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https://www.rmix.it/ - Come Gestire in Modo Efficace una Contestazione sul Prodotto
rMIX: Il Portale del Riciclo nell'Economia Circolare Come Gestire in Modo Efficace una Contestazione sul Prodotto
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Come Gestire in Modo Efficace una Contestazione sul Prodottodi Marco ArezioNel mondo del commercio e della produzione non si vorrebbe mai ricevere una contestazione in quanto sono situazioni sempre spinose da gestire. Da una parte c’è il rapporto con il cliente, che normalmente si cerca di coltivare in modo costruttivo sul lungo periodo e dall’altra c’è l’azienda che potrebbe aver commesso un errore. In base a come è strutturata la società produttrice o distributrice, la contestazione sollevata dal cliente viene recepita così da mettere in moto una serie di verifiche inerenti all’insoddisfazione palesata. Non è qui la sede per descrivere l’iter di controlli interni, anche perché ogni azienda segue i propri canali in base a come è strutturata, ma mi vorrei soffermare sulla gestione dell’attività di risposta verso il cliente. Fatto salvo che la persona addetta a gestire la contestazione può essere un addetto al customer service, al post vendita o una figura più tecnica, se la contestazione dovesse riguardare aspetti prettamente tecnici o ad un commerciale che ha venduto il prodotto. La delega alla gestione della contestazione dipende anche dalla dimensione aziendali e dalla possibile ripetitività e periodicità della stessa, dalle dimensioni del mercato e dal tipo di prodotti. Tra tutti, faremo un’ipotesi esemplificativa in cui rappresenteremo un’azienda media, che produce polimeri, su una fornitura gestita da un agente di vendita in un’area nazionale. In questo caso il primo a raccogliere la contestazione potrebbe essere l’agente di zona che avrà il compito di parlare con il cliente per capire i termini del problema. Nel campo dei polimeri riciclati si rende necessaria una campionatura del granulo venduto, dei parametri macchina usati ed eventualmente un pezzo del prodotto realizzato. L’agente si interfaccerà con il responsabile commerciale il quale, raccolte le indicazioni dell’agente, attiverà i controlli interni per verificare, analiticamente, quanto affermato dal cliente. In questi casi entrano in gioco alcune variabili importanti: • Tipologia della contestazione • Dimensione economica della contestazione • Importanza del cliente Tipologia della contestazione Ci sono aziende produttive che, utilizzando determinati input, possono andare incontro a possibili contestazioni sulla materia prima attraverso una casistica che già conoscono. Questo non significa che il polimero prodotto sia in ogni caso non conforme, ma che, per esempio, se utilizzato con determinate temperature macchina, determinati impianti, in determinate condizioni ambientali, qualche cliente potrebbe avere dei problemi. C’è anche il caso che effettivamente l’azienda abbia commesso degli errori o delle leggerezze, che hanno portato alla spedizione di un lotto di materiale non conforme. In questa sede non ci soffermeremo sulle tipologie di problematiche che un polimero può avere, né sul motivo per cui dalla produzione sia transitato nell’area di controllo e poi in quella logistica, senza che nessuno fosse intervenuto per segnalare un problema. Questo fa parte di un problema organizzativo che non sarà approfondito in questo momento, in quanto a noi interessa analizzare la gestione di una contestazione che in realtà già c’è. Il responsabile commerciale, che in questo caso sarà deputato alla gestione della contestazione, dopo aver verificato i risultati delle verifiche che sono venuti dalla produzione e dal controllo di qualità, dovrà incrociare le informazioni ricevute dal cliente tramite l’agente. Sulla scorta dell’analisi di quanto in suo possesso, l’addetto ha un quadro abbastanza preciso del problema tecnico e dovrà capire la sua entità economica. Dimensione economica della contestazione Prima di prendere qualsiasi decisione su come gestire con il cliente il problema dovrà, come detto, stabilire l’impatto economico dei passi che dovrà compiere con il cliente. Se l’ordine consegnato fa parte di un contratto continuativo, se è un ordine spot, se un inasprimento delle relazioni con il cliente potrebbe portare a dei risvolti negativi sulle vendite nell’area e, infine, valutare il rapporto che l’agente ha con il cliente e l’importanza che questo ha con l’azienda. A fronte del rischio di perdite commerciali o finanziarie importanti si dovrà studiare