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https://www.rmix.it/ - La fine dell’hdpe riciclato da soffiaggio. una morte annunciata.
rMIX: Il Portale del Riciclo nell'Economia Circolare La fine dell’hdpe riciclato da soffiaggio. una morte annunciata.
Economia circolare

Come i produttori di polimeri vergini stanno disperdendo le competenze del settore delle materie plastiche riciclatedi Marco ArezioVi racconto una storia che ha dell’incredibile agli occhi degli addetti del settore del riciclo delle materie plastiche, per cercare di far capire come è cambiato il mondo e cosa ancora ci dobbiamo aspettare dal futuro. C’era un tempo in cui il granulo in HDPE proveniente dai flaconi della detergenza non era preso in considerazione come materia prima da chi li produceva, ed era facile sentirsi dire sempre la stessa litania: “io uso il vergine e mai impiegherò materiali riciclati per i flaconi nella mia azienda”. Certo, di anni ne sono passati e il mondo della rigenerazione, con grande impegno e dedizione, ha creato prodotti impensabili, solo poco tempo fa, sia dal punto di vista della pulizia del materiale, della resistenza che danno al flacone, della tenuta delle saldature, delle tipologie di colore che spaziano dai più delicati a quelli più scuri, che nel campo della semi trasparenza in presenza di liquidi. Ma la cosa che ha creato maggiore soddisfazione tra i produttori di polimero in HDPE rigenerato per il soffiaggio è la possibilità di produrre flaconi, fino a 5 litri, al 100%, senza usare il polimero vergine. Finalmente il settore aveva dato una risposta inequivocabile alle esigenze della società in termini di economia circolare. Ma nel frattempo, i produttori di polimero vergine e alcuni grandi nomi del packaging, che fino a due o tre anni fa’ non consideravano il polimero riciclato come degno di nota, sono stati travolti dal sentimento popolare verso l’economia circolare, senza compromessi. Si è così verificata una situazione che non avevano previsto, cioè che la gente chiedesse a gran voce un packaging contenente materiale riciclato e non vergine, così da rispettare le regole che vogliono la totale circolarità della materia. Alle richieste della nuova corrente “green” non avevano risposte pronte da dare, perché il loro prodotto, da materia prima di élite, era diventato un reietto, con la conseguenza di temere la diminuzione delle vendite. L’assoluta necessità di dover far capire alla gente che le loro aziende si sono votate all’economia circolare e che le aspettative dei consumatori, in termini ambientali, sono le loro aspettative, che le preoccupazioni della società per l’inquinamento da plastica, sono le loro preoccupazioni, che la necessità di ridurre la produzione di prodotti raffinati dal petrolio per l’opinione pubblica è essenziale, così lo è anche per loro. Quello che non è a tutti evidente è come si stiano muovendo per cercare di dare ciò che la gente chiede e per creare dal nulla, improvvisamente, un prodotto apparentemente “green” che soddisfi tutti. In primo luogo hanno puntato su compound, la cui struttura primaria è fatta da polimeri vergini, aggiungendo dell’HDPE rigenerato all’interno della miscela in modo che il loro prodotto, che definiscono “ecologico”, non si discosti troppo, in produzione, dai parametri standard di un polimero vergine. Il marketing ne ha elogiato le qualità in termini di sostenibilità e lo ha sta proponendo al mercato alla stregua di un materiale riciclato, ma di una qualità superiore. A questo punto, l’ultimo tassello era vendere il compound, che non si può definire riciclato e nemmeno circolare, ad un prezzo che non era quello di un riciclato, ma nemmeno di un vergine, ma imponendo al mercato un prezzo così alto che è diventato un’affare irrinunciabile. Ma per non rinunciare a questo grande business, i produttori avevano bisogno di assicurarsi grandi quantità di materia prima riciclata, da poter metterla sui prodotti vergini come il parmigiano sugli spaghetti. Quindi hanno iniziato a comprare aziende impegnate nel riciclo del l’HDPE, in modo da assicurarsi, in modo continuativo, la fonte del polimero da post consumo. Questa situazione ha portato a due cose alquanto discutibili: La prima vede un aumento della concentrazione della disponibilità di HDPE riciclato in poche mani, e la dispersione di un’ immensa conoscenza tecnica acquisita dai riciclatori negli anni, in quanto l’obbiettivo dei produttori di vergine non è quello di migliorare la qualità del prodotto riciclato, investendo nella filiera del riciclo, ma è quello di assicurarsi solo di averlo, per poter dichiarare il loro compound “green”. La seconda porterà alla perdita della consapevolezza dei molti traguardi tecnici raggiunti con l’HDPE riciclato da parte delle aziende più dinamiche nell’ambito del riciclo, facendo invece credere al mercato che il prodotto sostenibile sia quello che si ottiene mischiando il vergine e il rigenerato. Questa politica monopolista sta iniziando anche sull’LDPE con accordi recentissimi tra produttori di granuli riciclati e trasformatori di derivati del petrolio, con il chiaro sentore che ci sia poca considerazione della filiera del riciclo costruita negli anni con tanta fatica. Dal punto di vista tecnico si potrebbe persino dire che, in certi ambiti, il compound vergine+rigenerato potrebbe avere una valenza, sui flaconi o sulle taniche oltre i 5 litri o si può obbiettare che il passaggio alla produzione diffusa di flaconi piccoli, solo con la materia prima rigenerata, non sarebbe proponibile a causa della scarsità dell’input da post consumo. Ma l’economia circolare dovrebbe andare nella direzione di incrementare il riciclo della plastica nel mondo, che è tragicamente ferma sotto il 10% di quella prodotta, invece che spingere su prodotti che di “green” hanno ben poco.Categoria: notizie - plastica - economia circolare - HDPE - ricicloVedi maggiori informazioni sul riciclo

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https://www.rmix.it/ - Gli Extra Costi degli Impianti di Termovalorizzazione per la Cattura del Carbonio
rMIX: Il Portale del Riciclo nell'Economia Circolare Gli Extra Costi degli Impianti di Termovalorizzazione per la Cattura del Carbonio
Economia circolare

Come risolvere l’abbassamento delle emissioni CO2 nei termovalorizzatori migliorando il processo dei rifiuti di Marco ArezioGli impianti di termovalorizzazione hanno raggiunto standard di efficienza ambientali molto alti rispetto a quelli costruiti negli anni ’90 del secolo scorso, ma, nello stesso tempo, le stringenti normative europee sulla riduzione dell’emissione di CO2 impongono continui efficientamenti degli impianti.Da più parti si sono studiati interventi tecnici per istallare dei sistemi di cattura e stoccaggio della CO2 che verrebbe dispersa in ambiente, modifiche efficaci e del tutto positive da un punto di vista ambientale. Il problema che però si presenta è quello di apparire, come sembrerebbe, una frettolosa soluzione che avrebbe ricadute economiche importanti sul costo della produzione di energia. Secondo gli studi condotti dalla UE sulla finanza sostenibile, il flusso dei rifiuti che entrano nei termovalorizzatori, definiti, non riciclabili o residuo, sembrerebbe composto da un’eccessiva quantità di materiali riciclabili, come plastica ed organico, sottraendo materie prime preziose che dovrebbero rientrare nella catena di produzione. Inoltre la presenza di materiali nobili, che non dovrebbero essere bruciati, aumenta l’emissione di CO2 senza motivo, dovendo poi spendere soldi per la sua cattura. Come risolvere il problema? I flussi di rifiuti definiti "residui", dovrebbero effettivamente essere composti da materiali ormai non più riciclabili e, per fare questo, è necessario che il conferimento degli scarti avvenga attraverso il miglioramento della raccolta differenziata e attraverso un efficiente e diffuso sistema di riciclo meccanico. Questo binomio aiuta alla captazione di tutti quei materiali che hanno un valore industriale e che, quindi, si possano avviare al riciclo, diminuendo il conferimento ai termovalorizzatori di materiali non corretti. A dimostrazione di ciò si possono citare gli esempi di alcuni paesi nei quali è stata applicata una tassa sui termovalorizzatori, calcolata sulla quantità di CO2 emessa. L’abbassamento delle emissioni è transitato dall’istallazione di linee di selezione dei rifiuti in entrata al fine di intercettare tutto quello che, pur presente nel flusso destinato all’incenerimento, poteva essere riciclato. Ad esempio, l'impianto di smistamento di Stoccolma Exergi in Svezia consente di risparmiare 33.000 tonnellate di CO2 all'anno, selezionando l'equivalente di circa il 75% della plastica contenuta nei rifiuti in entrata. Cosa frena questa soluzione? Innanzitutto, spesso, il conferimento dei rifiuti urbani ai termovalorizzatori è da vedersi come una scorciatoia politica alla costruzione di nuovi impianti di riciclo meccanici e di termovalorizzazione, che sono spesso invisi alla popolazione. Laddove la politica non è missione sociale, cerca di assecondare il fenomeno NIMVY (non nel mio territorio), che preferisce spedire i rifiuti lontano dalla propria area piuttosto che renderla autonoma ed efficiente. Questo però, molte volte, comporta contratti rischiosi riguardo i flussi in ingresso ai termovalorizzatori, come le "garanzie di tonnellaggio minimo", le clausole "put or pay" o i "meccanismi di banding", che possono generare penali verso i clienti che conferiscono i rifiuti se il flusso dovesse diminuire. Queste penali, di solito corpose, impediscono la creazione di un concetto di circolarità dei rifiuti locali impedendo qualsiasi operazione di gestione e trattamento degli stessi, con perdite di competitività economica e ambientale rispetto ad altri comuni. Categoria: notizie - plastica - economia circolare - riciclo - rifiuti - termovalorizzatori

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https://www.rmix.it/ - Come si Ricicla l’Alluminio e Perché Farlo
rMIX: Il Portale del Riciclo nell'Economia Circolare Come si Ricicla l’Alluminio e Perché Farlo
Economia circolare

Il riciclo dell’alluminio è un’attività che rispecchia l’economia circolaredi Marco ArezioQuando si parla di economia circolare e, nello specifico, di riciclo dei materiali che utilizziamo, c’è da tenere in considerazione il gradiente di circolarità di ogni singola famiglia di materia prima. Il vetro, la plastica, la carta, i metalli, il legno, la gomma, i materiali edili di scarto, e molti altri prodotti hanno un ciclo di riutilizzo che dipende dalle caratteristiche fisico-chimiche che lo costituiscono. C’è chi può essere riutilizzato in modo continuativo e infinito, come per esempio l’alluminio e c’è invece chi, invece, ha dei cicli di riciclo più o meno prestabiliti, trascorsi i quali, la materia prima si degrada e non permette più la sua trasformazione in nuovi prodotti. L’alluminio rientra pienamente in quei materiali nobili a cui è permesso una rigenerazione continua senza perdere le qualità intrinseche, garantendo un impatto ambientale basso, in quanto non crea nel tempo rifiuti e ha dei costi di trasformazione limitati. A livello mondiale, il riciclo dell’alluminio, in termini di tonnellate annue, vede gli Stati Uniti e il Giappone in testa, seguiti dalla Germania e dall’Italia, sia per quanto riguarda il riciclo degli scarti pre consumo che post consumo. Come abbiamo detto l’alluminio è riciclabile al 100% e riutilizzabile, teoricamente, all’infinito evitando di attingere alle risorse naturali della terra e contribuendo alla riduzione delle emissioni di sostanze inquinanti in atmosfera. L’alluminio è uno dei pochi materiali che, una volta riciclato, non perde le sue caratteristiche chimico-fisiche, risultando del tutto simile al materiale prodotto con la materia prima naturale. Ma vediamo come si ricicla l’alluminio Il materiale di scarto può provenire dalla raccolta differenziata, quindi da oggetti a fine vita che il cittadino scarta, per esempio le lattine di bibite, le scatolette di tonno, le lattine dell’olio, ecc.., oppure dagli sfridi di produzioni industriali che possono essere recuperate e reimmesse nel ciclo produttivo dopo il loro riciclo. Tutti questi scarti, dopo la loro selezione, vengono pressati in balle ed inviati in fonderia per l’attività di riciclo, che consiste in un trattamento termico a circa 500°, con lo scopo di staccare eventuali vernici o sostanze presenti e sodalizzate con l’alluminio. Terminata questa fase di pre-trattamento, il materiale viene poi fuso ad una temperatura di circa 800°, ottenendo il fuso liquido di alluminio con il quale si realizzano lingotti o placche, destinate a rappresentare la materia prima per nuovi manufatti. L’impiego dell’alluminio riciclato trova applicazione in tutti quei settori produttivi che un tempo utilizzavano solo materia prima vergine, grazie alle sue caratteristiche qualitative viene impiegato nel settore automobilistico, in quello dell’edilizia, nella produzione di oggetti per la casa, per i nuovi imballaggi, per la carpenteria, nel settore nautico e in molti altri settori. Quali sono i vantaggi del riciclo dell’alluminio Vantaggi di carattere economico e strategico, in quanto un paese può disporre di alluminio anche se è carente di materie prime naturali per realizzarlo • Vantaggi di carattere energetico, in quanto produrre alluminio riciclato fa risparmiare circa il 95% rispetto al ciclo produttivo partendo dalla materia prima naturale • Vantaggi di carattere ambientale, in quanto la raccolta e il riciclo degli scarti di alluminio contribuisce alla riduzione dei rifiuti nell’ambiente e riduce il consumo di risorse della terra Quindi, il riciclo dell’alluminio si sposa perfettamente con i dettami dell’economia circolare, che tende a contrastare l’economia lineare, rappresentata dal processo di consumo “estrarre, produrre, utilizzare e gettare”. In Europa la percentuale di riciclo dell’alluminio rappresenta ormai il 50% della produzione, con punte che sfiorano il 100% per esempio in Italia, spinti dal fatto che produrre 1 Kg. di alluminio riciclato comporta un fabbisogno energetico del 5% rispetto ad una produzione tradizionale. Il riciclo non si basa solo su principi etici o ambientali, ma diventa anche un fattore economico interessante su cui costruire dei vantaggi competitivi aziendali. Categoria: notizie - alluminio - economia circolare - riciclo - rifiuti - metalli - rottame

