CECA) ha stabilito una serie di specifiche per la classificazione dei rottami ferrosi, con l'obiettivo di garantire la qualità e la tracciabilità dei materiali riciclati destinati alle acciaierie. Questo articolo esplora in dettaglio le specifiche CECA, illustrandone l'importanza e l'utilizzo per facilitare il commercio e la lavorazione dei rottami ferrosi in Europa. La classificazione dei rottami secondo la CECA non solo assicura la qualità del prodotto finito, ma rappresenta anche uno strumento essenziale per promuovere pratiche di economia circolare. Cos'è la CECA?La CECA (Comunità Europea del Carbone e dell'Acciaio) è stata la prima organizzazione sovranazionale istituita in Europa dopo la Seconda Guerra Mondiale, con l'obiettivo di coordinare e regolamentare la produzione di carbone e acciaio tra gli Stati membri. Il suo ruolo è stato cruciale nella promozione dell'integrazione economica, nonché nello sviluppo di standard comuni per il commercio e la gestione delle risorse strategiche come il ferro e l'acciaio. Nonostante la CECA sia stata formalmente assorbita dall'Unione Europea nel 2002, le sue specifiche continuano a essere un riferimento prezioso per l'industria del riciclo e della produzione dei metalli. Perché Classificare i Metalli Ferrosi? La classificazione dei metalli ferrosi secondo le specifiche CECA consente di garantire che il rottame raccolto e riutilizzato nei processi industriali risponda ai requisiti qualitativi necessari per l'impiego in acciaieria. La separazione dei metalli in categorie diverse è fondamentale per evitare problemi durante la fusione e per garantire che il prodotto finito abbia le caratteristiche desiderate. Ad esempio, l'assenza di elementi di lega o materiali non ferrosi è essenziale per evitare contaminazioni che potrebbero compromettere la qualità dell'acciaio. Inoltre, ogni categoria risponde a precise esigenze industriali: alcune tipologie di rottami sono ideali per la produzione di acciaio strutturale, altre per componenti meno critici. Le Categorie dei Rottami Ferrosi: Una Panoramica Dettagliata Le specifiche CECA prevedono una serie di categorie standard per i rottami ferrosi, ciascuna delle quali corrisponde a requisiti specifici relativi alla composizione e alle dimensioni del materiale. Questa classificazione serve a facilitare il commercio e l'utilizzo di questi materiali, stabilendo standard che possono essere accettati da fornitori e acquirenti in tutto il mondo. Di seguito, alcune delle principali categorie. Categoria 01: Rottami Lunghi La Categoria 01 include rottami provenienti da demolizioni di elementi metallici di spessore superiore a 9 mm, come profilati e lamiere. Questo tipo di rottame deve essere privo di parti trasversali di grandi dimensioni e non deve essere eccessivamente ossidato. Questi rottami sono ideali per produzioni che richiedono una maggiore densità del materiale e una ridotta presenza di impurità. La provenienza tipica di questi materiali è rappresentata da demolizioni di edifici e grandi strutture metalliche. Categoria 02: Cadute Nuove d'Officina Questa categoria include residui di produzione industriale, spesso provenienti da lavorazioni di lamiera o da taglio. Gli elementi devono avere uno spessore minimo di 5 mm e devono essere privi di rivestimenti o materiali non ferrosi. Essendo cadute nuove, questo tipo di rottame è particolarmente apprezzato per la sua purezza e l'assenza di ossidazione, rendendolo perfetto per l'impiego diretto in processi di fusione. Categoria 03 e 04: Rottami di Raccolta Selezionati Queste categorie riguardano rottami raccolti da fonti eterogenee, spesso recuperati da demolizioni civili o industriali, con spessori minimi rispettivamente di 6 mm e 3 mm. La selezione è essenziale per garantire l'assenza di materiali non ferrosi, acciai legati e ossidazione eccessiva. Questi rottami vengono frequentemente utilizzati nelle acciaierie per produzioni non critiche. Categoria 05 - 08: Rottami Corti Le categorie dalla 05 alla 08 rappresentano versioni corte delle categorie precedenti (01-04). La lunghezza massima è di 60 cm, ma può essere ridotta fino a 50 cm su richiesta di alcuni stabilimenti. Questi rottami sono particolarmente indicati quando si ha bisogno di materiali facilmente gestibili nelle fasi di fusione e trasporto. Le specifiche di purezza e le caratteristiche fisiche rimangono coerenti con le categorie originali. Categoria 09 e 50: Rottami Leggeri Nuovi La Categoria 09 riguarda rottami leggeri nuovi, non rivestiti e con una lunghezza massima di 40 cm. La Categoria 50 invece si riferisce a ritagli leggeri nuovi alla rinfusa, spesso compressi idraulicamente in pacchi. Questi materiali sono apprezzati per la loro maneggevolezza e facilità di fusione, ma devono essere esenti da qualsiasi materiale magnetico che possa interferire con il processo di lavorazione. Categoria 52 - 55: Pacchi di Rottami Le categorie dalla 52 alla 55 riguardano pacchi di rottami compressi. La Categoria 52 comprende pacchi di ritagli nuovi e leggeri, mentre la Categoria 54 e la Categoria 55 si riferiscono rispettivamente a pacchi di rottami neri leggeri non rivestiti e a pacchi di rottami neri leggeri di recupero, destinati specificamente alle acciaierie. Questi pacchi sono una soluzione efficiente per il trasporto di grandi quantità di rottami, riducendo i costi logistici e ottimizzando lo spazio. Categoria 40 - 42 e 45: Torniture Le torniture sono una delle categorie più comuni di rottami ferrosi. La Categoria 40 include torniture di acciaio corte e frantumate, ideali per essere lavorate in fusione senza ulteriori trattamenti. La Categoria 41 riguarda torniture più lunghe, non sempre facilmente manipolabili, mentre la Categoria 42 è specifica per la tornitura di ghisa. La Categoria 45 comprende torniture di acciaio provenienti da macchine automatiche, spesso caratterizzate da dimensioni uniformi. Le torniture sono molto apprezzate dalle acciaierie per la loro elevata superficie specifica, che facilita i processi di fusione. Categoria 14: Rottame Ferroviario La Categoria 14 riguarda rottami di origine ferroviaria, come rotaie, assi, respingenti e cerchioni. Questi materiali devono essere tagliati a dimensioni massime di 1,50 × 0,50 × 0,50 m, e le ruote non tagliate non devono superare un diametro di 1,10 m. I rottami ferroviari sono di grande valore per la loro elevata resistenza e purezza, essendo spesso utilizzati per realizzare nuovi elementi strutturali. Categoria 15: Rottame di Demolizione Navale I rottami provenienti dalla demolizione di navi costituiscono la Categoria 15. Questo tipo di rottame è caratterizzato da grandi dimensioni e da una composizione particolarmente robusta, essendo tipicamente utilizzato nella costruzione navale e marittima. Deve essere privo di incrostazioni e ossidazioni eccessive, e viene apprezzato per la sua elevata densità e resistenza strutturale. Categoria 33: Rottame Frantumato Il rottame frantumato, Categoria 33, comprende rottami puliti e privi di scorie, frantumati in pezzi di dimensioni massime di 15 cm. Le specifiche includono una densità minima di 1.100 kg/m3 per la Categoria 33A e 900 kg/m3 per la Categoria 33B, con un contenuto metallico di almeno il 92%. Il controllo del tenore di stagno, rame, zolfo e fosforo è rigoroso per garantire la qualità del materiale. Categoria 53: Pacchi di Profondo Stampaggio La Categoria 53 riguarda pacchi di profondo stampaggio, che includono ritagli nuovi derivanti da lavorazioni di stampaggio profondo. Questi rottami sono caratterizzati da un'elevata duttilità e sono particolarmente indicati per la rifusione in acciaierie che necessitano di acciaio con elevate proprietà plastiche. Come Utilizzare la Classificazione CECA Comprendere e utilizzare la classificazione CECA è fondamentale per chiunque lavori nel settore della gestione dei rottami ferrosi, dalla raccolta alla produzione. La classificazione aiuta a garantire che ogni partita di rottame abbia le caratteristiche necessarie per essere utilizzata efficacemente nei processi di fusione, riducendo al minimo gli sprechi e aumentando l'efficienza produttiva. Inoltre, consente di stabilire un linguaggio comune tra fornitori e acquirenti, facilitando il commercio transfrontaliero dei rottami e contribuendo a migliorare la tracciabilità dei materiali. La classificazione secondo le specifiche CECA rappresenta non solo una guida tecnica, ma anche un importante strumento di comunicazione nel mercato globale dei rottami ferrosi. Attraverso una precisa categorizzazione è possibile garantire che i materiali riciclati siano adeguati alle esigenze delle acciaierie, riducendo il rischio di problematiche durante i processi di fusione e assicurando la qualità del prodotto finale. Conclusioni La classificazione dei rottami ferrosi secondo le specifiche CECA offre un quadro chiaro per comprendere le caratteristiche dei materiali riciclati e il loro impiego. Rispettare tali specifiche è essenziale per garantire la qualità dell'acciaio prodotto e per promuovere pratiche di economia circolare nel settore siderurgico. © Riproduzione Vietata
SCOPRI DI PIU'Un nuovo approccio al mondo della plastica, senza preconcetti e condizionamenti di Marco ArezioQuante parole si sono dette nei dibattiti televisivi, sui social, nelle News di tutto il mondo, sull’inquinamento della plastica, quanta gente ha seguito l’onda emotiva di quello che vedeva e sentiva senza capire fino in fondo il problema. Ma quante persone hanno fatto un bilancio obbiettivo e indipendente del fenomeno? La plastica non è solo la bottiglia di acqua o il fustino del detersivo che qualche irresponsabile, o comunità, abbandona nei fiumi, nei mari o a bordo delle strade. Non è rappresentata nemmeno dai sacchetti della spesa che vengono buttati nell’ambiente e che vanno a finire nello stomaco dei pesci. Non si può dire che sia identificata negli oggetti monouso che servono come strumenti sterili per la nostra vita e che possono diventare micro o nanoplastiche se abbandonati in mare, entrando nella catena alimentare. La plastica non è questo, ma purtroppo è quello che rappresenta nel subconscio della gente, senza capire che sono le conseguenze negative della sua gestione a portare ai fenomeni descritti. Sono quindi le carenti o improvvide gestioni del prodotto che creano il problema ambientale non il prodotto stesso. Certamente se partiamo dal presupposto che, tolti i denti doloranti ci togliamo il dolore, mi chiedo con cosa poi mangeremo? Forse ci facciamo una nuova dentiera di resina plastica. Non è colpa della plastica se l’uomo ha prodotto, dagli anni 60 del secolo scorso ad oggi, circa 8 miliardi di tonnellate di prodotto non biodegradabile, di cui si ricicla mediamente il 9% e che il 12% viene impiegato nei termovalorizzatori, mentre circa l’80% va disperso nell’ambiente. Non è colpa della plastica se nel mondo non vengono organizzati, in modo capillare, i sistemi di raccolta per i rifiuti, non vengono costruiti, in quantità sufficiente, gli impianti per la selezione e lo smaltimento, e i rifiuti stessi non vengono convertiti in energia rinnovabile e carburante. Non è colpa della plastica se l’uomo, nonostante abbia scoperto sistemi di riciclo che hanno superato il vecchio sistema meccanico, permettendo, attraverso processi chimici, di utilizzare ogni parte dei rifiuti plastici raccolti, ma non li promuove sul territorio attraverso investimenti pubblici. Non è colpa della plastica se l’uomo, inventandola, ha fatto una scoperta di una portata tale da migliorare la nostra vita quotidiana, impiegandola poi in un innumerevole quantità di prodotti di uso comune. Se avete dubbi guardatevi in giro, tra le vostre cose e fatevene un’idea. Oggi, la tanto vituperata plastica, ci può salvare la vita, con il polipropilene, il poliestere o altre plastiche per le mascherine, i camici degli operatori sanitari, i prodotti monouso sterili, i contenitori dei rifiuti ospedalieri pericolosi. Il movimento contro la plastica nasce da razioni impulsive, su episodi le cui immagini toccano la coscienza della gente, ma dopo la comprensibile disapprovazione, bisogna riavvolgere il filo e capire l’origine del problema. È una questione di cultura e conoscenza, che deve essere assimilata dalla gente in modo che abbia le informazioni obbiettive e indipendenti per giudicare e prendere una propria posizione, senza essere influenzata da protagonismi, fazioni politiche o lobbies. La plastica del futuro dovrà essere quella del passato, possiamo farlo.Categoria: notizie - plastica - economia circolareIl settore sanitario nella pandemia