un approccio pragmatico, che metta nelle migliori condizioni le parti per dialogare. Nel caso in cui si è presenti a minori rischi, le valutazioni della strategia da seguire possono essere meno complicate. Importanza del cliente Se il cliente è importante per l’azienda che produce il prodotto, lo sa sia il responsabile commerciale ma anche il cliente stesso e, se non è uno sprovveduto, questa situazione è una delle maggiori difficoltà nelle trattative in caso l’azienda abbia una contestazione importante. Il problema non riguarda quindi solo la situazione oggettiva del momento, ma ci sono da considerare le implicazioni sul possibile fatturato, o di impegno della produzione, che potrebbero mutare se il cliente venisse perso. Viceversa, minore è l’importanza del cliente per l’azienda, minore sono i possibili rischi correlati alla contestazione. Anche qui prendiamo un esempio e inquadriamo il problema, attribuendo alla contestazione un valore economico e produttivo medio, una responsabilità media dell’azienda e un’importanza del cliente alta. Queste combinazioni si possono architettare diversamente, spostando i componenti e trovare soluzioni diverse. Gestione della contestazione Fatto salvi i tre punti riferiti al valore della contestazione, la responsabilità e all’importanza del cliente ci si deve muovere per minimizzare i costi e conservare una continuità cliente-azienda. In primo luogo bisogna valutare il grado di tensione che esprime il cliente che si sente danneggiato, questa è possibile rilevarla tramite le sensazioni che possono venire da una telefonata ricevuta o da un’email inviata o dalle indicazioni dell’agente. Se la tensione è palpabile è consigliabile astenersi nel formulare risposte scritte, che possono essere mal interpretate o che possono far salire ulteriormente la tensione. E’ auspicabile trovare un filo diretto telefonico, meglio in videoconferenza con il cliente in cui è possibile avere la possibilità di guardarsi in faccia e parlare. Se fosse possibile la visita dal cliente, questa potrebbe essere la migliore soluzione, in quanto è maggiormente empatica e sottolinea la volontà dell’azienda a considerare il cliente importante. Sono queste piccole sfumature di grande importanza che possono aiutare ad affrontare più serenamente il problema. L’incontro dovrà rimanere sempre, da parte del responsabile commerciale, su binari di educazione, rispetto e cortesia, anche in situazioni tese, senza pensare che possa diventare un duello personale. Questo non vuol dire una posizione di subalternità, anche in presenza di una responsabilità conclamata, ma un atteggiamento pragmatico che evita i rischi di una eccessiva emotività. L’esposizione delle cause della contestazione e della possibile risoluzione devono essere esposte dal responsabile dell’azienda in maniera competente, sia tecnicamente che economicamente, senza escludere una via di compromesso. Non sono consigliabili interventi in cui si cerchi di rovesciare tutta o in parte la colpa sul cliente per partire la negoziazione da un livello più sicuro, perché per fare questo si deve conoscere le capacità di gestione delle trattative da parte del cliente e la sua intelligenza. Se non si conosce a fondo l’interlocutore è meglio avere un approccio più sincero, meno da giocatori di poker, in quanto ci si può trovare di fronte ad un baro più bravo e, solo voi, conoscete il rischio che c’è sul piatto. La linea da sostenere deve avere una ragionevolezza che può valere per entrambi le parti, cercando di perseguire un equilibrio come asse portante delle relazioni tra le due aziende. Uscire dal problema spicciolo e far percepire al cliente il legame importante che nel tempo le aziende possono aver instaurato, può disinnescare prese di posizioni intransigenti, analizzando il valore della contestazione in relazione al fatturato consolidato. Lo scopo principale dell’incontro è disinnescare il risentimento e far crescere l’empatia tra i contendenti, così da partire da un piano non più in salita ma perlomeno orizzontale. Al cliente piace sentirsi apprezzato e una delle soluzioni è fargli capire che il problema sarà risolto, in quanto la relazione commerciale non potrà essere messa in discussione per una contestazione. Alla fine la proposta risolutiva dovrà tener presente il reale valore dell’errore commesso, il valore attribuito dal cliente al problema, considerando anche l’amplificazione dello stesso come gioco tra le parti, il valore della relazione azienda-cliente e la qualità dei rapporti personali che possono aiutare od interferire in problematiche future.