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https://www.rmix.it/ - Sistemi di Riciclo della Fibra di Carbonio: Tecnologie e Applicazioni Post-Riciclo
rMIX: Il Portale del Riciclo nell'Economia Circolare Sistemi di Riciclo della Fibra di Carbonio: Tecnologie e Applicazioni Post-Riciclo
Economia circolare

Dalle sfide tecnologiche alle applicazioni post-riciclo: una panoramica sui processi innovativi per il recupero della fibra di carboniodi Marco ArezioLa fibra di carbonio è un materiale composito estremamente versatile grazie alle sue eccellenti proprietà meccaniche, come l'elevata resistenza alla trazione, la rigidità e il peso ridotto. Per questo motivo, viene utilizzata in settori avanzati come l'aerospaziale, l'automobilistico, lo sportivo e l'energia eolica. Tuttavia, il crescente utilizzo di questo materiale ha evidenziato problematiche legate al suo smaltimento a fine vita, rendendo necessario lo sviluppo di tecnologie efficaci per il suo riciclo. In risposta a queste esigenze, aziende e ricercatori stanno lavorando per sviluppare e ottimizzare i processi di recupero della fibra di carbonio, cercando di rendere l'intero ciclo di vita del materiale più sostenibile. Introduzione alla Fibra di Carbonio e Sfide Ambientali La fibra di carbonio è composta da lunghi filamenti di carbonio intrecciati, combinati con resine, che danno vita a materiali compositi con elevate prestazioni. Tuttavia, una delle principali problematiche ambientali associate alla fibra di carbonio è la sua più difficile riciclabilità. A differenza di altri materiali che possono essere facilmente degradati o inceneriti, la fibra di carbonio richiede tecniche avanzate per essere recuperata e riutilizzata. La crescente domanda di questo materiale ha sollevato questioni critiche sulla gestione dei rifiuti, sia per quanto riguarda gli scarti di produzione che i prodotti a fine vita, come pale eoliche, componenti aerospaziali e parti automobilistiche. Studi recenti hanno dimostrato che la crescente quantità di rifiuti di fibra di carbonio costituisce un potenziale problema ambientale se non gestito adeguatamente. Un articolo pubblicato su Composites Part B (2022) ha sottolineato come gli scarti di produzione e il numero crescente di prodotti giunti a fine vita possano portare a un significativo aumento dei rifiuti pericolosi, rendendo necessarie soluzioni di riciclo più efficienti. Le principali sfide per il riciclo della fibra di carbonio includono: Complessità della separazione del materiale: La fibra di carbonio è spesso utilizzata in combinazione con resine polimeriche, complicando il processo di separazione. Preservazione delle proprietà: I processi di recupero devono preservare le eccellenti proprietà meccaniche del materiale riciclato. Costo del processo: I metodi di riciclo devono essere competitivi rispetto alla produzione di fibra di carbonio vergine. Tecnologie di Riciclo della Fibra di Carbonio Attualmente esistono diverse tecniche per il riciclo della fibra di carbonio, ognuna con vantaggi e svantaggi specifici. I principali processi includono: Pirolisi La pirolisi è uno dei metodi più utilizzati per il riciclo della fibra di carbonio. Questo processo consiste nel riscaldamento del materiale composito in assenza di ossigeno, a temperature comprese tra 400°C e 800°C, che permette di degradare la matrice polimerica liberando le fibre di carbonio. Vantaggi: Le fibre recuperate mantengono la maggior parte delle loro proprietà meccaniche, come la resistenza alla trazione. Inoltre, è possibile evitare l'uso di solventi chimici. Svantaggi: Il processo richiede un elevato consumo energetico e i sottoprodotti, come gas e ceneri, devono essere gestiti in maniera adeguata. Uno studio pubblicato su Journal of Cleaner Production (2021) ha dimostrato che la pirolisi, se ottimizzata, può ridurre le emissioni del 30% rispetto alla produzione di fibra di carbonio vergine, garantendo al contempo una buona qualità delle fibre recuperate. Solvolisi La solvolisi è una tecnica chimica che prevede l'utilizzo di solventi ad alte temperature e pressioni per rompere la matrice polimerica. In questo processo, le fibre di carbonio vengono separate senza subire danni significativi. Vantaggi: La solvolisi può essere eseguita a temperature più basse rispetto alla pirolisi, riducendo così i costi energetici. Inoltre, i solventi utilizzati possono essere riciclati e riutilizzati. Svantaggi: La gestione dei solventi richiede particolare attenzione per evitare impatti ambientali negativi e i costi del processo chimico possono risultare elevati. Uno studio pubblicato su Polymer Degradation and Stability (2023) ha evidenziato che l'utilizzo di solventi eco-compatibili può ridurre significativamente l'impatto ambientale della solvolisi, rendendo il processo più sostenibile e adatto a una scala industriale. Riciclo Meccanico Il riciclo meccanico implica la frantumazione dei materiali compositi contenenti fibra di carbonio in particelle più piccole, seguita dalla separazione delle fibre dai polimeri attraverso processi fisici come la macinazione o la vagliatura. Vantaggi: Questo metodo è relativamente semplice ed economico rispetto ai processi chimici e termici. Svantaggi: Le fibre risultanti sono più corte e possono perdere parte delle loro proprietà meccaniche, limitando le applicazioni del materiale riciclato. Uno studio pubblicato su Materials Today (2022) ha sottolineato che il riciclo meccanico è principalmente adatto ad applicazioni non strutturali, come la produzione di materiali da costruzione e rinforzi per calcestruzzo. Riciclo tramite Microonde Una delle tecnologie emergenti per il riciclo della fibra di carbonio è l'utilizzo delle microonde. Questo processo sfrutta il riscaldamento selettivo del materiale, che consente di degradare rapidamente la matrice polimerica preservando le fibre di carbonio. Vantaggi: Questo metodo è rapido e ha un potenziale risparmio energetico. È adatto a materiali compositi di diversa composizione e complessità. Svantaggi: Si tratta di una tecnologia ancora in fase sperimentale che necessita di ulteriori ottimizzazioni per essere applicata su scala industriale. Uno studio pubblicato su Waste Management (2023) ha mostrato che l'uso delle microonde potrebbe ridurre i tempi di riciclo del 50% rispetto ai metodi tradizionali, rendendolo un'opzione promettente per il futuro. Destinazioni e Applicazioni delle Fibre di Carbonio Riciclate Una delle principali sfide per l'economia circolare applicata alla fibra di carbonio è trovare utilizzi pratici per il materiale riciclato, poiché le fibre potrebbero non mantenere tutte le proprietà del materiale originale. Tuttavia, le fibre riciclate stanno trovando impiego in diversi settori. Settore Automobilistico L'industria automobilistica è uno dei principali settori che sta esplorando l'uso delle fibre di carbonio riciclate. Le applicazioni includono componenti strutturali e parti non critiche dei veicoli, dove la riduzione del peso è fondamentale per migliorare l'efficienza del carburante. Energia Eolica Le pale delle turbine eoliche sono spesso costruite con materiali compositi, inclusa la fibra di carbonio. Con l'aumento del numero di turbine che raggiungono la fine del loro ciclo di vita, la fibra di carbonio riciclata può essere reintegrata in nuove pale o utilizzata in componenti non strutturali come i coperchi dei motori e le parti interne delle turbine. Settore Edilizio Nel settore delle costruzioni, le fibre di carbonio riciclate possono essere utilizzate per rinforzare calcestruzzo e materiali compositi destinati a ponti, strade e altre infrastrutture. Questo impiego non richiede fibre lunghe e permette di sfruttare fibre più corte, mantenendo la resistenza complessiva delle strutture. Elettronica e Beni di Consumo Le fibre di carbonio riciclate trovano applicazione anche nell'elettronica e nei beni di consumo, specialmente in dispositivi che richiedono materiali leggeri e resistenti, come laptop, smartphone, biciclette e attrezzature sportive. Sfide e Opportunità Future Il riciclo della fibra di carbonio rappresenta una grande opportunità per ridurre l'impatto ambientale associato alla produzione e allo smaltimento di questo materiale, ma ci sono ancora alcune problematiche da affrontare. La qualità del materiale riciclato, i costi elevati di alcune tecnologie e la mancanza di normative specifiche sono tra i principali fattori che limitano la diffusione su larga scala del riciclo. Standardizzazione dei Processi Un'area critica è la standardizzazione dei processi di riciclo della fibra di carbonio. Attualmente esistono molte varianti dei processi di recupero e non tutte garantiscono lo stesso livello di qualità del materiale riciclato. La creazione di linee guida e standard riconosciuti a livello globale potrebbe facilitare l'integrazione delle fibre riciclate nei diversi settori industriali. Innovazione Tecnologica Il miglioramento delle tecnologie esistenti, come la pirolisi e la solvolisi, e lo sviluppo di nuove tecnologie come il riciclo tramite microonde o metodi biochimici, possono ridurre i costi e migliorare l'efficienza dei processi di riciclo. Anche l'ottimizzazione dell'uso delle fibre riciclate, come la combinazione di fibre vergini e riciclate per ottenere materiali compositi ibridi, rappresenta un'importante opportunità. Conclusione Il riciclo della fibra di carbonio è un passo cruciale verso la sostenibilità dei materiali compositi avanzati. Sebbene ci siano ancora molti problemi da superare, i progressi nelle tecnologie di riciclo offrono soluzioni promettenti per recuperare e riutilizzare questo materiale in modo efficiente. Con il continuo aumento della domanda di fibra di carbonio, l'espansione delle applicazioni delle fibre riciclate e la riduzione dei costi dei processi saranno fondamentali per creare un ciclo di vita chiuso per questo prezioso materiale. Fonti scientifiche: Composites Part B (2022), Journal of Cleaner Production (2021), Polymer Degradation and Stability (2023), Materials Today (2022), Waste Management (2023).© Riproduzione Vietata

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https://www.rmix.it/ - rNEWS: L'importanza della Plastica nella lotta al Coronavirus
rMIX: Il Portale del Riciclo nell'Economia Circolare rNEWS: L'importanza della Plastica nella lotta al Coronavirus
Economia circolare

