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https://www.rmix.it/ - rNEWS: L'accumulo di Energia Rinnovabile attraverso la CryoBattery
rMIX: Il Portale del Riciclo nell'Economia Circolare rNEWS: L'accumulo di Energia Rinnovabile attraverso la CryoBattery
Ambiente

Il tallone d'Achille delle energie rinnovabili è quello della produzione in condizioni ambientali non favorevoli per produrla e quello della difficoltà di immagazzinarla quando la produzione supera il consumo. Esiste una tecnologia chiamata CryoBattery che ovvia a questo annoso problema di accumulo.L’energy storage britannico mette a segno un nuovo punto. A Manchester sono iniziati, infatti, i lavori per uno dei più grandi impianti di accumulo di energia elettrica in Europa. Il progetto porta il nome di CRYOBattery ™ e la firma di due società: la Highview Power e la Carlton Power. A giugno di quest’anno, Highview Power ha ricevuto una sovvenzione da 10 milioni di sterline dal Dipartimento britannico per le imprese, l’energia e la strategia industriale (BEIS) con cui finanziare la realizzare di un innovativo stoccaggio criogenico. La centrale sorgerà a Trafford Energy Park, poco distante da Manchester, e a regime vanterà una potenza di 50 MW e una capacità di 250 MWh. E come spiega Javier Cavada, CEO e presidente della società “fornirà alla rete nazionale un accumulo a lunga durata pulito, affidabile ed efficiente in termini di costi. La CRYOBattery™ aiuterà il Regno Unito a integrare l’energia rinnovabile e stabilizzare la rete elettrica regionale per garantire la sicurezza energetica futura durante i blackout e altre interruzioni”. Al di là delle dimensioni, l’elemento più rappresentativo dell’impianto è la tecnologia impiegata. CRYOBattery si basa su un processo chiamato liquefazione dell’aria. Quando vi è un surplus di produzione, l’energia elettrica viene impiegata per aspirare, comprimere e quindi raffreddare l’aria fino a temperature di -196°C. In questo modo, dallo stato gassoso si passa a quello liquido, e la miscela può essere immagazzinata in serbatoi isolati a bassa pressione. Quando aumenta la domanda di energia in rete, l’aria liquida può essere riscaldata e rapidamente espansa in gas, per azionare una turbina elettrica. I vantaggi di questo approccio sono la scalabilità e la possibilità d’offrire uno stoccaggio energetico a lungo termine rispetto alle batterie tradizionali. Da programma, nel primo trimestre del 2021 verrà inaugurato il centro visitatori per permettere a tutti di seguire “da vicino” lo stato di avanzamento dei lavori ed effettuare tour virtuali. La CRYOBattery ™ entrerà, invece, in funzione nel 2023 e utilizzerà le sottostazioni e le infrastrutture di trasmissione esistenti. L’impianto di accumulo criogenico offrirà anche preziose funzionalità tra cui il controllo della tensione, il bilanciamento della rete e l’inerzia sincrona. info: Rinnovabili

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https://www.rmix.it/ - Epidemie: Occuparsi del Pianeta per Difendere la Nostra Salute
rMIX: Il Portale del Riciclo nell'Economia Circolare Epidemie: Occuparsi del Pianeta per Difendere la Nostra Salute
Ambiente

La distruzione e lo sfruttamento intensivo degli ecosistemi nel mondo ha una connessione diretta anche con l’ultima pandemia da Coronavirus.E’ sempre più chiaro e dimostrato scientificamente che le epidemie, che hanno afflitto molte zone della terra nel recente passato, e oggi, attraverso il coronavirus siamo entrati in una fase pandemica, siano la conseguenza diretta di comportamenti antropici dell’uomo. L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha stimato che nel mondo avvengano, ogni anno, circa 4,2 milioni di morti direttamente conducibili all’inquinamento atmosferico e ai cambiamenti climatici in atto. Numeri spaventosi che hanno lasciato l’opinione pubblica, rammaricata, ma poco coinvolta, finché i paesi occidentali più ricchi sono stati travolti dal coronavirus e hanno potuto testare, direttamente, la