La Germania, un paese virtuoso sotto molti aspetti, industriale, economico, finanziario e sociale, vive con un grave problema che riguarda i propri rifiuti in plasticadi Marco ArezioInfatti, esporta ogni anno circa un milione di tonnellate di rifiuti di plastica per un valore di circa 254 milioni di euro, rimanendo il più grande esportatore nell’ambito europeo, con circa 1,5 milioni di tonnellate di questa tipologia di rifiuti spediti all’estero. Fino al 2018, la Cina era il principale cliente per questo di scarto ed era anche una comoda via per fare pulizia in casa propria. Ma da quella data, tuttavia, la Repubblica Popolare ha vietato l'importazione di alcuni materiali provenienti dai sistemi urbani e industriali di raccolta, compresi i rifiuti di plastica indifferenziati. La Germania, come molti altri paesi nel mondo, ha cercato nuovi porti di approdo per questa tipologia di materiale di scarto, trovando la Malesia disponibile a riceverli raggiungendo così il 17% delle esportazioni tedesche. Tuttavia, ultimamente, anche la Malesia sta controllando con maggiore attenzione il mix di questi rifiuti, iniziando a rifiutare alcune navi dopo le ispezioni. Nel 2019, ad esempio, il paese ha restituito circa 4.000 tonnellate di rifiuti di plastica ai paesi di provenienza. Motivo per il quale anche la Germania è sempre alla ricerca di nuovi sbocchi per i rifiuti plastici che non vuole riciclare nel proprio paese e, con meraviglia, proprio vicino a casa ha trovato una soluzione. Infatti i Paesi Bassi ritirano circa il 15% dei rifiuti tedeschi con costi logistici ben più convenienti che spedirli nel far east. In un confronto tra i paesi dell’Unione Europea, la Germania è di gran lunga il principale esportatore con oltre un milione di tonnellate di rifiuti di plastica, seguita da Belgio (476.100 tonnellate), Paesi Bassi (389.900 tonnellate), Francia (385.600 tonnellate) e Italia (206.100 tonnellate). C'è ancora molto spazio per migliorare quando si tratta di riciclo: solo una frazione dei rifiuti raccolti in Germania è destinata all'incenerimento e al recupero, secondo i dati dell'Ufficio federale tedesco. Infatti, nel 2019 sono stati raccolti 38 milioni di tonnellate di rifiuti provenienti dalla raccolta differenziata, una media di 457 chilogrammi di rifiuti domestici pro capite e, secondo l'autorità competente, solo un terzo viene riciclato o incenerito.Categoria: notizie - plastica - economia circolare - riciclo - rifiuti
SCOPRI DI PIU'Luci ed ombre sul sistema Italia della raccolta differenziatadi Marco ArezioSe volessimo fare un bilancio sommario e generale della situazione della raccolta urbana dei rifiuti in Italia nell’anno 2018, potremmo dire che dei 30 milioni di tonnellate raccolti, il 58,1%, pari a 17,5 milioni di tonnellate, rappresentano la raccolta differenziata, con una crescita del 2,6 % rispetto al 2017. Non c’è dubbio che l’Italia continua, virtuosamente, il processo di efficientamento della gestione dei rifiuti urbani sul territorio nazionale, perseguendo gli obbiettivi imposti dalla comunità Europea. Ma il sistema paese vive di luci ed ombre che sono chiaramente espressi nel rapporto sui rifiuti urbani dell’anno 2018 presentato dall’Ispra, nel quale si notano differenza marcate sia nella raccolta, che nella selezione che nello smaltimento dei rifiuti. I primi dati interessanti mostrano la % di raccolta, nel 2018, divisi per macro aree: Nord 67,7 % Centro 54,1 Sud 46,1 Dove ai primi tre posti troviamo regioni come il Veneto con il 73,7 % raccolto, il Trentino Alto Adige con 72,5 % e la Lombardia con il 70,7 %. Sul lato opposto della statistica troviamo la Sicilia con il 29,5 %, il Molise con il 38,4 % e la Calabria con il 45,2 %. Le differenze nelle percentuali, seppur abnormi, lasciano intravedere però sostanziali miglioramenti delle ultime regioni rispetto al 2017, con crescite tra il 6 e l’8 % in un solo anno. Per quanto riguarda le frazioni merceologiche troviamo una raccolta, espressa in milioni di tonnellate così divisa: Frazione organica 7,079 Carta 3,418 Vetro 2,118 Plastica 1,368 Metallo 0,332 Legno 0,908 RAEE 0,255 Tessili 0,146 Altro 1,908 Alla luce di questi numeri si può identificare un grande problema che riguarda la dislocazione territoriale degli impianti di smaltimento e lavorazione dei rifiuti della raccolta differenziata, in quanto la maggior parte di essi si trova al nord, creando quindi una migrazione dei rifiuti da trattare dal centro-sud verso il nord. Questo comporta un peggioramento in termini ambientali ed economici per i cittadini, causato dalla grande quantità di autotreni che si spostano ogni giorno. Per capire questo fenomeno dobbiamo entrare nel dettaglio della distribuzione degli impianti sul territorio Italiano divisi per attività. Impianti per la frazione organica: Nord 220 Centro 50 Sud 69 Discariche autorizzate: Nord 56 Centro 25 Sud 46 Inceneritori: Nord 26 Centro 6 Sud 6 Oltre a queste quotidiane migrazioni di rifiuti dal centro-sud verso il nord Italia, esiste una quantità di rifiuti che vanno all’estero e che rappresentano l’1,5% del montante raccolto, pari a 465.000 tonnellate. I principali paesi che accolgono i rifiuti Italiani sono: Austria 84.934 Ton Portogallo 52.204 Ton Slovenia 49.413 Ton Spagna 49.382 Ton Bulgaria 39.365 Ton Il problema dei rifiuti va comunque visto in un’ottica più ampia che riguarda la transizione energetica nazionale, che si deve realizzare attraverso la circolarità di quanto raccolto e selezionato e verso forme di energia rinnovabili. La carente situazione impiantistica non riguarda solo il comparto dei rifiuti ma abbraccia anche gli altri settori delle energie rinnovabili, dove una quota degli impianti eolici, solari, idroelettrici e a biomasse sono oggetto di contestazione. La politica deve dare un segnale forte ed indicare la strada, coinvolgendo le amministrazioni locali, verso una necessità nazionale di circolarità ed energia pulita, scavalcando inutili campanilismi e opposizioni locali frutto, molte volte, di incompetenza tecnica e di una miope visione del futuro o di favori politici.Categoria: notizie - plastica - economia circolare - rifiuti - raccolta differenziataVedi maggiori informazioni sul riciclo
SCOPRI DI PIU'Come l’industria automobilistica sta affrontando la sfida dello smaltimento dei veicoli a fine vita e dei componenti non riciclabili attraverso nuove tecnologie e strategie di progettazionedi Marco ArezioL'industria automobilistica è uno dei settori più influenti e pervasivi nell'economia globale, ma anche uno dei più critici dal punto di vista ambientale. Con milioni di veicoli prodotti ogni anno, la questione dello smaltimento dei veicoli a fine vita (End-of-Life Vehicles, ELV) rappresenta una problematica significativa. Questo articolo illustra le innovazioni e le strategie adottate dall'industria per affrontare il problema dello smaltimento dei veicoli a fine vita e dei componenti non riciclabili.Contesto e Problematiche Ogni anno, milioni di veicoli raggiungono la fine del loro ciclo di vita. Secondo l'Agenzia Europea dell'Ambiente, circa 6-7 milioni di tonnellate di veicoli a fine vita vengono generati ogni anno in Europa. La gestione di questi rifiuti è complessa, poiché un'auto è composta da una vasta gamma di materiali, tra cui metalli, plastiche, vetro, fluidi e componenti elettronici. Componenti non riciclabili Un veicolo medio è riciclabile fino all'80-85%, ma il restante 15-20% rappresenta una problematica significativa. I materiali non riciclabili includono vari tipi di plastiche miste, schiume poliuretaniche, componenti elettronici complessi e rivestimenti in tessuto. Questi materiali spesso finiscono in discarica, contribuendo all'inquinamento e alla perdita di risorse.Innovazioni nella progettazione dei veicoli Una delle strategie più promettenti per affrontare il problema dello smaltimento dei veicoli a fine vita è l'adozione di principi di progettazione sostenibile. Le case automobilistiche stanno investendo in ricerca e sviluppo per creare veicoli più facilmente riciclabili e con una maggiore percentuale di materiali riutilizzabili. L'uso di materiali leggeri e riciclabili è in crescita. Ad esempio, la fibra di carbonio e l'alluminio, che sono più facili da riciclare rispetto all'acciaio tradizionale, stanno diventando sempre più comuni. Inoltre, sono in corso ricerche su materiali biodegradabili per componenti interni e su plastiche facilmente separabili e riciclabili. Inoltre il design modulare permette di smontare facilmente i veicoli, rendendo più semplice il recupero e il riciclo dei componenti. Questa tecnica non solo facilita il riciclo, ma consente anche la sostituzione e l'aggiornamento di parti specifiche senza dover sostituire l'intero veicolo. Tecnologie di riciclo avanzate Oltre alle innovazioni nella progettazione, le tecnologie di riciclo stanno evolvendo rapidamente per gestire in modo più efficace i rifiuti automobilistici. Pirolisi e gassificazione La pirolisi e la gassificazione sono tecniche avanzate che permettono di convertire materiali non riciclabili in prodotti utili. La pirolisi, ad esempio, può trasformare le plastiche miste in oli e gas utilizzabili come combustibili o materie prime per la produzione di nuovi materiali. La gassificazione, invece, converte i rifiuti in gas di sintesi, che può essere utilizzato per generare energia. Riciclo chimico Il riciclo chimico è un altro approccio promettente. Questo metodo scompone i polimeri complessi nei loro monomeri originali, che possono essere riutilizzati per produrre nuove plastiche. Questo processo è particolarmente utile per le plastiche miste e i materiali compositi, che sono difficili da riciclare meccanicamente. Iniziative normative e di responsabilità estesa del produttore (EPR) Le iniziative normative svolgono un ruolo cruciale nella gestione dei veicoli a fine vita. L'Unione Europea, ad esempio, ha introdotto la direttiva ELV (2000/53/EC), che stabilisce obiettivi chiari per il recupero e il riciclo dei veicoli. Responsabilità estesa del produttore La responsabilità estesa del produttore (EPR) è un principio secondo il quale i produttori sono responsabili dell'intero ciclo di vita dei loro prodotti, inclusa la fase di smaltimento. Questo approccio incentiva le case automobilistiche a progettare veicoli più facilmente riciclabili e a sviluppare infrastrutture per il recupero dei veicoli a fine vita. Sistemi di raccolta e trattamentoLa creazione di sistemi efficienti di raccolta e trattamento è essenziale per la gestione dei veicoli a fine vita. In molti paesi, sono stati istituiti punti di raccolta dove i proprietari possono consegnare i loro veicoli a fine vita gratuitamente o a costi ridotti. Questi veicoli vengono poi trasportati a centri di trattamento autorizzati, dove vengono smontati e i materiali recuperati. Case studies e best practices BMW e il programma di riciclo BMW è un esempio di come un'azienda possa implementare con successo strategie di riciclo avanzate. Il programma di riciclo di BMW prevede la progettazione di veicoli con un alto grado di riciclabilità e l'uso di materiali sostenibili. BMW ha sviluppato un sistema di riciclo chiuso per l'alluminio, che permette di ridurre significativamente le emissioni di CO2 associate alla produzione di nuovi veicoli. Toyota e l'economia circolare Toyota è un altro leader nel campo della sostenibilità. L'azienda ha implementato il concetto di economia circolare, cercando di chiudere il ciclo di vita dei materiali. Toyota utilizza materiali riciclati per la produzione di nuovi veicoli e ha sviluppato tecnologie avanzate per il riciclo delle batterie dei veicoli ibridi. Sfide future e prospettive Nonostante i progressi significativi, rimangono diverse problematiche nella gestione dei rifiuti automobilistici. La complessità crescente dei veicoli moderni, con un uso maggiore di elettronica e materiali compositi, rende il riciclo sempre più difficile. Inoltre, l'adozione su larga scala di veicoli elettrici pone nuove sfide per il riciclo delle batterie. Educazione e sensibilizzazione L'educazione e la sensibilizzazione dei consumatori giocano un ruolo importante. Informare i consumatori sull'importanza del riciclo e su come gestire correttamente i veicoli a fine vita può contribuire a migliorare i tassi di recupero e riciclo. Conclusioni La gestione dei rifiuti automobilistici è una sfida complessa che richiede un approccio olistico e innovativo. L'industria automobilistica sta facendo progressi significativi nella progettazione sostenibile, nelle tecnologie di riciclo avanzate e nelle iniziative normative. Tuttavia, per affrontare pienamente il problema dei veicoli a fine vita e dei componenti non riciclabili, è necessaria una collaborazione continua e un impegno a lungo termine da parte di tutti gli attori coinvolti. Solo così sarà possibile creare un futuro più sostenibile per l'industria automobilistica e per il nostro pianeta.© Riproduzione Vietata