SCOPRI DI PIU'La Sostenibilità dell'Auto Passa Attraverso il Riciclo delle Batteriedi Marco ArezioL'elettrificazione del settore auto sta investendo tutte le case automobilistiche che, nonostante la pandemia e il crollo delle vendite, stanno fortemente spingendo nella produzione di auto più sostenibili. Ma la sostenibilità passa anche attraverso l'uso di materiali costruttivi secondo il principio dell'economia circolare e, quindi, la componentistica deve seguire il riciclo dei materiali. In Italia, Midac, sarà all'avanguardia nelle produzione di batterie per auto attraverso il riciclo di quelle esauste.Con un investimento complessivo di 104 milioni di euro, l’azienda Midac sarà in grado di produrre le proprie batterie al litio con il riutilizzo delle materie prime derivanti dal riciclo delle batterie esauste, conformemente ai principi della circular economy.Nell'Europa attraversata dalla pandemia c'è un'industria che continua a investire e creare posti di lavoro: quella delle batterie agli ioni di litio. Favorendo la transizione dai combustibili fossili verso un'energia più pulita, questa filiera risponde pienamente all’ambizioso obiettivo europeo del Green Deal, che mira alla neutralità climatica nel 2050. Per sostenere questo settore strategico, la Commissione Europea ha dato il via libera alla seconda tranche di finanziamenti per Importanti Progetti di Comune Interesse Europeo (IPCEI) sulle batterie di nuova generazione (2,9 miliardi di euro), attribuiti dopo attenta selezione a 42 aziende europee del settore. Una di queste è Midac Batteries Spa ha ottenuto il via libera per lo sviluppo di tre progetti innovativi relativi alla produzione, al riutilizzo e alla gestione sostenibile del fine vita delle batterie al litio. Questi progetti permetteranno all’azienda di realizzare il primo impianto di produzione batterie litio integrato in Italia, per un investimento complessivo di 104 milioni di euro. L’azienda così sarà in grado di produrre le proprie batterie al litio con il riutilizzo delle materie prime derivanti dal riciclo delle batterie esauste, conformemente ai principi della circular economy, garantendo così il rispetto della filosofia “verde” di Midac. In particolare, il primo progetto riguarda il processo di selezione e recupero delle batterie a fine vita, che consente di inviare quelle non riutilizzabili ad un impianto di riciclo con una capacità pari a 30.000 ton/anno e di utilizzare quelle ancora funzionanti in applicazioni less demanding. In questo modo le batterie possono vivere una seconda vita, riducendo l’impatto ambientale e aumentando le percentuali dei materiali recuperati dal 60% a oltre il 90%. Le attività di riciclo e riuso saranno sviluppate in collaborazione con aziende partner, tra le quali Enel X. Il secondo progetto riguarda lo sviluppo di un nuovo impianto di produzione delle celle basata sulla tecnologia di terza e quarta generazione, che consentono ricariche più rapide, autonomia e sicurezza maggiori. Queste saranno poi destinate al nuovo reparto di assemblaggio batterie di Soave e a quello di Cremona da utilizzare in applicazioni automotive, Material Handling e di reserve power. Il terzo progetto è relativo allo sviluppo dell’elettronica di gestione delle batterie, che, grazie all’ausilio dell’intelligenza artificiale, permetterà di allungarne la vita. Le batterie saranno dotate anche di sistemi IoT per facilitarne l’uso da parte dei clienti finali. Il piano di realizzazione del nuovo impianto, della durata complessiva di 7 anni, rappresenta un’irripetibile occasione per l’azienda e per l’intero comparto italiano ed europeo per ricavarsi un ruolo da protagonista nel settore della tecnologia di accumulo agli ioni di litio, e per sviluppare, anche in Europa, l’intera filiera tecnologica che ruota attorno a questa tecnologia così strategica.Categoria: notizie - economia circolare - rifiuti - batterie - automotive Fonte: nordesteconomia
SCOPRI DI PIU'I pannelli solari a doppia faccia aumentano la qualità del pannello ma richiedono più vetrodi Marco ArezioChe le energie rinnovabili siano entrate nella nostra vita e nelle nostre aspettative future è una certezza ormai assodata e, che per questo, le aziende e la comunità scientifica si stanno impegnando a trovare dei prodotti sempre più performanti che migliorino, non solo l’efficienza tecnica, ma riducano anche il costo dell’energia prodotta, è un auspicio importante. In quest’ottica il fotovoltaico ha fatto, in pochi anni, passi enormi, creando pannelli solari a doppia facciata che permettono una migliore resa, non soltanto attraverso la luce diretta, ma riuscendo a intercettare anche la luce riflessa dalle superfici circostanti il pannello. Questo miglioramento tecnologico richiede però più vetro, creando un incremento della domanda di materia prima che ha fatto schizzare verso l’alto il prezzo. Il problema non è solo di carattere economico, ma riguarda anche la futura disponibilità di vetro da lavorare nei prossimi anni, risorsa che, se non si dovesse trovare in relazione alla domanda del marcato, metterebbe in difficoltà il settore. Se analizziamo il problema dal punto di vista economico, quindi un aumento dei costi delle materia prime che compongono un pannello solare a doppia facciata, dobbiamo considerare che la quota di mercato attuale di questo tipo di pannello è di circa il 14% di quelli venduti, prevedendo un aumento fino al 50% entro il 2022. Quindi un incremento del prezzo della materia prima che investirà, probabilmente il 50% del mercato, potrebbe portare un aumento di costo del pannello che, nell’economia generale dell’impianto, rischia di assottigliare in modo eccessivo i margini di profitto della filiera senza gli interventi di sostegno statale. Di conseguenza, se i progetti del solare dovessero essere considerati non più remunerativi, probabilmente gli investitori rinuncerebbero a finanziarli con la conseguenza di ridurre la crescita del settore. Per quanto riguarda l’incremento della domanda di vetro vi sono aree del pianeta in cui la raccolta differenziata non funziona o non si applica, la cui conseguenza è che il vetro non viene avviato al riciclo e quindi si perde una risorsa importante. In altre aree della terra la raccolta differenziata non riesce a coprire la domanda crescente di vetro da riciclare da parte delle industrie produttive, con la conseguenza di far aumentare i prezzi e di ridurre la produttività industriale. La Cina è il più grande produttore mondiale di pannelli solari e sta vivendo la difficoltà del reperimento della materia prima e del contenimento dei costi di produzione, problema così importante che i più grandi produttori di pannelli solari, come la LONGi Solar, hanno chiesto al governo Cinese di interessarsi del problema. Considerando che la Cina, avendo dichiarato di voler raggiungere nel 2060 la parità carbonica, è impegnata nell’aumento della produzione di energie da fonti rinnovabili, di cui il solare è un pilastro insostituibile, aumentando questo tipo di produzione dai 210 GW attuali a circa 2200 GW entro il 2060, progetto che può proseguire anche attraverso la risoluzione del problema della mancanza di vetro sul mercato.Categoria: notizie - vetro - economia circolare - rifiuti - fotovoltaico Vedi maggiori informazioni
SCOPRI DI PIU'Scopri la storia del carrello della spesa, dall'invenzione di Sylvan Goldman nel 1937 all'utilizzo di plastica riciclata per una scelta più sostenibile e innovativadi Marco ArezioIl 4 giugno 1937 segna una data storica nel mondo della vendita al dettaglio: nei negozi di alimentari Humpty Dumpty a Oklahoma City, Oklahoma, furono introdotti i primi carrelli della spesa al mondo. Questa invenzione, che oggi consideriamo indispensabile, è stata il frutto della genialità di Sylvan Goldman, un intraprendente negoziante dell'Oklahoma. Negli anni '30, Goldman affrontava una sfida comune: le sue clienti, principalmente donne, smettevano di fare acquisti quando le loro ceste a mano diventavano troppo pesanti. Goldman, riflettendo su come risolvere questo problema, ebbe un'idea semplice ma rivoluzionaria: creare una cesta più grande e montarla su ruote. Utilizzando una sedia pieghevole come base, sviluppò il primo prototipo di carrello della spesa. La Resistenza al Cambiamento e l'Adozione del Carrello Come molti innovatori, Goldman dovette affrontare la resistenza al cambiamento del suo mercato di riferimento. Le donne trovavano il carrello simile a un passeggino per bambini, mentre gli uomini lo consideravano poco virile. Determinato a superare queste barriere, Goldman adottò una strategia proattiva: assunse persone per fare la spesa usando i carrelli e mise a disposizione assistenti per offrire i carrelli ai clienti all'ingresso del negozio. Questa strategia si rivelò vincente. Gradualmente, i clienti iniziarono a utilizzare i carrelli, riconoscendone la praticità. Goldman brevettò la sua invenzione e vide crescere il suo business in modo significativo, diventando uno dei filantropi multimilionari dell'Oklahoma. L'Evoluzione dei Materiali e del Design Dopo l'adozione iniziale, i carrelli della spesa continuarono a evolversi. I primi modelli erano costruiti principalmente in metallo, con ceste di filo metallico, offrendo resistenza e funzionalità. Tuttavia, con l'avanzare della tecnologia e l'introduzione di nuovi materiali, i carrelli della spesa iniziarono a incorporare componenti in plastica per ridurre il peso e i costi di produzione. Negli anni '70 e '80, l'uso della plastica divenne predominante, portando alla produzione di carrelli più leggeri e meno costosi. Tuttavia, l'uso diffuso della plastica sollevò preoccupazioni ambientali, portando alla ricerca di soluzioni più sostenibili. Carrelli in Plastica Riciclata: Una Soluzione Sostenibile La crescente consapevolezza