La pandemia da Coronavirus ha visto aumentare in modo importante l'uso della plastica nei presidi di protezione individuale e nelle attività mediche di assistenzadi Marco ArezioMai come in questo periodo si è visto l'importanza di non demonizzare la plastica ma di ridarle il corretto posto che merita nella nostra vita, pur sapendo che un prodotto così versatile e utile deve essere smaltito e riciclato in modo corretto per creare nuova materia prima. L'articolo di Anna Munzio ci parla proprio di questo.La Reuters ha parlato di «pandemia della plastica». Perché il virus che ha sconvolto il mondo ha avuto l'effetto non del tutto secondario di farci capire come sia indispensabile questo materiale per una delle sue qualità forse più nascoste, la protezione. Dei cibi e delle bevande, ma soprattutto dal virus: così è partita la «corsa alla plastica», il nuovo oro utilizzato in mascherine, visiere, guanti, contenitori di plastica per alimenti e plastica a bolle da imballaggio per milioni di consegne a domicilio. Una corsa che ha fatto dimenticare, dopo anni di campagne, il problema principale di questo materiale magico, leggero, all'occorrenza trasparente e che quando nacque sembrò ecologico perché sostituiva risorse naturali come avorio o legno: i tempi di decomposizione, che si misurano in secoli, e l'inquinamento che ne consegue. La soluzione da tempo è indicata nel riciclo. Un sistema gestito in Italia da Corepla che nel 2019 ha raccolto 1.370.000 tonnellate di plastica in modo differenziato, il 13 per cento in più rispetto al 2018, e che oggi copre 7.345 comuni coinvolgendo 58.377.389 cittadini. Anch'esso però è stato messo sotto stress dal Covid-19. Tra marzo e aprile, in pieno lockdown, è aumentata la quantità di rifiuti di imballaggio in plastica gestiti da Corepla ma anche la quota destinata alla termovalorizzazione e quella conferita in discarica. Il presidente di Corepla, Giorgio Quagliuolo, ci anticipa qualche dato su questo anno complicato anche sul fronte della gestione rifiuti: «Il 2020 vedrà una crescita a cifra singola dei quantitativi di rifiuti di imballaggio in plastica gestiti da Corepla, con picchi proprio in corrispondenza dei periodi di lockdown di marzo/aprile che hanno evidenziato un aumento dell'8 per cento, in controtendenza rispetto alla riduzione dei consumi (-4 per cento) e alla produzione dei rifiuti urbani (-10/14 per cento) del medesimo periodo». A cosa sono state dovute le maggiori criticità? «Alla chiusura delle attività commerciali e produttive e al brusco arresto dell'export: in sette settimane di lockdown è stata bloccata l'esportazione di oltre 16mila tonnellate di rifiuti urbani. In più, il blocco quasi totale del settore delle costruzioni ha fortemente ridotto l'utilizzo della frazione di imballaggi non riciclabili meccanicamente come combustibile nei cementifici. Cause che si sono unite alla saturazione della capacità disponibile negli impianti nazionali. Va detto che il sistema ha comunque tenuto, grazie a interventi straordinari che hanno evidenziato però le carenze strutturali impiantistiche e del mercato nazionale delle materie prime seconde». Se è vero che siamo quel che mangiamo è anche vero che siamo ciò che buttiamo nella spazzatura: e l'uso della plastica in fondo è una cartina al tornasole che rivela lo stato della nostra società, la sua economia ma anche gli stili di vita e la sensibilità ecologica dei consumatori. Dunque, la corsa alla plastica continuerà? Secondo il presidente questo dipende da diversi fattori: andamento della produzione industriale, propensione all'acquisto da parte dei consumatori, incognita della Plastic Tax, impatti della direttiva europea SUP - Single Use Plastics che intende limitare la plastica monouso, «tutti fattori resi più incerti dalla pandemia. Analoghe incertezze riguardano i numeri della raccolta, per la quale ci aspettiamo che si confermi il trend di crescita ma con rallentamenti fisiologici e legati alla situazione contingente». E le bioplastiche, di cui si fa sempre un gran parlare? «Nel 2019 hanno rappresentato circa il 3 per cento degli imballaggi in plastica immessi sul mercato; allo stato attuale della tecnologia è più complicato che possano sostituire le plastiche fossili in alcuni settori, quello medicale è possibile che sia uno di questi».Categoria: notizie - plastica - economia circolare

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https://www.rmix.it/ - Piastrelle Smaltate fatte a Mano con Componenti Riciclati
rMIX: Il Portale del Riciclo nell'Economia Circolare Piastrelle Smaltate fatte a Mano con Componenti Riciclati
Economia circolare

La lunga tradizione Italiana delle piastrelle fatte a mano sposa la sostenibilità. Come si producono oggi di Marco ArezioLe piastrelle smaltate fatte a mano hanno una lunga storia che risale a molti secoli fa, infatti le prime tracce risalgono all'antica Mesopotamia e all'antico Egitto intorno al 4.000 a.C. In queste civiltà, le piastrelle venivano realizzate utilizzando argilla e smalti a base di minerali come l'ossido di ferro per creare decorazioni su pareti e pavimenti. Durante il periodo islamico, tra l'VIII e il XV secolo, le piastrelle smaltate fatte a mano raggiunsero un grande sviluppo artistico e tecnico. In particolare, l'arte della ceramica islamica in Persia, Spagna e Medio Oriente produsse piastrelle smaltate di straordinaria bellezza e complessità. In Italia, il massimo splendore di quest’arte lo raggiunse nel periodo del rinascimento, a partire dal XV secolo, dove le città di Firenze, Faenza, Deruta e altre località italiane, divennero famose per le loro produzioni di piastrelle smaltate a mano, spesso decorate con disegni ispirati alla pittura rinascimentale. La maiolica italiana e la Delftware olandese divennero, inoltre, stili distintivi di piastrelle smaltate fatte a mano, con motivi decorativi e paesaggi dipinti a mano. Nel tardo XIX secolo e all'inizio del XX secolo, i movimenti artistici dell'Art Nouveau e dell'Art Deco influenzarono la produzione di piastrelle smaltate fatte a mano, diventando più audaci nel design, con motivi geometrici, forme organiche e colori vivaci. Questa tipologia di articoli artigianali sono diventi oggetti d'arte molto apprezzati per la loro bellezza, artigianalità e individualità. Sono utilizzati per decorare pareti, pavimenti, caminetti, bagni e cucine, e sono considerati delle vere e proprie opere d'arte ceramica. Oggi, oltre all’espressione artistica che rappresenta la piastrella, si guarda anche alla loro sostenibilità, infatti, molti artigiani ceramisti utilizzano nelle loro ricette, scarti di lavorazioni precedenti o piastrelle di recupero che provengono da demolizioni e ristrutturazioni. Le fasi di produzione di una piastrella smaltata fatta a mano con elementi riciclati comportano le seguenti fasi: - Raccolta e selezione dei materiali riciclati: vengono raccolti i materiali ceramici riciclati, come piastrelle rotte o scarti di produzione, provenienti da fonti affidabili. Questi materiali vengono successivamente selezionati e separati per rimuovere eventuali impurità come colla o vernice - Triturazione: i materiali ceramici riciclati vengono sottoposti a un processo di triturazione meccanica per ridurli in frammenti più piccoli. La dimensione dei frammenti può variare a seconda dell'applicazione e del tipo di piastrella che si intende produrre. - Preparazione dell'impasto: l'impasto viene preparato utilizzando una miscela di argilla vergine e materiali ceramici riciclati triturati. La proporzione tra argilla e materiali riciclati può essere determinata in base alle caratteristiche desiderate delle piastrelle finali. L'argilla funge da legante per i materiali riciclati. - Miscelazione e omogeneizzazione: gli ingredienti vengono miscelati insieme in un miscelatore meccanico per garantire una distribuzione uniforme dei materiali e ottenere una consistenza omogenea dell'impasto. Durante questa fase, possono essere aggiunti additivi o coloranti, se necessario, per ottenere il risultato desiderato. - Formatura delle piastrelle: l'impasto viene quindi formato in piastrelle attraverso l’azione manuale dell’artigiano piastrellista, facendo attenzione alla planarità, all’omogeneità e alla buona riuscita delle superfici. - Essiccazione: le piastrelle formate vengono trasferite su scaffali o appositi supporti e lasciate asciugare all'aria o in forni appositi. Questo processo di essiccazione rimuove l'umidità e rende le piastrelle pronte per la successiva fase di cottura. - Cottura: le piastrelle essiccate vengono sottoposte a una cottura in forni ceramici ad alta temperatura. La temperatura e il tempo di cottura dipendono dal tipo di argilla utilizzata e dalle specifiche del produttore. Durante la cottura, l'argilla si solidifica e le particelle di materiale ceramico riciclato si fondono insieme per formare le piastrelle. - Smaltatura e decorazione: dopo la cottura, le piastrelle possono essere smaltate e decorate. Questa fase comporta l'applicazione di smalti, colori o decorazioni sulla superficie delle piastrelle. Lo smalto è una miscela di minerali colorati e vetrificanti che conferisce alle piastrelle la loro finitura e colore caratteristici. Per preparare lo smalto, i minerali vengono macinati finemente e mescolati con vetrificanti e altri additivi. Questo processo può essere effettuato in modo manuale o utilizzando apparecchiature specializzate. La smaltatura può avvenire a spruzzo, per immersione o a pennello.    Smaltatura a spruzzo: lo smalto viene spruzzato sulla superficie delle piastrelle utilizzando un'apparecchiatura di spruzzatura. Questo metodo permette una distribuzione uniforme dello smalto ed è adatto per superfici lisce.      Smaltatura a immersione: le piastrelle vengono immerse in una vasca contenente lo smalto liquido. Dopo l'immersione, le piastrelle vengono sollevate e l'eccesso di smalto viene scolato. Questo  metodo è adatto per coprire l'intera superficie delle piastrelle.    Applicazione a pennello: lo smalto viene applicato sulla superficie delle piastrelle utilizzando un pennello. Questo metodo offre maggiore controllo sulla quantità e sulla distribuzione dello smalto, ed è spesso utilizzato per dettagli o decorazioni specifiche.- Asciugatura: dopo l'applicazione dello smalto, le piastrelle vengono lasciate asciugare per un periodo di tempo. La durata dell'asciugatura dipende dal tipo di smalto utilizzato e dalle condizioni ambientali. Durante l'asciugatura, lo smalto si indurisce e forma uno strato solido sulla superficie delle piastrelle. - Seconda cottura: dopo l'asciugatura, le piastrelle vengono sottoposte a una seconda cottura a una temperatura elevata. Durante questa cottura, lo smalto si fonde e si vetrifica, formando uno strato protettivo sulla superficie delle piastrelle. Questa cottura è essenziale per fissare lo smalto e garantire una finitura durevole e resistente.

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https://www.rmix.it/ - Remanufacturing: una nuova forma di economia circolare
rMIX: Il Portale del Riciclo nell'Economia Circolare Remanufacturing: una nuova forma di economia circolare
Economia circolare