SCOPRI DI PIU'Il Miraggio del riciclo dei Rifiuti nella Macedonia del Norddi Marco ArezioA due passi dal cuore produttivo dell'Europa, non lontano dal parlamento Europeo dove domina una corsa virtuosa alla tutela dell'ambiente e all'incremento del riciclo dei rifiuti, al centro di un'area in cui la popolazione ha sdoganato l'economia circolare, la Macedonia del nord, secondo quanto riportato da Aleksandar Samardjiev, resta lontano anni luce dal resto d'Europa sul tema della gestione dei rifiuti. Vediamo perchèNonostante alcuni esempi positivi, in Macedonia del Nord il riciclo resta a livelli estremamente bassi. Secondo esperti e osservatori, il paese deve elaborare in fretta una strategia a lungo termine nella gestione dei rifiuti Le famiglie raccolgono i rifiuti in un unico bidone e poi lo svuotano nei contenitori in strada: poi la spazzatura viene portata dai camion comunali in una discarica, dove viene accumulata sul terreno. Questa è, in buona sostanza, l'immagine che sintetizza la gestione dei rifiuti in Macedonia del Nord, con livelli estremamente bassi di selezione e riciclo. Più rifiuti, meno riciclo Le statistiche confermano la disastrosa situazione: mentre la quantità totale di rifiuti raccolti nel paese è in costante aumento, la capacità di riciclo procede nella direzione opposta. Nel 2017 la Macedonia del Nord ha generato 787mila tonnellate di rifiuti, di cui solo lo 0,6% è stato riciclato. Nel 2018 i rifiuti sono aumentati a 855mila tonnellate, con un tasso di riciclo dello 0,5%. Nel 2019 i rifiuti hanno raggiunto le 916mila tonnellate, mentre la capacità di riciclo è scesa ad un mero 0,3%. Secondo i funzionari del Ministero dell'Ambiente e della Pianificazione territoriale, l'attuale quadro giuridico è corretto e coerente con gli standard dell'Unione europea, ma le leggi, le strategie e i piani per la gestione dei rifiuti e la protezione ambientale sono male applicati a livello municipale. I comuni dovrebbero iniziare a lavorare sulla selezione dei rifiuti: non c'è quasi nessuno smistamento dei rifiuti e bidoni separati, cioè dovrebbe essercene uno (giallo) per gli imballaggi in plastica, vetro, carta ecc. e uno per i rifiuti misti non riciclabili. “In questo modo, i rifiuti del bidone giallo non andrebbero in discarica, ma sarebbero separati in carta, vetro, plastica, ecc. e riciclati. Al momento, i cittadini non sono pronti a selezionare, né hanno l'infrastruttura per farlo. Servono anche maggiore controllo e supervisione da parte degli ispettori municipali”, spiega a OBCT Ana Karanfilovska Mazneva, capo del dipartimento ministeriale di Gestione dei rifiuti. Nella sua relazione 2020 sull'andamento del trattamento dei rifiuti, l'Ufficio statale di revisione conclude che la selezione e la raccolta differenziata dei rifiuti urbani vengono eseguite solo in alcuni comuni e in misura limitata. Anche il tasso di riciclo è basso. Pertanto, è necessaria un'azione più intensa da parte dello stato, delle autorità locali e del settore imprenditoriale per migliorare in questo settore. Prilep, un esempio positivo I media locali portano spesso ad esempio la città di Prilep, saldamente al primo posto per la selezione dei rifiuti nel paese, che contribuisce tanto quanto tutte le altre città macedoni messe insieme, compresa la capitale Skopje. Con una popolazione di 75mila abitanti, la città genera ogni anno da 28mila a 31mila tonnellate di rifiuti, di cui la società di servizi pubblici Komunalec riesce a selezionare e vendere fino a 13mila tonnellate di rifiuti selezionati, quasi la metà delle quantità raccolte. Solo nel 2020, questa società di servizi pubblici è riuscita a selezionare e vendere 822 tonnellate di rifiuti di carta e cartone, 87 tonnellate di vari tipi di rifiuti di plastica e imballaggi in PET, 56 tonnellate di nylon e 78 tonnellate di imballaggi in vetro dalla città. Inoltre, sono state raccolte circa tremila tonnellate di detriti edilizi con i propri contenitori per detriti edilizi, che ricoprono la discarica comunale con rifiuti urbani. L'azienda seleziona anche da duemila a tremila tonnellate di materiali di scarto aggiuntivi (tessuti, mobili, legno, ecc.), che però attualmente non vengono venduti nel paese o all'estero. Il comune chiede, ma non ha ancora ricevuto, assistenza dallo stato per un ulteriore trattamento dei rifiuti attraverso la realizzazione di un Centro Secondario di Selezione. Alla ricerca di una strategia efficace di gestione dei rifiuti A livello giuridico, il territorio della Macedonia del Nord è diviso in otto regioni che hanno le proprie discariche. Nonostante le buone intenzioni, tuttavia, la spazzatura viene semplicemente gettata a terra e non trattata. “L'idea è di trasformare le discariche in verie e propri centri per la gestione complessiva dei rifiuti. Quando vengono distribuiti i bidoni dei rifiuti domestici, la selezione secondaria dovrebbe essere effettuata nelle discariche regionali e quindi la carta, il cartone, il vetro e la plastica raccolti dovrebbero essere venduti al settore privato del riciclo, riducendo quindi finalmente i rifiuti abbandonati in tutto il paese", spiega Ana Karanfilovska Mazneva. Igor Makaloski, rappresentante di una delle aziende che raccolgono rifiuti selezionati in collaborazione con i comuni, ritiene che sia necessario che le persone diventino più consapevoli dei vantaggi della selezione dei rifiuti. Afferma che la sua azienda, pur collaborando con oltre 40 amministrazioni locali in Macedonia del Nord, dove vivono oltre il 70% dei 2 milioni di abitanti, raccoglie solo 1.800 tonnellate di rifiuti di imballaggio. “Purtroppo in Macedonia del Nord molto spesso abbiamo solo dichiarazioni di principio quando si parla di ecologia.Insieme, dobbiamo impegnarci di più su questo problema. Ci sono carenze nel processo di raccolta e parte dell'attrezzatura installata è costantemente vandalizzata da cittadini senza scrupoli. Ma questo non ci solleva dalla responsabilità di trovare modi per raccogliere i rifiuti di imballaggio e smaltirli in luoghi appropriati”, spiega Makaloski.L'attivista Branko Prlja (fondatore dei gruppi "Dare, non bittare" e "Non buttare, non inquinare" per sensibilizzare al riciclo, il riutilizzo e l'uso ridotto al fine di preservare l'ambiente) afferma che lo stato dovrebbe essere coinvolto più attivamente nel processo di riciclo. “Vietare, limitare o tassare i materiali non riciclabili. In questo modo non verranno utilizzati e non finiranno nelle discariche. D'altra parte, può aiutare le aziende sovvenzionate a riciclarli o facilitarne il trasporto verso paesi che possono riciclarli”, ha scritto Prlja nel suo blog. Molte scadenze per gli obiettivi di selezione e riciclo in vari piani nazionali sono già state mancate: il riutilizzo e il riciclo del 50% dei rifiuti domestici era previsto per il 2020, ma rimane ad oggi un obiettivo non raggiunto. La ricerca ambientale mostra anche che i rifiuti lasciati a terra emettono sostanze e gas nocivi, diventando così una delle cause dell'inquinamento atmosferico, un altro grave problema sanitario nella Macedonia del Nord. Categoria: notizie - plastica - economia circolare - riciclo - rifiuti - macedonia
SCOPRI DI PIU'Un Nuovo Valore per gli Scarti di Marmo Attraverso il Riciclo di Marco ArezioL’industria del marmo ha sempre affascinato per la sua capacità di trasformare un materiale naturale in opere d’arte e superfici eleganti. Tuttavia, dietro la bellezza di questo settore si cela una realtà meno conosciuta: l’estrazione e la lavorazione del marmo generano una quantità enorme di scarti. Blocchi difettosi, frammenti di taglio, lastre danneggiate e polveri fini si accumulano nelle cave e nei laboratori, spesso senza trovare un impiego utile. Per anni, questi materiali di scarto sono stati considerati un problema, con ingenti costi di smaltimento e un impatto ambientale significativo. Oggi, però, le cose stanno cambiando. Grazie a un approccio più sostenibile e all’innovazione tecnologica, gli scarti di marmo stanno diventando una risorsa preziosa per diversi settori, contribuendo a ridurre gli sprechi e a dare nuova vita a un materiale dalle caratteristiche uniche.Dal Blocco alla Polvere: La Seconda Vita del Marmo A seconda della loro forma e dimensione, gli scarti di marmo possono essere recuperati e trasformati in materiali utili per molteplici applicazioni. I blocchi di grandi dimensioni che non superano i controlli di qualità possono essere rifiniti e tagliati per diventare piastrelle, pavimentazioni o superfici decorative. I frammenti più piccoli, invece, vengono frantumati per essere utilizzati come aggregati nella produzione di materiali da costruzione. Anche la polvere di marmo, che un tempo era considerata un semplice residuo di lavorazione, ha trovato nuove applicazioni grazie al suo elevato contenuto di carbonato di calcio. Questo elemento, infatti, è ampiamente utilizzato in diversi settori industriali, dalla chimica alla cosmetica, dalla produzione di carta alla creazione di vernici ecologiche. L’industria del riciclo del marmo è oggi una realtà in crescita, con sempre più aziende che sperimentano nuovi modi per integrare questi materiali nelle loro filiere produttive. Il risultato è un sistema più efficiente e sostenibile, in cui ogni scarto diventa un’opportunità. Le Innumerevoli Applicazioni degli Scarti di Marmo Uno dei settori che sta beneficiando maggiormente del riutilizzo degli scarti di marmo è l’edilizia. La graniglia di marmo, ottenuta dalla frantumazione dei residui lapidei, viene utilizzata per migliorare la resistenza del calcestruzzo e delle malte, riducendo al tempo stesso il consumo di sabbia e ghiaia naturale. Inoltre, i frammenti di marmo vengono impiegati nella realizzazione di pavimentazioni in terrazzo e superfici composite, che combinano estetica e sostenibilità. Ma il contributo del marmo riciclato non si limita al settore delle costruzioni. Anche l’industria chimica ha trovato impieghi interessanti per questo materiale. Il carbonato di calcio, ottenuto dalla polvere di marmo, è utilizzato per migliorare la qualità delle plastiche, delle resine e delle vernici. La sua capacità di aumentare la resistenza e la durabilità dei prodotti lo rende un ingrediente prezioso, che contribuisce a ridurre l’uso di materiali sintetici e ad abbassare i costi di produzione. Un altro ambito in cui gli scarti di marmo stanno facendo la differenza è quello della depurazione ambientale. Il carbonato di calcio, infatti, è in grado di neutralizzare le sostanze acide presenti nelle acque reflue e nei gas di scarico industriali, contribuendo alla riduzione dell’inquinamento. Inoltre, sempre più aziende stanno utilizzando il marmo riciclato nei sistemi di filtraggio per migliorare la qualità dell’acqua potabile. Dall’Agricoltura alla Cosmetica: Un Impiego Versatile L’agricoltura è un altro settore che ha trovato un grande alleato nel marmo riciclato. La polvere di marmo viene impiegata per correggere l’acidità del suolo, migliorando la capacità delle piante di assorbire i nutrienti e favorendo una crescita più sana delle colture. Inoltre, il carbonato di calcio è utilizzato nei fertilizzanti naturali, contribuendo a un’agricoltura più sostenibile e meno dipendente dai prodotti chimici sintetici. Anche l’industria zootecnica beneficia del riutilizzo del marmo. Il carbonato di calcio è un componente essenziale