ambientale ha stimolato l'industria a sviluppare carrelli della spesa realizzati in plastica riciclata. Questi carrelli combinano i vantaggi della plastica - leggerezza e resistenza - con un minore impatto ambientale. La plastica riciclata proviene da diverse fonti, tra cui rifiuti post-consumo come bottiglie e imballaggi, nonché rifiuti industriali. Tipologie di Plastica Riciclata - Polietilene Tereftalato (PET): Questa plastica è comunemente utilizzata nelle bottiglie per bevande. Viene raccolta, pulita e triturata in piccoli fiocchi che vengono poi fusi per creare nuovi prodotti, inclusi i componenti dei carrelli della spesa. - Polietilene ad Alta Densità (HDPE): Utilizzato per prodotti come contenitori di latte e detergenti, l'HDPE è robusto e resistente, rendendolo ideale per le parti strutturali dei carrelli. - Polipropilene (PP): Trovato in articoli come tappi di bottiglie e contenitori di yogurt, il PP è leggero ma resistente, spesso usato per componenti che richiedono una buona resistenza chimica e termica. Processo di Produzione Il processo di produzione dei carrelli in plastica riciclata inizia con la raccolta dei rifiuti plastici, che vengono poi selezionati e puliti per rimuovere impurità. Questi materiali vengono triturati in piccoli pezzi e fusi in pellet, che possono essere colorati e modellati in vari componenti del carrello attraverso stampaggio a iniezione. Questo processo consente di creare carrelli che non solo riducono l'impatto ambientale, ma sono anche robusti e leggeri. Vantaggi dei Carrelli in Plastica Riciclata I carrelli in plastica riciclata offrono diversi vantaggi. Sono più leggeri rispetto ai carrelli in metallo, facilitando il loro utilizzo da parte dei clienti. Inoltre, la plastica riciclata può essere modellata in una varietà di forme e colori, offrendo maggiore flessibilità nel design. Il Futuro dei Carrelli della Spesa Il futuro dei carrelli della spesa è promettente, con continue innovazioni mirate a migliorare la sostenibilità e l'efficienza. L'integrazione di nuove tecnologie, come sensori e funzionalità smart, potrebbe trasformare ulteriormente l'esperienza di acquisto, rendendo i carrelli più interattivi e personalizzati. In conclusione, dai prototipi di Sylvan Goldman ai moderni carrelli in plastica riciclata, l'evoluzione dei carrelli della spesa riflette un percorso di innovazione e adattamento. Ogni fase della loro storia ha contribuito a migliorare l'efficienza del processo di acquisto e a rispondere alle esigenze dei consumatori e alle sfide ambientali. Con un continuo impegno verso l'innovazione sostenibile, i carrelli della spesa continueranno a svolgere un ruolo cruciale nell'esperienza di acquisto quotidiana.© Riproduzione Vietata
SCOPRI DI PIU'Una narrazione di bellezza e coraggio attraverso il vetro di scartodi Marco ArezioAvvicinatevi e lasciatevi catturare da questo momento delicato: un uomo e una donna, formati interamente da frammenti di vetro riciclato, stanno per baciarsi, con i loro volti che si fondono nella luce del tramonto. Fragilità Riflessa non è solo un'opera visiva, è un invito a riflettere sul significato dell'amore e della connessione umana. Ogni frammento di vetro spezzato, ricomposto, si fa parte di una storia più grande, raccontando la delicatezza delle relazioni umane. Le superfici traslucide delle figure catturano la luce naturale che, passando attraverso le scaglie di vetro, crea un arcobaleno di riflessi colorati. Immaginate di essere lì, nel momento in cui il sole si abbassa e filtra tra i rami degli alberi. Il paesaggio, sereno e naturale, accarezza le due figure in un abbraccio luminoso. Ogni pezzo di vetro è un ricordo, un'esperienza passata che contribuisce a costruire l'unicità di ciascuna figura. Nonostante la loro natura fragile, i due amanti si avvicinano, rischiando di infrangersi. Ed è qui che si trova il vero coraggio: nel connettersi, nel permettere alla propria vulnerabilità di brillare. Un simbolo di rigenerazione L’artista non ha scelto il vetro per caso. Il vetro riciclato simboleggia sia la delicatezza che la forza: è un materiale che, pur essendo spezzato, può sempre essere trasformato e dare nuova vita a qualcosa di bello. Così come i pezzi di vetro sono stati rigenerati, l’opera ci invita a guardare alle nostre esperienze e alle nostre relazioni con lo stesso spirito di rigenerazione. Anche quando ci sentiamo frammentati, possiamo creare bellezza. C’è una magia luminosa che risplende nei legami umani, persino quando questi sono fragili ed effimeri. Un invito a riflettere In questa composizione, l’artista ci sfida a vedere oltre la bellezza apparente delle superfici scintillanti, chiedendoci di riflettere sulla natura stessa delle nostre relazioni. Ogni bacio, ogni abbraccio porta con sé un rischio, eppure è questo rischio che rende l’amore autentico e splendente. Nel scegliere di usare vetro riciclato, l’opera trasmette anche un potente messaggio sull'importanza del riuso: così come il vetro può rinascere e creare nuova bellezza, anche le nostre storie ed esperienze, per quanto spezzate, possono essere riunite in un mosaico unico e prezioso. Lasciatevi avvolgere dalla luce e dai riflessi di questa intima connessione. Riconoscete la fragilità, ma anche la straordinaria forza che risiede nelle connessioni umane. È un promemoria che, nonostante tutto, la bellezza delle relazioni risiede nel loro essere vulnerabili, nell'osare nonostante la possibilità di spezzarsi. Per acquistare l'opera su formato cartoncino 21x30 o 30x40 cm. contattare il portale rMIX: info@rmix.it inserendo il codice: ECVE15© Riproduzione Vietata
SCOPRI DI PIU'Nuove tecnologie e direttive europee trasformano gli impianti di depurazione in centri di recupero di risorse e riduzione delle emissionidi Marco ArezioLa gestione delle acque reflue urbane è da tempo uno dei pilastri fondamentali per preservare l’ambiente e garantire la salute pubblica. Tuttavia, il contesto attuale richiede un cambio di prospettiva radicale. L’Unione Europea, con la revisione della Direttiva sulle Acque Reflue Urbane, propone una visione innovativa in cui i depuratori non sono più solo infrastrutture per il trattamento dei rifiuti liquidi, ma diventano attori chiave della transizione ecologica. L’obiettivo è trasformarli in centri di recupero delle risorse, in grado di produrre energia, materie prime e acqua rigenerata, contribuendo a ridurre significativamente l’impatto ambientale. Nuova Direttiva Europea 2024: Gestione Avanzata e Sostenibile delle Acque Reflue La gestione delle acque reflue urbane in Europa sta per subire una trasformazione significativa con l'entrata in vigore della nuova Direttiva (UE) 2024/3019, prevista per il 1° gennaio 2025. Questa normativa, che sostituirà la precedente Direttiva 91/271/CEE del 1991, introduce misure più rigorose per il trattamento delle acque reflue, ampliando l'ambito di applicazione e allineandosi agli obiettivi del Green Deal europeo. Principali Novità della Direttiva 2024/3019 Estensione dell'Ambito di Applicazione: La nuova direttiva abbassa la soglia per l'obbligo di raccolta e trattamento delle acque reflue urbane, includendo gli agglomerati con più di 1.000 abitanti equivalenti, rispetto ai 2.000 della normativa precedente. Questo implica che un numero maggiore di comunità dovrà dotarsi di sistemi adeguati per la gestione delle acque reflue.Introduzione di Trattamenti Avanzati: Sono previsti trattamenti più sofisticati per rimuovere nutrienti come azoto e fosforo (trattamento terziario) entro il 2039 negli impianti che servono oltre 150.000 abitanti equivalenti. Inoltre, entro il 2045, questi impianti dovranno implementare un trattamento quaternario per eliminare microinquinanti, come i PFAS e le microplastiche, proteggendo così l'ambiente e la salute umana.Responsabilità Estesa del Produttore: La direttiva introduce il principio "chi inquina paga", imponendo ai produttori di prodotti farmaceutici e cosmetici di coprire almeno l'80% dei costi aggiuntivi per la rimozione dei microinquinanti dalle acque reflue. Questo incentivo economico mira a ridurre l'immissione di sostanze nocive nell'ambiente.Obiettivo di Neutralità Energetica: Entro il 2045, gli impianti di trattamento delle acque reflue che servono oltre 10.000 abitanti equivalenti dovranno raggiungere la neutralità energetica, utilizzando energia proveniente da fonti rinnovabili generate internamente. Questo contribuirà alla riduzione delle emissioni di gas serra e all'efficienza energetica del settore.Promozione del Riutilizzo delle Acque Reflue Trattate: Gli Stati membri sono incoraggiati a favorire il riutilizzo delle acque reflue trattate, specialmente nelle aree soggette a stress idrico, per scopi appropriati come l'irrigazione agricola e l'uso industriale, contribuendo così alla conservazione delle risorse idriche.Tempistiche di Attuazione La direttiva entrerà in vigore il 1° gennaio 2025, con diverse scadenze per l'implementazione delle misure previste: 31 luglio 2027: Termine per il recepimento della direttiva da parte degli Stati membri. 2035: Obbligo di trattamento secondario per tutti gli agglomerati con almeno 1.000 abitanti equivalenti. 2039: Implementazione del trattamento terziario negli impianti che servono oltre 150.000 abitanti equivalenti. 2045: Introduzione del trattamento quaternario e raggiungimento della neutralità energetica negli impianti di grandi dimensioni. Questa nuova normativa rappresenta un passo decisivo verso una gestione più sostenibile ed efficiente delle acque reflue urbane in Europa, contribuendo alla protezione dell'ambiente e alla salute pubblica. Un Quadro Normativo Ambizioso La Direttiva Europea sulle Acque Reflue Urbane, introdotta nel 1991, ha segnato un momento cruciale nella regolamentazione ambientale, imponendo standard minimi per il trattamento degli scarichi urbani. Oggi, a distanza di oltre tre decenni, è evidente la necessità di un aggiornamento che tenga conto delle nuove sfide climatiche, economiche e tecnologiche. La revisione in corso punta a integrare i principi del Green Deal europeo, con tre obiettivi principali: migliorare la qualità delle acque, contribuire alla neutralità climatica e valorizzare le risorse contenute nelle acque reflue. Questa visione si traduce in una spinta verso l’innovazione tecnologica e una gestione più sostenibile. I depuratori, che tradizionalmente rappresentavano un costo per le amministrazioni pubbliche, si stanno trasformando in centri produttivi, con ricadute positive per l’ambiente e le comunità. Il Ruolo dei Depuratori nella Transizione Ecologica Per comprendere la portata di questa trasformazione, è importante analizzare i nuovi ruoli che i depuratori possono assumere. Non si tratta solo di trattare le acque reflue per ridurre l’inquinamento, ma di valorizzarne il potenziale attraverso il recupero di energia, nutrienti e acqua trattata. Energia dai Fanghi di Depurazione Una delle innovazioni più rilevanti riguarda il recupero di energia dai fanghi di depurazione. Questi contengono materia organica che, attraverso il processo di digestione anaerobica, può essere trasformata in biogas. Questo gas, composto principalmente da metano, può essere