pericolosità e la mortalità portata da questi virus nelle società moderne. Non sono più notizie ascoltate in televisione provenienti da paesi lontani, dove si pensa che l’igiene o la malnutrizione o la promiscuità ambientale possa favorire questi tipi di virus. Malaria, Ebola, Sars, Hendra, Lyme, Mers sembrano ai più, nomi esotici di malattie sviluppatisi in paesi con cui non abbiamo normalmente contatti. Per i virus non ci sono confini, paesi di serie A o di serie B, ma siamo tutti esposti al possibile contagio, ed è proprio per questo che dobbiamo capire, una volta per tutte, che dobbiamo cambiare il rapporto con la natura. L’aumento della popolazione in modo incontrollato, la deforestazione, la distruzione degli ecosistemi abitati dagli animali, lo sfruttamento delle aree deforestate per la produzione di mangimi o per il commercio del legno, gli allevamenti intensivi, lo sfruttamento indiscriminato delle acque dolci, le emissioni in atmosfera di gas serra per produrre sempre più energia, i trasporti basati sulle fonti fossili che uniscono tutte le attività industriali, l’aumento dell’urbanizzazione a discapito delle aree verdi e il problema dei rifiuti, sono tra i problemi di cui dobbiamo occuparci subito, ma seriamente. I comportamenti dell’uomo che insegue un benessere sempre più ampio, ha creato degli squilibri così evidenti che la pandemia da coronavirus ci impone di capire. Gli habitat di molte specie di animali sono stati colonizzati dall’uomo e dalle sue attività, creando una commistione abitativa che ha nel tempo creato problemi sanitari. Molti animali che sono normalmente portatori di cariche virali, sono entrati in contatto con l’uomo attraverso la sua catena alimentare, permettendo il cosiddetto salto di specie, che seppur difficile, abbiamo visto che non è impossibile. E’ infatti risaputo che circa il 75% delle malattie infettive emergenti che interessano l’uomo sono di origine animale e che il 60% circa di tutti i patogeni che attaccano l’uomo sono di origine zoologica. Inoltre, il cambiamento climatico accentuerà la trasmissione degli elementi patogeni a causa dell’aumento del riscaldamento globale, con inverni più miti e stagioni più uniformi e lunghe, che portano alle migrazioni di alcune specie di animali, vettori di malattie. Bisogna iniziare a prendere sul serio l’aspetto sanitario del pianeta e correggere quelle situazioni che comportano un pericolo imminente per la nostra specie, smettendola di far credere alla popolazione povere che il miglioramento delle loro condizioni di vita e prosperità economiche, debbano passare dallo sfruttamento incontrollato del territorio. Inoltre, il mondo occidentale deve interrompere l’inseguimento di una mentalità consumistica suicida, dove i soldi sono l’obbiettivo primario di ogni decisione sociale e politica. Chi pensa che se ne possa parlare domani, può essere che non ci sia più per parlane.Approfondisci l'argomento

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https://www.rmix.it/ - Il Disboscamento Illegale in Romania
rMIX: Il Portale del Riciclo nell'Economia Circolare Il Disboscamento Illegale in Romania
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Un disastro ecologico nell’Amazzonia Europea. Stiamo a guardare ancora?di Marco Arezio Le foreste della Romania, di proprietà dello stato, ammontano a 3,13 milioni di ettari, cifra che rappresenta il 48% delle superfici boschive del paese. In questi territori l’abbattimento illegale delle piante sta alimentando il mercato nero del legno e provoca un danno ambientale enorme. Secondo i dati raccolti il disboscamento illegale in Romania ammonta ogni anno a circa 20 milioni di metri cubi di legname su un totale di 18 milioni autorizzati legalmente dallo Stato. Considerando un prezzo medio del legno di circa 50 euro/mc, si può notare che il business illegale frutta circa 1 miliardo di euro l’anno. In realtà, sono anni che il fenomeno va avanti, probabilmente coperto da funzionari dello stato che fanno finta