nei mangimi per il bestiame, in quanto favorisce lo sviluppo osseo e contribuisce alla salute degli animali. Ma non è finita qui. Negli ultimi anni, il marmo riciclato ha trovato applicazioni anche nel settore della cosmetica. Grazie alla sua struttura fine e delicata, la polvere di marmo viene utilizzata nei prodotti esfolianti, offrendo un’alternativa naturale alle microplastiche, che stanno progressivamente venendo eliminate dai prodotti per la cura della pelle. Inoltre, è presente nei dentifrici, dove svolge un’azione abrasiva delicata che aiuta a mantenere il bianco naturale dei denti senza danneggiarne lo smalto. Dal Design all’Arredamento: Il Fascino del Marmo Riciclato Oltre alle applicazioni industriali e ambientali, il marmo riciclato sta trovando sempre più spazio anche nel mondo del design e dell’arredamento. Molti designer stanno sperimentando nuove soluzioni per integrare gli scarti di marmo nei loro progetti, dando vita a complementi d’arredo unici e sostenibili. Le superfici composite, ad esempio, sono una delle innovazioni più interessanti del settore. Mescolando frammenti di marmo con resine ecologiche, è possibile ottenere materiali durevoli ed esteticamente accattivanti, ideali per piani cucina, tavoli e rivestimenti. Anche nell’illuminazione e nei piccoli oggetti di design, il marmo riciclato sta diventando un elemento distintivo, utilizzato per creare lampade, vasi e decorazioni dal forte impatto visivo. Questo rinnovato interesse per il marmo riciclato dimostra che il design può essere non solo bello, ma anche sostenibile. L’idea di riutilizzare un materiale che altrimenti andrebbe sprecato si sta affermando sempre di più, trasformando il concetto stesso di lusso in qualcosa di più responsabile e innovativo. Verso un Futuro Più Sostenibile Il riciclo degli scarti di marmo rappresenta una delle soluzioni più promettenti per ridurre l’impatto ambientale dell’industria estrattiva e, al tempo stesso, creare nuovi prodotti di valore. Il fatto che un materiale considerato rifiuto possa diventare una risorsa strategica per l’edilizia, la chimica, l’agricoltura, la cosmetica e il design è la prova di come l’innovazione e la sostenibilità possano andare di pari passo. Sempre più aziende stanno adottando un approccio circolare alla produzione, dimostrando che il recupero del marmo non è solo una scelta ecologica, ma anche una strategia vincente dal punto di vista economico. Il futuro del marmo non è solo nelle cave, ma anche nei laboratori e nei processi di riciclo, dove la creatività e la tecnologia stanno ridefinendo il modo in cui utilizziamo questa pietra preziosa. L’industria del marmo sta cambiando volto: da settore ad alto impatto ambientale, sta diventando un esempio di innovazione e sostenibilità. E con essa, cambia anche la nostra visione del lusso e del design, che sempre più spesso guardano al futuro con una prospettiva ecologica e responsabile.© Riproduzione Vietata
SCOPRI DI PIU'Abbiamo già avuto modo di parlare degli atteggiamenti consumistici dei giorni nostri in molti settori merceologici, ma la moda, forse, incarna a pieno questi comportamenti discutibilidi Marco ArezioLa moda sta passando da un consumo veloce ad uno ultra veloce, con la conseguenza di comprare, vestire e buttare tutto in un lasso di tempo esiguo. Questo atteggiamento è facilitato dalla riduzione di costi dei vestiti che si è compiuto attraverso la globalizzazione delle produzioni, incentrate prevalentemente in paesi poveri o poverissimi e dall’uso di fibre sintetiche sempre più a buon mercato. Inoltre, le catene distributive internazionali, hanno creato un business basato meno sul profitto del singolo capo e più sulla quantità di vendite elevate in alta rotazione. La corsa a comprimere i prezzi finali dei capi si è riverberato su tutta la filiera, creando marginalità sempre più piccole per la logistica e naturalmente la produzione. Se le vendite diminuiscono si perde la sostenibilità finanziaria di un indotto enorme, che metterebbe in crisi il sistema. Per questo, si produce sempre di più, si consumano sempre più materie prime e si creano sempre più rifiuti. Questa spirale sembra un vantaggio per l’acquirente finale che trova un capo di abbigliamento a buon mercato, ma è assolutamente deleterio per l’ambiente e per chi ci lavora. Se guardiamo il problema dal punto di vista ambientale, possiamo dire che una rotazione così alta dei capi di abbigliamento, la cui maggior parte giacciono inusati nei nostri armadi, comporta: • un utilizzo elevatissimo di materie prime sintetiche, plastica principalmente, che hanno un impatto ambientale molto negativo sia nella produzione che nello smaltimento. • una dispersione di nanoplastiche nell’ambiente durante i lavaggi, materiali che finiscono attraverso gli scarichi, nei fiumi e nei mari ed entrano nella catena alimentare. Questo vuol dire che ci rimangiamo, a piccole dosi i vestiti che continuiamo a comprare. • una quantità sempre maggiore di rifiuti tessili, che possono essere anche pericolosi per l’ambiente per via delle tinte di cui sono impregnati e per la bassa o nulla biocompatibilità. • una problematica crescente per lo smaltimento dei di rifiuti tessili nel mondo a causa della scarsa propensione alla circolarità della filiera, quindi al riciclo. Se poi guardiamo il problema dal punto di vista sociale, la lotta all’economia di scala imperante nel settore ha imposto marginalità sempre più piccole per i lavoratori della filiera. Di questi problemi ci ricordiamo solo quando succedono delle tragedie, come gli incendi nelle ditte di confezionamento dei capi, o nelle aziende di tintura, o nelle fabbriche di scarpe, tutti posizionate in paesi del terzo mondo. Un atteggiamento oppressivo e di sfruttamento dei lavoratori si manifesta in vari modi: • distribuzione del lavoro di rifinitura dei capi in paesi dove la manodopera costa pochissimo e la produzione oraria è elevata • sfruttamento del lavoro minorile per ridurre ulteriormente i costi a disprezzo delle norme internazionali del lavoro e dell’abbandono scolastico • potere contrattuale tra fornitore e cliente assolutamente sbilanciato verso quest’ultimo attraverso il quale non esiste dignità lavorativa • disprezzo per le problematiche ambientali che si possono manifestare nei paesi di produzione dei capi. Come abbiamo sempre detto il potere reale per cambiare le cose lo ha sempre in mano il consumatore finale, che può modificare il corso delle cose facendo acquisti più sostenibili e cambiano le sue abitudini nel campo dell’abbigliamento. Ognuno di noi può responsabilizzarsi nei confronti delle problematiche urgenti che assillano il nostro pianeta e verso chi sta lavorando nel settore della produzione della moda, cercando di fare qualche cosa per contribuire al suo miglioramento e forse, un giorno alla sua risoluzione. Che cosa possiamo fare? • uscire dalla logica della moda ultra veloce, facendo durare di più i capi che abbiamo già, limitando nuovi acquisti, che per la maggior parte potrebbero essere superflui e acquistare solo le cose necessarie. • Non diventare succubi del marketing delle aziende della moda (ma in generale di qualsiasi altro settore) che spinge a sempre nuovi acquisti, manipolando la nostra mente, creando necessità che probabilmente non ci sono, facendo leva sulle debolezze psicologiche della popolazione, come la crescita dell’autostima facendo shopping. • contribuire a far crescere la moda lenta, fatta di capi che non invecchiano ai nostri occhi, porre attenzione alla loro conservazione, imparare nuovamente a fare piccole riparazioni di sartoria per non perdere quella manualità che c’era un tempo nelle famiglie. • partecipare ai nuovi movimenti che permettono lo scambio di vestiti ed accessori o facendo acquisti di capi usati con lo scopo di risparmiare soldi, risorse ambientali e partecipando alla riduzione die rifiuti. • Rifiutare la globalizzazione degli stili e promuovere lo scambio di culture produttive diverse, in modo da ricostruire le filiere multilateralmente a discapito della produzione di pochi marchi internazionali. Ricordati che ogni acquisto che fai incide più o meno sull’inquinamento del pianeta.Categoria: notizie - tessuti - economia circolare - riciclo - rifiuti - moda Foto: WP.F
SCOPRI DI PIU'Un'alleanza tra aziende per promuovere il riutilizzo e il riciclo nel settore dell’arredamento, verso un modello di economia circolaredi Marco ArezioIl settore dell’arredamento italiano si arricchisce di una nuova iniziativa di portata nazionale che punta a promuovere il riutilizzo, il riciclo e la gestione del fine vita dei mobili. La creazione di un consorzio dedicato a questi obiettivi rappresenta un’innovazione per un’industria che si trova oggi davanti a sfide ambientali crescenti, ma anche a opportunità rilevanti per sviluppare pratiche sostenibili. Questa iniziativa coinvolge numerose aziende del settore e mira a ridurre l’impatto ecologico della produzione e smaltimento dei mobili, rispondendo a una sensibilità ambientale sempre più forte sia tra i consumatori sia tra i produttori. Un Consorzio per la Sostenibilità: Missione e Obiettivi Il consorzio appena formato si pone l’obiettivo di diventare il punto di riferimento per la gestione del ciclo di vita dei mobili, con particolare attenzione alle fasi di riutilizzo, riparazione e riciclo. L’idea è quella di strutturare un sistema in grado di facilitare il recupero di componenti e materiali per evitare che i mobili, una volta terminata la loro funzione, finiscano in discarica. Questo obiettivo ambizioso si inserisce nel contesto dell’economia circolare, che incoraggia la transizione da un modello lineare (produzione-consumo-smaltimento) a uno circolare, dove i prodotti e le risorse mantengono il loro valore il più a lungo possibile. Tra le principali attività previste dal consorzio figurano: Promozione del riutilizzo: facilitare la donazione, la vendita o la riconversione di mobili usati. Recupero dei materiali: incentivare il recupero di legno, metalli, tessuti e altri materiali dai mobili dismessi. Supporto alla ricerca: finanziare studi e progetti per migliorare i processi di recupero e riciclo. Collaborazione con aziende e istituzioni: stabilire partnership con altri attori della filiera per creare un ecosistema collaborativo. Perché è Importante Gestire il Fine Vita dei Mobili Il settore dei mobili genera una quantità significativa di rifiuti che, in assenza di politiche di gestione adeguate, si accumulano nelle discariche. Inoltre, la produzione di mobili richiede risorse naturali preziose, come il legno, che potrebbero essere preservate con politiche di riutilizzo e riciclo efficaci. Secondo alcune stime, ogni anno vengono gettati migliaia di tonnellate di mobili, con un impatto ecologico rilevante. A ciò si aggiunge l’impronta di carbonio generata sia dalla produzione sia dallo smaltimento, un problema che può essere mitigato riducendo la necessità di nuovi materiali e favorendo il riuso. In questo contesto, il consorzio può svolgere un ruolo chiave nell’incentivare pratiche virtuose come la riparazione e il riutilizzo, che non solo riducono l’impatto ambientale ma offrono anche opportunità di risparmio per i consumatori e di guadagno per le aziende. Molti mobili, infatti, potrebbero avere una “seconda vita” con minimi interventi di restauro, contribuendo così a ridurre i costi per le famiglie e a creare un mercato dell’usato strutturato e affidabile. Un Modello di Collaborazione per la Filiera dell’Arredamento L’idea di un consorzio rappresenta un’importante innovazione nel settore del mobile, che fino a oggi ha affrontato il tema della sostenibilità principalmente dal punto di vista della produzione. Molte aziende, infatti, hanno adottato materiali sostenibili e ridotto l’uso di sostanze inquinanti, ma la gestione del fine vita dei prodotti rimaneva un’area poco esplorata. Con questo nuovo consorzio, le imprese dell’arredamento hanno l’opportunità di collaborare per sviluppare soluzioni condivise, evitando sprechi e favorendo un uso efficiente delle risorse. Una delle caratteristiche distintive del consorzio è la sua apertura a collaborazioni