Remanufacturing: prodotti e componenti industriali rigenerati da considerare come nuovidi Marco ArezioIl remanufacturing o rigenerazione, è la somma delle attività volte al recupero, smontaggio, riparazione, sanificazione del bene che, per qualità, prestazioni e durata possa essere paragonato ad un elemento nuovo. La rigenerazione dei componenti o parte di essi, in fase di produzione, permette di contribuire all’economia circolare attraverso l’aumento della durata degli elementi, risparmiando materie prime. L’economia mondiale ha passato diverse fasi di approccio alla produzione, dall’economia lineare dove vigeva il concetto “materie prime-produzione-rifiuto”, all’economia circolare in cui si è adottato un sistema di recupero e trattamento del rifiuto per farlo tornare materia prima. L’industria ha potuto aumentare la produttività lavorando sul costo della materia prima e sul costo del lavoro, attraverso i processi di automazione industriale, nuove tecnologie e tecniche di gestione. In un’ottica di globalizzazione dei mercati, le marginalità su determinate fasce di prodotti possono, con il tempo, ridursi in virtù del raggiungimento da parte dei concorrenti di buone performance di produttività dei materiali e del lavoro. Con l’obbiettivo di trovare nuovi spazi di remunerazione sui prodotti finiti, il concetto di economia circolare, che è ampiamente utilizzato in altri settori produttivi non complessi, è stato considerato come una necessità dalle industrie che realizzano prodotti composti per trovare nuove strade. Ma nell’industria automobilistica, spaziale, militare e in altre fasce produttive in cui il bene finale è realizzato da un insieme di migliaia o decine di migliaia di pezzi, l’applicazione del concetto di economia circolare che si utilizza facilmente, per esempio su un flacone di detersivo da riciclare, era un concetto difficile da gestire. L’industria ha così iniziato a considerare il concetto di remanufactoring, che consiste nel recuperare prodotti durevoli usati, smontarli, ripararli, sanificarli e collaudarli, applicando il processo ad un numero più alto possibile di componenti recuperati da un prodotto complesso, in modo che si possano utilizzare nuovamente nella produzione con la stessa qualità, prestazioni e durata di uno nuovo. Se fino adesso il concetto di economia circolare è stato applicato principalmente su prodotti semplici come carta, plastica, vetro, metalli e legno, raggiungendo percentuali di riciclo incoraggianti, i nuclei complessi di prodotti, come una macchina, non godono dello stesso automatismo di riciclo. Il remanufactoring è un’attività che promette grandi espansioni ed è adatto ad industrie che realizzano prodotti durevoli, ad alta intensità di capitale e con un ciclo di vita abbastanza lungo, quali il settore dell’automotive, spaziale, ferroviario, macchinari, elettronica, elettromedicale, periferiche di pc, mobili, per citarne solo alcuni. La Renault, nello stabilimento di Choisy-leRoi, ricostruisce i motori delle auto e molti accessori ad esso collegati, attraverso una rete di società attive nel recupero dei componenti automobilistici. La più importante tra esse e la società Indra che in Francia gestisce circa 400 demolitori che lavorano circa 100.000 auto all’anno con un tasso di riciclo del 95%. La BMW ha costituito una società specializzata, la Encory, che si occupa di consulenza nell’ambito del remanufactoring. La Bosh ha realizzato un programma chiamato Bosh Exchange, che ha lo scopo di diminuire l’approvvigionamento delle materie prime usate e mettere in commercio una gamma di prodotti riciclati e garantiti. La Knorr Bremse tedesca si occupa della vendita di sistemi frenanti rigenerati. Nel campo aerospaziale la società Airbus riesce a recuperare e riciclare circa il 90% della componentistica dei propri aeromobili. Il settore delle macchine fotografiche e da ufficio vede la Canon impegnata nel recupero dei suoi prodotti usati, rigenerandoli in prodotti di alta qualità, impiegandoli nuovamente in una percentuale vicina all’80%. I vantaggi della filiera possono essere qui riassunti: I produttori In un’ottica di economia circolare richiesta dai clienti, i grandi produttori come Genaral Elettric, Boeing, Caterpillar, Deere, Navistrar, Xerox e lati, hanno creato modelli di business in cui la componente della rigenerazione dei beni è parte integrante della strategia d’impresa. In misura attualmente minore anche il settore automobilistico sta intraprendendo questa strada, spinta probabilmente più da un’esigenza di marketing che da vantaggi di bilancio. I consumatori Il costo di vendita di un bene in cui sono stati utilizzati componenti riciclati, normalmente porta ad un prezzo più basso. Specialmente nella ricambistica auto di modelli fuori produzione permette di poter disporre di ricambi efficienti e collaudati. La stessa cosa può capitare con i componenti delle macchine da ufficio, per esempio per le cartucce ricondizionate. Il consumatore è sempre più attento all’aspetto ambientale causato dalla produzione e dallo smaltimento dei prodotti che acquistano o usano, quindi tendono a selezionare le imprese che seguono i concetti dell’economia circolare per contribuire al benessere dell’ambiente. La società Tra i tre soggetti che stiamo analizzando, quello della società è l’ambito in cui si possono vedere i maggiori benefici adottando le pratiche di remanufactoring. I vantaggi non sono solo valutabili direttamente sul prodotto, attraverso l’analisi della riduzione del consumo di energia per produrlo, ma anche sul risparmio delle materie prime di origine naturale. Il minor consumo di energia corrisponde direttamente a minori emissioni in atmosfera con un impatto sulla salute di tutti i cittadini. Per quanto riguarda le materie prime utilizzate per la produzione, la partenza del processo di realizzazione di un bene da un pezzo ricondizionato invece che dalla materia prima, permette un alleggerimento della pressione dei rifiuti prodotti e un miglioramento delle condizioni ambientali generali. Un altro aspetto importante da considerare è che le attività di remanufactoring non posso essere altamente robotizzate e, quindi, è richiesta una mano d’opera specializzata all’interno dei processi. Questo comporta, in un periodo in cui l’avvento dell’intelligenza artificiale sta diminuendo i posti di lavoro, di permettere il rientro in fabbrica o l’assunzione di figure ad alta manualità.Categoria: notizie - plastica - economia circolare - riciclo - rifiuti - remanufacturing - automotive

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https://www.rmix.it/ - Odori nel PLA Riciclato: Tecniche per Rilevarli e Strategie di Riduzione per Imballaggi Alimentari Sicuri
rMIX: Il Portale del Riciclo nell'Economia Circolare Odori nel PLA Riciclato: Tecniche per Rilevarli e Strategie di Riduzione per Imballaggi Alimentari Sicuri
Economia circolare

Scopri come analizzare e ridurre i composti volatili e gli odori indesiderati nel PLA riciclato, garantendo sicurezza e qualità nelle applicazioni di packaging alimentaredi Marco ArezioIl crescente interesse verso l'uso di materiali plastici biodegradabili e riciclati ha stimolato molte ricerche sul poli(lattato) o polilattico (PLA), un polimero derivato da risorse rinnovabili come l'amido di mais. Grazie alle sue caratteristiche ecocompatibili, come la biodegradabilità e la riciclabilità, il PLA è sempre più utilizzato per la produzione di imballaggi alimentari. Tuttavia, durante il processo di riciclo, il PLA può sviluppare composti volatili e odori indesiderati che possono compromettere la sicurezza e la qualità degli alimenti confezionati. Questi odori non solo influenzano la percezione del prodotto da parte dei consumatori, ma possono anche rappresentare un rischio per la sicurezza alimentare. Questo articolo esamina le principali fonti di odori nel PLA riciclato, i metodi per l'analisi dei composti volatili e le strategie per minimizzarli, con un focus sulla sicurezza e la qualità degli imballaggi alimentari. Fonti dei Composti Volatili e Odori nel PLA Riciclato I composti volatili e gli odori indesiderati presenti nel PLA riciclato derivano principalmente da tre fattori: Degradazione Termica del Polimero: Durante il riciclo, il PLA viene sottoposto a temperature elevate che possono causare la degradazione del polimero. Questa degradazione termica porta alla formazione di composti come acidi, aldeidi e chetoni, spesso associati a odori sgradevoli. La gravità della degradazione è influenzata da vari parametri del processo, come la temperatura di estrusione, il tempo di permanenza e la presenza di agenti ossidanti. L'uso di condizioni di lavorazione eccessivamente aggressive può incrementare significativamente la produzione di composti volatili indesiderati. Contaminazione da Materiali Estranei: Il PLA proveniente da rifiuti post-consumo può essere contaminato da residui organici o altri materiali plastici. Queste contaminazioni possono contribuire alla formazione di composti volatili attraverso reazioni chimiche o decomposizione di sostanze estranee. La separazione inefficace dei materiali durante la fase di raccolta e selezione contribuisce a questo problema, favorendo reazioni indesiderate durante il riciclo. La presenza di materiali contaminanti, come polietilene o polipropilene, può complicare il processo di riciclo e portare alla formazione di odori sgradevoli. Residui di Additivi e Monomeri: Gli additivi utilizzati nella produzione del PLA, come plastificanti o stabilizzanti, possono rimanere intrappolati nella matrice del polimero e durante il riciclo liberare sostanze volatili che contribuiscono agli odori indesiderati. Anche i monomeri residui o i prodotti di degradazione del PLA possono contribuire significativamente alla formazione di odori. Questi residui rappresentano una delle principali problematiche per la produzione di PLA riciclato di alta qualità, in quanto l'eliminazione completa degli additivi è spesso difficile. Tecniche di Analisi dei Composti Volatili Per garantire la sicurezza e la qualità degli imballaggi in PLA riciclato, è fondamentale identificare e quantificare i composti volatili responsabili degli odori indesiderati. Le principali tecniche utilizzate per l'analisi dei composti volatili includono: Microestrazione in Fase Solida (SPME) accoppiata alla Gascromatografia-Spettrometria di Massa (GC-MS): Questa tecnica è ampiamente utilizzata per analizzare i composti volatili grazie alla sua elevata sensibilità e capacità di identificare una vasta gamma di molecole. La SPME permette di estrarre i composti volatili presenti nel PLA senza l'uso di solventi, riducendo così il rischio di contaminazione. La combinazione con la GC-MS consente una caratterizzazione precisa dei composti volatili, facilitando l'identificazione dei principali responsabili degli odori. Olfattometria: Questa tecnica viene utilizzata per la valutazione sensoriale degli odori e si basa sull'uso di un pannello di esperti che valuta l'intensità e la qualità degli odori emessi dal PLA riciclato. L'olfattometria è spesso impiegata insieme alla GC-MS per correlare le caratteristiche sensoriali con la presenza di specifici composti volatili. L'uso di un pannello umano fornisce una valutazione soggettiva che è consigliabile per comprendere l'impatto sensoriale dei composti volatili sul consumatore. Analisi della Spettroscopia Infrarossa (FTIR): L'FTIR viene utilizzata per identificare i gruppi funzionali presenti nei composti volatili, fornendo informazioni sulla natura chimica degli odori nel PLA. L'analisi FTIR è particolarmente utile per monitorare la presenza di gruppi funzionali correlati alla degradazione del PLA e per verificare l'efficacia dei trattamenti di riciclo. L'uso della FTIR permette anche di monitorare i cambiamenti nella struttura chimica del PLA durante i vari stadi del riciclo. Strategie per la Riduzione degli Odori nel PLA Riciclato Per migliorare la qualità del PLA riciclato e ridurre la presenza di odori indesiderati, sono state sviluppate diverse strategie di trattamento: Lavaggio e Deodorazione: Il lavaggio del PLA con solventi specifici o soluzioni alcaline è una delle tecniche più efficaci per rimuovere i residui di additivi e contaminanti. Il trattamento con aria calda o vapore può essere utilizzato per ridurre ulteriormente la concentrazione di composti volatili. Il lavaggio può includere l'uso di tensioattivi per solubilizzare e rimuovere sostanze organiche responsabili degli odori. In alcuni casi, vengono utilizzati solventi organici per rimuovere in modo più efficace gli odori persistenti, garantendo un materiale finale più pulito e adatto al contatto alimentare. Uso di Adsorbenti: Materiali come il carbone attivo e il biochar sono stati utilizzati come adsorbenti per rimuovere i composti volatili dal PLA riciclato. Questi materiali hanno una grande superficie specifica che permette di assorbire gli odori, migliorando la qualità del prodotto finale. Recentemente, sono stati studiati anche nuovi materiali come le zeoliti e i materiali a base di grafene, che offrono una capacità di adsorbimento migliorata grazie alla loro struttura porosa e alle loro proprietà chimiche uniche. L'uso di adsorbenti avanzati potrebbe essere una soluzione promettente per ridurre gli odori senza influire negativamente sulle proprietà meccaniche del materiale. Modificazione del Processo di Riciclo: L'ottimizzazione dei parametri di processo, come la temperatura di estrusione e il tempo di permanenza, può ridurre la degradazione del PLA e, di conseguenza, la formazione di composti volatili. L'utilizzo di condizioni di lavorazione più miti aiuta a preservare la struttura del polimero e a limitare la formazione di sostanze indesiderate. In particolare, l'estrusione in condizioni di vuoto può aiutare a ridurre la presenza di composti volatili eliminando i gas generati durante il processo di fusione. Inoltre, l'utilizzo di tecnologie come il raffreddamento rapido può contribuire a minimizzare la degradazione termica. Trattamenti Biologici: Alcuni studi hanno esplorato l'uso di trattamenti biologici, come l'impiego di enzimi specifici che possono degradare o trasformare i composti volatili. Questi trattamenti rappresentano un'alternativa sostenibile ai trattamenti chimici, riducendo l'impatto ambientale del processo di riciclo e migliorando la qualità olfattiva del PLA. Gli enzimi, in particolare, possono essere selettivi per certi gruppi funzionali, rendendo possibile la rimozione mirata dei composti responsabili degli odori senza alterare le proprietà del polimero. Conclusioni L'uso del PLA riciclato per applicazioni di packaging alimentare presenta diverse problematiche legate alla presenza di composti volatili e odori indesiderati. Tuttavia, attraverso l'impiego di tecniche avanzate di analisi e strategie di trattamento efficaci, è possibile migliorare la qualità del PLA riciclato e garantirne la sicurezza per il contatto con alimenti. La combinazione di metodi fisici, chimici e biologici per la rimozione degli odori offre promettenti soluzioni per affrontare queste problematiche e contribuire a una maggiore sostenibilità nella filiera degli imballaggi. La continua ricerca su nuove tecnologie di trattamento e sulla comprensione delle dinamiche di formazione degli odori è cruciale per aumentare l'utilizzo di materiali riciclati nell'industria degli imballaggi, contribuendo significativamente alla riduzione dell'impatto ambientale dei materiali plastici. Inoltre, la collaborazione tra industria, enti di ricerca e organi normativi sarà essenziale per sviluppare soluzioni innovative e garantire che il PLA riciclato soddisfi gli standard di qualità e sicurezza necessari per le applicazioni alimentari. In questo contesto, l'adozione di una mentalità orientata all'economia circolare diventa fondamentale per promuovere la sostenibilità e ridurre la dipendenza dai materiali vergini, contribuendo così a un futuro più verde e sostenibile.© Riproduzione Vietata

