QUALE È LA POSIZIONE DELL’UNIONE EUROPEA SUL FENOMENO DEL GREENWASHING?

Economia circolare
rMIX: Il Portale del Riciclo nell'Economia Circolare - Quale è la Posizione dell’Unione Europea sul Fenomeno del Greenwashing?

Un’attività di marketing del tutto deplorevole ed ingannevole che ha mosso anche i vertici Europei


di Marco Arezio

Secondo l’Unione Europea circa il 40% della comunicazione verso i consumatori, che sia fatta attraverso la pubblicità diretta che attraverso le informazioni sugli imballi dei prodotti, è spesso priva di fondamento e facilmente ingannevole verso le scelte di acquisto.

Siamo circondati da parole come “verde”, “green”, “ecosostenibile”, “bio”, “riciclabile”, “rispettoso dell’ambiente” e via dicendo, ma dietro queste parole si cela davvero un prodotto all’altezza di quanto dichiarato?

Sembrerebbe che spesso non lo sia, tant’è vero che il Parlamento Europeo darà indicazioni agli stati membri di adottare delle azioni dissuasive verso questo fenomeno, imponendo sanzioni al fine di non alterare il mercato.

L’obbiettivo della proposta di legge è quello di aiutare i consumatori a fare scelte consapevoli e ridurre la concorrenza sleale, tra le aziende che producono prodotti ecocompatibili, da quelle che non lo fanno ma lo dicono.

Infatti, i consumatori nella maggior parte dei casi, non dispongono di informazioni corrette quando acquistano un prodotto, in quanto le etichette non sempre rispecchiano le indicazioni reali del contenuto, ma quello che il consumatore vorrebbe ci fosse all’interno.

Una sottile strategia di marketing che tende a dare ai clienti ciò che desiderano senza, per altro, fare nulla dal punto di vista industriale per realizzare ciò che si scrive sugli imballi, creandosi delle scorciatoie con pochi sforzi.

L’Unione Europea pensa di istituire un controllo indipendente, fatto da enti terzi, che possano verificare ciò che le imprese dichiarano sui loro prodotti, per evitare, ed eventualmente sanzionare, con interventi efficaci, proporzionati e dissuasivi, chi fa dichiarazioni ecologiche quando in realtà non lo sono.

Le sanzioni dovrebbero essere stabilite sulla base di criteri comuni, considerando "la natura e la gravità dell'infrazione", nonché "i benefici economici che ne derivano" e il potenziale danno ambientale causato.

Il ruolo dell’autorità di vigilanza, in fatto di commercio ed ambiente, è sempre più importante per dare, sia ai consumatori la giusta protezione che si meritano, sia alle imprese un corretto mercato, con una competizione onesta ed equivalente per tutti i paesi dell’Unione Europea.

Bisogna però considerare che tra la proposta e l’entrata in vigore di una legge Europea passerà ancora del tempo, in quanto, attualmente, nel mercato comune ci sono circa 200 attestati o marchi di “qualità ecologica”, ognuno dei quali nasce da legislazioni nazionali e si basa su metodologie di controllo differenti paese per paese.

Gran parte del dibattito è incentrato sulla metodologia Product Environmental Footprint (PEF), che la Commissione Europea vuole estendere gradualmente a una gamma sempre più ampia di prodotti, dando una sorta di patente agli stessi, seguendoli dalla loro nascita fino alla loro fine.

L’utilizzo della metodologia PEF ha creato dei malumori tra i produttori di alcuni settori, in quanto sembrerebbe che non tenga in considerazione tutti gli aspetti produttivi e commerciali relativi alla sostenibilità.

Infatti, per quanto riguarda gli imballaggi, ad esempio, i produttori di vetro si sono lamentati del fatto che la metodologia PEF prevista, fosse eccessivamente focalizzata sulle emissioni di CO2, senza tener conto del fatto che il vetro può essere riciclato più e più volte. Nel frattempo, altri vantaggi del vetro, come l'assenza di sostanze chimiche tossiche nella sua composizione, non sono stati debitamente rispecchiati, secondo la Federazione europea dei produttori di imballaggi in vetro (FEVE).

L’Unione Europea si è detta disponibile a trovare una strada che possa considerare le esigenze di tutti i settori produttivi, cercando di ottenere una legge che rappresenti le aziende, i consumatori e tuteli l’ambiente.

Un capitolo importante sarà poi dedicato alla comunicazione da parte delle aziende verso il mercato, il quale dovrà essere monitorato e sanzionato in caso di atteggiamenti che rispecchino il greenwashing.

Quest’attività sanzionatoria dovrebbe avere un aspetto anche sociale, dichiarando l’impresa che utilizza questi sistemi degna di ricevere un “certificato di vergogna”, oltre che ad una multa, in modo da compensare le informazioni fraudolente con un’immagine negativa nei confronti dei consumatori.


Traduzione automatica. Ci scusiamo per le eventuali inesattezze. Articolo originale in Italiano.



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