di non vedere il problema, ma recentemente è tornato prepotentemente alla ribalta in quanto sono stati uccisi due guardia parco, che stavano onestamente lavorando per la tutela del patrimonio forestale dello stato. Si è parlato di forme mafiose di gestione del business del legno dolce, cosa che ha fatto muovere anche la Commissione Europea, che ha imposto allo stato Romeno, una verifica della situazione attraverso la creazione di una commissione di controllo sui numeri e sulle procedure di disboscamento. Secondo le indicazioni di Recorder.co, il rapporto elaborato, dopo aver sentito gli operatori dei controlli sul campo, coadiuvati da esperti formati in Francia, Svizzera e Finlandia, ha dimostrato che il disboscamento illegale rappresenta circa 20 milioni di mc/anno. Tuttavia, il rapporto sembra essere stato censurato dalle autorità che lo hanno ricevuto, in quanto non rappresenterebbe la reale situazione, in base ai rilevamenti autonomi di Romsilva, società che gestisce il patrimonio boschivo statale. Secondo i dati di questa società, il volume del disboscamento illegale si aggirerebbe tra i 40 e i 50.000 metri cubi annui e ipotizza che la commissione incaricata al controllo, su pressione della Comunità Europea, potrebbe aver commesso degli errori di calcolo. In una conferenza pubblica in cui hanno partecipato, sia il capo di Romsilva, sia i responsabili del progetto IFN, National Forest Inventory che ha eseguito i rilevamenti, è emerso che i numeri contenuti nel rapporto IFN, siano stati supportati da consulenti indipendenti Europei, ma che l’ente statale della protezione delle foreste insiste apertamente nel crederlo inattendibile, lasciando il problema in un pericoloso limbo. Come succede solitamente negli affari gestiti dalla malavita, il fenomeno dell’intimidazione, dell’omertà e della corruzione, unge un ingranaggio ben collaudato a tutti i livelli, con l’unico scopo di tenere le attività illegali al riparo dei clamori della cronaca, in modo da continuare in modo discreto e le operazioni. Si è tanto criticato Bolsonaro per il mancato contrasto alla deforestazione dell’Amazzonia, ma poco si è parlato della deforestazione illegale in Romania.

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https://www.rmix.it/ - Cosa sono le batterie di flusso organiche?
rMIX: Il Portale del Riciclo nell'Economia Circolare Cosa sono le batterie di flusso organiche?
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Un sistema ecocompatibile per immagazzinare energia sfruttando la pianta del rabarbaro.Le energie rinnovabili sono di per sé soggette a periodi in cui non possono generare energia costante e ,per questo motivo, avrebbero bisogno di nuove tecnologie di accumulo che possano compensare i periodi in cui non si produce o si produce poco. Il vento, il sole e la stessa acqua sono soggetti, per questioni meteorologiche, a periodi in cui si verificano cali di prestazioni nella generazione di corrente. Questo a causa dell’assenza di vento, di nuvole persistenti o a causa di picchi di richiesta energetica o di carenza di acqua, cosa che si ripete spesso per la diminuzione delle precipitazioni. Da tempo gli scienziati stanno studiando la possibilità di colmare questo calo di produzione energetica con nuove batterie che possono continuare ad alimentare energia pulita alla comunità. Gli ultimi studi si rivolgono verso le batterie di flusso, che sono ricaricabili e composte da elettroliti contenenti sostanze elettro-attive disciolte che passano da celle elettrochimiche trasformando l’energia chimica in elettrica. Lo scopo di queste ricerche è trovare un’alternativa alle batterie agli ioni di litio che utilizzano metalli costosi, oggetto oggi di guerre commerciali per il dominio delle cave da cui si estraggono le materie prime. Le batterie di flusso organiche sfruttano composti naturali come i chinoni, che possono essere estratti anche dalle piante, come il rabarbaro. L’utilizzo di queste batterie allo studio, potrebbe richiede una struttura importante, come pompe, sensori e vasche di contenimento, quindi adatte ad un uso stanziale. Tuttavia sono indicate per livellare i picchi energetici nelle abitazioni o strutture produttive, accumulare energia durante la notte e reintrodurla nella rete di giorno, quando il costo sarebbe superiore. Inoltre sono indicate per l’accumulo di energia da fonti rinnovabili quando questa produzione decade dal punto di vista prestazionale per motivi meteorologici.Vedi info sulle tue batterie