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https://www.rmix.it/ - Quali Saranno le Previsioni di Crescita della Bioeconomia al 2030?
rMIX: Il Portale del Riciclo nell'Economia Circolare Quali Saranno le Previsioni di Crescita della Bioeconomia al 2030?
Economia circolare

La filiera sostenibile è in crescita ma necessita di supporto e continuitàdi Marco ArezioQuando si parla di performances economiche di un settore, si pensa spesso alle industrie del comparto digitale o farmaceutico o legato alla tecnologia robotica o al settore energetico o a quelle aree di novità tecniche che rivoluzioneranno la nostra vita, come l’intelligenza artificiale. In realtà esistono altri settori, meno conosciuti, che rientrano ultimamente tra quelli di grande interesse strategico per le nazioni e che rispecchieranno trends di crescita molto importanti. Parliamo della bioeconomia, che in Europa conta già un fatturato di circa 2000 miliardi di euro l’anno, occupando più di 22 milioni di addetti in settori come l’agricoltura, la silvicoltura, la pesca, la lavorazione delle biomasse alimentari e quelle industriali. Per biomasse industriali, per esempio, parliamo della produzione di pasta di cellulosa per il mondo della carta, biocomposti chimici, biomateriali e biocombustibili. Un capitolo particolarmente interessante riguarda proprio questa ultima categoria che, rientrando nel campo della bioindustria, è diventata uno dei pilastri primari della bioeconomia Europea, in grado di convertire le biomasse, residuali o coltivate, in un’ampia gamma di prodotti sostenibili che possono sostituire quelli convenzionali.Gli studi indicano le seguenti previsioni di crescita del settore per il 2030: - Il 30% dei composti chimici avrà un’origine bio e riguarderanno la chimica fine e i prodotti di elevato valore aggiunto- Il 25% dell’energia dei trasporti sarà originata dalla biomassa, con particolare incremento dei carburanti sostenibili per il trasporto aereo - Il 30% dell’energia elettrica e termica in Europa deriverà dalla biomassaInoltre, possiamo citare un mercato in forte espansione per quanto riguarda il settore dei biopolimeri, delle bioplastiche, delle fibre di origine biologica, dei biocompositi e derivati dalla nano-cellulosa. Si genereranno nuovi composti chimici, su base biologica, per il settore della cosmesi, farmaceutico, aereonavale, bioedilizia, dell’agricoltura e del settore automobilistico. Esiste inoltre un fiorente mercato delle macchine per la lavorazione e trasformazione delle biomasse in bioenergia e bioprodotti, che hanno un grande futuro di sviluppo e di occupazione. Ovviamente, un mercato giovane e potenzialmente in crescita si scontrerà con lo spirito conservatore del mercato degli idrocarburi, che cercherà di mantenere le posizioni commerciali incidendo sui prezzi al ribasso. Nella filiera della bioeconomia e della bioindustria il ruolo dei finanziamenti al sistema, attraverso gli incentivi per sostenere la competitività del settore, permettere di industrializzare e rendere sostenibile a livello imprenditoriale il mercato, sarà del tutto strategico.Le bioraffinerie diventeranno competitive quando: - Si potrà creare dei centri di trasformazione che lavorino multiprodotti e che il rifiuto sia di derivazione locale - Si creerà una filiera della raccolta dei rifiuti, in modo da rendere disponibili masse sufficienti per la lavorazione industriale in modo continuativo - I prezzi della cessione dei rifiuti dovranno essere competitivi per poter sostenere la filiera, ma nello stesso tempo essere sostenibili per gli agricoltori - Non creare la competizione nelle aree di coltivazione pregiate adatte alla produzione di cibo con quelle per la biomassa - Il ripristino dei terreni a bassa produttività per l’utilizzo di colture che possano sostenere l’industria della biomassa e, allo stesso tempo, migliorino il bilanciamento della CO2 e l’incremento della biodiversità.

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https://www.rmix.it/ - Anime interne per bobine: guida alla scelta tra cartone e plastica riciclata
rMIX: Il Portale del Riciclo nell'Economia Circolare Anime interne per bobine: guida alla scelta tra cartone e plastica riciclata
Economia circolare

Sostenibilità e prestazioni a confronto: quale anima interna scegliere per la nostra produzione?di Marco ArezioLe anime interne delle bobine industriali possono sembrare un dettaglio marginale, ma in realtà sono un elemento cruciale per garantire efficienza, qualità e sostenibilità nei processi produttivi. Tra le alternative più diffuse, il cartone stratificato riciclato e la plastica riciclata rappresentano due opzioni con caratteristiche molto diverse. La scelta non dipende solo dal costo, ma anche dall'applicazione specifica e dai valori aziendali. Esploriamo insieme le peculiarità di entrambi i materiali e scopriamo come fare la scelta giusta. Il cartone stratificato: leggerezza e sostenibilità Il cartone stratificato riciclato, derivato dalla carta di scarto, rappresenta una soluzione pratica ed ecologica. Attraverso un processo di compressione a strati, si ottengono tubi leggeri e resistenti, spesso migliorati da rivestimenti impermeabilizzanti per aumentarne la durata. Questo materiale è ideale per applicazioni meno impegnative, come bobine di carta o pellicole sottili, dove la leggerezza e la facilità di manipolazione sono un vantaggio. Tuttavia, il cartone può risultare vulnerabile in ambienti umidi o sotto carichi pesanti, rischiando deformazioni che potrebbero compromettere il prodotto avvolto. Dal punto di vista ambientale, il cartone è imbattibile: biodegradabile, riciclabile e pienamente in linea con i principi dell'economia circolare. Una volta esaurito il suo ciclo di vita, può essere facilmente riutilizzato o compostato, contribuendo a ridurre i rifiuti. La plastica riciclata: resistenza e affidabilità La plastica riciclata, prodotta da polimeri come il polipropilene (PP) o il cloruro di polivinile (PVC), è progettata per le applicazioni più impegnative. Attraverso processi di triturazione, fusione ed estrusione, si ottengono tubi robusti e duraturi, capaci di resistere a carichi elevati e condizioni ambientali difficili. Questa opzione è perfetta per bobine che avvolgono tessuti pesanti o materiali tecnici, dove la durabilità e la stabilità sono indispensabili. Sebbene la plastica non sia biodegradabile, il suo ciclo di vita prolungato e la possibilità di riciclo riducono l'impatto ambientale complessivo. Tuttavia, i costi energetici del processo produttivo sono più elevati rispetto a quelli del cartone. Quale anima interna scegliere per le tue esigenze produttive? La decisione tra cartone e plastica dipende principalmente dal contesto applicativo. Ecco alcune indicazioni per orientarti: Se lavori con materiali leggeri: Il cartone è la scelta ideale per bobine di carta, pellicole leggere o lavorazioni con carichi moderati. È perfetto per chi punta a ridurre i costi e massimizzare la sostenibilità. Se hai bisogno di robustezza e durata: Per cicli intensivi o materiali pesanti, come tessuti tecnici, la plastica è indispensabile. La sua resistenza compensa il maggiore investimento iniziale. Se operi in ambienti umidi o difficili: La plastica garantisce stabilità anche in condizioni impegnative, mentre il cartone potrebbe degradarsi. Se hai obiettivi ambientali ambiziosi: Il cartone è la scelta più ecologica, ma anche la plastica può essere una soluzione sostenibile se riciclata correttamente. Un equilibrio tra efficienza e valori aziendali Non esiste una soluzione unica: ogni materiale ha i suoi punti di forza e le sue limitazioni. Il cartone eccelle in termini di sostenibilità e costi contenuti, mentre la plastica offre prestazioni superiori per le applicazioni più impegnative. Adottare un approccio consapevole significa valutare le tue priorità: è più importante ottimizzare i costi, garantire la massima durata o ridurre l'impatto ambientale? La risposta guiderà la tua scelta, assicurando non solo un risultato ottimale, ma anche un contributo significativo verso un futuro più sostenibile e responsabile.© Riproduzione Vietata

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https://www.rmix.it/ - Gestione dei Rifiuti Tessili nei Paesi in Via di Sviluppo: Opportunità e Sfide per la Sostenibilità
rMIX: Il Portale del Riciclo nell'Economia Circolare Gestione dei Rifiuti Tessili nei Paesi in Via di Sviluppo: Opportunità e Sfide per la Sostenibilità
Economia circolare

Come i paesi emergenti possono trasformare i rifiuti tessili in risorse per un futuro più sostenibiledi Marco ArezioLa gestione dei rifiuti tessili rappresenta una sfida cruciale nei paesi in via di sviluppo, un tema spesso trascurato nei dibattiti globali sulla sostenibilità. Ogni anno, enormi quantità di abiti usati provenienti dai paesi industrializzati arrivano nei mercati locali o, peggio, si accumulano in discariche improvvisate. Questo fenomeno comporta gravi conseguenze ambientali, economiche e sociali, ma offre anche l'opportunità di promuovere modelli innovativi di economia circolare. Le Implicazioni Ambientali dei Rifiuti Tessili L'accumulo incontrollato di tessuti, in particolare quelli sintetici, rappresenta una minaccia per gli ecosistemi locali. I tessuti non biodegradabili possono rimanere nell'ambiente per decenni, rilasciando microplastiche che si infiltrano nelle falde acquifere e nella catena alimentare. La combustione dei rifiuti, spesso utilizzata per ridurre il volume delle discariche, libera gas serra e sostanze tossiche, aggravando il cambiamento climatico e causando problemi di salute pubblica nelle comunità circostanti. Inoltre, le discariche improvvisate degradano il paesaggio e compromettono la biodiversità, minacciando la sopravvivenza di molte specie. Un Problema Che Non Può Più Essere Ignorato Paesi come il Ghana, il Kenya, il Bangladesh e l'India affrontano sfide specifiche legate ai rifiuti tessili, a seconda delle infrastrutture e delle condizioni socioeconomiche. In Ghana, il "Kantamanto Market" riceve grandi quantitativi di abiti usati, molti dei quali non sono riutilizzabili e finiscono per essere abbandonati in discariche, aggravando il degrado ambientale. In Kenya, la mancanza di politiche adeguate per regolare l'importazione di vestiti di scarsa qualità satura il mercato locale, danneggiando le filiere tessili indigene. In Bangladesh, l'afflusso di scarti tessili esteri si somma a un già elevato volume di rifiuti industriali, creando rischi per l'ambiente e per la salute pubblica. In India, infine, l'assenza di infrastrutture di riciclo e la scarsa consapevolezza portano a un accumulo incontrollato di rifiuti tessili, accentuando le disuguaglianze sociali. Soluzioni per una Gestione Sostenibile Nonostante la complessità del problema, esistono soluzioni promettenti per trasformare i rifiuti tessili in risorse utili. Un approccio integrato, che coinvolga governi, ONG, imprese e comunità locali, può portare a risultati significativi. Promozione dell’Economia Circolare L’economia circolare offre opportunità concrete per ridurre l’impatto ambientale dei rifiuti tessili. In Bangladesh, ad esempio, impianti di riciclo avanzati, finanziati da collaborazioni tra aziende globali del settore tessile e ONG internazionali, trasformano scarti industriali in fibre rigenerate pronte per nuove produzioni. In Kenya, molte cooperative femminili dedicate all’upcycling ricevono sostegno economico e formativo da ONG locali e programmi internazionali, come il Programma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo (UNDP). Queste iniziative non solo riducono i rifiuti, ma creano anche opportunità di lavoro e rafforzano le economie locali. Regolamentazione e Formazione I governi possono giocare un ruolo cruciale implementando normative che regolino l'importazione di vestiti usati e promuovano la qualità dei materiali. Parallelamente, campagne di sensibilizzazione e programmi di formazione possono incoraggiare consumi più consapevoli e preparare le comunità locali a sviluppare competenze legate al riciclo e all’upcycling. Collaborazione Internazionale: Un Imperativo La cooperazione tra paesi sviluppati e in via di sviluppo è un elemento chiave per affrontare questa crisi globale. I paesi industrializzati, principali esportatori di rifiuti tessili, devono assumersi la responsabilità di supportare le nazioni emergenti attraverso finanziamenti mirati a progetti di infrastrutture sostenibili, come impianti di riciclo e programmi di upcycling. Inoltre, il trasferimento tecnologico può accelerare l'adozione di metodi innovativi per il trattamento dei rifiuti, mentre la formazione è essenziale per sviluppare competenze locali in grado di gestire efficacemente queste risorse. Una maggiore trasparenza nei processi di esportazione, inclusa la tracciabilità dei materiali, è indispensabile per evitare l'invio di rifiuti non idonei, contribuendo a ridurre il carico ambientale sui paesi riceventi e promuovendo relazioni commerciali più etiche e sostenibili. Lezioni da Progetti di Successo Diversi progetti dimostrano che una gestione sostenibile dei rifiuti tessili è possibile. In Ghana, il "Kantamanto Market" è un esempio di resilienza, offrendo opportunità di lavoro grazie al riutilizzo e all’upcycling di abiti usati. In Bangladesh, la collaborazione con aziende globali ha permesso di sviluppare impianti di riciclo innovativi, mentre in Kenya le ONG lavorano con cooperative locali per promuovere pratiche sostenibili. Un Futuro Possibile La gestione dei rifiuti tessili nei paesi in via di sviluppo non è solo una sfida, ma anche un'opportunità. Attraverso investimenti in infrastrutture, politiche mirate e sensibilizzazione, è possibile ridurre l'impatto ambientale, migliorare le condizioni di vita delle comunità e creare economie più resilienti. Un approccio integrato, in linea con gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile delle Nazioni Unite, rappresenta la chiave per trasformare i rifiuti tessili in risorse per un futuro più sostenibile.© Riproduzione Vietata