utilizzato per produrre energia elettrica e calore, rendendo l’impianto autosufficiente e, in alcuni casi, capace di immettere energia nella rete pubblica. Un’ulteriore evoluzione è rappresentata dal biometano, ottenuto purificando il biogas. Questo combustibile rinnovabile può essere utilizzato per il trasporto o immesso nelle reti di distribuzione del gas naturale, contribuendo alla riduzione delle emissioni di gas serra. Recupero di Nutrienti per l’Agricoltura Le acque reflue contengono elementi preziosi come fosforo e azoto, fondamentali per la produzione agricola. Tecnologie avanzate permettono di recuperare questi nutrienti sotto forma di composti utilizzabili, come la struvite, un minerale cristallino usato come fertilizzante. Questo approccio non solo riduce la dipendenza da fertilizzanti chimici, ma contribuisce anche a mitigare i problemi legati all’eutrofizzazione, un fenomeno causato dall’eccesso di nutrienti nei corpi idrici. Produzione di Acqua Rigenerata Un altro aspetto cruciale è il riutilizzo delle acque trattate. Attraverso tecniche avanzate di affinamento, come la filtrazione a membrana e la disinfezione con raggi UV, è possibile ottenere acqua di alta qualità per usi non potabili. Questa risorsa rigenerata può essere impiegata in agricoltura, nell’industria o per il ripristino di ecosistemi naturali, riducendo la pressione sulle risorse idriche naturali, particolarmente nelle aree afflitte da scarsità d’acqua. Riduzione delle Emissioni di Gas Serra Un elemento meno noto, ma di grande rilevanza, riguarda le emissioni di gas serra associate al trattamento delle acque reflue. I processi biologici di depurazione producono metano e protossido di azoto, gas con un potenziale di riscaldamento globale elevato. La nuova Direttiva incoraggia l’adozione di misure per catturare e riutilizzare questi gas, riducendo al contempo le emissioni generate dai consumi energetici dell’impianto. Innovazione Tecnologica e Sviluppo Sostenibile La trasformazione dei depuratori in "fabbriche verdi" è resa possibile grazie all’adozione di tecnologie avanzate. Sistemi di monitoraggio in tempo reale, basati su sensori IoT, consentono di ottimizzare i processi e ridurre i consumi energetici. L’intelligenza artificiale offre strumenti per prevedere i carichi idrici e migliorare l’efficienza operativa, mentre le membrane per l’ultrafiltrazione e i processi di ossidazione avanzata garantiscono un trattamento delle acque sempre più efficace. Queste innovazioni non solo migliorano la sostenibilità degli impianti, ma aprono nuove opportunità economiche. Il recupero di risorse come energia, nutrienti e acqua rigenerata crea nuovi mercati e riduce i costi operativi, rendendo il modello di economia circolare non solo vantaggioso per l’ambiente, ma anche economicamente sostenibile. Un Futuro Sostenibile per i Depuratori La revisione della Direttiva sulle Acque Reflue Urbane rappresenta un passo avanti verso un futuro più sostenibile, in cui i depuratori diventano protagonisti della transizione ecologica. Questa visione richiede investimenti iniziali significativi e un impegno congiunto di governi, imprese e comunità locali, ma i benefici a lungo termine sono evidenti. La trasformazione dei depuratori in hub di economia circolare non è solo una risposta alle sfide ambientali, ma anche un’opportunità per ripensare il nostro rapporto con le risorse naturali. Attraverso la tecnologia e l’innovazione, è possibile creare infrastrutture capaci di coniugare efficienza, sostenibilità e resilienza, segnando un nuovo capitolo nella gestione delle acque reflue. © Riproduzione Vietatafoto wikimedia
SCOPRI DI PIU'Lettera aperta agli ambientalisti da un ambientalista di Marco ArezioOggi voglio raccontarvi la mia piccola storia di ambientalista, nata in un tempo che sembra appartenere a un altro mondo. Non c'erano social media, niente cellulari, e la televisione impiegava minuti ad accendersi, aspettando che le valvole si scaldassero.Gli inizi: un amore per la naturaNon ho ricordi nitidi del mio amore per la natura fino ai sei anni. Ma proprio a quell'età ebbi una fortuna speciale: frequentai una scuola sperimentale, un luogo diverso, che ti insegnava a guardare il mondo con occhi curiosi. Era il 1970, e gli insegnanti adottavano un metodo che andava oltre i libri, un percorso che ci portava a esplorare il bello, a conoscerlo, a viverlo. Così iniziai a conoscere la natura da vicino, non da dietro un banco, ma camminandoci dentro, sentendomi parte di essa.Da quel momento fu amore a prima vista, senza ripensamenti. La parola "ecologista" ancora non esisteva, ma io lo ero già. A casa avevamo tre vecchi pini e, su uno di questi, a otto anni, costruii il mio rifugio segreto, lassù a quindici metri da terra, con tre assi di legno trovate nell’orto di mio padre. Lì passavo i pomeriggi dopo la scuola, arrampicandomi in cima e scendendo su una canna d'acqua in PVC legata a un ramo. Mi sentivo il re del mondo, circondato solo dal vento e dal profumo dei pini.La montagna: un amore estremoQuando divenni più grande e acquisii maggiore indipendenza, quella passione per la natura divenne un desiderio irrefrenabile di scoprirla in tutta la sua forza. Così ho scelto l'alpinismo. Ho scelto la montagna per vivere la natura nella sua forma più pura e selvaggia, senza compromessi, spesso in solitudine. Scalavo in estate e in inverno, cercando percorsi difficili e solitari, volendo immergermi completamente nella bellezza incondizionata della natura.Dalla passione al lavoroAnche nella mia vita lavorativa ho voluto dare un senso a questo amore. Dopo alcune esperienze iniziali, ho iniziato a lavorare nella produzione di manufatti in plastica riciclata e, successivamente, nel riciclo dei rifiuti plastici. Era come chiudere il cerchio che avevo aperto da bambino: fare qualcosa di concreto per salvaguardare, nel mio piccolo, quell'ambiente che tanto amavo.Oggi: una battaglia controcorrenteOggi, viviamo in un mondo dove tutto è veloce, dove i social media sono lo strumento principale per veicolare idee. Un mondo in cui, a suon di slogan e di foto condivise, l'odio per la plastica è diventato la bandiera di chi vuole sentirsi parte di una battaglia giusta. Capisco l'indignazione e capisco anche le campagne per ridurre l'uso della plastica inutile. Sono sicuramente iniziative lodevoli, come lo è raccogliere i rifiuti in spiaggia o utilizzare borse in cotone. Ma a volte ho la sensazione che sia una lotta contro il nemico sbagliato.Non ho mai visto una bottiglia in PET o un flacone di detersivo camminare da soli verso il mare e tuffarsi per restare lì. Sono le nostre mani che portano la plastica dove non dovrebbe stare. La plastica, di per sé, non è il nemico: siamo noi che non ne gestiamo l’uso e lo smaltimento. Eppure, milioni di dollari vengono riversati in campagne che additano la plastica come il male assoluto, anche da parte di quelle stesse aziende che hanno contribuito a crearne l’abuso. A me sembra una gigantesca operazione di marketing, una maschera per ripulirsi la coscienza.La vera sfida: investire in culturaSe è l'uomo che inquina, perché non investire nella cultura? Perché non insegnare davvero cosa significhi un comportamento ecologico alle persone che non hanno le stesse opportunità educative dei paesi più avanzati?Da ecologista, non odio la plastica. Credo anzi che i rifiuti plastici possano essere una risorsa per salvare le risorse ambientali, trasformandoli in nuovi prodotti o carburanti. Quello che non tollero è l'ignoranza e la manipolazione di chi si fa convincere che basti un post o uno slogan per essere davvero dalla parte della natura.ConclusioneQuesta è la mia storia, il mio piccolo viaggio di ambientalista. Una storia di amore per la natura, di coerenza e di battaglie affrontate con la testa alta, non per moda, ma per passione sincera.© Riproduzione Vietata
SCOPRI DI PIU'Perché la Plastica Riciclata deve Costare più di quella Vergine?di Marco ArezioIn un mondo dove lo sfruttamento delle risorse naturali della terra sta mettendo in ginocchio l’ambiente in cui viviamo, dove la crescita esponenziale dei rifiuti sta creando una situazione intollerabile, anche aiutata dai comportamenti umani, dove l’industria del riciclo non riesce ad assorbire tutti i rifiuti che la società produce per trasformali in materie prime, ci sono ancora persone che considerano l’acquisto della materia prima riciclata possibile solo se è un affare economico vantaggioso.Non stupitevi, ma è quello che succede in molte parti del mondo, dove ancora oggi la materia plastica riciclata è vista come un sottoprodotto economico delle materie prime vergini, riducendo l’acquisto ad un fatto meramente di convenienza economica.Ecco perché la plastica riciclata deve costare più di quella vergineInnanzitutto, in linea generale, sarebbe una questione etica quella di capire che l’uso della plastica riciclata è necessaria per il consumo dei rifiuti che vengono prodotti ogni giorno dalla società e che senza il riciclo e l’utilizzo di questa materia prima, il problema dei rifiuti sarebbe molto più pressante di quanto non lo sia adesso. Ma supponiamo che l’etica sia un esercizio mentale soggettivo e che non si venga sfiorati da questi dubbi, dobbiamo comunque sforzarci di considerare come sia importante capire che, oggi, non si dovrebbe poter scegliere tra l’uso di una plastica vergine al posto di quella riciclata nella produzione di articoli di uso comune. Vediamo alcuni motivi:• La materia prima riciclata, salvo alcuni settori specifici come il medicale e una parte del settore food, può essere impiegata normalmente come le materia prima vergine, sia per caratteristiche tecniche che estetiche. Quindi la frase che si sente spesso “se costa lo stesso prezzo o poco di meno compro la materia prima vergine perché è migliore” ce la dobbiamo dimenticare. • A fronte di una crescita dei rifiuti non riciclati, che oggi è mediamente arrivata nel mondo a sfiorare l’85-90% dei rifiuti plastici prodotti, il settore del riciclo soffre di mancanza di molte tipologie di plastiche da lavorare, in quanto il sistema della raccolta-riciclo-produzione di materia prima in molti paesi è scollegato o non funziona come dovrebbe. • La mancanza di alcuni prodotti strategici come gli scarti in PVC per l’estrusione e lo stampaggio o in HDPE per il settore del soffiaggio e dell’estrusione, implica, a fronte dei numeri riferiti ai materiali che non vengono riciclati che abbiamo visto al punto precedente, di dover comprare materia prima vergine per sopperire alla mancanza di quella riciclata. • Le politiche governative di sostegno economico a settori, che nel passato venivano considerati strategici, come quello dell’estrazione e raffinazione delle fonti energetiche fossili, sono completamente fuori tempo e sbagliate, se consideriamo che il mondo del riciclo non riceve gli stessi sussidi statali nonostante svolga un compito ecologico e nel rispetto dell’economia circolare. • Produrre materia prima seconda significa non utilizzare risorse naturali, ridurre l’impronta carbonica, evitare l’inquinamento dei mari, del terreno e dell’aria se i rifiuti vengono bruciati. Inoltre preservare la nostra salute, in quanto è stato dimostrato che la catena alimentare è influenzata negativamente da questo problema. Cioè ci mangiamo ciò che buttiamo. • Il prezzo dei polimeri riciclati può e dovrebbe costare più di quella vergine per motivi tecnici e per motivi etici. Tra quelli tecnici consideriamo che si deve investire molto di più sulla filiera della raccolta differenziata per aumentare l’input disponibile, che la selezione e trattamento meccanico dei rifiuti ha un costo elevato che si ripercuote sul costo del polimero, che il settore subisce la concorrenza dei produttori di materie prime vergini in termini di prezzo e quindi i margini del settore, che compiono anche un’opera sociale, sono molto bassi se non negativi. I motivi etici riguardano i concetti della “green economy” in cui valgono le regole delle 4 R: riuso, riciclo, risparmio e recupero. Meglio utilizzare materie prime che derivano dalla filiera del riciclo che materie prime vergini per tutti i motivi presentati. • Bisogna considerare un costo dell’educazione civica della popolazione sulla gestione dei rifiuti e le conseguenze delle azioni umane di gettarli nei fiumi. Educare le persone ad un approccio culturale corretto sull’ambientale è un tassello finanziario necessario, da conteggiare nel costo delle materie prime riciclate, un’azione che porterà ad un mondo più pulito, a ridurre lo sfruttamento delle risorse naturali per la produzione di polimeri vergini e ad una disponibilità maggiore di plastica da riciclare oggi carente sui mercati internazionali, per alcune tipologie.Categoria: notizie - plastica - economia circolare - rifiuti Vedi maggiori informazioni sul riciclo