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https://www.rmix.it/ - I Nuovi Investimenti per l’Ambiente: Green Bond
rMIX: Il Portale del Riciclo nell'Economia Circolare I Nuovi Investimenti per l’Ambiente: Green Bond
Ambiente

Come fare degli investimenti etici che fanno bene all’ambiente.Forse la scossa al mercato la data uno dei più grandi fondi di investimento internazionale, il BlackRock, che aveva fornito indicazioni precise ai suoi operatori di virare verso investimenti in aziende che fossero focalizzate all’attenzione dell’ambiente nei propri business. Il concetto di Green Bond parte da questa attenzione al rapporto tra impresa e sostenibilità. Cosa sono i Green Bond? Sono strumenti finanziari, nello specifico obbligazioni societarie, le cui emissioni sono legate a progetti nel campo dell’economia circolare, delle energie rinnovabili, del corretto uso delle risorse ambientali, della prevenzione dell’inquinamento, dei trasporti, delle infrastrutture, che hanno come finalità il miglioramento di uno o più parametri legati alla sostenibilità ambientale. Chi emette le obbligazioni Verdi? Fino a pochi anni fa erano obbligazioni emesse prevalentemente da strutture finanziarie sovranazionali, come la Banca Europea per gli Investimenti o la Banca Mondiale, che curavano progetti di ampio respiro internazionale. Nel corso degli ultimi anni, con la crescita dell’attenzione all’ambiente da parte dei cittadini, questi titoli sono stati emessi anche da singole aziende che potessero dimostrare di avere un progetto che rientrasse nei parametri citati. Il primo Green Bond è stato emesso nel lontano 2007 da parte della BEI che ad oggi ha raccolto investimenti per finanziare 256 progetti in 52 paesi nel mondo. L’interesse da parte degli investitori è stato così importante che, dal 2016 all’inizio del 2020, le emissioni sul mercato sono cresciute, a livello mondiale da 750 milioni di euro a più di 50 miliardi. Nel solo 2019 la crescita dei green bond è stata del 50% sul 2018, che espresso in valore, corrispondono a + 170 miliardi di euro. Quali sono i paesi che emettono più obbligazioni verdi? Paesi appartenenti all’Unione Europea 226 miliardi Cina 98 miliardi Stati Uniti 43 miliardi Canada 14 miliardi India 14 miliardi Giappone 13 miliardi Corea 12 miliardi Gran Bretagna 8 miliardi Altri 154 miliardi Anche gli stati hanno emesso, nel corso degli anni, dei Titoli di Stato che avessero come obbiettivo, per esempio, l’efficientamento energetico di edifici pubblici o scuole, la ristrutturazione idrogeologica di aree a rischio e altre iniziative. Possiamo annoverare tra i paesi emittenti, l’Italia, l’Olanda, la Spagna, l’Irlanda, la Francia e la Germania. Chi garantisce gli standard “Green”? Fino a poco tempo fa ogni emittente, grande o piccolo, faceva da solo, quindi il rapporto con l’investitore era esclusivamente fiduciario. Oggi esiste l’ICMA che è l’International Capital Market Association, la più grande associazione internazionale di capitali, che ha fissato alcuni punti inderogabili per fregiarsi del marchio green. Vediamo quali sono: Chi emette l’obbligazione è soggetto alla massima trasparenza verso il mercato, quindi deve indicare con chiarezza la destinazione di quanto raccolto. Deve seguire una “road map” per la scelta, la valutazione e la selezione dei progetti da finanziare che devono rientrare in un elenco di categorie. Deve comunicare al mercato e agli organi di controllo circa la puntuale gestione del denaro raccolto Devono