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https://www.rmix.it/ - Come e Perché Utilizzare i Rifiuti Plastici per la Produzione di Combustibili
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Economia circolare

La densificazione dei rifiuti plastici destinati alla produzione di combustibilidi Marco ArezioQuando parliamo di economia circolare, parola molto di moda al giorno d’oggi, intendiamo la produzione di un bene, il suo uso, il suo riciclo a fine vita e la nuova produzione fatta con la materia prima del prodotto riciclato. In questo processo non sempre si riesce a rendere circolare, attraverso i comuni sistemi di riciclo meccanici, il 100% dei rifiuti che raccogliamo. Una parte di essi finiva e finisce in discarica, con tempi di decomposizione talmente lunghi da definirli eterni, con problemi di possibile inquinamento delle aree circostanti. Nel campo delle materie plastiche, quello che possiamo definire il rifiuto del rifiuto, può ancora essere recuperato attraverso la creazione di un prodotto adatto alla produzione di combustibile industriale destinato ad impianti come le cementerie, le acciaierie e altre produzioni energivore. L’argomento dell’utilizzo dei rifiuti urbani non riciclabili come combustibile non può essere più attuale di così, vista la situazione degli alti prezzi del petrolio e del gas, che stanno fortemente incidendo sui costi di produzione, sia delle attività industriali che nella produzione di energia elettrica. Impiegare i rifiuti urbani non riciclabili significa: • Ridurre l’uso delle fonti fossili • Ridurre i rifiuti che sarebbero destinati alle discariche • Ridurre i costi di produzione • Utilizzare carburanti a Km. 0 • Ridurre l’impronta carbonica del traffico delle materie prime industriali • Ridurre la dipendenza energetica dall’estero Il nord Europa, dove l’utilizzo di CSS e CDR per la produzione di energia elettrica e per l’alimentazione dei forni industriali è circa il 60-80% dei carburanti utilizzati, ci dimostra come le nuove tecnologie di filtrazione dell’aria rende il processo sicuro e conveniente. Ma come deve essere preparato il rifiuto per essere utilizzato come combustibile? Lo scarto dei rifiuti urbani è un mix eterogeneo, composto prevalentemente da plastiche miste, che sono, per forma, natura, densità e composizione, bisognose di un trattamento che le amalgami in modo regolare per poterle utilizzare come combustibile. Questa operazione può essere fatta attraverso l’uso di specifici densificatori, che trasformano quello che è un ammasso scomposto e variegato di rifiuti plastici in un prodotto dalla forma di un macinato grossolano. Lo scopo del densificatore non è solo quello di regolarizzare il rifiuto plastico misto, in pezzature che vanno da 25 a 60 mm., quindi facilmente utilizzabili in tutti i forni, ma anche quello di ridurne drasticamente la percentuale di umidità creando un comburente asciutto e prestante. Il desnsificatore è un impianto che viene utilizzato anche per amalgamare le plastiche flessibili e leggere durante le fasi di riciclo. Infatti per poter estrudere il rifiuto plastico con peso specifico basso, si tende ad agglomerare le parti tra loro creando delle pezzature che possano, attraverso il loro peso maggiore, essere gestite facilmente in un impianto di estrusione o di stampaggio. Categoria: notizie - plastica - economia circolare - riciclo - rifiuti - combustibili

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https://www.rmix.it/ - La Situazione degli Scarti Metallici sul Mercato Cinese nel 2021
rMIX: Il Portale del Riciclo nell'Economia Circolare La Situazione degli Scarti Metallici sul Mercato Cinese nel 2021
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La Situazione degli Scarti Metallici sul Mercato Cinese nel 2021di Marco ArezioIl trend rialzista dei prezzi delle materie prime da riciclare trova anche nel campo degli scarti ferrosi e non ferrosi piena rispondenza. La Cina aveva previsto rigide restrizioni delle importazioni inerenti alle materie prime da riciclare nel 2018-2020, per poi diventare più elastica in virtù della crescente domanda di scarti da lavorare da parte del mercato interno come ci racconta Brayan Tailor.La Repubblica Popolare Cinese produce più acciaio, alluminio e rame di qualsiasi altra nazione sulla Terra, quindi se la percentuale di consumo dei rottami dovesse aumentare nel 2021, è probabile che si realizzino degli effetti a catena. Una presentazione online di fine febbraio di Ian Roper e Joyce Li di Shanghai Metals Market (SMM) ha affrontato l'evoluzione del mercato dei rottami metallici di base in Cina, insieme ad altre tendenze che influenzano la produzione e l'uso di acciaio, acciaio inossidabile, alluminio e rame nel paese. Negli ultimi due anni, il governo Cinese aveva imposto barriere sulle importazioni, anche sui rottami ferrosi e non ferrosi, oltre che su altri materiali da riciclo,  con l'ipotesi di un divieto assoluto di importazione per tutti i tipi di rottami il 1 ° gennaio di quest'anno. Li ha osservato che la Cina è lungi dall'essere autosufficiente per quanto riguarda il rame, con il suo "tasso di autosufficienza" che è sceso dal 40% nel 2010 al 22% nel 2019. Le restrizioni sui rottami importati nel 2019 e nel 2020 hanno portato quindi a un aumento del catodo di rame e le importazioni di lingotti di alluminio nel 2020. Sebbene i volumi delle importazioni di rottami siano rimbalzati a Novembre e Dicembre a livello generale, Roper ha notato che le importazioni in Cina sono diminuite di circa 300.000 tonnellate nel 2020. Inoltre ha dichiarato che SMM prevede un incremento delle importazioni generali di rottami nel 2021 nonostante potrebbero crescere globalmente in modo notevole i prezzi. Nel mercato dei metalli ferrosi, i produttori di acciaio Cinesi sembrano spingersi verso i forni elettrici ad arco (EAF) e altre tecnologie progettate per ridurre le emissioni e consumare più rottame. Anche se i produttori Cinesi importeranno nel 2021 circa 1 milione di tonnellate di rottame, Roper ha affermato che si tratta di una quantità che avrà un impatto sui livelli di prezzo della materia prima, in una regione in cui gli stabilimenti di nazioni vicine, come il Vietnam, stanno facendo offerte per lo stesso prodotto.Categoria: notizie - metalli - economia circolare - rottame Vedi maggiori informazioni sul riciclo

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https://www.rmix.it/ - Il Riciclo dei Materiali Edili: dalla Polvere all’Arte
rMIX: Il Portale del Riciclo nell'Economia Circolare Il Riciclo dei Materiali Edili: dalla Polvere all’Arte
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Il Riciclo dei Materiali Edili: dalla Polvere all’Artedi Marco ArezioPensando ai materiali edili esausti, frutto di demolizioni o ristrutturazioni, vengono sovente in mente immagini di mattoni e cemento a blocchi irregolari, piastrelle rotte, resti di infissi, vetri rotti, pavimenti demoliti per la sostituzione.Mi verrebbe da dire, polvere e sudore, dove la demolizione o il cambio di destinazioni dei locali è la creazione di quello che viene definita macerie. Le macerie sono una massa non definita di materiali di scarto provenienti dai cantieri, che fino a poco tempo fa avevano come unico sbocco la discarica, in cui si riversavano in modo irrecuperabile, come un ammasso di elementi senza più curarsene. L’avvento dell’economia circolare ha portato più consapevolezza anche nel mondo dell’edilizia, iniziando a ripensare ad un’azione di selezione dei materiali di risulta del cantiere e, soprattutto, a una nuova vita che si può attribuire ai materiali che prima erano abbandonati nelle discariche. Oggi, si comincia a parlare di calcestruzzo riciclato, espresso in granulometrie differenti che possono originare a nuovi inerti per le nuove mescole cementizie. Si parla di recuperare gli infissi, selezionandoli per materiale, dividendo quindi la plastica dal metallo e dal legno ed avviando i materiali alla creazione di nuovi prodotti. I manti impermeabili, espressi sotto forma di guaine bituminose o di PVC o lastre bitumate, trovano nella selezione e riciclo una nuova vita in differenti mercati. Potrei continuare ad elencare le nuove strade che siamo riusciti a far percorrere a tutti quei materiali di scarto dei cantieri edili che affogavano nelle discariche, con conseguenze ambientali ed economiche elevate. Un passo avanti è poi stato fatto attraverso la richiesta dei progettisti e dei clienti di avere una casa più sostenibile, fatta di prodotti che abbiano una componente riciclata, con un impatto ambientale minore rispetto al passato. Ci sono però da segnalare delle eccellenze, aziende che hanno sposato l’economia circolare dei prodotti edilizi con un concetto di alta qualità, forse con un’impronta di qualità artistica. Un esempio potrebbero essere le mattonelle in cotto, frutto di un recupero certosino in edifici storici in cui si stanno facendo ristrutturazioni o demolizioni, il cui obbiettivo è il recupero funzionale delle vecchie mattonelle in cotto, cercando di salvare l’integrità dell’elemento. Una volta recuperate e pulite possono essere vendute come nuovi pavimenti in cotto riciclato, ma possono essere anche lavorate in modo da dare un valore estetico elevato e artistico al pavimento che si dovrà fare. Queste lavorazioni possono prevedere inserti in marmo di carrara, con fregi o forme a richiesta, che esaltano la storicità del pezzo ed impreziosiscono l’ambiente con decorazioni di alta fattura artigianale. Le piastrelle in cotto recuperato sono trattate una a una, secondo le indicazioni e i gusti dei clienti, per creare pavimenti unici che possano rispecchiare il gusto e la calda atmosfera che ogni committente vuole trovare nella propria casa. Categoria: notizie - materiali edili - economia circolare - riciclo - rifiutiVedi i prodotti edili riciclati