SCOPRI DI PIU'Notizie sui polimeri riciclati, sulle macchine e gli stampi per le materie plastiche, sui prodotti fatti in plastica riciclata, sulle tecniche di produzione e sulle novità di mercatodi Marco ArezioNel portale del riciclo rMIX è possibile trovare sezioni dedicate alle informazioni e alle notizie sulla plastica riciclata e sul mondo che le ruota intorno. Ci sono molti aspetti tecnici, commerciali e di informazione generale che aiutano gli operatori del settore della plastica riciclata a rimanere aggiornati e a cogliere occasioni commerciali interessanti. Le sezioni si dividono in: • Polimeri riciclati: nella sezione è possibile trovare informazioni sulle offerte e richieste di polimeri riciclati, sia da post consumo che post industriali, in varie forme come i granuli, i macinati, i densificati, le polveri e le balle. La plastica riciclata offerta o richiesta la potete selezionare per tipologia, forma e paese di provenienza. • Macchine e stampi: nella sezione troverete informazioni su offerte e richieste di macchine ed attrezzature per la lavorazione della plastica riciclata e dei rifiuti, nonché degli stampi per produrre i prodotti finiti. • Prodotti fatti in plastica riciclata: nella sezione troverete offerte e richieste di prodotti realizzati con i polimeri riciclati, attraverso i sistemi di stampaggio, soffiaggio, termoformatura, film ed estrusione. • Lavori conto terzi: nella sezione troverete le aziende che offrono servizi conto terzi come lo stampaggio, l’estrusione, la filmatura, il lavaggio, la macinazione, la micronizzazione, il confezionamento, il soffiaggio delle bottiglie e delle taniche e molti altri servizi. • Consulenza e distribuzione: nella sezione troverete le aziende che sono specializzate nella distribuzione e nell’import-export dei polimeri riciclati, inoltre le aziende di consulenza che operano come agenti, rappresentanti e tecnici delle materie plastiche riciclate. • Informazioni tecniche: nella sezione potete trovare gli approfondimenti tecnici su vari aspetti che riguardano la plastica riciclata ed il suo impiego. Nello specifico si parla della gestione dei rifiuti, del lavaggio, della macinazione della densificazione, della granulazione, del comportamento fisico, chimico e meccanico della materia prima e delle macchine. Molti articoli riguardano come migliorare i vari aspetti produttivi e come evitare i problemi di qualità sui prodotti finiti e sui semilavorati. • Informazioni generali: nella sezione vengono riportate informazioni sul mercato che riguardano il mondo della plastica riciclata, le iniziative aziendali, le novità commerciali, finanziarie e gli aggiornamenti che possono interessare gli operatori del settore. • Economia circolare: nella sezione troverete numerosi articoli che affrontano come si può ottenere un giusto rapporto tra l’ambiente e i rifiuti attraverso l’economia circolare. Vengono trattati aspetti tecnici produttivi, sociali in riferimento alla raccolta differenziata e i rifiuti, politici che riguardano il cammino per incrementare la circolarità delle produzioni e dei beni sul mercato. Categoria: Notizie - plastica riciclata - rifiuti - macchine - stampi - polimeri
SCOPRI DI PIU'Scopri i vantaggi, i criteri di scelta e le opzioni più performanti di biciclette elettriche con telaio in alluminio per ogni esigenza di mobilitàdi Marco ArezioLe biciclette elettriche con telaio in alluminio stanno diventando sempre più popolari, grazie alla combinazione perfetta tra resistenza, leggerezza e tecnologia. Se stai cercando di fare il salto verso una mobilità più sostenibile, ma al tempo stesso pratica e conveniente, una bici elettrica può essere la scelta ideale. In questa guida ti aiuterò a comprendere cosa rende unica una bici elettrica con telaio in alluminio, quali sono gli aspetti da considerare prima di acquistarla, e a fare un confronto tra alcuni modelli specifici per aiutarti a scegliere quello che meglio si adatta alle tue esigenze. Cosa sono le biciclette elettriche con telaio in alluminio? Una bicicletta elettrica con telaio in alluminio è una bicicletta equipaggiata con un motore elettrico che supporta la pedalata, rendendo l’esperienza di guida più agevole, soprattutto su percorsi collinari o lunghi tratti. Il telaio in alluminio è scelto per la sua leggerezza e resistenza, che consentono di manovrare facilmente la bici e ridurre il peso complessivo rispetto a un telaio in acciaio. L'alluminio è anche un materiale resistente alla corrosione, che lo rende perfetto per essere utilizzato in condizioni di umidità o in ambienti variabili. Le cose importanti da sapere prima di acquistare Prima di acquistare una bicicletta elettrica con telaio in alluminio, ci sono vari fattori da tenere in considerazione per fare un acquisto consapevole: Tipo di utilizzo: Che tipo di percorsi percorrerai più frequentemente? Ci sono bici elettriche pensate per il trekking, per la città o per le escursioni fuoristrada. Il tipo di terreno che affronterai influenzerà la tua scelta in termini di sospensioni, tipo di ruote e motore. Autonomia: La durata della batteria è fondamentale, soprattutto se prevedi di percorrere lunghe distanze. Verifica quanti chilometri può percorrere la bici con una carica completa. L’autonomia può variare anche in base al peso del ciclista, alla modalità di assistenza elettrica e al tipo di terreno. Motore: Il motore di una bici elettrica si può trovare sulla ruota anteriore, centrale o posteriore. Un motore centrale tende a essere più equilibrato e adatto per terreni variabili, mentre i motori sulle ruote offrono maggiore potenza nelle salite. Batteria: Verifica che la batteria sia facilmente removibile per essere ricaricata separatamente e per una maggiore durata complessiva nel tempo. Le batterie al litio sono le più comuni e offrono una buona durata e prestazioni. Sospensioni: Le biciclette elettriche possono avere sospensioni anteriori, posteriori o su entrambe le ruote. Se prevedi di affrontare terreni accidentati, una buona sospensione farà la differenza per il comfort durante il viaggio. Comfort e regolazioni: Non dimenticare l'importanza della comodità. Verifica che la bicicletta offra manubri regolabili, sella ergonomica e una buona posizione di guida che riduca lo stress su schiena e articolazioni. Sostenibilità: Le biciclette elettriche stanno diventando sempre più sostenibili, ma è importante informarsi sul ciclo di vita del prodotto. Verifica se l’azienda offre soluzioni per il riciclo delle batterie e dei componenti e cerca aziende che investano in pratiche sostenibili durante la produzione. Le differenze tra i prodotti sul mercato Nel panorama delle biciclette elettriche, ci sono differenze significative tra i vari modelli, non solo in termini di design, ma anche di performance e sostenibilità. Alcuni modelli sono specificamente progettati per l'uso urbano, mentre altri sono pensati per le escursioni fuoristrada. Alcuni produttori si concentrano più sulla durata della batteria e sul motore, mentre altri danno importanza al comfort e alla resistenza del telaio. Criteri per la scelta Quando ti appresti a scegliere una bicicletta elettrica con telaio in alluminio, oltre ai fattori tecnici come motore e batteria, considera anche il livello di assistenza che desideri. Se cerchi un'esperienza di guida senza fatica, opta per un modello con un motore potente e un’autonomia elevata. Se invece vuoi un’esperienza di guida più dinamica, con la possibilità di fare un po’ più di esercizio, una bici con motore meno potente potrebbe essere l'ideale. Sostenibilità del prodotto e delle aziende produttrici Molte delle aziende che producono biciclette elettriche stanno cercando di ridurre l’impatto ambientale dei loro prodotti. Controlla se l'azienda ha certificazioni di sostenibilità o politiche di riciclo per componenti come le batterie. Inoltre, alcune aziende utilizzano materiali riciclabili o provenienti da fonti sostenibili nella produzione dei telai, delle gomme e di altri componenti della bici. Confronto tra i modelli Ecco un confronto tra quattro modelli di biciclette elettriche con telaio in alluminio: Eleglide M2Motore: 250W, motore posteriore. Batteria: 48V, 12.5Ah, autonomia fino a 50 km. Sospensione: Anteriore con ammortizzatore. Caratteristiche: Bici adatta per escursioni e percorsi collinari, ottimo per terreni accidentati. Sostenibilità: Non sono fornite informazioni dettagliate sul riciclo o sulla produzione sostenibile. E-Moon 26 PolliciMotore: 250W, motore posteriore. Batteria: 36V, 10.4Ah, autonomia fino a 60 km. Sospensione: Anteriore, comoda per l’uso urbano e per il trekking. Caratteristiche: Design compatto, adatta per l’uso cittadino. Sostenibilità: Non sono fornite informazioni sul processo produttivo ecologico, ma è una buona scelta per chi cerca un mezzo a bassa manutenzione. Eleglide T1 Step-ThruMotore: 250W, motore anteriore. Batteria: 36V, 10.4Ah, autonomia fino a 50 km. Sospensione: Anteriore, buona per percorsi urbani. Caratteristiche: Facilità di montaggio grazie al design step-thru, adatta per utenti di tutte le età. Sostenibilità: Non menzionato, ma un modello orientato al comfort urbano. ENGWE E26Motore: 250W, motore anteriore. Batteria: 36V, 12.8Ah, autonomia fino a 50 km. Sospensione: Anteriore, progettata per escursioni leggere. Caratteristiche: Buona per uso misto (urbano e leggero fuoristrada). Sostenibilità: Azienda non specifica pratiche ecologiche, ma la qualità dei componenti è abbastanza buona. Quale scegliere? La scelta dipende principalmente dalle tue esigenze di utilizzo. Se cerchi una bici più versatile per escursioni o percorsi collinari, l'Eleglide M2 è la più adatta. Se, invece, ti muovi principalmente in città e desideri una bici più compatta e comoda, l'E-Moon 26 Pollici o l’Eleglide T1 Step-Thru potrebbero essere le opzioni migliori. Se preferisci un buon compromesso tra uso urbano e fuoristrada leggero, l’ENGWE E26 è un’alternativa solida. Ogni modello ha i suoi vantaggi e, sebbene nessuno dei produttori offra informazioni dettagliate sul riciclo, tutti i modelli sono un passo verso una mobilità più sostenibile rispetto ai veicoli tradizionali. © Riproduzione Vietata