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https://www.rmix.it/ - Navigare la Tempesta: Il Ruolo Cruciale del Manager nella Gestione delle Crisi Aziendali
rMIX: Il Portale del Riciclo nell'Economia Circolare Navigare la Tempesta: Il Ruolo Cruciale del Manager nella Gestione delle Crisi Aziendali
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Strategie, Competenze e Strumenti per Trasformare le Crisi in Opportunità di Rinascita e Crescita di Marco ArezioNel dinamico e imprevedibile mondo degli affari, la gestione delle crisi rappresenta una delle sfide più complesse e critiche per i manager. Le crisi, eventi inaspettati che minacciano la stabilità e la reputazione di un'azienda, possono sorgere da molteplici fonti: finanziarie, operative, reputazionali, naturali o legate alla sicurezza. La risposta del management a tali situazioni non solo determina la sopravvivenza a breve termine dell'organizzazione, ma influenza profondamente la fiducia degli stakeholder e l'immagine pubblica dell'azienda a lungo termine. Comprendere le Crisi Aziendali Le crisi aziendali sono eventi che possono scatenarsi improvvisamente e avere un impatto devastante. Ad esempio, una crisi finanziaria può derivare da una cattiva gestione delle risorse, da un calo delle vendite o da cambiamenti nel mercato che colpiscono il bilancio aziendale. Le crisi operative, come interruzioni nella linea di approvvigionamento o problemi tecnici, possono fermare la produzione e causare perdite significative. Le crisi di sicurezza, come incidenti sul lavoro o minacce alla sicurezza informatica, mettono in pericolo i dipendenti e i dati sensibili. Le crisi reputazionali possono scaturire da scandali etici o controversie legali che danneggiano la fiducia del pubblico. Infine, le crisi naturali, come terremoti o pandemie, possono interrompere le operazioni in modi imprevedibili e spesso catastrofici. Le Competenze Essenziali del Manager Di fronte a tali problemi, i manager devono possedere un insieme di competenze specifiche per navigare con successo attraverso le tempeste aziendali. Leadership e Decision Making: Durante una crisi, i manager devono prendere decisioni rapide e informate. La leadership efficace richiede la capacità di valutare rapidamente la situazione, ponderare i rischi e agire con determinazione. Ad esempio, durante la crisi del Tylenol negli anni '80, il management di Johnson & Johnson prese la decisione coraggiosa di ritirare tutti i prodotti dal mercato, dimostrando una leadership forte e una determinazione a proteggere i consumatori. Comunicazione: Una comunicazione chiara e trasparente è fondamentale. I manager devono essere in grado di trasmettere informazioni precise e tempestive agli stakeholder interni ed esterni. Durante una crisi, la comunicazione può fare la differenza tra il mantenere la fiducia del pubblico e il causare panico o disinformazione. Empatia e Gestione delle Relazioni: Le crisi possono essere emotivamente stressanti per i dipendenti e altre parti interessate. Un buon manager deve mostrare empatia, ascoltare le preoccupazioni e mantenere relazioni positive. Questo aiuta a mantenere la coesione del team e a garantire che tutti lavorino insieme per superare la crisi. Pianificazione e Preparazione: Un manager deve essere proattivo nella preparazione alle crisi. Questo include l'analisi dei rischi, lo sviluppo di piani di contingenza e la formazione del personale. Ad esempio, le simulazioni di crisi possono preparare il team a rispondere in modo efficace quando si verifica una situazione reale. Adattabilità e Resilienza: Le crisi sono per loro natura imprevedibili. I manager devono essere flessibili, pronti ad adattare le loro strategie man mano che la situazione evolve. La resilienza, la capacità di recuperare rapidamente, è cruciale per superare gli ostacoli e riprendere le operazioni normali. Strategie per la Gestione delle Crisi Una gestione efficace delle crisi richiede strategie ben pianificate e implementate. Identificazione Precoce e Monitoraggio: Riconoscere i segnali di allarme e monitorare costantemente l'ambiente interno ed esterno aiuta a identificare le crisi prima che diventino ingestibili. Questo può includere il