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https://www.rmix.it/ - Gioielli in Argento Riciclato: Eleganza Sostenibile per uno Stile Consapevole
rMIX: Il Portale del Riciclo nell'Economia Circolare Gioielli in Argento Riciclato: Eleganza Sostenibile per uno Stile Consapevole
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Scopri come l'argento riciclato trasforma la gioielleria moderna, unendo qualità, sostenibilità e design eticodi Marco ArezioNegli ultimi anni, i gioielli in argento riciclato sono diventati simboli di un’eleganza che non sacrifica l’etica. Scegliere un anello, una collana o un bracciale realizzato con argento riciclato significa molto più che acquistare un oggetto bello: significa sostenere una filosofia che mette al centro il rispetto per l’ambiente e per le risorse del pianeta. Ma cosa rende questi gioielli così speciali? E come si sta evolvendo il mercato per rispondere a questa nuova sensibilità?Il viaggio dell’argento riciclato: dal recupero alla rinascita L’argento è un metallo straordinario: malleabile, resistente e infinitamente riciclabile. Questo significa che può essere rifuso e trasformato più volte senza perdere le sue proprietà. Il suo viaggio inizia spesso da materiali che non servono più: vecchi gioielli, utensili da cucina, apparecchiature elettroniche o residui industriali. Questi scarti vengono raccolti, puliti e fusi per essere trasformati in un argento puro, pronto per una nuova vita. Rispetto all’estrazione dell’argento vergine, il processo di riciclo è molto meno impattante. Non richiede lo scavo di miniere né lo sfruttamento intensivo di risorse naturali, riducendo significativamente le emissioni di CO₂ e il consumo d’acqua. Ma non è solo una questione di sostenibilità ambientale: scegliere materiali riciclati significa anche promuovere una filiera etica, lontana dai problemi legati allo sfruttamento nelle miniere. Argento riciclato e argento vergine: cosa cambia davvero? Per chi si chiede se ci sia una differenza tra l’argento riciclato e quello vergine, la risposta è rassicurante: dal punto di vista qualitativo, sono identici. L’argento riciclato, una volta purificato, conserva le stesse caratteristiche fisiche e chimiche di quello appena estratto. È altrettanto brillante, malleabile e durevole. La vera differenza sta nell’impatto ambientale. Mentre l’argento vergine porta con sé il peso dello sfruttamento minerario, spesso dannoso per l’ambiente e per le comunità locali, l’argento riciclato rappresenta un’alternativa virtuosa. Acquistare un gioiello realizzato con materiali riciclati significa ridurre la domanda di nuove estrazioni, contribuendo a un futuro più sostenibile. Un messaggio che va oltre il design I gioielli in argento riciclato non sono semplicemente oggetti da indossare. Portano con sé un messaggio profondo: la bellezza può essere responsabile, e il lusso non deve necessariamente andare contro la natura. Ogni pezzo racconta una storia di rinascita e trasformazione, una filosofia che sempre più consumatori abbracciano con entusiasmo. Indossare un gioiello in argento riciclato significa scegliere un accessorio che parla di consapevolezza, senza rinunciare allo stile. Questo nuovo approccio al design ispira una creatività senza limiti, portando sul mercato collezioni originali e innovative, capaci di distinguersi per estetica e significato. Tre brand che fanno della sostenibilità una missione Il mercato dei gioielli in argento riciclato è in forte crescita, e alcune aziende stanno facendo la differenza con le loro proposte. Tra queste, tre marchi si distinguono per qualità e attenzione all’ambiente, offrendo prodotti acquistabili anche su Amazon.it. Vestopazzo Vestopazzo è un brand italiano che da anni realizza gioielli e accessori con materiali riciclati, come l’alluminio e l’argento. Le loro collezioni, moderne e versatili, sono pensate per chi cerca uno stile autentico che riflette un impegno concreto verso la sostenibilità. Amberta Con il suo design senza tempo, Amberta si è affermata come uno dei principali marchi di gioielli in argento sterling 925. Molti dei loro prodotti sono realizzati con argento riciclato, garantendo eleganza e rispetto per l’ambiente in ogni pezzo. B.Catcher B.Catcher propone gioielli raffinati, perfetti per occasioni speciali. Dietro ogni creazione c’è un’attenzione particolare alla sostenibilità, grazie all’uso di materiali riciclati che combinano bellezza e responsabilità. Un futuro brillante per i gioielli sostenibili L’idea di creare gioielli sostenibili non è nuova: già in passato, i metalli preziosi venivano rifusi per creare nuovi oggetti, soprattutto per il loro valore economico. Ma oggi questa pratica ha acquisito un significato più ampio. I gioielli in argento riciclato non sono solo una scelta intelligente dal punto di vista ecologico, ma rappresentano anche una forma di consumo consapevole, in linea con i valori di chi li indossa. Questa crescente attenzione alla sostenibilità sta trasformando il settore della gioielleria. Sempre più aziende stanno adottando materiali riciclati, non solo per rispondere alla domanda del mercato, ma per contribuire attivamente a un cambiamento positivo. In definitiva, indossare un gioiello in argento riciclato significa fare una dichiarazione: la bellezza non deve costare al pianeta. È un piccolo gesto che può fare una grande differenza, portando con sé un messaggio di speranza e innovazione per il futuro. © Riproduzione Vietata

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https://www.rmix.it/ - Crisi delle Materie Prime? Come Affrontarla nella Vita Quotidiana
rMIX: Il Portale del Riciclo nell'Economia Circolare Crisi delle Materie Prime? Come Affrontarla nella Vita Quotidiana
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Crisi delle Materie Prime? Come Affrontarla nella Vita Quotidianadi Marco ArezioCi sono proclami green in ogni trasmissione televisiva, su internet, sui giornali, sui social, in merito alla necessità di ridurre i rifiuti, non solo plastici, ma di tutte le tipologie.Dagli imballi di carta e cartone degli acquisti on line, al packaging alimentare qualunque esso sia, dagli imballi delle bibite agli elettrodomestici usati, dai telefonini vecchi ai vestiti usati, dalle piastrelle rotte agli scarti alimentari, dai mobili vecchi ai materassi e molte altre cose. Se stiamo piano piano capendo che è necessario fare una raccolta differenziata corretta, per aiutare il sistema del riciclo a ridurre i materiali di scarto, cioè quelle frazioni di materiali che noi gettiamo nella pattumiera ma che non sono riciclabili, per errori di separazione in casa o per caratteristiche del prodotto, dobbiamo anche capire che non tutto è riciclabile, oggi, e che il riciclo ha comunque un impatto ambientale. Il riciclo dei rifiuti è necessario per risparmiare materie prime che preleviamo dalla natura per produrre nuovi materiali, per ridurre i rifiuti non riciclabili che potrebbero essere accumulati nelle discariche, ma, allo stesso tempo, una tale organizzazione industriale che consuma energia ha un senso se il suo impatto ambientale è sostenibile. Per sostenibilità del sistema riciclo tradizionale, intendiamo la contabilizzazione delle percentuali di rifiuti non riciclabili che si producono alla fine del processo, l’analisi delle criticità sulla creazione di queste frazioni non riciclabili, la quantità di energia green utilizzata per lavorare e riprocessare i rifiuti e l’emissione di CO2 del processo. Non è sufficiente oggi aver compreso che i prodotti non vanno buttati ma riciclati, perché a volte sarebbe meglio percorrere altre strade, se possibili, invece che avviare lo scarto al riciclo. In attesa che si consolidi il processo industriale del riciclo chimico, che permette la scomposizione chimica dei componenti di un materiale e la riutilizzazione delle molecole come nuove materie prime, senza generare rifiuti, ci si deve interrogare sul bilanciamento di molti fattori nel trattamento dei rifiuti. Inoltre, in questo periodo in cui i prezzi delle materie prime sono esplosi e c’è una marcata indisponibilità sul mercato, credo non ci sia periodo migliore per analizzare alla fonte il sistema dei consumi che generano, poi, i rifiuti. Il consumismo, nell’era attuale dell’attenzione all’ambiente, non è purtroppo cambiato rispetto al passato, si compra, si usa (poco) e si getta.. (tanto), poi qualcuno riciclerà il prodotto (forse). E’ un approccio sbagliato e negativo per l’ambiente, che comporta la mancata soluzione del problema del consumo delle materie prime naturali, dei costi ambientali del riciclo e dei rifiuti che finiscono in discarica. Non si può colpevolizzare completamente il cittadino disattento al problema, senza tenere in considerazione la scarsa attenzione della politica al sul tema, ma oggi, è necessario lavorare in squadra per migliorare la situazione ambientale e ridurre i costi dei prodotti. Se prendiamo in considerazione i prodotti che generano più rifiuti, possiamo identificare, tra gli altri, gli imballi degli articoli che compriamo, fatti spesso di materiali la cui vita potrebbe essere molto lunga, decenni, ma che li utilizziamo con il principio dell’usa e getta. Le bottiglie delle bibite e dell’acqua in vetro o in plastica, i flaconi dei detersivi o dei prodotti per il corpo, le vaschette alimentari, ecc.. Tutti questi materiali sono fatti con materie prime durevoli e quindi si deve far in modo che non vengano buttati alla fine dell’utilizzo, anche se andrebbero nel flusso del riciclo (oneroso), ma si deve fare in modo che siano restituibili al fornitore per il loro nuovo riempimento o vengano riempite dal cittadino stesso riutilizzando l’imballo. Parliamo quindi di vuoto a rendere per i prodotti da igienizzare e vuoto da riempire, per esempio, per i detersivi o i saponi, posizionando nei negozi boxes per riempire le bottiglie da riutilizzare. Il vuoto a rendere, però, non sempre è conveniente, in quanto implica il trasporto dell’imballo vuoto con un impatto ambientale elevato, quindi, se il punto di ricarica è lontano dal consumatore, potrebbe essere meno gravoso riciclarlo. Qui diventa una responsabilità sociale istruire il cittadino sul vero impatto ambientale di una scelta di acquisto senza permettere le azioni di Greenwashing che il produttore del bene potrebbe fare. Atri due temi importanti riguardano il riutilizzo dei beni e il km. Zero. Molti articoli vengono buttati, senza una reale riduzione delle caratteristiche della funzionalità del prodotto o dell’estetica, per poi comprare di nuovi. Il concetto del riuso dei prodotti non significa andare, saltuariamente, nei mercatini rionali per cercare il prodotto usato, ma creare una rete di raccolta di articoli riutilizzabili, con la collaborazione di produttori, che ricondizionino l’oggetto, lo aggiustino se necessario, ne emettano una garanzia e lo si inserisca nuovamente sul mercato. Un telefonino di ultima generazione può diventale obsoleto dal punto di vista del marketing in poco meno di un anno, ma eccellente e ambito per chi non segue le mode, perché buttalo? Per quanto riguarda il Km. Zero è sempre più necessario, in un’ottica di riduzione delle emissioni di CO2 e per ridurre i costi generali del prodotto, i cui costi di movimentazione sono sempre ricalcolati all’interno del prodotto, cercare di comprare merce prodotta sempre più vicina all’ambito del consumo. Perché comprare una bottiglia di acqua minerale che viene da un luogo distante 500 Km. da me quando ho una fonte che produce un prodotto simile a 50 K.? (o perché non bere l’acqua del rubinetto o andare a riempire l’acqua gassata dai dispenser comunali?). Perché comprare una candela che viene dall’altra parte del mondo quando nel nostro paese ci sono le cererie che le producono, solo per fare degli esempi. Ci potrebbero essere mille altri esempi che riguarderebbero il modo di gestire della nostra mobilità quotidiana, le nostre scelte alimentari, quelle politiche, sociali, culturali, e molte altre. Ricordiamoci che ogni nostra scelta di acquisto crea più o meno inquinamento.Categoria: notizie - plastica - economia circolare - riciclo - rifiutiFoto: WP.F.