SCOPRI DI PIU'L’artista portoghese che trasforma plastica e scarti in potenti messaggi di sensibilizzazione ambientale di Marco ArezioL'opera d'arte condivisa è un esempio emblematico del lavoro di Bordalo II, artista portoghese noto per le sue imponenti installazioni realizzate con rifiuti e materiali riciclati. In questa particolare creazione, Bordalo II ha rappresentato una famiglia di orsi polari, un simbolo potente che richiama direttamente l'attenzione sui temi della conservazione ambientale e del cambiamento climatico. La Storia di Bordalo II Bordalo II, all'anagrafe Artur Bordalo, è nato a Lisbona nel 1987, figlio d'arte, suo nonno era un rinomato pittore portoghese, Real Bordalo. Sin da giovane, Bordalo II è stato esposto al mondo dell'arte e ha sviluppato un forte interesse per l'uso di materiali non convenzionali. Ha iniziato la sua carriera come street artist, dipingendo murales nella sua città natale, ma ben presto ha trovato la sua vera vocazione nel trasformare i rifiuti urbani in sculture di grande impatto visivo e sociale. Il nome d'arte "Bordalo II" è un omaggio al nonno, ma anche un segno di continuità e innovazione rispetto alla tradizione artistica familiare. Durante la sua formazione, Bordalo II ha frequentato l’Accademia di Belle Arti di Lisbona, dove ha affinato le sue tecniche e ha iniziato a sperimentare con materiali di recupero. La sua sensibilità per le questioni ambientali si è sviluppata osservando il degrado urbano e l'inquinamento nelle aree che frequentava per realizzare le sue opere. Da questa consapevolezza è nato il desiderio di fare dell'arte uno strumento di denuncia e di riflessione. Analisi dell'Opera L'opera che raffigura tre orsi polari è un perfetto esempio del lavoro di Bordalo II. La famiglia di orsi, composta da un adulto e due cuccioli, è costruita interamente con plastica riciclata e altri materiali di scarto. La scelta degli orsi polari non è casuale; essi sono simboli riconosciuti dell'impatto devastante che il riscaldamento globale e la distruzione degli habitat naturali stanno avendo sulla fauna selvatica. L'utilizzo di materiali inquinanti per rappresentare animali in pericolo di estinzione crea un potente contrasto che cattura l'attenzione e stimola la riflessione. Il Messaggio dell'Artista Bordalo II utilizza materiali riciclati come forma di protesta contro l'eccessivo consumismo e la distruzione dell'ambiente. Le sue opere si collocano al confine tra arte e attivismo, con l'obiettivo di sensibilizzare il pubblico sull'impatto delle azioni umane sull'ecosistema. La plastica, uno dei materiali più utilizzati nelle sue creazioni, rappresenta l'emblema della società dei consumi e delle sue contraddizioni. Bordalo II raccoglie questi materiali per dar loro nuova vita, trasformandoli da rifiuti in opere d'arte e, nel processo, sfidando il pubblico a riconsiderare la propria relazione con i materiali di scarto. L'Arte di Trasformare i Rifiuti L'approccio di Bordalo II non è isolato; ci sono molti altri artisti nel panorama internazionale che condividono una visione simile e che utilizzano i rifiuti come materia prima per le loro opere. Ecco alcuni dei principali: Vik Muniz: Artista brasiliano che utilizza rifiuti e materiali di scarto per creare immagini complesse e dettagliate. Muniz è noto per le sue opere che, viste da vicino, rivelano la loro natura frammentata, ma che a distanza si fondono in immagini straordinarie. El Anatsui: Artista ghanese che lavora con tappi di bottiglia e lattine per creare grandi installazioni tessili. Le sue opere esplorano temi di consumo, riciclaggio e il passaggio del tempo. Jane Perkins: Artista britannica che utilizza piccoli oggetti di plastica e altri materiali trovati per creare ritratti e immagini colorate e intricate. Le sue opere dimostrano come i materiali di scarto possano essere trasformati in arte vibrante. Tim Noble e Sue Webster: Duo britannico che crea sculture assemblando rifiuti urbani e altri oggetti di scarto, giocando spesso con ombra e luce per rivelare figure umane nascoste. Subodh Gupta: Artista indiano che utilizza utensili da cucina e altri oggetti domestici di scarto per creare installazioni che riflettono sulla cultura del consumo e sulla globalizzazione. Conclusione L'opera di Bordalo II che raffigura tre orsi polari fatti di plastica riciclata non è solo una rappresentazione artistica, ma una potente dichiarazione sull'urgenza di affrontare la crisi ambientale. La storia di Bordalo II, dalla sua formazione come street artist alla sua evoluzione in artista di fama internazionale, riflette un percorso di crescita personale e artistica guidato da una profonda sensibilità per le questioni ambientali. L'uso di materiali di scarto nelle sue opere non è solo un mezzo espressivo, ma un atto di denuncia contro l'eccessivo consumismo e lo spreco che caratterizzano la società moderna. Come altri artisti che lavorano con i rifiuti, Bordalo II ci invita a vedere i rifiuti sotto una nuova luce e a riflettere sul nostro ruolo nel proteggere il pianeta. In questo contesto, l'arte diventa non solo un mezzo di espressione, ma anche uno strumento di cambiamento sociale e ambientale, capace di sensibilizzare e ispirare azioni concrete per un futuro più sostenibile.
SCOPRI DI PIU'I prezzi dei granuli, macinati, densificati, balle e materozze in plastica da post consumodi Marco ArezioIl mercato dei polimeri plastici riciclati da post consumo comprende un elevato numero di famiglie di prodotti e un’estesa gamma di forme, da poter utilizzare come materie prima nelle fasi di riciclo. Ogni famiglia di polimeri è caratterizzata da numerose sottofamiglie che ne identificano applicazioni particolari e, quindi, anche prezzi differenti. Per esempio, nel campo dell’HDPE in granulo, possiamo trovare le seguenti sottofamiglie che caratterizzano ricette diverse in base all’applicazione: • HDPE da estrusione • HDPE da film • HDPE da soffiaggio • HDPE da stampaggio Queste sottofamiglie hanno ulteriori livelli di sottoprodotti, con prezzi differenti, in base all’elemento specifico da realizzare. Per esempio, un granulo di HDPE da estrusione avrà livelli di prezzi differenti se viene impiegato per la realizzazione dell’interno del tubo corrugato, se utilizzato per la produzione dello stato esterno dello stesso, se si vuole produrre un tubo da irrigazioni rigido o un tubo con una certa pressione per il trasporto dei liquidi. Così, anche le altre sottofamiglie di HDPE avranno dei prezzi differenti al variare della filtratura, dell’MFI, della densità, del colore di base o finale, dell’Izod, del modulo ecc.. Quindi, non sarà il polimero generico, come succede in quelli vergini, ad avere un prezzo di riferimento, ma saranno le applicazioni finali che determineranno i costi della materia prima. Se poi prendiamo in considerazione l’estesa gamma dei polimeri riciclati da post consumo, entreranno in gioco anche altre caratteristiche, come la composizione della ricetta, le percentuali dei vari polimeri contenuti, le cariche e gli additivi necessari. Per quanto riguarda i macinati plastici da post consumo, nei prezzi bisogna considerare il tipo di taglio, la composizione, il grado di deferrizzazione, il colore prevalente, il lavaggio o meno e gli eventuali residui del taglio. Le balle dei materiali plastici riciclati avranno dei prezzi differenti in base alla selezione realizzata, tanto più accurata in termine di mono plastiche, tanto maggiore sarà il prezzo, inoltre si deve tener presente la loro pulizia e il loro imballo. Anche nel campo dei densificati i prezzi possono variare in base alla forma e alla loro dimensione, al grado di pulizia che esprime il prodotto, al migliore DSC proposto e al colore di base. Come si può vedere da quanto detto, non è possibile esprimere attraverso un listino generico le variabili di prezzo, in quanto sono molto numerose, quindi, per sapere un prezzo di riferimento sul mercato, in un certo momento dell’anno, è necessario fare un’analisi specialistica sul canale di interesse per il cliente. La società Arezio Marco si occupa di analizzare i prezzi della plastica riciclata sul mercato di interesse per il cliente, individuando la ricetta utile e verificando l’andamenti dei prezzi dai maggiori players nazionali ed internazionali sul mercato. I polimeri plastici da post consumo principalmente trattati sono: HDPE, LDPE, MDPE, PS, PVC, PP, PP/PE, ABS. Categoria: notizie - plastica - economia circolare - riciclo - rifiuti - prezzi
SCOPRI DI PIU'Un Viaggio Attraverso la Storia della Cura Dentale, dall'Antichità alle Innovazioni Moderne in Materiali e Sostenibilitàdi Marco ArezioIl tubetto di dentifricio, un oggetto apparentemente semplice, ha una storia lunga e complessa che si intreccia con l'evoluzione della cura dentale e delle tecnologie dei materiali. Sin dai tempi antichi, l'igiene orale ha rivestito un ruolo importante nella vita umana, e i metodi per pulire i denti hanno subito numerose trasformazioni. I tubetti di dentifricio, così come li conosciamo oggi, sono il risultato di secoli di innovazioni, dall'invenzione delle prime paste dentali fino alla scelta dei materiali per il confezionamento. Le Origini della Cura Dentale L'uso di sostanze per pulire i denti risale a migliaia di anni fa. Gli Egizi, intorno al 3000 a.C., utilizzavano un mix di polveri abrasive composte da ceneri di ossa e gusci d'uovo, mescolate con mirra e altri ingredienti aromatici. Gli antichi Greci e Romani utilizzavano sostanze simili, arricchite con polvere di carbone o di corallo. Questi metodi rudimentali di pulizia erano prevalentemente a base di polveri, e venivano applicati con l'ausilio di panni o con le dita. La Transizione alle Paste DentaliL'evoluzione verso le paste dentali moderne iniziò nel XIX secolo. Nel 1824, un dentista di nome Peabody fu uno dei primi a introdurre il sapone nelle formulazioni per migliorare le capacità detergenti delle polveri dentali. Poco dopo, nel 1873, la Colgate & Company iniziò a produrre la prima pasta dentale in commercio, venduta in barattoli di vetro. Questi contenitori, sebbene innovativi, presentavano alcuni inconvenienti, come la difficoltà di dosaggio e la non praticità nell'uso quotidiano.L'Invenzione del Tubetto di DentifricioWashington Sheffield. By Sheffield Pharmaceuticals - Sheffield Pharmaceuticals Private Il vero punto di svolta arrivò nel 1892, quando il dentista Dr. Washington Sheffield di New London, Connecticut, introdusse per la prima volta un tubetto di metallo per contenere la pasta dentale. Ispirato dai tubetti utilizzati per le