monitoraggio delle finanze, della soddisfazione dei clienti e dei social media. Formazione e Simulazioni: Preparare il personale attraverso programmi di formazione e simulazioni di crisi migliora la prontezza dell'organizzazione. Questi esercizi aiutano il team a familiarizzare con i protocolli di crisi e a rispondere in modo coordinato. Creazione di un Team di Crisi: Formare un team dedicato alla gestione delle crisi, composto da individui con competenze complementari, garantisce una risposta coordinata ed efficace. Questo team deve includere rappresentanti di tutte le funzioni aziendali chiave, come finanza, vendite, risorse umane, produzione e comunicazione. Comunicazione Trasparente: Stabilire canali di comunicazione chiari e trasparenti con tutti gli stakeholder è essenziale. Fornire aggiornamenti regolari e accurati mantiene la fiducia e riduce l'incertezza. Ad esempio, durante la pandemia di COVID-19, molte aziende hanno utilizzato aggiornamenti settimanali per mantenere informati i dipendenti sulle misure di sicurezza e le modifiche operative. Piani di Intervento e Continuità Operativa: Sviluppare piani dettagliati per gli interventi necessari e la continuità aziendale è essenziale per minimizzare l'impatto della crisi e ripristinare rapidamente la normalità. Questi piani devono essere testati e aggiornati regolarmente. Strumenti e Tecnologie per la Gestione delle Crisi I manager hanno a disposizione una vasta gamma di strumenti e tecnologie per supportare la gestione delle crisi. Software di Gestione delle Crisi: Piattaforme come i software di gestione delle crisi aiutano a coordinare le risposte, monitorare le situazioni in tempo reale e gestire le comunicazioni. Questi strumenti permettono di avere una visione completa della situazione e di prendere decisioni informate rapidamente. Analisi dei Dati e Intelligence: Utilizzare l'analisi dei dati per prevedere potenziali crisi e valutare l'efficacia delle risposte è fondamentale. I dati possono fornire indicazioni preziose sui punti deboli e sulle aree che necessitano di miglioramenti. Social Media: I social media sono strumenti potenti per monitorare e gestire la reputazione aziendale. Durante una crisi, le aziende possono utilizzare i social media per fornire aggiornamenti tempestivi e gestire la comunicazione con il pubblico. Sistemi di Allerta e Notifica: Le tecnologie di allerta e notifica permettono di inviare avvisi rapidi e informazioni critiche ai dipendenti e agli stakeholder. Questo è particolarmente utile in situazioni di emergenza, come evacuazioni o interruzioni operative. Case Study: La Crisi del Tylenol Un esempio emblematico di gestione efficace delle crisi è la risposta di Johnson & Johnson alla crisi del Tylenol negli anni '80. Quando alcuni lotti di Tylenol (un farmaco antipiretico) furono avvelenati con cianuro, causando la morte di sette persone, l'azienda affrontò una crisi di proporzioni enormi. Il management di Johnson & Johnson reagì rapidamente, ritirando immediatamente tutti i prodotti Tylenol dal mercato e collaborando con le autorità per risolvere il problema. Inoltre, l'azienda introdusse nuovi standard di sicurezza per gli imballaggi, come le confezioni a prova di manomissione, che divennero uno standard del settore. Questo esempio illustra l'importanza di una leadership decisa, una comunicazione efficace e azioni rapide e trasparenti nella gestione delle crisi. Conclusione La gestione delle crisi aziendali è una competenza cruciale per i manager moderni. La capacità di navigare attraverso le crisi, proteggendo gli interessi degli stakeholder e mantenendo la fiducia del pubblico, richiede un insieme di competenze specifiche, strategie ben pianificate e l'utilizzo di strumenti tecnologici avanzati. Investire nella preparazione e nella formazione continua, sviluppare piani di contingenza robusti e utilizzare tecnologie avanzate può fare la differenza tra una crisi che devasta l'azienda e una che viene gestita con successo, permettendo all'organizzazione di emergere più forte e resiliente. La gestione delle crisi, quindi, non è solo una necessità operativa, ma un elemento strategico fondamentale per il successo a lungo termine di qualsiasi azienda.