essere prepararti e diffusi dei reports inerenti all’andamento dei progetti in modo che gli investitori possano seguire il loro investimento. Per fare un esempio, possiamo citare il caso del colosso petrolifero Repsol che aveva acquisito nel 2017 il certificato green da Vigeo Eiris, sulla base di un progetto aziendale che mirava ad una riduzione di 1,2 milioni di tonnellate di CO2 all’anno, modificando quindi il proprio modello di business, cosa che poi non ha fatto, venendo citato dall’Ong CBI come non degna di quell’attestato. Un nuovo regolamento per il mercato Il fenomeno dei Green Bond sta assumendo contorni così vasti che è diventata necessaria una regolamentazione internazionale anche a protezione degli investitori. Nel Febbraio 2019 la Commissione Europea e il Parlamento EU, hanno emanato un regolamento che definisce per quali famiglie di progetti le aziende possono chiedere al mercato soldi sotto la bandiera dei bond verdi. Le famiglie individuate sono: Mitigazione del cambiamento climatico Protezione e uso sostenibile delle risorse marine e idrogeologiche Transizione all’economia circolare Controllo e prevenzione dell’inquinamento Protezione e ripristino delle biodiversità Nel corso del 2021 verranno emanate le norme che dettaglieranno le singole famiglie di attività che risulteranno indispensabili per allontanare le ombre del greenwashing.Approfondisci l'argomento

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https://www.rmix.it/ - L’educazione alla Responsabilità Ambientale. La chiesa Diventa Green
rMIX: Il Portale del Riciclo nell'Economia Circolare L’educazione alla Responsabilità Ambientale. La chiesa Diventa Green
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Come raccogliere i rifiuti e convertirli in sussidi per i poveri secondo il principio della sostenibilità ambientaledi Marco ArezioLa chiesa di tutto il mondo, spinta dalle indicazioni di Papa Francesco, si sta ponendo il problema di dare un sostanziale contributo attraverso corrette politiche comportamentali e di informazioni sul tema dell’ecologia, dello spreco e dei rifiuti. Ci sono tanti campi in cui la chiesa sta lavorando, dai più visibili a quelli meno appariscenti o sotto gli occhi di tutti. Tra quelli più visibili possiamo citare una scelta fatta dalla Chiesa d’Inghilterra che, in collaborazione con la ditta specializzata nell’abbigliamento ecclesiastico, Butler & Butler, ha lanciato la prima tonaca fatta in fibra di poliestere, creata al 100% con bottiglie di plastica riciclata. Non si tratta di tessuti di ripiego ma di veri e propri prodotti di qualità elevata, soffici e morbidi che non hanno niente da invidiare a quelli tradizionali. Ma l’indicazione da parte del vaticano circa un’educazione familiare alla responsabilità ambientale, tocca vari aspetti della vita dei fedeli: – Evitare gli imballi in plastica non strettamente necessari – Preoccuparsi di separare in modo corretto i rifiuti in casa – Evitare gli sprechi alimentari – Ridurre lo sfruttamento energetico – Minimizzare la produzione di CO2 attraverso la mobilità necessaria – Ridurre il consumo di acqua Nei dibattiti e nelle funzioni religiose il rapporto tra l’uomo e la natura è tornato alla sua centralità, perduta nel tempo e cerca di recuperare un equilibrio, anche spirituale, tra l’ecosistema e la vita umana. Ma le iniziative non finiscono qui. Tra quelle meno visibili, possiamo citare un’iniziativa del Pontefice, che, attraverso la collaborazione con i fondatori di Plastik Bank, società che ha messo a punto un sistema di raccolta della plastica riversata negli oceani, trasformandola poi in moneta, ha avviato iniziative di supporto economico agli indigenti. Considerando che attualmente si conta che circa 9 milione di tonnellate annue di plastica finiscono negli oceani, per un po’ di tempo questa iniziativa sosterrà economicamente un gran numero di persone povere, in attesa che vengano adottate, finalmente, soluzioni ambientali più drastiche in modo che finisca questo scempio ecologico.Approfondisci l'argomento