con enti pubblici, ONG e università. L’obiettivo è quello di costruire un network che vada oltre il solo settore dei mobili, coinvolgendo esperti di economia circolare, studiosi di materiali e professionisti della logistica, al fine di migliorare ogni fase del ciclo di vita dei prodotti, dalla progettazione alla dismissione. Questo approccio olistico permette di identificare le best practice e adattarle alle esigenze di un mercato che deve necessariamente diventare più sostenibile. I Benefici Attesi per Aziende e Consumatori Il consorzio punta a generare vantaggi per tutti gli attori coinvolti. Per le aziende, la partecipazione a un sistema di recupero e riciclo strutturato rappresenta non solo un’opportunità di migliorare la propria immagine in termini di sostenibilità, ma anche una fonte di risparmio sui materiali. Il riciclo dei componenti permette infatti di ridurre la dipendenza dalle risorse vergini, i cui costi stanno crescendo a causa della scarsità e delle fluttuazioni del mercato. Per i consumatori, il consorzio offre nuove opportunità per ridurre i costi legati all’acquisto di nuovi mobili. La possibilità di donare o vendere i propri mobili usati in un contesto regolamentato e sicuro incoraggia la circolazione di beni ancora in buono stato, evitando sprechi e promuovendo una cultura del riuso. Inoltre, con il supporto del consorzio, le aziende potranno proporre nuovi servizi di riparazione e manutenzione, facilitando la vita utile dei prodotti. Gli Ostacoli e le Sfide Future Nonostante gli evidenti benefici, il consorzio dovrà affrontare diverse sfide per affermarsi. Una delle principali difficoltà riguarda la logistica del recupero dei mobili, che richiede una rete di trasporto efficiente e sostenibile. Inoltre, il consorzio dovrà lavorare per cambiare le abitudini dei consumatori, ancora poco inclini a considerare il fine vita dei mobili come un’opportunità di recupero. Sensibilizzare il pubblico sarà quindi fondamentale, e sarà necessario investire in campagne informative che spieghino i vantaggi ambientali ed economici del riutilizzo e del riciclo. Un’altra sfida riguarda la qualità dei materiali recuperati, che in alcuni casi potrebbero essere difficili da riutilizzare o riciclare per via dell’usura o della contaminazione. In questo senso, sarà essenziale collaborare con aziende specializzate nel trattamento dei materiali e nella gestione dei rifiuti, così da garantire un processo di recupero efficace e sostenibile. Conclusione: Un Passo Verso un Futuro Sostenibile La nascita del consorzio per la gestione del riutilizzo e del fine vita dei mobili segna un passo significativo verso la sostenibilità nel settore dell’arredamento. Questa iniziativa dimostra come l’industria possa evolvere per rispondere alle sfide ambientali, adattandosi a un modello di economia circolare che beneficia l’ambiente, le aziende e i consumatori. In un’epoca in cui le risorse sono sempre più limitate e la sensibilità verso i temi ecologici è in crescita, il consorzio rappresenta un esempio di come la collaborazione possa portare a soluzioni innovative e sostenibili.© Riproduzione Vietata
SCOPRI DI PIU'Raccolta differenziata: Il XIX° secolo fu un periodo di grandi cambiamenti sociali e sanitaridi Marco ArezioNel corso dei secoli, a partire dal Neolitico, il problema dei rifiuti e delle condizioni igienico sanitarie della popolazione non erano prese in seria considerazione e non erano vissuti come un problema importante. Per quanto riguarda i rifiuti prodotti dall’uomo nell’era preindustriale, dove la concentrazione di popolazione in agglomerati urbani non era elevata, questi non costituivano un ostacolo in quanto tutto quello che era riutilizzabile veniva recuperato sia per le attività umane che per quelle animali. Gli scarti alimentari, il legno e il ferro venivano recuperati, persino a volte gli escrementi, che venivano accuratamente raccolti, seccati e riutilizzati o venduti come concime. Non si può dire certamente che le città o i villaggi fossero puliti o igienicamente indenni da malattie derivanti dal diffondersi di batteri e virus, ma si può dire che la scarsa presenza umana in ragione del territorio occupato manteneva un equilibrio tra i problemi sanitari dati dalla scarsa igiene pubblica (e personale) e dai rifiuti non utilizzati, rispetto la vivibilità degli agglomerati urbani. Le cose cambiarono in modo repentino e drammatico nel corso del 1800 quando iniziò l’urbanizzazione massiccia delle città e l’avvento della rivoluzione industriale che fece da attrazione per le popolazioni povere che si spostarono dalle campagne alle città per cercare lavoro. Per esempio, Londra nei primi 30 anni dell’ottocento raddoppiò la popolazione toccando il milione e mezzo di persone ed arrivò a due milioni e mezzo nei vent’anni successivi. Questa crescita spropositata di persone che normalmente viveva in condizioni sanitarie precarie e in alloggi fatiscenti, creò una catena di eventi drammatici sulla salute pubblica. Nel 1832 scoppiò a Londra e anche a Parigi, un’epidemia di colera che causò decine di migliaia di morti. Pur non conoscendo le cause di morte della popolazione, si attribuì il problema al gran puzzo delle discariche a cielo aperto, strade e fiumi compresi, che accoglievano tutti gli scarti umani e industriali di cui si disfaceva l’uomo. I primi interventi post epidemia si concentrarono su questi rifiuti, più per una questione di decoro sociale che di vera coscienza sanitaria, infatti la conoscenza scientifica del colera avvenne solo nel 1883 ad opera dello scienziato tedesco Robert Koch che ne individuò l’esistenza, nonostante sembrerebbe che già nel 1854 l’Italiano Fabrizio Pacini avesse isolato il batterio. Si costruirono le prime fognature, si cercò di collegare tra loro interi quartieri che utilizzavano i pozzi neri e si convogliarono i liquami industriali nelle nuove fogne. Non avvenne tutto così semplicemente come raccontato infatti, i problemi furono enormi e all’inizio i risultati scarsi, in quanto le acque convogliate finivano comunque nei fiumi e i problemi si presentarono nuovamente a valle delle città. Si dovette aspettare fino alla fine del secolo quando gli studi sulla microbiologia iniziarono a trovare efficaci soluzioni anche nel campo della depurazione delle acque, uniti al miglioramento dell’igiene personale della popolazione nonché le prime vaccinazioni. Per quanto riguarda i rifiuti solidi, non recuperabili, che normalmente erano depositati fuori dagli ambienti domestici, la crescita della popolazione nei nuovi agglomerati urbani, portò a nuovi problemi. Nonostante la maggior parte dei beni che veniva venduta non prevedeva alcun involucro o raramente in fogli di carta e tutto quello che era possibile riciclare veniva preso seriamente in considerazione, la spazzatura indifferenziata iniziò comunque ad accumularsi. Le colonie di topi vivevano a stretto contatto con le popolazioni dei quartieri più poveri, attratti dai rifiuti gettati liberamente sul territorio cittadino, creando ulteriori problemi sanitari. Fu un fatto anche di decoro che, per primo, Ferdinando II di Borbone, re del regno delle due Sicilie, emanò il 3 Marzo 1832, una norma che regolava la gestione dei rifiuti urbani, prevedendo regole severe sul loro abbandono e imponeva la separazione degli stessi per materiale che li componevano. Il regio decreto non era da prendere alla leggera perché erano previste anche pene detentive per i trasgressori. Istituì inoltre delle discariche dove la gente doveva portare i propri rifiuti e delle regole di pulizia degli ambiti esterni alle abitazioni.Categoria: notizie - storia - economia circolare - riciclo - rifiuti - raccolta differenziata
SCOPRI DI PIU'Sostenibilità, consulenza strategica e innovazione tecnologica ridefiniscono il ruolo dei commercialisti under 40di Marco ArezioNegli ultimi anni, il mondo professionale dei commercialisti sta vivendo una trasformazione significativa, e la sostenibilità è al centro di questo cambiamento. Con il crescente riconoscimento dell'urgenza di affrontare le problematiche ambientali, la sostenibilità non è più vista solo come una tendenza, ma come una componente strategica per il futuro delle professioni, inclusa quella dei commercialisti. Secondo diverse analisi del settore, una percentuale crescente di giovani professionisti considera la sostenibilità un campo di specializzazione prioritario, il che indica una chiara direzione verso un futuro più "green" e consapevole. La Sostenibilità Come Specializzazione del Futuro La domanda di competenze legate alla sostenibilità è in forte crescita, non solo nel settore industriale o nel campo della consulenza strategica, ma anche tra i commercialisti. In particolare, i giovani professionisti sembrano essere tra i principali promotori di questa tendenza. Oltre il 60% di coloro che hanno meno di 40 anni considerano la sostenibilità una delle aree su cui concentrarsi per offrire un valore aggiunto ai propri clienti. Questo orientamento si riflette anche nella crescente richiesta di consulenze su modelli economici sostenibili, efficienza energetica, riduzione delle emissioni di carbonio e ottimizzazione dei processi aziendali in ottica di economia circolare. Consulenza Strategica e Innovazione Tecnologica Oltre alla sostenibilità, la consulenza strategica e l'innovazione tecnologica rappresentano due ambiti chiave su cui i giovani commercialisti stanno costruendo le loro carriere. Questi professionisti sono chiamati a supportare le imprese nell'adozione di nuovi modelli di business che integrino pratiche sostenibili e digitalizzazione dei processi. La crescente complessità normativa e fiscale che circonda la sostenibilità ambientale richiede un expertise specifico, che solo chi si specializza in queste aree è in grado di fornire. Le Nuove Sfide: La Tecnologia e la Normativa La tecnologia, in particolare, rappresenta una sfida e un'opportunità. L'automazione dei processi contabili e fiscali, l'uso dell'intelligenza artificiale e il miglioramento della gestione dei dati sono tutti elementi che possono aumentare l'efficienza operativa e ridurre i costi, ma richiedono anche una preparazione adeguata. Inoltre, la complessità delle normative sulla sostenibilità, sia a livello nazionale che internazionale, impone ai commercialisti di tenersi costantemente aggiornati, in modo da fornire consulenze allineate con le normative vigenti e in grado di anticipare i cambiamenti futuri. Leadership e Consapevolezza: Un Nuovo Approccio Il passaggio verso una mentalità green non riguarda solo competenze tecniche, ma anche una nuova visione della leadership. I giovani commercialisti stanno assumendo ruoli sempre più centrali nel guidare il cambiamento all'interno delle organizzazioni. Sono loro i portatori di una consapevolezza collettiva della necessità di adottare strategie aziendali sostenibili che non solo rispondano alle richieste normative, ma che siano anche orientate a lungo termine verso un miglioramento complessivo della gestione delle risorse. Il Futuro della Professione: Una Visione Ottimista Mentre alcuni vedono nel cambiamento una sfida complessa da affrontare, molti giovani commercialisti abbracciano con entusiasmo le nuove opportunità offerte dal focus sulla sostenibilità. Essi vedono in questo approccio non solo una necessità dettata dalle circostanze, ma una reale occasione per differenziarsi e creare valore. Il futuro della professione sembra quindi essere fortemente legato a una visione integrata in cui sostenibilità, tecnologia e consulenza strategica lavorano insieme per offrire un servizio di alto livello, capace di rispondere alle esigenze sempre più sofisticate delle imprese moderne. In conclusione, i giovani commercialisti stanno ridefinendo il proprio ruolo nel mondo del lavoro. La sostenibilità, un tempo considerata una questione marginale, è ora al centro delle competenze richieste e delle opportunità future. Questo trend non solo cambia il modo in cui i commercialisti operano, ma contribuisce a plasmare un'economia più verde e resiliente, capace di rispondere alle sfide globali con soluzioni innovative e responsabili.