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https://www.rmix.it/ - Comunicazione: come uscire dall’anonimato con poche risorse
rMIX: Il Portale del Riciclo nell'Economia Circolare Comunicazione: come uscire dall’anonimato con poche risorse
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Comunicazione: come uscire dall’anonimato con poche risorse. Le possibilità per artigiani, commercianti, piccoli imprenditori e consulenti di Marco ArezioIn un mondo iper-competitivo, dove la comunicazione è diventata un’arma dirompente, chi ha le capacità e le risorse finanziarie per imporsi sul mercato, può fare la differenza. E le piccole aziende? Le attività di comunicazione, nel mondo interconnesso di oggi, possono fare la differenza tra chi le utilizza e chi no. Le piccole aziende, strettamente impegnate nel business quotidiano, non hanno a volte il tempo per promuovere la propria attività, far conoscere le capacità di creare valore aggiunto al proprio lavoro. Le dimensioni stesse dell’impresa non contemplano, spesso, la presenza di una figura che si occupi di mettere in luce le prerogative aziendali, attraverso le quali attirare nuovi potenziali clienti ed avere una programmazione del lavoro su un più lungo orizzonte. Inoltre, il flusso finanziario, tipico delle micro o piccole aziende, spesso non permette di assumere una risorsa umana interna che si occupi della promozione dell’attività. Ma per l’artigiano, il parrucchiere, l’estetista, il bar, il piccolo produttore, il consulente, l’impresa di pulizie e, potremmo andare avanti a citare mille altre figure professionali, emergere dall’anonimato o vincere la concorrenza, diventa sempre più un’esigenza di sopravvivenza e di rilancio. Ma come si raggiunge l’obbiettivo? La comunicazione è un’attività che punta a creare empatia con i potenziali clienti e un mezzo per fidelizzare quelli già acquisiti dall’impresa. L’empatia è quello stato d’animo, da parte del potenziale acquirente, che sceglie te invece che un tuo concorrente vicino o viene a conoscenza della tua attività e decide che potrebbe essere interessante provare a servirsi da te invece che dal suo solito fornitore. Nell’empatia sono racchiuse molte sensazioni che non dipendono direttamente dal prodotto che vendi o dal servizio che offri, ma è un insieme di valori trasmessi al potenziale cliente che fanno pendere la scelta verso la tua attività. La comunicazione non deve mai essere considerata un mezzo di vendita diretta, finalizzata nel breve periodo ad aumentare il fatturato, ma un’attività che favorisce la fidelizzazione del cliente sul lungo periodo, la cui conseguenza potrà essere l’aumento del fatturato. Perché ordinate una coca cola e non un’altra bibita con il caramello del tutto simile? Il prezzo? La qualità? Non credo proprio. La suggestione del prodotto che crea la giusta empatia in ognuno di noi. Perché una persona deve venire a comprare il pane al tuo negozio o andare a riparare il telefonino da te e non dalla grande catena distributiva o fare realizzare le tende per il la tua casa nel tuo negozio invece che da un altro o affidarsi ad un consulente finanziario invece che al suo concorrente? E’ una questione di empatia che, attraverso la comunicazione locale o su ampia scala, porta a compiere delle scelte che esulano dal prodotto, dando per scontato che si abbia una qualità attesa e non inferiore a quella del tuo concorrente, ma non per forza migliore. Questo vale anche nelle forniture all’ingrosso, dove un piccolo imprenditore può produrre ombrelloni o vasi o appendini o pattumiere o reti ortopediche, per fare alcuni esempi, a parità di qualità di prodotto e servizio, deve poter creare una chiave per farsi preferire e per farsi conoscere da una platea più vasta. Ma creare l’empatia non è come comprare o vendere un prodotto di uso comune, non raggiunge lo scopo in un lasso di tempo breve, è un percorso che necessita tempo ma soprattutto costanza. Chi sposa la comunicazione per far crescere la propria azienda deve essere soprattutto costante nel tempo, sia che le cose, nel breve periodo, vadano male o meglio. Con quali risorse e come fare? La costruzione di un percorso comunicativo oggi non necessita di investimenti onerosi, in quanto si può affittare il lavoro e calibrare le ore settimanali del consulente in base alle esigenze e le disponibilità finanziarie dell’azienda. Ogni attività ha una sua storia, un suo ambito, una sua situazione finanziaria e un suo obbiettivo. Partendo dall’analisi di queste informazioni si costruisce, con l’imprenditore, un piano di lavoro che permetta a lui di dedicarsi al proprio lavoro e al consulente di far emergere l’azienda e creare quell’empatia necessaria per far preferire un’azienda ad un’altra. Se desideri ulteriori informazioni scrivi a: info@arezio.it o visita il sito internet www.arezio.it