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https://www.rmix.it/ - L'Arte del Cotto e delle Maioliche Fatte a Mano e Sostenibili
rMIX: Il Portale del Riciclo nell'Economia Circolare L'Arte del Cotto e delle Maioliche Fatte a Mano e Sostenibili
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Sostenibilità e Arte nell'Artigianato: Come le Tecniche Ancestrali Incontrano l'Innovazione nelle Maioliche e nel Cotto di Marco ArezioL'artigianato riveste un ruolo cruciale nell'economia globale, combinando tradizione, innovazione e sostenibilità. La produzione di cotto fatto a mano e di maioliche da rivestimento rappresenta una tradizione millenaria, arricchita oggi dall'uso di materiali riciclati e tecniche innovative che rispettano l'ambiente. Questo articolo esplora le tecniche costruttive e decorative di questi manufatti, il ruolo dei materiali riciclati, i principali paesi produttori e i mercati di nicchia a livello globale.L'Argilla: Fondamento della Ceramica ArtigianaleL'argilla è il materiale fondamentale per la creazione di ceramiche, inclusa la storica arte delle maioliche. Questo materiale naturale gioca un ruolo cruciale non solo per le sue proprietà fisiche ma anche per la sua disponibilità e versatilità nel processo artistico e artigianale.Formazione dell'Argilla L'argilla si forma dalla lenta erosione delle rocce silicee della crosta terrestre, un processo che può durare milioni di anni. L'azione dell'acqua, del vento, e dei cambiamenti climatici scompone le rocce in particelle finissime, che vengono trasportate e depositate in luoghi come i letti dei fiumi, le valli e le pianure alluvionali. Queste particelle si mescolano con minerali, materia organica e acqua, formando vari tipi di argilla. La composizione specifica dell'argilla, che può includere diversi tipi di minerali come il caolino, l'illite e la montmorillonite, determina le sue caratteristiche e le sue applicazioni.Caratteristiche dell'Argilla L'argilla si distingue per diverse proprietà che la rendono ideale per la produzione di ceramiche:Plasticità: L'argilla è estremamente malleabile quando è umida, il che permette agli artigiani di modellarla in forme complesse. Questa plasticità, dovuta alla dimensione e alla forma delle particelle di argilla e alla presenza di acqua, facilita la creazione di oggetti d'arte e utensili.Durabilità post-cottura: Una volta essiccata e cotta a temperature elevate, l'argilla subisce una trasformazione fisica e chimica che la rende dura e resistente. Questa durabilità ha permesso alle ceramiche di svolgere un ruolo centrale nelle società umane per millenni, come contenitori, oggetti decorativi e materiali da costruzione.Varietà cromatica: La presenza di minerali diversi può influenzare il colore dell'argilla e, di conseguenza, delle ceramiche finite. La gamma di colori va dal bianco al rosso, dal grigio al nero, offrendo un ampio spettro creativo per gli artisti.Importanza nell'Artigianato Ceramico Nel contesto dell'artigianato ceramico, l'argilla non è solo un materiale da lavorare; è una tela vivente che porta con sé la storia geologica della Terra. Gli artigiani, attraverso la selezione dell'argilla e la manipolazione delle sue proprietà naturali, esprimono creatività e tradizione, creando opere che sono al tempo stesso funzionali, belle e ricche di significato culturale. Produzione del Cotto Fatto a Mano conElementi Riciclati Il cotto, noto per la sua durabilità e bellezza naturale, è un materiale che da secoli viene utilizzato nella costruzione e nella decorazione di edifici. La produzione di cotto fatto a mano incorpora una consapevolezza ecologica attraverso l'utilizzo di elementi riciclati, che non solo riduce gli sprechi ma contribuisce anche a creare prodotti unici e ricchi di storia.Definizione e Caratteristiche Il cotto fatto a mano è prodotto utilizzando argilla naturale, che viene modellata, asciugata e poi cotta in forni. La caratteristica principale di questo processo è l'unicità di ogni pezzo, risultato della modellazione manuale e delle variazioni di cottura.Importanza del Riciclo Nel contesto della produzione artigianale, l'uso di elementi riciclati si traduce in un minor impatto ambientale e in una maggiore sostenibilità del processo produttivo. Materiali come vecchi cotti dismessi, frammenti di ceramiche e vetro possono essere triturati e integrati nell'argilla, conferendo caratteristiche uniche al prodotto finito.Processo di Produzione Selezione e Preparazione dei Materiali: L'argilla viene selezionata con cura e mescolata con materiali riciclati triturati. Formazione e Modellazione: Le tecniche tradizionali di modellazione a mano permettono di formare pezzi unici. Asciugatura: I pezzi modellati vengono asciugati lentamente per prevenire crepe e deformazioni. Cottura: La cottura avviene in forni tradizionali, spesso alimentati con legna, che conferiscono al cotto colori e texture caratteristici.Produzione Artigianale di Maioliche da Rivestimento Le maioliche rappresentano un'altra faccia dell'artigianato ceramico, distinte per le loro superfici smaltate e le vivaci decorazioni. La produzione artigianale di maioliche integra spesso scarti di produzione nel processo, rendendo ogni pezzo unico e sostenibile.Caratteristiche delle Maioliche Artigianali Le maioliche si distinguono per lo smalto lucido e le decorazioni che vanno da semplici motivi geometrici a complesse rappresentazioni figurative, applicate a mano con grande maestria.Tecniche di Smaltatura e Decorazione Preparazione degli Smalti: Gli smalti vengono preparati mescolando silicati con ossidi metallici per ottenere vari colori. Applicazione dello Smalto: Lo smalto viene applicato sulle superfici ceramica prima della cottura. Tecniche di Decorazione Manuale: Le decorazioni vengono applicate a mano, spesso con l'uso di stencil o a mano libera, prima dell'ultima cottura che fissa lo smalto.Tecniche Costruttive e Decorative La produzione di cotto e maioliche si basa su tecniche che hanno radici profonde nella storia, ma che si sono evolute nel tempo con l'introduzione di nuove tecnologie e materiali. Innovazione nelle Tecniche di Cottura: La transizione dai forni a legna ai forni elettrici ha permesso un controllo più preciso della temperatura, riducendo il rischio di pezzi difettosi e migliorando l'efficienza energetica. Ad esempio, i forni elettrici moderni possono ridurre il consumo energetico fino al 30% rispetto ai forni tradizionali. Tecnologie Digitali nella Decorazione: L'introduzione della stampa digitale ha rivoluzionato le tecniche di decorazione delle ceramiche, permettendo la riproduzione di disegni complessi con alta fedeltà e variabilità. Questa tecnologia ha aperto nuove possibilità di personalizzazione e ha ridotto i tempi di produzione.Maggiori Paesi Produttori e Mercati di Nicchia La produzione di ceramiche artigianali è un settore significativo in diversi paesi, ognuno dei quali contribuisce al mercato globale con le proprie tecniche tradizionali e innovazioni. Italia: Il distretto ceramico di Sassuolo, in Emilia-Romagna, rappresenta circa l'80% della produzione italiana di piastrelle e esporta in più di 140 paesi. Il settore ceramico italiano, compreso il cotto e le maioliche, impiega direttamente oltre 27.000 persone, dimostrando l'importanza economica di questa tradizione artigianale. Spagna: Il settore della ceramica in Spagna genera un fatturato annuale di circa 3 miliardi di euro, con una forte presenza sul mercato internazionale. Le esportazioni rappresentano più del 70% delle vendite, sottolineando la domanda globale per le uniche ceramiche spagnole. Marocco: L'industria ceramica artigianale marocchina è strettamente legata al turismo e alla domanda interna. Le esatte dimensioni economiche del settore sono difficili da quantificare a causa della sua natura frammentata, ma è riconosciuto come un importante motore di impiego e conservazione culturale.Sfide e Opportunità Il settore dell'artigianato ceramico affronta diverse sfide nel contesto globale, ma queste stesse sfide presentano opportunità uniche per i produttori artigianali. Sfide: La concorrenza con la produzione di massa e la standardizzazione rappresenta una delle maggiori sfide. Inoltre, l'incremento dei costi dei materiali e dell'energia incide sul margine di profitto degli artigiani. Ad esempio, l'aumento dei prezzi del gas naturale, essenziale per la cottura delle ceramiche, può incidere fino al 40% sui costi operativi. Opportunità: C'è una crescente domanda di prodotti unici e personalizzati, soprattutto in mercati di nicchia ad alto valore. L'interesse verso la sostenibilità e la provenienza etica dei prodotti offre agli artigiani l'opportunità di differenziarsi. Inoltre, l'uso di social media e piattaforme online apre nuovi canali di vendita e promozione, permettendo agli artigiani di raggiungere un pubblico globale. Queste analisi evidenziano come il settore della ceramica artigianale sia dinamico e in grado di adattarsi alle mutevoli esigenze del mercato globale, preservando al contempo tecniche tradizionali e promuovendo l'innovazione

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https://www.rmix.it/ - Jeans: Storia, Produzione e Riciclo di un’Icona Intramontabile
rMIX: Il Portale del Riciclo nell'Economia Circolare Jeans: Storia, Produzione e Riciclo di un’Icona Intramontabile
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Dalla nascita come indumento da lavoro alla rivoluzione della moda sostenibile, i jeans sono diventati simbolo di resistenza, stile e innovazione nell'economia circolaredi Marco ArezioI jeans sono uno dei capi di abbigliamento più riconoscibili al mondo, ma le loro origini affondano le radici nell'America del XIX secolo. Pensati inizialmente come indumenti da lavoro per minatori e operai, sono diventati nel corso del tempo una vera e propria icona culturale. Il percorso che ha portato i jeans dall’essere un capo funzionale a rappresentare uno stile di vita è un viaggio affascinante che unisce innovazione, tradizione e sostenibilità. La Nascita di un'Icona La storia dei jeans inizia nel 1873, quando Levi Strauss e Jacob Davis brevettarono i primi pantaloni rinforzati con rivetti metallici, destinati ai minatori che necessitavano di abiti robusti e durevoli. Il tessuto utilizzato per questi pantaloni era il denim, una stoffa resistente e pesante, caratterizzata da una trama diagonale che ne aumentava la resistenza. La combinazione tra il denim e i rivetti metallici fece sì che questi pantaloni potessero sopportare l’usura quotidiana e le condizioni di lavoro più dure. Nel corso del XX secolo, i jeans iniziarono a fare la loro comparsa oltre il contesto lavorativo. Durante gli anni '50, vennero adottati dai giovani come simbolo di ribellione e anticonformismo. Hollywood, con star come James Dean e Marlon Brando, contribuì a renderli popolari in tutto il mondo. Da allora, i jeans hanno continuato a evolversi, diventando parte integrante della moda globale, attraversando generazioni e culture. Come Nascono i Jeans: Un Processo Complesso La produzione dei jeans è il risultato di un processo che combina tradizione artigianale e innovazione industriale. Il viaggio inizia nei campi, dove la materia prima principale, il cotone, viene raccolta. Il cotone destinato alla produzione dei jeans è spesso di alta qualità, come il cotone egiziano o pima, caratterizzato da fibre lunghe e resistenti. Dopo la raccolta, il cotone viene sottoposto al processo di filatura, dove le fibre vengono trasformate in filati. Questo passaggio è cruciale per garantire la robustezza del tessuto. Tra i metodi di filatura più utilizzati c’è la filatura ad anello, che conferisce al filato una maggiore resistenza e durata. Il filato ottenuto viene poi tinto con indaco, il caratteristico colorante blu che dà ai jeans il loro inconfondibile colore. La tintura può essere effettuata attraverso vari metodi, tra cui la tintura in corda, in cui i filati vengono ripetutamente immersi nel bagno di indaco e asciugati, creando la tonalità intensa e sfumata tipica del denim. Una volta tinto, il filato viene tessuto in denim, utilizzando una particolare trama a twill, che crea un motivo diagonale. Questo schema non solo conferisce al tessuto il suo carattere estetico, ma ne aumenta anche la resistenza, rendendolo ideale per abbigliamento soggetto a usura. Dopo la tessitura, il denim viene tagliato e cucito per creare i jeans. Le cuciture vengono rinforzate con doppie cuciture e rivetti metallici nelle zone di maggiore stress, come le tasche e la patta. Prima di essere venduti, i jeans possono essere sottoposti a trattamenti aggiuntivi, come il lavaggio a pietra, che dona al capo il caratteristico aspetto usurato. La Sostenibilità dei Jeans: Il Riciclo come Opportunità Negli ultimi anni, la crescente consapevolezza ambientale ha spinto il settore dell’abbigliamento a esplorare nuove strade per ridurre l’impatto ecologico della produzione dei jeans. Il cotone, pur essendo una risorsa naturale, richiede grandi quantità d'acqua e pesticidi per essere coltivato, e la produzione del denim può essere altamente inquinante a causa dei processi di tintura e lavaggio. Il riciclo dei jeans rappresenta una soluzione sostenibile a questo problema. Esistono diverse modalità per dare nuova vita a un paio di jeans dismessi. Il riciclo diretto, ad esempio, consiste nel rivendere o donare i jeans usati, prolungando così il loro ciclo di vita. Tuttavia, i jeans possono anche essere riciclati in fibre tessili, da utilizzare per la produzione di nuovi capi d’abbigliamento o altri prodotti. Un altro approccio interessante è l’upcycling, un processo che trasforma i jeans in nuovi prodotti di maggior valore, come borse, tappeti o articoli di arredamento. Questo processo non solo riduce i rifiuti, ma stimola anche la creatività, dando vita a oggetti unici. Infine, i jeans riciclati trovano impiego in settori diversi, come l'edilizia, dove le fibre di cotone vengono utilizzate per produrre materiali isolanti termici e acustici. In questo modo, un capo che un tempo veniva considerato semplice abbigliamento può contribuire a migliorare l'efficienza energetica degli edifici. Un Futuro Circolare per i Jeans L'evoluzione del jeans non si ferma alla moda. Oggi, l’industria del denim è impegnata a ridurre il suo impatto ambientale attraverso l’adozione di tecnologie innovative. Tra queste, troviamo la tintura a basso impatto, che riduce il consumo di acqua e sostanze chimiche, e l’utilizzo di cotone biologico e riciclato. Anche le tecnologie laser stanno trasformando il settore, permettendo di creare effetti usurati senza l'uso di sostanze chimiche nocive. Queste innovazioni non solo riducono l'impatto ambientale, ma migliorano anche la qualità e la durabilità dei jeans, garantendo che possano essere indossati più a lungo. In un mondo sempre più attento alla sostenibilità, i jeans sono un esempio perfetto di come un capo possa reinventarsi continuamente, adattandosi alle esigenze dei tempi moderni. Dalle loro origini come abiti da lavoro, fino a diventare un simbolo globale di moda, i jeans stanno ora diventando protagonisti di un nuovo capitolo, quello dell’economia circolare. Attraverso il riciclo e l’innovazione, i jeans possono continuare a essere un punto fermo nei nostri guardaroba, contribuendo al contempo a un futuro più sostenibile.© Riproduzione Vietata

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