SCOPRI DI PIU'Le malte termiche sostenibili sono una soluzione ecologica e versatile per migliorare il comfort abitativodi Marco ArezioLe malte termiche sostenibili rappresentano una risposta concreta alle esigenze dell'edilizia moderna, che punta a ridurre l'impatto ambientale senza sacrificare le prestazioni tecniche. Grazie alla combinazione di materiali riciclati e processi produttivi a basso impatto, queste malte offrono una soluzione avanzata per l'isolamento termico e il miglioramento del comfort abitativo. La crescente attenzione verso l'efficienza energetica e la sostenibilità ha portato allo sviluppo di prodotti sempre più innovativi, capaci di rispondere alle esigenze di edifici residenziali, commerciali e industriali. L'importanza di materiali come le malte termiche non si limita alle loro prestazioni isolanti, ma si estende al loro ruolo nella promozione di un'economia circolare e nella riduzione dei rifiuti. Questo articolo esplorerà la loro produzione, le caratteristiche tecniche, i vantaggi e i criteri per un acquisto consapevole. Come vengono prodotte le malte termiche sostenibili Le malte termiche sostenibili sono composte da una miscela di materiali leganti, inerti leggeri e additivi specifici, progettati per garantire elevate prestazioni isolanti. La loro produzione punta a ridurre l’impatto ambientale, con un focus particolare sull’utilizzo di materiali riciclati, come: Aggregati leggeri riciclati: perlite espansa, vetro cellulare, argilla espansa, polistirolo espanso riciclato e materiali derivanti da scarti industriali, come polveri ceramiche o residui di demolizione. Il polistirolo espanso riciclato, in particolare, rappresenta un’alternativa efficace per migliorare le proprietà isolanti delle malte, grazie alla sua leggerezza e alla bassa conducibilità termica. Rifiuti plastici rigenerati: utilizzati in forma granulare o come filler per incrementare le prestazioni isolanti e ridurre l'uso di risorse vergini. Fibre riciclate: ad esempio, fibre di vetro o di poliestere recuperate da materiali di scarto, che contribuiscono a rinforzare la struttura della malta. Leganti naturali o a basso impatto: come calce idraulica naturale o cementi eco-friendly. Additivi biologici o minerali: utili per migliorare la lavorabilità, l’adesione e la resistenza della malta. L’impiego di questi materiali non solo riduce le emissioni di CO2 durante la produzione, ma contribuisce a promuovere l’economia circolare, trasformando rifiuti in risorse preziose per l’edilizia sostenibile. Caratteristiche tecniche delle malte termiche Le malte termiche sostenibili si distinguono per alcune specifiche proprietà tecniche e rappresentano un pilastro dell'edilizia moderna. Grazie all'utilizzo di materiali innovativi, molti dei quali derivati da processi di riciclo, queste malte uniscono prestazioni tecniche eccellenti a un ridotto impatto ambientale. La loro progettazione punta a soddisfare le esigenze dell'isolamento termico senza compromettere la sostenibilità, rendendole ideali per chi desidera migliorare l'efficienza energetica degli edifici e contribuire attivamente alla riduzione dell'impronta ecologica. Isolamento termico: grazie alla bassa conducibilità termica (λ compreso tra 0,04 e 0,07 W/mK), riducono la dispersione energetica. Traspirabilità: il loro elevato coefficiente di permeabilità al vapore (μ tra 8 e 15) consente di prevenire la formazione di condensa e muffe. Resistenza meccanica: garantiscono una buona capacità di adesione e coesione, adattandosi a diverse superfici. Compatibilità ambientale: l’assenza di composti organici volatili (VOC) le rende sicure per la salute e l’ambiente. Vantaggi delle malte termiche sostenibili L’utilizzo delle malte termiche sostenibili offre molteplici vantaggi, sia dal punto di vista tecnico che ambientale: Efficienza energetica: contribuiscono a ridurre i consumi energetici legati al riscaldamento e al raffrescamento degli edifici. Comfort abitativo: migliorano le condizioni termo-igrometriche degli ambienti interni. Durabilità: le loro proprietà chimico-fisiche garantiscono prestazioni costanti nel tempo. Sostenibilità: favoriscono la riduzione dell’impronta ecologica grazie all’impiego di materiali naturali e riciclati. Facilità di applicazione: molte di queste malte possono essere applicate sia a mano che con macchine intonacatrici, semplificando le operazioni di posa. Cosa sapere per un acquisto consapevole Per scegliere una malta termica sostenibile, è importante considerare alcuni aspetti fondamentali: Certificazioni ambientali: verificare la presenza di marchi di sostenibilità come EPD (Environmental Product Declaration) o CAM (Criteri Ambientali Minimi). Compatibilità con l’edificio: accertarsi che la malta sia adatta al tipo di supporto e alle condizioni climatiche locali. Prestazioni dichiarate: controllare i parametri tecnici riportati in scheda tecnica, come conducibilità termica, densità e resistenza meccanica. Impatto ambientale: prediligere prodotti realizzati con materie prime rinnovabili o riciclate. Costo e durata: valutare il rapporto qualità-prezzo, tenendo conto della longevità del prodotto e dei risparmi energetici nel lungo periodo. Esempi di malte termiche sostenibili sul mercato Ecco quattro malte termiche sostenibili disponibili sul mercato, ciascuna con specifiche caratteristiche tecniche: Malta Leca M10 Termico-Sismica: Prodotta da Leca, questa malta isolante premiscelata è ideale per murature portanti armate, ordinarie e di tamponamento, anche in zone sismiche. Offre una resistenza a compressione certificata in classe M10 (10 N/mm²) e una conducibilità termica di 0,279 W/mK, migliorando l'isolamento termico della parete dal 10% al 20%. È leggera, con una densità in opera di circa 1000 kg/m³, incombustibile (Euroclasse A1) ed ecobiocompatibile, certificata ANAB-ICEA per la bioarchitettura. Malta Blu di CVR: Questa malta di allettamento termoisolante alleggerita e strutturale (categoria M10) è a base di pura calce idraulica naturale NHL 3.5 e micro silicati con elevata reattività pozzolanica. Ideale per la bioedilizia, offre elevate resistenze meccaniche, eccellente permeabilità al vapore, basso modulo elastico e alta durabilità. È completamente riciclabile a fine vita e compatibile con vari materiali come mattoni pieni, laterizi forati, blocchi antisismici e pietre naturali. ThermoMalta di Fornaci Calce Grigolin: Progettata per la posa di mattoni e blocchi ad elevato isolamento, questa malta termica evita i ponti termici e assicura un sistema di isolamento efficiente. È conforme alle normative vigenti e garantisce una posa ottimale per ottenere pareti con caratteristiche di isolamento adeguate. Diathonite Thermactive.037 di Diasen: Questa malta termica e biofilica è utilizzata in progetti di edilizia sostenibile, come il social housing nelle isole Baleari. Offre eccellenti proprietà isolanti e contribuisce al comfort abitativo, integrandosi efficacemente in soluzioni costruttive ecologiche. Queste malte termiche sostenibili combinano prestazioni tecniche elevate con un ridotto impatto ambientale, rendendole scelte ideali per progetti di costruzione e ristrutturazione orientati all'efficienza energetica e alla sostenibilità. ConclusioniLe malte termiche sostenibili rappresentano una valida soluzione per chi desidera migliorare le prestazioni energetiche degli edifici nel rispetto dell’ambiente. La loro adozione consente di ridurre i consumi energetici, abbattere le emissioni di CO2 e promuovere l’uso di materiali riciclati, come il polistirolo espanso rigenerato o gli aggregati leggeri di scarto. Grazie alle loro caratteristiche tecniche avanzate e ai vantaggi in termini di sostenibilità, questi materiali costituiscono un investimento intelligente per il futuro, contribuendo a un'edilizia più efficiente e rispettosa del pianeta.© Riproduzione Vietata
SCOPRI DI PIU'A partire dal 1200 d.C. nacque l’esigenza di regolare nelle città il problema degli rifiuti domestici e produttividi Marco ArezioA partire dal Medioevo gli agglomerati urbani che crescevano sulla spinta di interessi commerciali, religiosi, produttivi o politici, iniziavano ad affrontare il problema della gestione dei rifiuti, in città di piccole dimensioni ma molto popolose. In “fai da te” non era più una soluzione accettabile. Quando parliamo di rifiuti ci vengono in mente subito immagini come la plastica, la carta, il vetro, il metallo delle lattine e gli scarti alimentari, che costituiscono il mix dei consumi degli imballi moderni. Niente di tutto questo nel medioevo, in quanto, per le tipologie di materie prime a disposizione e per l’abitudine ad usare un modello di economia circolare, che noi stiamo riscoprendo solo ora, che puntava al riutilizzo di tutto quello che si poteva riutilizzare, i rifiuti erano differenti. In cucina si buttava veramente poco, sia come materie prime fresche che come cibi avanzati, i quali, erano ricomposti abilmente in altre forme di alimentazione. Da qui nasce la caratterizzazione della “cucina povera” fatti di elementi freschi che venivano dalla campagna, che seguivano le stagioni, con cui si realizzano piatti non raffinati ma essenziali. Le materie prime di cui disponevano le persone erano fatte principalmente di legno, ceramica, stoffe, coccio, rame per le pentole e ferro per altre attrezzature. Tutte queste tipologie di materiali, a fine vita andavamo eliminate. Inoltre, in quel periodo, esisteva anche il problema dello smaltimento delle deiezioni, che costituivano un pericolo principalmente di tipo sanitario oltre che di decoro. Nelle città, per un certo periodo, si producevano anche prodotti come il pellame e il cuoio che creavano scarti solidi e liquidi altamente inquinanti e maleodoranti i quali creavano grandi problemi igienico-sanitari, tanto che poi, come vedremo più avanti, si decise di delocalizzare queste attività fuori dai centri urbani. Tutti questi rifiuti solidi venivano abbandonati lungo le strade, giorno dopo giorno, creando problemi per la salute della popolazione residente e di decoro per le città che incominciavano ad attrarre viandanti per affari o pellegrini per attività religiose. I rifiuti liquidi delle attività artigianali venivano smaltiti nei fossi, nei fiumi o nei campi direttamente senza troppi riguardi. A partire dal XII secolo d.C. la crescita demografica e artigianale delle città faceva nascere la voglia di primeggiare dal punto di vista dell’importanza sociale e della bellezza architettonica, mettendo in competizione una città con l’altra. Il miglioramento dell’aspetto estetico dei centri abitati doveva passare anche sulla riqualificazione delle strade cittadine che non potevano più ospitare ogni sorta di liquame, rifiuto e scarto di cui la cittadinanza si voleva disfare. Nasce così a Siena, per esempio, l’ufficio della “Nettezza Pubblica”, situato in piazza del Campo che, a partire dal 9 Ottobre 1296, iniziò ad appaltare la pulizia delle aree cittadine per la durata di un anno. L’appalto consisteva, non solo della pulizia delle strade con il diritto di trattenere tutti i rifiuti considerati in qualche modo riutilizzabili, ma anche la pulizia delle aree dei mercati con l’acquisizione della proprietà delle granaglie di scarto. Inoltre il comune affidava all’appaltatore una scrofa con i suoi piccoli, che lo aiutassero nella pulizia di ciò che era commestibile per i maiali. Per quanto riguarda le attività artigianali, la prima forma di regolamentazione della gestione dei rifiuti produttivi la troviamo nelle Costituzioni di Melfi, emanate nel 1231 da Federico II, che costituivano la prima raccolta di leggi in materia sanitaria. In particolare imponeva lo spostamento di produzioni nocive per la popolazione, come la concia delle pelli o la produzione di cuoio, all’esterno delle aree abitate. In altre zone geografiche, come a Friburgo, città medioevale fondata nel 1120, importante centro dell’area Germanica, vennero realizzati numerosi canali in cui era severamente vietato riversare immondizie da parte dei cittadini. Gli scarti solidi, prodotti dalle case e dalle attività artigianali, dovevano essere conferiti ai centri di raccolta stabiliti dalle autorità che, poi, provvedevano allo smaltimento gettandoli nel fiume Dreisam. Il sistema però, non sembrava realmente funzionare, in quanto i cittadini, il più delle volte gettavano i rifiuti nei vari canali evitandosi la strada verso i centri di raccolta.Categoria: notizie - storia - economia circolare - riciclo - rifiuti