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https://www.rmix.it/ - Social Washing: L'Inganno Dietro l'Impegno Apparente
rMIX: Il Portale del Riciclo nell'Economia Circolare Social Washing: L'Inganno Dietro l'Impegno Apparente
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Imprese e politica utilizzano a volte il social washing e il greenwashing per manipolare l'opinione pubblica di Marco ArezioIl "social washing" è diventato una pratica sempre più rilevante e controversa nel mondo degli affari e della politica, mettendo in discussione l'integrità di molte iniziative che vantano un impegno sociale. Questo fenomeno solleva questioni etiche importanti e presenta implicazioni significative sulla fiducia pubblica e sul reale impatto delle azioni volte al bene comune. In questo articolo, esploreremo più approfonditamente il concetto di social washing, come si manifesta in diversi contesti e le possibili soluzioni per affrontare questa problematica. Definizione di Social Washing Il termine "social washing" deriva dall'analogo "greenwashing" (riservato alle pratiche ambientali) e si riferisce all'atto di presentare in modo ingannevole le proprie attività come socialmente responsabili o orientate al bene comune, quando in realtà tali impegni sono superficiali o limitati. Questo fenomeno si manifesta attraverso varie strategie di marketing e comunicazione volte a creare un'immagine positiva piuttosto che a sostenere azioni concrete a favore della società. Manifestazioni Comuni del Social Washing Campagne pubblicitarie ingannevoliLe aziende utilizzano spesso campagne pubblicitarie che sottolineano il loro impegno sociale, attraverso slogan accattivanti, immagini emotive e dichiarazioni che possono distorcere la realtà delle loro pratiche aziendali. Iniziative di responsabilità sociale limitateUn'organizzazione può focalizzarsi su iniziative di responsabilità sociale che offrono visibilità ma che, nella sostanza, hanno un impatto minimo sulle questioni sociali o ambientali. Coinvolgimento in partenariati superficiali: Il social washing può coinvolgere il posizionarsi in associazioni o partenariati con organizzazioni benefiche o iniziative di volontariato, senza un coinvolgimento significativo o contributi effettivi. Implicazioni del Social Washing Il social washing ha implicazioni significative sulla fiducia del pubblico e sul mercato in generale: Minaccia alla fiducia del consumatoreQuando i consumatori scoprono di essere stati ingannati, la fiducia nel marchio può subire danni irreparabili, generando un cinismo diffuso nei confronti degli impegni aziendali. Distorsione del mercato Le pratiche di social washing possono influenzare le decisioni d'acquisto basate su informazioni fuorvianti, distorcendo il mercato in favore di aziende che presentano un'immagine socialmente responsabile ma che potrebbero non rispecchiare la realtà. Social Washing in Politica Il social washing non è limitato al settore privato. In politica, i rappresentanti pubblici possono impegnarsi in pratiche che cercano di migliorare la loro immagine sociale senza un reale impegno verso politiche e azioni che promuovano il benessere collettivo. La retorica politica potrebbe presentare politiche come più progressiste o socialmente responsabili di quanto siano in realtà. Affrontare il Social Washing Per difendersi dal social washing, è fondamentale adottare un approccio critico e informato: Ricerca approfondita: Investigare le azioni effettive di un'azienda o di un politico anziché basarsi solo sulla pubblicità. Verificare se ci sono prove concrete delle loro pratiche socialmente responsabili. Coinvolgimento della comunità: Valutare come l'organizzazione o il politico interagisce con la comunità locale. Un coinvolgimento reale è un segno positivo, mentre un coinvolgimento superficiale potrebbe indicare social washing. Certificazioni indipendenti: Cerca marchi o certificazioni riconosciuti che attestino le pratiche etiche e sostenibili dell'azienda o del politico. Il social washing è una pratica eticamente discutibile che richiede un'attenzione critica da parte dei consumatori, delle organizzazioni e dei decisori politici. La trasparenza e l'impegno autentico verso pratiche socialmente responsabili sono essenziali per costruire una fiducia duratura e un impatto reale sul benessere della società. Solo attraverso una maggiore consapevolezza e vigilanza possiamo sperare di mitigare gli effetti negativi del social washing e spingere verso un autentico cambiamento sociale.