vernici dagli artisti, Sheffield capì che questo tipo di confezione era ideale per mantenere la freschezza della pasta, proteggerla da contaminazioni esterne e facilitare l'uso quotidiano grazie alla possibilità di spremere facilmente il contenuto. Questo tubetto era realizzato in stagno, un metallo morbido e malleabile, che poteva essere facilmente piegato per sigillare il prodotto all'interno. Nel 1896, la Colgate & Company seguì l'esempio di Sheffield e lanciò il suo primo tubetto di dentifricio in metallo, avviando così una rivoluzione nel settore dell'igiene orale. Da quel momento in poi, il tubetto divenne lo standard per il confezionamento del dentifricio. L'Evoluzione dei Materiali Con il passare del tempo, l'industria del dentifricio si è evoluta, e con essa anche i materiali utilizzati per i tubetti. Sebbene i primi tubetti fossero realizzati in stagno, questo metallo presentava alcuni problemi, tra cui la possibilità di corrodersi a contatto con i componenti acidi del dentifricio. Negli anni '50, con l'avvento delle materie plastiche, i tubetti in metallo iniziarono gradualmente a essere sostituiti da tubetti in plastica laminata, costituiti da più strati di diversi polimeri. I tubetti laminati, spesso composti da polietilene e alluminio, offrivano numerosi vantaggi: erano più leggeri, resistenti alla corrosione, e potevano essere prodotti a costi inferiori. Inoltre, questi nuovi materiali consentivano una maggiore flessibilità nel design e nella stampa, permettendo ai produttori di personalizzare i tubetti con colori vivaci e loghi accattivanti. Negli anni recenti, la crescente consapevolezza ambientale ha spinto l'industria a esplorare materiali più sostenibili. Alcuni produttori hanno iniziato a introdurre tubetti completamente riciclabili, realizzati interamente in polietilene monomateriale, che possono essere riciclati insieme agli altri rifiuti di plastica. Altri stanno sperimentando l'uso di bioplastiche, ottenute da risorse rinnovabili come il mais o la canna da zucchero, per ridurre l'impatto ambientale del prodotto finale. Le Materie Prime dei Dentifrici Accanto all'evoluzione dei tubetti, anche la formulazione del dentifricio ha subito significativi cambiamenti. Le materie prime usate per la produzione del dentifricio sono una combinazione di sostanze abrasive, agenti leganti, umettanti, saponi o tensioattivi, aromi, coloranti, conservanti e, ovviamente, fluoruro. Abrasivi: Gli abrasivi sono utilizzati per rimuovere la placca e le macchie superficiali dai denti. I composti più comuni includono il carbonato di calcio, il fosfato di calcio e il biossido di silicio. Questi materiali devono essere abbastanza duri per pulire, ma non così abrasivi da danneggiare lo smalto dentale. Agenti leganti: Questi agenti, come la gomma di xantano o il carbossimetilcellulosa, sono utilizzati per stabilizzare la pasta e prevenire la separazione dei componenti. Umettanti: Gli umettanti, come la glicerina e il sorbitolo, sono aggiunti per mantenere l'umidità del dentifricio e prevenire che si secchi. Tensioattivi: Il laurilsolfato di sodio è il tensioattivo più comunemente utilizzato, che aiuta a creare la schiuma durante lo spazzolamento e a distribuire uniformemente il dentifricio sulla superficie dei denti. Aromi e dolcificanti: Aromi, come la menta, e dolcificanti, come il saccarosio e il sorbitolo, sono aggiunti per migliorare il gusto del dentifricio, rendendo l'esperienza di spazzolamento più piacevole. Fluoruro: Il fluoruro è uno degli ingredienti chiave del dentifricio moderno, noto per la sua capacità di rafforzare lo smalto dei denti e prevenire le carie. Viene generalmente utilizzato sotto forma di fluoruro di sodio, fluoruro stannoso o monofluorofosfato di sodio. Conservanti e coloranti: Per garantire la durata del dentifricio e la stabilità nel tempo, vengono aggiunti conservanti come il benzoato di sodio, e coloranti per rendere il prodotto esteticamente attraente.Starks Tandpasta, Storico Dentifricio olandese. Foto WimediaInnovazioni Recenti e SostenibilitàNegli ultimi anni, l'attenzione si è spostata anche verso l'impatto ambientale dei dentifrici e dei loro tubetti. Con milioni di tubetti di dentifricio venduti ogni anno in tutto il mondo, lo smaltimento di questi materiali rappresenta una sfida significativa. Questo ha portato a innovazioni sia nella formulazione del dentifricio che nel design dei tubetti. Ad esempio, alcuni marchi stanno sviluppando dentifrici solidi, venduti in barattoli riutilizzabili, o in forma di compresse, eliminando completamente la necessità di un tubetto. Altri stanno lavorando su formule prive di microplastiche e ingredienti chimici potenzialmente dannosi per l'ambiente. Parallelamente, i produttori di tubetti stanno esplorando materiali riciclabili al 100%, come il polietilene ad alta densità (HDPE), che può essere riciclato insieme ai contenitori di plastica rigida. Questi sforzi sono parte di un movimento più ampio verso la sostenibilità, che mira a ridurre l'impatto ambientale dei prodotti di consumo quotidiano. Conclusione La storia dei tubetti di dentifricio riflette non solo l'evoluzione della tecnologia e dei materiali, ma anche i cambiamenti nelle aspettative dei consumatori e nella consapevolezza ambientale. Da semplici contenitori in stagno, i tubetti si sono trasformati in oggetti di design avanzato, realizzati con materiali sofisticati che rispondono alle esigenze moderne di praticità e sostenibilità. Allo stesso tempo, la composizione del dentifricio è passata da rudimentali miscele di polveri a complesse formulazioni scientifiche, in grado di fornire una protezione efficace contro le carie e migliorare l'igiene orale. Questa continua evoluzione è un esempio perfetto di come anche gli oggetti più comuni possano nascondere storie affascinanti e intricate di innovazione e progresso.© Riproduzione VietataPubblicità cinematografica del 1935 per il dentifricio. Foto Tho-RadiaFoto di copertina Wikimedia
SCOPRI DI PIU'Produzione, recupero, riciclo e riuso degli pneumaticidi Marco ArezioSembra incredibile ma nel 2019 sono stati venduti nel mondo circa 3 miliardi di pneumatici, un volume enorme di materie prime impiegate, il cui prodotto finale deve essere riciclato nel rispetto delle regole dell’economia circolare. Siamo abituati a vedere gli pneumatici nella nostra vita quotidiana, sulle auto, bici, moto e su tutti gli altri mezzi della mobilità che incontriamo ogni giorno, ma dobbiamo anche pensare, in un’ottica di economia circolare, come dare una seconda vita agli pneumatici e come far diventare sostenibile il prodotto che usiamo. Per fare questo dovremmo conoscere un pò di storia del prodotto, di come viene realizzato e quali metodi oggi conosciamo per il loro smaltimento. La Storia La storia degli pneumatici è da far risalire al brevetto depositato a Londra dallo scozzese Robert William Thomson, nel 1846, ben prima della diffusione delle auto, camion, corriere e delle moto. Erano anche gli anni in cui la gomma naturale si affacciava al mondo industriale, (vedi articolo), e si provava a modellarla in forme differenti a varie temperature, per saggiarne la consistenza a caldo e a freddo. Negli Stati Uniti, nello stesso periodo, Charles GoodYear, dopo lunghi studi iniziati nel 1839 che si occupavano delle reazioni tra gomma con lo zolfo, riuscì a brevettare nel 1844, un compound attraverso il quale si potevano gestire le deformazioni elastiche della gomma sotto l’effetto delle temperature. Ma l’invenzione dei due ricercatori rimase lettera morta finché si arrivò ad inventare la camera d’aria che potesse sopportare, all’interno del pneumatico, il peso e le torsioni impresse dal mezzo in movimento. I vantaggi della ruota “ad aria” erano riassunti in una minore forza necessaria al movimento del mezzo, più silenziosità, maggiore confort e maggiore manovrabilità. Nonostante questi indubbi successi, dal punto di vista industriale non ci fù seguito e la ruota ad aria fu dimenticata rapidamente. Si dovette aspettare il 1888 quando John Boyd Dunlop brevettò nuovamente un pneumatico ad aria per biciclette e l’anno successivo lo applicò alla bicicletta di William Hume, un ciclista mediocre, che con questa rivoluzionaria bicicletta vinse, a Belfast, tutte e tre le competizioni a cui si era iscritto. Il successo fu tale che iniziò la produzione in serie di queste biciclette equipaggiate con il rivoluzionario pneumatico. Gli studi in quel periodo non si concentrarono solo sugli pneumatici, ma anche sui cerchioni che dovevano contenerli, sulle mescole per ispessire parti in cui gli sforzi del rotolamento erano superiori, sui problemi legati al surriscaldamento dei fili di orditura e, infine, per proteggere la ruota dalle forature. Nel 1912 gli pneumatici passarono dai colori chiari al nero, in quanto si era scoperto che l’aggiunta di nero fumo alla mescola, aumentasse la resistenza all’usura della gomma. Durante questi anni la produzione delle auto aumentò e l’adozione della gomma ad aria è da attribuire ai fratelli Michelin, che la testarono nella corsa Parigi-Brest-Parigi, del 1891, che vinsero con solo 5 forature. Processo di vulcanizzazione della gomma Il cuore del processo di produzione degli pneumatici sta nel principio di vulcanizzazione della materia prima, che consiste nel riscaldamento della gomma con lo zolfo. La vulcanizzazione tra il poliisoprene e lo zolfo provoca una modifica della struttura molecolare del polimero creando un aumento dell’elasticità e della resistenza a trazione del prodotto, riducendo l’abrasività e l’appicicosità iniziale. La realizzazione del processo di vulcanizzazione si ottiene attraverso una mescola tra l’elastomero, lo zolfo e altri additivi chimici quali acceleranti, attivatori, rinforzanti, antiossidanti, inibitori e anti invecchianti. Il Riciclo degli pneumatici Come abbiamo visto in precedenza, nel solo 2019 sono stati venduti circa 3 miliardi di pneumatici, che avranno un’usura in un certo lasso temporale, per poi venire sostituiti con altri articoli nuovi. Questo succede ogni anno, da anni, così da generare un’immensa quantità di pneumatici esausti che fino a poco tempo fà finivano in discarica o in centri di stoccaggio, perchè il loro riciclo era complicato a causa del mix di componenti che il prodotto contiene. Oggi disponiamo di alcuni processi di recupero degli pneumatici che possono ridurre la pressione tra produzione e riciclo. Possiamo elencare tre procedimenti di riciclo: Triturazione Meccanica Il processo prevede la triturazione grossolana degli pneumatici con pezzature intorno a 70 o 100 mm. per lato, passando poi attraverso il processo di asportazioni delle parti metalliche, la granulazione, con un’ulteriore pulizia e il processo finale di micronizzazione in cui il prodotto risulterà, pulito e diviso in differenti granulometrie. Processo Criogenico Il processo prevede una prima fase di triturazione grossolana degli pneumatici con relativa asportazione delle parti metalliche. Successivamente il macinato viene sottoposto ad un raffreddamento con azoto liquido, in modo da ricreare una struttura cristallina e fragile che permette facilmente una nuova triturazione fine. Il materiale di risulta