SCOPRI DI PIU'Nel 1883 il decreto di Poubelle sancisce la nascita della raccolta differenziata in Franciadi Marco ArezioCome abbiamo già affrontato in altri articoli, che hanno riguardato la gestione dei rifiuti nella storia medioevale e nel periodo a cavallo con la rivoluzione industriale, è interessante vedere come venne gestita in Francia, nei secoli XVIII° e XIX° e perché divenne così urgente affrontare l’argomento rifiuti. Il periodo illuminista, succeduto alla Rivoluzione Francese, portò con sé una serie interessanti cambiamenti sociali e nel campo dell’organizzazione urbana, infatti, le città principali continuarono ad attrarre la popolazione dalle campagne, con la conseguenza di dover gestire una serie di problematiche sanitarie mai affrontate nel passato. Un’urbanizzazione senza regole, che cercò di dare una veloce soluzione abitativa alla crescente popolazione, ma aveva messo a nudo problematiche importanti che andavano risolte in modo professionale. Si può ricordare il trattato del 1769 a cura dell’architetto Pierre Patte, in cui si cercò di dare un ordine e delle priorità di intervento sui temi della depurazione delle acque, della dislocazione degli ospedali, dell’ubicazione dei cimiteri, delle attività industriali, della pulizia delle strade e sull’annoso problema degli incendi. Nello stesso tempo la scienza iniziò dei passi importanti per rispondere alle esigenze di sanificazione degli ambienti affollati, per esempio si iniziò ad usare il cloruro di calce per disinfettare gli ospedali, le carceri e altri luoghi di aggregazione, al fine di prevenire le epidemie. Verso la fine del 1700 la scienza, la politica, l’industria, pervasi da una nuova forma di stato, nato con la rivoluzione francese e la spinta illuminista, iniziarono a trattare la questione dei rifiuti urbani ed industriali. A rendere sempre più necessario lo studio di soluzioni efficaci in questo campo, fu l’inizio della rivoluzione industriale, che possiamo idealmente collocarla nel 1779, quando James Watt brevettò la caldaia a vapore, con la quale si trasformò l’energia termica in energia meccanica. Il motore a vapore rivoluzionò la vita e il lavoro della popolazione in quanto, la progressiva sostituzione della forza muscolare umana ed animale che era impiegata in passato, creò un’emigrazione di persone in cerca di lavoro, dalle campagne alle città in cui risiedevano le nuove fabbriche meccanizzate dal vapore. Questo fenomeno creò un’incredibile spinta all’urbanizzazione, con la conseguente necessità di gestire i rifiuti urbani, industriali e l’igiene pubblica. Inoltre, anche il nuovo comparto industriale ebbe una crescita esponenziale, con la costruzione di fabbriche in modo disordinato e senza alcun tipo di pianificazione urbana, corollata da quartieri operai che sorgevano nei pressi delle attività industriali. Con agglomerati urbani sempre più popolosi e la continua crescita produttiva, scoppiò in poco tempo un problema ambientale e sanitario che portò ad epidemie, con un incremento dei morti. Si svilupparono condizioni ambientali degradate, proprio perché i rifiuti urbani non venivano smaltiti, quelli industriali venivano scaricati nelle campagne o nei fiumi e le acque nere non erano convogliate e trattate a dovere. In quel periodo vigeva il pensiero denominato “classico” in cui il benessere di una nazione passava anche attraverso l’industria e l’incremento della produzione, oltre ad arricchire i proprietari, questo, tuttavia, veniva visto con un benessere collettivo. Questa teoria, come riportato nel 1776 da Adam Smith, si basava sull’incessante accumulo di capitale che rendeva florido un paese ed imponeva un tacito consenso tra industria e politica, dove quest’ultima lasciava mano libera agli industriali di sfruttare le risorse naturali e la popolazione lavoratrice per il bene supremo della nazione. L’ideologia della crescita e la politica liberista costituirono fino alla metà del 1800, in particolar modo in Inghilterra, due ostacoli enormi per l’organizzazione di un servizio municipalizzato di raccolta e smaltimento dei rifiuti urbani. Ma a mettere in dubbio la mancanza di autocontrollo sociale di queste teorie, arrivarono le epidemie (1831 e 1849) che colpirono prevalentemente i quartieri del proletariato industriale, facendo ripensare alla necessità di regolare in modo organico la raccolta dei rifiuti, la pulizia e il decoro delle città. La scienza nel frattempo, ad opera di Louis Pasteur e dei suoi studi sulla microbiologia, scoprì uno stretto legame tra organismi che vivono e proliferano sui rifiuti e nelle deiezioni, sancendo una correlazione tra questi e la diffusione di alcune malattie. I suoi studi sui processi di fermentazione alcolica lo portarono a scoprire che il “fermento” è un essere vivente mobile, in grado di riprodursi sia in presenza che in assenza di ossigeno ed invisibile ad occhio nudo: nacque in questo modo il concetto di microbo. In Francia nacque così una forte corrente igienista che si affermò con il decreto firmato nel 1883 dal prefetto Eugène Poubelle, nel quale obbligava tutti i cittadini di Parigi a dotarsi di tre contenitori in cui inserire separatamente: carta e stracci, poi l’organico e infine un bidone per la ceramica e il vetro. Questi tre bidoni, ben chiusi, dovevano essere depositati fuori dalla porta di casa ogni mattina, in modo che potessero essere ritirati dagli addetti del comune. Categoria: notizie - economia circolare - riciclo - rifiuti - storia
SCOPRI DI PIU'Come Realizzare Piste Ciclabili con Masselli Autobloccanti in PVC Riciclati e Riciclabilidi Marco ArezioIl problema della tutela dell’ambiente è un argomento ormai del tutto trasversale nella nostra vita e, ad ogni livello di responsabilità e competenze, la riduzione dell’impatto dell’uomo sull’ecosistema è da tenere in evidenza. Le città e le aree di collegamento tra di esse stanno vivendo una trasformazione nel campo della mobilità sostenibile, spingendo in modo deciso verso l’utilizzo della bicicletta.Proprio in epoca di pandemia si è verificato una riscoperta del mezzo a pedali, attività che assume in sé fattori che non sono solo di carattere sociale, urbanistico o ambientale, ma sposa quei principi della “slow life”, cioè un approccio più naturale e rilassato alla vita, dove al tempo è dato il giusto valore, non consumato ma vissuto. L’utilizzo della bicicletta ha fatto riscoprire un sistema di mobilità più salutare, più partecipativa verso l’ambiente attraversato e una forma di ritrovata familiarità e convivialità tra le persone. Per seguire questa nuovo approccio alla mobilità sostenibile si devono creare e migliorare percorsi che siano espressamente dedicati al traffico per le biciclette, attraverso progetti che tengano in considerazione i principi della sostenibilità e dell’economia circolare. Per questo, in fase di progettazione tecnica, si dovrebbe tenere presente l’impiego di materiali che possano dare un contributo all’ambiente, alla riduzione dei rifiuti e alla riciclabilità degli elementi a fine vita. Per quanto riguarda il pavimentato stradale delle piste ciclabili in aree urbane o di collegamento tra una città e l’altra, la tendenza è di non utilizzare materiali che abbiano creato un impatto ambientale già nella loro costituzione prima del loro utilizzo, come asfalti o masselli in cemento, le cui materie prime derivano dalle risorse naturali, ma di utilizzare elementi che derivano dal riciclo dei materiali plastici. Uno di questi è il massello autobloccante realizzato in PVC riciclato, la cui materia prima è costituita dallo scarto delle lavorazioni dei cavi elettrici, dai quali si separa il rame e le guaine in plastica. Queste guaine vengono recuperate, selezionate, riciclate e trasformate in materia prima per realizzare manufatti carrabili ad incastro monolitico adatti alle pavimentazioni stradali e ciclo-pedonabili. Una pavimentazione fatta con i masselli autobloccanti riciclati in PVC sposa pienamente i principi dell’economia circolare, cioè l’utilizzo dei rifiuti lavorati in sostituzione di materie prime naturali per evitare l’impoverimento del pianeta. La pavimentazione in masselli autobloccanti in PVC riciclato ha una lunga durata, rimane flessibile nell’esercizio, non crea buche, non subisce degradazione a causa dei sali stradali, è leggera e con una economica posa fai da te, non si macchia in quanto non assorbe oli o sostanze inquinanti, è lavabile, non scivolante e verniciabile. Inoltre la sostituzione di singoli pezzi della pavimentazione e semplicissima ed economica, in quanto si sostituisce velocemente il massello autobloccante senza creare un’interruzione della viabilità per la manutenzione. Categoria: notizie - plastica - economia circolare - rifiuti - PVC - Masselli - piste ciclabiliVedi maggiori informazioni sul cicloturismo