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https://www.rmix.it/ - Una Storia di Successo nel Mondo della Plastica che Dura da 60 anni. I° Parte
rMIX: Il Portale del Riciclo nell'Economia Circolare Una Storia di Successo nel Mondo della Plastica che Dura da 60 anni. I° Parte
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Nell’era del boom economico, il 1963 segna una data importante per un’azienda lungimirante che pensava fuori dagli schemidi Marco ArezioI primi anni ’60 la plastica iniziava a compiere i primi e decisivi passi che avrebbero poi caratterizzato lo sviluppo economico e sociale del secolo scorso. Pochi anni prima Giulio Natta aveva ottenuto il Nobel per la chimica per le sue ricerche che lo portarono alla scoperta del polipropilene. I Caroselli nella TV in bianco e nero di allora magnificavano i molteplici usi del Moplen, con il quale si potevano realizzare contenitori leggeri, resistenti e colorati, perfettamente in grado si sostituire quelli fatti in lamiera verniciata, pesanti e che potevano arrugginirsi. Nella sale cinematografiche, intanto, gli italiani si appassionavano al Gattopardo. È infatti nel 1963, come abbiamo detto, in pieno boom economico, che grazie all’intuizione e ad una visione illuminata di Innocente Caldara e del cognato Mario Pontiggia, nasce la “Pontiggia & Caldara” che sessant’anni più tardi sarebbe diventata la Caldara Plast che conosciamo oggi. Il Sig. Innocente girava instancabilmente l’Italia con il suo camion, un OM Tigrotto, in un periodo di grandi innovazioni in tutti i settori. È in questo scenario, in un’Italia in grande fermento, in cui tutti gli scantinati di Milano erano occupati da qualche laboratorio dove si produceva “qualcosa”, che Innocente Caldara vide due residui plastici che molte industrie eliminavano, una risorsa da riutilizzare e riportare a nuova vita. Erano solo gli anni Sessanta ma questa è l’idea che oggi sta alla base dell’economia circolare. In quei primi faticosi ma emozionanti anni, l’azienda faceva trasporti per varie società situate nella provincia di Lecco, operanti nella distillazione del metacrilato, portando il monomero ai clienti di queste ditte. Il modus operandi era semplice ma efficace: da queste ditte che producevano lastre di metacrilato venivano ritirati gli scarti prodotti e, successivamente, gli stessi venivano venduti alle aziende che si occupavano di distillazione. Con l’evoluzione del mercato e dei materiali, (erano anni di gran fermento nell’industria dei polimeri), al metacrilato trattato inizialmente si aggiunsero presto anche gli scarti di Policarbonato, dell’ABS, della Poliammide e del Polistirolo. Così, anche l’azienda, come il mercato, stava cambiando. Negli anni Settanta venne costruito, non con pochi sacrifici, il capannone di Caslino d’Erba, paese d’origine della famiglia Caldara, necessario ormai per contenere tutti gli scarti ritirati. Qui vennero posizionati i primi mulini acquistati per macinare le diverse tipologia di materiali, e stoccare il macinato pronto da rivendere in Italia ma anche all’estero. Giungono in fretta gli anni Novanta e la ditta diventa “Innocente Caldara snc”. Accanto al Sig. Innocente inizia a lavorare a 17 anni il figlio Attilio, il secondo dei suoi figli, che si occupa della macinazione degli scarti. Anche Massimiliano, il figlio maggiore, lascia la società in cui lavorava ed entra nell’azienda di famiglia. Avendo la patente per guidare il camion si alterna al papà nella guida del nuovo Iveco 190, anche lui girando l’Italia recuperando scarti di polimeri da avviare alla macinazione. Nel 1994, il terzo figlio, Alessandro, si unisce ai fratelli e al padre occupandosi anche lui di trasporti e macinazione. A supportare tutto questo gran lavoro negli uffici arriva Ester, che si occupa di amministrazione e contabilità e che affianca la Sig.ra Angela, moglie del Sig. Innocente, che da sempre, con costanza e rigore, tiene le fila della parte amministrativa dell’azienda. Ora, che la quantità di scarti aumenta, sorge un dubbio ai Caldara “ma che ce ne facciamo di tutti questi scarti acquistati e macinati? Sono belli, colorati, perfino simpatici, gli ambientalisti non sono ancora intervenuti gridando che la plastica è uno dei mali del mondo, ma