viene poi trattato attraverso il processo di polverizzazione con mulini a martelli o dischi. Processo ElettrotermicoIl processo prevede la prima riduzione meccanica dimensionale del prodotto per poi essere inseriti in forni verticali ad induzione magnetica. In questi forni avviene il distaccamento delle parti metalliche dalla gomma sotto l’effetto di una temperatura di circa 700 gradi. Alla fine di questa operazione, la parte di gomma viene raccolta ed avviata alla de-vulcanizzazione che consiste nel riportare, l’elemento recuperato, ad una forma chimica simile all’elastomero originale, attraverso processi termochimici in autoclavi. Quali sono le caratteristiche della materia prima riciclata e quali i suoi impieghi? I granuli in gomma riciclata, vengono impiegati per la realizzazione di conglomerati resino-gommosi utilizzandoli in mescola al 60/70%, impiegando macchine a stampaggio a freddo. Per quanto riguarda il polverino, il suo impiego può essere abbinabile ad impasti con l’elastomero vergine ed impiegato attraverso i processi di pressofusione o altri tipi di stampaggio a caldo. C’è però da constatare che il riciclo degli pneumatici risulta ancora molto ridotto rispetto al totale raccolto, il che fa aumentare i costi per lo smaltimento, lasciando aperto il problema della loro gestione post vita. Le principali applicazioni dei granuli e del polverino le possiamo trovare nella produzione di superfici drenanti per campi con erba sintetica, asfalti, superfici che attutiscono le cadute nei capi gioco, pavimenti antiscivolo, isolanti acustici, accessori per l’arredo urbano, materassi per allevamenti e altri articoli. Nuovi studi sul riciclo Attualmente gli studi in corso, per cercare di aumentare la percentuale di riutilizzo degli pneumatici esausti, si indirizzano sui processi di scomposizione dei legami chimici che l’elastomero, lo zolfo e gli additivi creano tra di loro. I ricercatori dell’Università Mc Master hanno sviluppato, a livello sperimentale, un sistema che possa tagliare i legami polimerici orizzontali spezzando la maglia che tiene insieme, chimicamente, i vari componenti, riportandoli allo stato primario.Categoria: notizie - plastica - economia circolare - riciclo - rifiuti - pneumatici
SCOPRI DI PIU'Pale eoliche, una composizione di molti materiali solidamente ancorati tra loro ne rendeva impossibile il riciclodi Marco ArezioIl vento è un pilastro della produzione delle energie rinnovabili e, da anni, si sta sfruttando con sempre maggiore interesse costruendo ed installando turbine che possano intercettare il vento e creare energia elettrica. Nonostante la prima informazione che ci è giunta dal passato circa l’utilizzo del vento per scopi meccanici risale al I secolo D.C. ad opera dell’Ingegnere greco Erone di Alessandria, la forza del vento all’epoca veniva soprattutto sfruttata nel campo navale, per riempire le vele e creare il moto delle barche sull’acqua. Intorno al IX secolo D.C. si iniziò in India, Iran e in Cina, ad usare il vento per far girare delle pale telate che potevano imprimere una forza ad un sistema di trasmissione, attraverso il quale si potevano eseguire nuovi lavori meccanizzati, come macinare i cereali, pompare l’acqua o eseguire alcune attività nel campo edile. In Europa i mulini a vento si diffusero in maniera capillare, soprattutto in Olanda, utilizzandoli per pompare l’acqua dai terreni sotto il livello del mare. Questa operazione fu così importante nelle operazioni di bonifica, che il mulino a vento assunse una figura rappresentativa del paese. Per vedere l’uso del vento nella produzione di energia elettrica, abbiamo dovuto aspettare fino al 1887 quando il professor James Blyth costruì, nel suo guardino, la prima turbina eolica per dare la corrente al suo cottage. Il risultato fu così incoraggiante che nel 1891 depositò il brevetto. Negli anni successivi molti altri inventori e scienziati studiarono, testarono e brevettarono, migliorie sul numero di pale ideale per fruttare al meglio la forza del vento, il loro profilo, i sistemi meccanici dei rotori e le altezze corrette di installazione delle turbine. Le pale eoliche, non metalliche, sono formate da un agglomerato di prodotti la cui prevalenza è costituita da legno di balsa, plastica, fibra di vetro, ed in misura minore da fibre di carbonio e metalli vari. Il ciclo di vita di un parco eolico può essere considerato intorno ai 25 anni e, recentemente, si è presentata la prima ondata di turbine dismesse. Teniamo in considerazione che, nella sola Germania, si prevedono nel 2024 circa 15.000 pale da riciclare. La difficoltà di separare gli elementi che costituiscono il manufatto ha fatto mettere in moto l’istituto tedesco WKI, che hanno studiato come separare il legno di balsa dalle parti plastiche e dalla vetroresina, al fine di recuperare le parti in legno per costruire nuovi pannelli isolanti per edifici. In una lama del rotore può contenere fino a 15 metri cubi di balsa, un legno leggerissimo e molto resistente, ma essendo solidarizzato con la vetroresina e la plastica, era considerato un rifiuto non riciclabile e finiva negli impianti di incenerimento o nelle cementerie come combustibile. L’istituto WKI dopo vari tentativi, ha capito che i componenti si potevano separate sfruttando la loro tenacità, infatti inserendo il prodotto in un mulino a rotazione e scagliando il pezzo contro delle parti metalliche, la balsa si scomponeva dai pezzi in vetroresina e da quelli in plastica. La balsa recuperata veniva ceduta agli impianti di produzione di pannelli fonoisolanti ultraleggeri, infatti, questi, raggiungono una densità di circa 20 Kg. per metro cubo e le loro prestazioni sono paragonabili ai pannelli in polistirolo.Categoria: notizie - pale eoliche - economia circolare - riciclo - rifiutiVedi maggiori informazioni sull'energia eolica
SCOPRI DI PIU'La Resilienza della Natura tra Rottami e Macchinari Arrugginiti di Marco ArezioQuesta opera d’arte, intitolata “Il Bosco Metallico al Tramonto”, è una rappresentazione surreale e potente di un ambiente naturale trasformato in uno scenario industriale. Il tema centrale dell’opera è la fusione tra natura e tecnologia, simbolizzata da alberi che, al posto di rami e foglie, sono fatti di rottami metallici, ingranaggi e macchinari arrugginiti. Il tramonto, con il suo bagliore caldo e arancione, si riflette sulle superfici fredde e dure del metallo, creando un contrasto cromatico tra toni caldi e freddi che accentua la dicotomia tra la vita naturale e il decadimento industriale. Le forme contorte degli alberi di ferro sembrano evocare la resilienza della natura, che cerca di sopravvivere anche in un mondo trasformato dall’uomo e dalle sue tecnologie. L’artista, attraverso questa visione distopica, vuole stimolare una riflessione sull’impatto dell’industrializzazione e del consumo eccessivo delle risorse naturali. L’immagine trasmette un messaggio profondo sulla fragilità della natura di fronte alle forze distruttive del progresso, ma allo stesso tempo lascia trasparire una sottile speranza: l’energia del sole al tramonto suggerisce un ciclo in continua evoluzione, un possibile rinnovamento o un ritorno a un equilibrio perduto. In definitiva, “Il Bosco Metallico al Tramonto” è un’opera che colpisce per la sua intensità visiva e simbolica, offrendo uno spunto di riflessione sulla relazione tra uomo, tecnologia e natura in un’epoca in cui il futuro dell’ambiente è sempre più incerto.Per acquistare l'opera su formato cartoncino 21x30 o 30x40 cm. contattare il portale rMIX: info@rmix.it inserendo il codice: ECME0310. © Riproduzione Vietata
SCOPRI DI PIU'La Caotica Situazione del Polipropilene in Turchia: la Tempesta Perfettadi Marco ArezioUn periodo così se lo ricorderanno a lungo, non solo il sistema industriale Turco che utilizza il polipropilene ma, a cascata, anche gli acquirenti dei prodotti finiti che le fabbriche Turche riforniscono e il sistema finanziario che è sotto pressione.Gli aumenti spropositati del polipropilene in Turchia è la conseguenza di una serie di situazioni eccezionali che si sono verificate sui mercati mondiali delle materie prime vergini, manifestandosi come una tempesta perfetta. E come tutte le tempeste improvvise, la situazione ha colto di sorpresa anche i buyers Turchi, creando una serie di difficoltà sull’approvvigionamento della materia prima, sui livelli di prezzi insostenibili e sui bilanci delle aziende. La concatenazione degli eventi si è abbattuta su analisi previsionali di disponibilità di PP regolare, pur con una previsione di un rialzo dei prezzi che sembrava sostenibile e ciclico. Le aspettative di un rialzo graduale ruotavano intorno alla considerazione di un periodo estremamente lungo di prezzi sotto la media, di una ipotesi di ripresa internazionale e dell’avvicinarsi del capodanno Cinese che avrebbe liberato maggiori disponibilità sul mercato. In realtà queste tesi si sono rilevate sbagliate in merito all’eccezionalità degli eventi che sono capitati: • I problemi metereologici negli USA con un crollo delle produzioni di PP • Lo spostamento di parti delle scorte mondiali dei produttori verso mercati più profittevoli come gli USA e l’Europa • La scarsità di circolazione dei containers che ha impennato le quotazioni • Il concatenamento di fermi produttivi agli impianti, in parte già programmati come Total, Ineos, LyondellBasell, ExxonMobil, Borealis e Unipetrol. Scorte ridotte anche nel Medio Oriente, area di normale approvvigionamento per la Turchia • La riduzione delle festività del capodanno cinese a causa del Covid con una ripresa dei consumi di di polimeri prima del previsto • Il rallentamento delle operazioni doganali causa Covid. Questi eventi concatenati hanno portato in Turchia un livello dei prezzi elevatissimi, con una scarsità di disponibilità che ha messo in crisi i produttori locali. Gli operatori dichiarano aumenti per il PPH di 350-500 $ a tonnellata, da una settimana all’altra e i buyers non sanno come trasmettere in modo costruttivo al settore commerciale gli aumenti dei costi dei prodotti. La crescita dei prezzi in percentuale ha raggiunto il 49% per il PP Raffia e il 32% il PPBC per iniezione, rispetto a Febbraio 2021, creando il caos soprattutto nelle aziende che lavorano con contratti di forniture per clienti che assemblano i semilavorati prodotti in Turchia. Non sono solo i margini di contribuzione sulle commesse a non quadrare più, ma anche l’impossibilità di produrre per la mancanza, anche a qualsiasi prezzo, della materia prima. Nemmeno l’aumento della lira turca rispetto al dollaro è stata di aiuto in questa situazione paradossale, che sta mettendo in ginocchio il comparto delle materie plastiche avendo un peso nel paese di cruciale importanza. Ci si interroga su quando questa situazione possa risolversi, ma gli analisti sono prudenti nello stabilire delle date, in quanto il fenomeno è complesso e la risoluzione delle problematiche passa dall’evolversi in modo positivo di tutti i fattori sopra descritti.Categoria: notizie - plastica - economia circolare - rifiuti - PP - Turchia Maggiori informazioni sulle regole di navigazione internazionali
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