SCOPRI DI PIU'Risparmio, qualità garantita e rispetto per l’ambiente: scopri come il mercato dei dispositivi ricondizionati sta cambiando le abitudini di consumo degli italiani di ogni etàdi Marco ArezioImmagina di poter avere uno smartphone come nuovo, con tutte le funzionalità di cui hai bisogno, spendendo molto meno e aiutando anche l’ambiente. Sembra un sogno? Eppure è realtà per sei italiani su dieci, che oggi preferiscono un dispositivo ricondizionato piuttosto che uno nuovo di zecca. Il mercato degli smartphone ricondizionati sta esplodendo e sta cambiando le regole del gioco nel mondo dell’elettronica di consumo. Differenze di Vendita: Smartphone Nuovi vs Ricondizionati in EuropaIl mercato europeo degli smartphone presenta notevoli differenze tra le vendite di dispositivi nuovi e ricondizionati, a seconda del paese. I dati più recenti mostrano che i consumatori europei stanno optando sempre più spesso per soluzioni economiche e sostenibili, riflettendo questo interesse nell'aumento delle vendite di dispositivi ricondizionati e usati.Nel 2023, si stima che siano stati venduti circa 195 milioni di smartphone nuovi in tutta Europa, mentre le vendite di smartphone ricondizionati e usati hanno raggiunto circa 55 milioni di unità. I dati variano significativamente a seconda del paese:Germania: Uno dei principali mercati per le vendite di dispositivi ricondizionati, con circa il 25% dei consumatori che optano per questa alternativa. Nel 2023, sono stati venduti 25 milioni di smartphone nuovi e 7 milioni di ricondizionati.Francia: I dispositivi ricondizionati sono particolarmente popolari, rappresentando circa il 30% delle vendite totali di smartphone. Si stima che nel 2023 siano stati venduti 20 milioni di nuovi dispositivi rispetto a 6 milioni di ricondizionati.Italia: L'Italia segue la tendenza, con il 20% del mercato rivolto verso i ricondizionati. Nel 2023, sono stati venduti 15 milioni di smartphone nuovi e 4 milioni di ricondizionati.Spagna: Con una crescente preferenza per i dispositivi di seconda vita, il mercato spagnolo ha registrato 14 milioni di nuovi dispositivi e 3,5 milioni di ricondizionati venduti nel corso del 2023.Regno Unito: Anche il Regno Unito sta assistendo a una crescita del mercato dei ricondizionati, con il 22% delle vendite totali. Nel 2023, sono stati venduti 18 milioni di dispositivi nuovi e 5 milioni di ricondizionati.Questa crescita del mercato dei ricondizionati è alimentata da una maggiore consapevolezza ecologica e dalla ricerca di un rapporto qualità-prezzo più conveniente da parte dei consumatori. Paesi come Francia e Germania guidano questa transizione, mentre altre nazioni europee stanno mostrando un crescente interesse verso i dispositivi ricondizionati. Ma cosa si cela dietro questa rivoluzione verde ed economica? Scopriamolo insieme. Risparmio Intelligente: Tecnologia Accessibile Senza Sprechi Chi non vorrebbe risparmiare, soprattutto in un momento storico in cui i prezzi degli smartphone continuano a salire? Con i ricondizionati, puoi ottenere uno smartphone di alta gamma, come un iPhone o un Samsung Galaxy, a un prezzo fino al 60% in meno rispetto a uno nuovo. Non è fantastico? Questo permette a tutti di avere tra le mani un dispositivo all’avanguardia, senza dover svuotare il portafoglio. Un affare imperdibile, soprattutto per chi cerca qualità senza compromessi. La Garanzia della Qualità: Come Nuovo, Senza Sorprese Ma il risparmio non è tutto. Uno smartphone ricondizionato passa attraverso rigorosi controlli di qualità, test e aggiornamenti che garantiscono il perfetto funzionamento del dispositivo. Aziende come CertiDeal, leader nel settore, assicurano che ogni telefono sia impeccabile prima di essere messo sul mercato. Insomma, niente sorprese: quello che acquisti è davvero un dispositivo in ottime condizioni, pronto a darti tutto ciò che ti aspetti da uno smartphone di alta qualità. L’Ambiente Ringrazia: Una Scelta Ecologica Non possiamo ignorare l’aspetto ecologico, soprattutto in un’epoca in cui l’impatto ambientale delle nostre scelte è sempre più sotto i riflettori. Ogni anno, milioni di smartphone finiscono nelle discariche, aumentando l’inquinamento e lo spreco di risorse. Acquistare un ricondizionato significa dare una seconda vita a un prodotto che, altrimenti, sarebbe stato scartato. È come dire: “Non ho bisogno di un nuovo telefono, posso dare una chance a uno che ha ancora tanto da offrire.” Facendo così, contribuiamo a ridurre la produzione di rifiuti elettronici e a salvaguardare le risorse del pianeta. Un Successo Trasversale: Dai Giovani agli Over 55 E non pensare che il ricondizionato sia solo per i giovani. Certo, i millennials e la Gen Z sono grandi sostenitori di questa scelta, grazie al risparmio e all’attenzione per la sostenibilità, ma anche gli over 55 sono sempre più inclini a scegliere dispositivi ricondizionati. Questa opzione conquista tutti, dalle nuove generazioni ai consumatori più maturi, unendo risparmio e coscienza ecologica. Insomma, il ricondizionato è diventato un fenomeno che supera le barriere generazionali. Non Solo Smartphone: Il Ricondizionato Espande i Confini Il fenomeno del ricondizionato non si ferma agli smartphone. Tablet, computer portatili, elettrodomestici e perfino console di gioco stanno entrando nel mondo della “seconda vita”. Questa tendenza dimostra che il ricondizionato non è una moda passeggera, ma un vero e proprio cambio di mentalità. Le persone stanno iniziando a capire che un prodotto rigenerato non è “di seconda mano”, ma una scelta intelligente e consapevole. E chissà, magari presto vedremo anche un’intera gamma di altri dispositivi pronti a vivere una seconda giovinezza nelle nostre case. La Nuova Filosofia del Consumo: Sostenibile e Smart In conclusione, scegliere uno smartphone ricondizionato significa abbracciare una filosofia di consumo più consapevole e sostenibile. Non è solo una questione di risparmio: è un nuovo modo di pensare, un approccio che premia il valore della tecnologia senza alimentare il ciclo infinito dell’acquisto e del consumo. I consumatori italiani stanno lanciando un messaggio chiaro: non serve avere sempre l’ultimo modello per essere soddisfatti. A volte, la scelta più intelligente è proprio quella di investire in un dispositivo che ha già una storia, ma che ha ancora molto da dare. E se possiamo risparmiare e fare un gesto concreto per l’ambiente, perché non farlo? Il futuro del mercato è chiaro: la seconda vita è la nuova prima scelta.© Riproduzione Vietata
SCOPRI DI PIU'Esplorazione del Movimento dell'Arte da Rifiuto: Impatto, Artisti e Mercatodi Marco ArezioL'arte realizzata con materiali di rifiuto affonda le sue radici nel contesto delle avanguardie artistiche del XX secolo, quando artisti come Marcel Duchamp introdussero l'uso di oggetti quotidiani, i ready-made, nelle loro opere, sfidando le definizioni tradizionali di cosa potesse essere considerato arte. Tuttavia, l'adozione specifica di rifiuti e materiali scartati come mezzi principali per la creazione artistica ha iniziato a guadagnare terreno negli anni '60 e '70, parallelamente all'emergere di movimenti ambientalisti e di sensibilizzazione verso il consumo sostenibile. In questo periodo, l'arte da rifiuto emergeva non solo come espressione estetica ma anche come critica sociale e commento politico. Artisti come Robert Rauschenberg e Tony Cragg hanno utilizzato rifiuti e detriti urbani per creare le loro opere, esplorando temi di sovrapproduzione, consumismo e la trasformazione del rifiuto in risorsa.Evoluzione nel Tempo Nel corso dei decenni successivi, l'arte da rifiuto ha continuato a evolversi, con artisti che sperimentano una vasta gamma di materiali scartati, dai rifiuti domestici ai detriti industriali, fino a materiali naturali considerati "rifiuti" in un contesto specifico. La pratica si è espansa per includere una varietà di tecniche e media, dall'assemblaggio alla scultura, dall'installazione al collage, riflettendo una crescente preoccupazione globale per le questioni ambientali e la sostenibilità. Negli anni 2000, l'arte da rifiuto ha guadagnato ulteriore visibilità e riconoscimento, con artisti come El Anatsui e Vik Muniz che raggiungono un pubblico internazionale attraverso mostre in prestigiosi musei e gallerie. Questo periodo ha visto anche un aumento della collaborazione tra artisti e comunità locali, con progetti che non solo trasformano fisicamente i rifiuti in arte, ma cercano anche di coinvolgere e sensibilizzare il pubblico sui problemi di gestione dei rifiuti e conservazione ambientale.Riconoscimento Accademico e Culturale L'accoglienza accademica e culturale dell'arte da rifiuto ha variato nel tempo, con alcuni critici e istituzioni che inizialmente esitavano a riconoscerla come forma d'arte legittima. Tuttavia, con l'aumentare della consapevolezza ambientale e il crescente apprezzamento per le pratiche artistiche che sfidano i confini tradizionali, l'arte da rifiuto ha guadagnato un posto rispettato nel dialogo artistico contemporaneo. Le università e le scuole d'arte hanno iniziato ad includere l'arte da rifiuto nei loro curricula, riconoscendola come un importante veicolo per esplorare e discutere questioni di sostenibilità, etica del consumo e il ruolo dell'arte nella società. Musei e gallerie in tutto il mondo ospitano regolarmente mostre dedicate a questa forma d'arte, segnando il suo consolidamento come movimento influente e rilevante.Artisti e Opere Chiave Questo capitolo si concentra sui protagonisti del movimento dell'arte da rifiuto, esaminando gli artisti che hanno segnato con le loro opere il panorama artistico contemporaneo. Attraverso l'analisi delle loro creazioni, si evidenziano i materiali utilizzati, le tecniche adottate e i messaggi che intendono trasmettere, sottolineando l'unicità e l'importanza di ogni artista nel contesto del movimento.Artisti e Opere Europei Michelangelo Pistoletto: Uno dei pionieri dell'Arte Povera, Pistoletto ha utilizzato materiali di scarto e oggetti di uso quotidiano per riflettere sul rapporto tra arte e vita. Le sue "Venus of the Rags" combinano statue classiche con montagne di stracci, simboleggiando il confronto tra l'ideale di bellezza e il rifiuto della società consumistica. Thomas Hirschhorn: Conosciuto per le sue installazioni immersive create da materiali effimeri e di scarto, come cartone, nastro adesivo e plastica. L'opera "Bataille Monument" ha trasformato spazi pubblici in aree di dialogo sociale, utilizzando i rifiuti per interrogare temi di consumo, povertà e comunità.Artisti e Opere dalle Americhe Vik Muniz: L'artista brasiliano ha guadagnato fama internazionale con la serie "Pictures of Garbage", dove ha collaborato con i catadores (raccoglitori di materiali riciclabili) di uno dei più grandi discariche a cielo aperto del mondo, a Rio de Janeiro, creando ritratti grandiosi utilizzando i rifiuti raccolti. Queste opere interrogano la natura del valore artistico e sociale, trasformando letteralmente il rifiuto in bellezza e dignità. Mierle Laderman Ukeles: Artista americana associata al movimento di manutenzione dell'arte, ha dedicato la sua carriera a sfidare le nozioni di lavoro di servizio, arte e il valore dei rifiuti. La sua performance "Touch Sanitation" ha coinvolto il saluto personale di ogni lavoratore dell'igiene di New York, enfatizzando l'umanità e l'importanza del lavoro considerato "invisibile".Artisti e Opere dall'Asia e altre regioni El Anatsui: L'artista ghanese è celebre per le sue sculture flessibili realizzate da migliaia di tappi di bottiglia di metallo riciclati, collegati