nel nostro magazzino incominciano a diventare un po' troppi.” E allora? Internet e il web ancora non esistevano... così si incominciò con il telefono e le pagine gialle a trovare potenziali clienti a cui interessassero le plastiche macinate, e altri potenziali fornitori da cui acquistare scarti di lavorazione. Massimiliano, approfittando di uno stop forzato a seguito di un incidente in moto, iniziò a stare al telefono e ad occuparsi in prima persona della ricerca di clienti e dei rapporti con i fornitori. Siamo negli anni Novanta e in Caldara è già iniziata l’era dell’economia circolare. Continua… Traduzione automatica. Ci scusiamo per eventuali inesattezze. Articolo originale in Italiano.Fonte: Caldara

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https://www.rmix.it/ - XIX° Secolo e l’Espansione della Chimica tra Bene e Male
rMIX: Il Portale del Riciclo nell'Economia Circolare XIX° Secolo e l’Espansione della Chimica tra Bene e Male
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La Chimica nella storia: uso del fosforo bianco nella produzione dei fiammiferi di Marco ArezioTutte le forme di progresso, anche quello della chimica, sono state costellate, nella storia, da vittorie e da sconfitte, da azioni di gloria tecnico-scientifica e da bramosia di denaro, insomma dall’eterna lotta tra chi comandava e chi subiva. La letteratura ci riporta episodi riferibili a successi, scaturiti dalle scoperte di nuovi materiali e la loro industrializzazione, e di risvolti negativi, a volte mortali, per chi lavorava nelle fabbriche o nelle loro vicinanze. Possiamo ricordare la storia dell’inquinamento della diossina, dell’eternit, del teflon, del PFSA, del piombo, dei pesticidi e di molti altri ritrovati chimici che, da una parte hanno fatto grandi le industrie, ma dall’altra hanno arrecato danni alla salute umana, all’ambiente e spesso la morte di molti lavoratori. La storia ci restituisce aneddoti su come la nuova chimica, nel corso del '800, avesse creato un’industria avida di denaro e per niente rispettosa della salute di chi, questi profitti, procurava agli imprenditori attraverso il loro lavoro. Un articolo, apparentemente piccolo e innocuo come i fiammiferi, la cui diffusione era massima in quel periodo in virtù delle necessità in cucina, nelle aziende, per il riscaldamento e per i fumatori, era prodotto con dei composti chimici altamente dannosi per la salute umana e, nonostante ciò, si proseguì per anni la sua produzione cercando di insabbiare i reali effetti nefasti. A partire dal 1840, quando si affinò la tecnica di produzione dei fiammiferi, la produzione avveniva immergendo dei piccoli pezzi di legno in una massa fumosa di fosforo bianco, lasciandoli poi essiccare all’aria. Il fosforo bianco, materia prima per le capocchie incendiarie, era composto da fosfati minerali e dalle ceneri delle ossa che contenevano fosfato di calcio. La miscela che ne scaturiva veniva poi trattata con l’acido solforico, altro prodotto dell’industria chimica nascente, ottenendo così l’acido fosforico che veniva poi trattato con carbone e trasformato in fosforo. Il fosforo bianco così realizzato si utilizzava per la fabbricazione dei fiammiferi, ma era altamente tossico per chi lo maneggiava o ne respirava i fumi. Il lavoro della preparazione dei fiammiferi, molte volte eseguito da donne e bambini, li esponeva ai fumi del fosforo bianco, anche perché, spesso, erano fatti in spazi angusti o i locali non avevano il ricambio e la circolazione dell’aria necessaria. Per molti anni si susseguirono le morti e gravi malattie dei lavoratori nelle fabbriche a causa del fosforo bianco, nonostante gli industriali sapessero perfettamente della tossicità del prodotto che serviva per le capocchie infiammabili. Una forte azione tra gli imprenditori, alcuni cattedratici e alcuni parlamentari, riuscì a bloccare una proposta legge, datata 1905, che ne avrebbe impedito l’uso, costringendo le aziende a passare al più costoso fosforo rosso. Ma nel 1924, nonostante l’associazione monopolista dei produttori di fiammiferi tentò in tutti i modi di prolungare il blocco legislativo, ci fu l’approvazione che pose fine alla chimica della morte.Foto Tecnomatch

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