insieme per creare vasti panneggi che ricordano tessuti tradizionali africani. Le sue opere, come "Black River", esplorano temi di consumo, scambio culturale e la bellezza rinvenuta nei materiali trascurati. Song Dong: Questo artista cinese utilizza una varietà di materiali scartati nelle sue installazioni per esplorare la transitorietà della vita e il valore emotivo degli oggetti quotidiani. "Waste Not" è un'opera commovente che presenta gli oggetti domestici accumulati dalla famiglia dell'artista per decenni, riflettendo su perdita, memoria e il consumismo.Analisi delle Opere Significative Ogni artista selezionato rappresenta un approccio unico all'utilizzo di materiali di scarto, dimostrando la versatilità e la profondità del movimento dell'arte da rifiuto. Attraverso le loro opere, questi artisti non solo trasformano fisicamente i materiali ma ricodificano il significato e il valore attribuito al rifiuto, invitando a una riflessione critica sulle pratiche di consumo e sulle responsabilità ecologiche. Le tecniche variano dalla scultura all'installazione, dal collage alla performance, evidenziando la ricchezza e la diversità del movimento. I materiali, una volta considerati inutili, acquistano nuove vite come elementi di opere d'arte, sfidando le percezioni convenzionali di bellezza e valore. I messaggi veicolati attraverso queste opere sono potenti e molteplici, spaziando dalla critica al consumismo sfrenato e all'indifferenza ambientale, alla celebrazione della resilienza umana e alla capacità di reinvenzione e rigenerazione. Questi artisti ci ricordano che l'arte ha il potere di trasformare non solo materiali ma anche prospettive, invitando a una maggiore consapevolezza e responsabilità verso il nostro pianeta e le nostre comunità.Tematiche e Messaggi L'arte creata a partire da materiali scartati non è solo una manifestazione di creatività e ingegnosità; è anche una forma di comunicazione potente che veicola messaggi profondi riguardanti l'ambiente, il consumismo, la sostenibilità e la trasformazione. Questo capitolo esplora le tematiche e i messaggi intrinseci nell'arte da rifiuto, analizzando come gli artisti utilizzano i materiali scartati per riflettere su questioni globali e stimolare un cambiamento nel pubblico.Ambientalismo e Sostenibilità Una delle tematiche più evidenti nell'arte da rifiuto è l'ambientalismo. Gli artisti che lavorano con materiali scartati spesso cercano di mettere in luce l'impatto ambientale del consumismo sfrenato e della produzione di rifiuti. Opere che incorporano plastica monouso, elettronica obsoleta e altri rifiuti industriali servono come commento critico sulla cultura del "usa e getta" e sull'accumulo di detriti che minaccia gli ecosistemi naturali.Critica al Consumismo Molti artisti dell'arte da rifiuto mirano a sfidare direttamente le norme del consumismo, evidenziando la brevità della vita utile di molti prodotti e il ciclo incessante di consumo e scarto. Attraverso la trasformazione di rifiuti in arte, questi artisti propongono una riflessione sul valore degli oggetti, invitando a considerare pratiche di consumo più consapevoli e sostenibili.Rinascita e Trasformazione Un messaggio potente veicolato attraverso l'arte da rifiuto è quello della trasformazione e rinascita. Gli artisti dimostrano come materiali considerati inutili o dannosi possano essere trasformati in qualcosa di bello e significativo. Questa tematica non solo serve a ispirare un nuovo apprezzamento per i materiali scartati, ma funge anche da metafora per la possibilità di cambiamento e rinnovamento nella società e nell'individuo.Messaggio Sociale ed Ambientale L'arte da rifiuto spesso incorpora un forte messaggio sociale ed ambientale, incitando alla riflessione su come le pratiche individuali e collettive influenzino l'ambiente. Attraverso l'esplorazione di temi come la gestione dei rifiuti, l'inquinamento e la conservazione delle risorse, gli artisti mirano a stimolare un dialogo attivo sui modi in cui possiamo contribuire a un futuro più sostenibile.Riflessioni Iniziali Questo capitolo sottolinea l'importanza dell'arte da rifiuto come veicolo per la critica sociale e la sensibilizzazione ambientale. Attraverso l'uso di materiali scartati, gli artisti non solo mettono in discussione le norme del consumismo e dell'accumulo di rifiuti, ma offrono anche una visione di speranza e cambiamento, dimostrando il potenziale di trasformazione insito nei materiali più umili. L'arte da rifiuto, quindi, emerge come una pratica profondamente radicata nelle questioni contemporanee, che sfida gli spettatori a riflettere sul proprio impatto ambientale e a considerare vie alternative verso un futuro più sostenibile.Classificazione e Accoglienza Critica La crescente prevalenza dell'arte da rifiuto nel panorama artistico contemporaneo solleva questioni interessanti sulla sua classificazione e sulla ricezione da parte della critica e del pubblico. Questo capitolo esamina il posizionamento dell'arte da rifiuto all'interno delle categorie artistiche esistenti e considera le varie risposte che ha suscitato nel mondo dell'arte.L'Arte da Rifiuto come Arte Moderna o Contemporanea Determinare se l'arte da rifiuto debba essere classificata come arte moderna, contemporanea o come un movimento a sé stante è un compito complesso. L'uso di materiali di scarto come medium artistico sfida le definizioni tradizionali dell'arte, proponendo una nuova narrazione nell'arte contemporanea. Sebbene condivida affinità con alcune pratiche dell'arte moderna e contemporanea, come l'arte concettuale e l'assemblaggio, l'arte da rifiuto spesso si distingue per il suo forte impegno etico e ambientale.Accoglienza Critica e Posizionamento nel Panorama Artistico L'accoglienza critica dell'arte da rifiuto è stata varia, oscillando tra l'ammirazione per la sua innovazione e l'ingegnosità e il dibattito sulla sua legittimità come forma d'arte. La critica spesso si concentra sul messaggio ambientale e sociale trasmesso attraverso i materiali di scarto, lodando la capacità di questi artisti di sollevare consapevolezza e provocare il dibattito pubblico su temi urgenti. Tuttavia, alcuni critici hanno sollevato interrogativi sulla longevità e la conservazione di queste opere, dato il carattere degradabile e transitorio dei materiali usati. Queste preoccupazioni evidenziano la tensione tra il valore estetico e tematico dell'arte da rifiuto e le pratiche conservative tradizionali.Un Nuovo Canone? Man mano che l'arte da rifiuto continua a guadagnare terreno, alcuni propongono che meriterebbe di essere considerata una categoria artistica a parte, data la sua unicità e il suo impatto. Questa prospettiva suggerisce che l'arte da rifiuto non solo rappresenta una sfida alle convenzioni artistiche, ma offre anche una visione critica delle pratiche sociali e ambientali, meritevole di riconoscimento e studio specifico. La creazione di un nuovo canone per l'arte da rifiuto potrebbe facilitare ulteriori discussioni e ricerche su questo movimento, promuovendo una maggiore comprensione e apprezzamento delle sue qualità uniche e del suo potenziale per influenzare positivamente la società.Riflessioni Iniziali La classificazione e l'accoglienza dell'arte da rifiuto riflettono le sfide e le opportunità di questa pratica artistica innovativa. Mentre naviga tra ammirazione e critica, l'arte da rifiuto sollecita una riflessione continua sul ruolo dell'arte nella società e sulle responsabilità degli artisti e del pubblico nei confronti dell'ambiente. La sua capacità di connettere estetica, etica e azione offre un campo fertile per esplorazioni future, sia all'interno che al di fuori delle tradizionali categorie artistiche.Mercato e Valore Economico L'ultimo capitolo di questa tesi esplora il mercato e il valore economico dell'arte da rifiuto, un argomento che rivela tanto sul riconoscimento sociale e culturale di quest'arte quanto sulla sua sostenibilità finanziaria. Analizzando come le opere create da materiali scartati sono valutate, vendute e collezionate, possiamo ottenere una visione più completa del ruolo che l'arte da rifiuto gioca nel panorama artistico contemporaneo.Analisi del Mercato Negli ultimi anni, il mercato dell'arte da rifiuto ha visto una crescita significativa, con un numero crescente di collezionisti e gallerie interessati a queste opere. Questo interesse è spesso alimentato dalla crescente consapevolezza delle questioni ambientali e dalla ricerca di arte che esprime un impegno sociale o politico. Le mostre dedicate a questa forma d'arte, sia in gallerie private che in istituzioni pubbliche, hanno contribuito a incrementare la sua visibilità e attrattiva sul mercato.Esempi di Valori Approssimativi Il valore delle opere d'arte da rifiuto può variare ampiamente a seconda dell'artista, della complessità dell'opera e del messaggio che veicola. Alcuni artisti, come Vik Muniz o El Anatsui, hanno visto le loro opere raggiungere prezzi significativi in aste e vendite private. Ad esempio, le opere di El Anatsui possono superare i centomila dollari, riflettendo il suo riconoscimento internazionale e l'importanza critica del suo lavoro. Tuttavia, il valore di quest'arte non risiede esclusivamente nella sua quotazione economica. Il significato sociale, ambientale e culturale delle opere contribuisce a un valore intrinseco che trascende il prezzo di mercato, rendendole importanti per collezionisti e istituzioni che cercano di sostenere e promuovere l'arte con un messaggio forte e trasformativo.Fattori che Influenzano il Prezzo Diversi fattori influenzano il valore di mercato dell'arte da rifiuto, tra cui: Riconoscimento dell'Artista: Artisti con una solida reputazione e una presenza consolidata nel panorama artistico tendono a raggiungere prezzi più elevati. Unicità e Complessità dell'Opera: Le opere che dimostrano un alto livello di ingegnosità e originalità nel trattamento dei materiali scartati sono particolarmente apprezzate. Messaggio e Impatto Sociale: Opere che comunicano un messaggio potente e stimolano la riflessione su questioni ambientali o sociali possono suscitare un interesse maggiore.Riflessioni Conclusive Il mercato dell'arte da rifiuto riflette un crescente riconoscimento del valore dell'arte come mezzo per esplorare e affrontare questioni critiche del nostro tempo. Sebbene il valore economico delle opere possa essere un indicatore del successo e dell'accettazione all'interno del mercato dell'arte, è importante ricordare che l'arte da rifiuto trascende il suo valore commerciale, offrendo prospettive uniche su come possiamo riconciliarci con il nostro ambiente e le nostre pratiche di consumo. L'arte da rifiuto, quindi, rappresenta non solo un movimento artistico significativo ma anche un catalizzatore per il cambiamento sociale e ambientale, invitando artisti, collezionisti e spettatori a riconsiderare il valore e il potenziale dei materiali scartati.
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