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https://www.rmix.it/ - Il Togo Cerca l’Indipendenza Energetica con l’Energia Solare
rMIX: Il Portale del Riciclo nell'Economia Circolare Il Togo Cerca l’Indipendenza Energetica con l’Energia Solare
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Il governo ha avviato un nuovo piano di elettrificazione sostenibile del paese attraverso l'energia solareL’Africa è considerata, dall’agenzia internazionale per le energie rinnovabili IRENA, la centrale elettrica per le energie rinnovabili e la riprova sta nel fatto che molti paesi, come il Togo, hanno avviato programmi di elettrificazione sostenibili. Il Togo, piccolo paese nell’Africa sud occidentale, il cui nome, nella lingua ewe significa “andare all’acqua”, conta una popolazione di circa 5,5 milioni di abitanti che vivono prevalentemente nei villaggi e si occupano di agricoltura e pastorizia. La popolazione soffre della difficoltà di accesso all’energia, infatti la copertura della rete, fino al 2016, riguardava solo il 30% del suo territorio con problematiche relative allo sviluppo sociale ed economico. Il governo togolese ha deciso di stanziare 1,5 miliardi di dollari per portare la copertura elettrica, entro il 2030, al 100% del suo territorio, scegliendo l’energia solare come fonte energetica sostenibile. La scelta di questa fonte rinnovabile ha trovato largo appoggio nel governo, in quanto sia il territorio che la distribuzione della popolazione per km. quadrato imponeva un progetto che rendesse fruibile a tutti il servizio al minor costo possibile e realizzabile in tempi corretti. L’energia solare viene prodotta in presenza di sole o con cielo nuvoloso e permette di generare corrente elettrica, riscaldamento e desalinizzazione delle acque anche nei villaggi più remoti senza necessità di particolari strutture. Oggi il fotovoltaico è una delle tecnologie energetiche sostenibili più flessibile, di veloce istallazione, con costi contenuti dopo la caduta dei prezzi dei pannelli e di lunga durata, se si considera che un pannello solare dura mediamente 30 anni. Probabilmente oggi questa forma di energia è diventata la più economica in relazione alla lontananza del consumatore dalle reti di trasmissione di energia.Traduzione automatica. Ci scusiamo per eventuali inesattezze. Articolo originale in Italiano.Vedi maggiori informazioni

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https://www.rmix.it/ - Dischi 33 Giri in PVC Contro Streaming: Quale Impatto Ambientale?
rMIX: Il Portale del Riciclo nell'Economia Circolare Dischi 33 Giri in PVC Contro Streaming: Quale Impatto Ambientale?
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La demonizzazione dei dischi in vinile di PVC, in quanto plastica, è esagerata e superficiale di Marco ArezioNell’era della digitalizzazione e dell’immaterialità musicale pensiamo che il disco, o come in passato si chiamava, LP, possa avere un impatto ambientale negativo in quanto prodotto con il PVC, una plastica vergine di derivazione petrolifera e che la musica che ascoltiamo in streaming, non essendo riprodotta da un oggetto solido, come il disco, abbia un impatto ridotto o nullo. Niente di più sbagliato. La storia dei dischi in vinile a 33 giri, nasce nel 1948, alla fine del secondo conflitto mondiale, ad opera della ColumbiaRecords negli Stati Uniti, a seguito di un’evoluzione tecnologica della produzione musicale che era retta dai dischi in gommalacca, i famosi 78 giri, che permettevano un ascolto maggiore in termini di tempo, raggiungendo i 30-40 minuti per lato. Le innovazioni tecniche riguardarono non solo i materiali utilizzati per la produzione del disco, passando appunto dalla ceralacca del 78 giri al PVC del 33 giri, ma anche attraverso le novità sulla tecnologia di riproduzione della musica nel disco stesso. Si passò quindi dalla tecnologia del 78 giri, che utilizzava un macro solco profondo, alla tecnologia del microsolco con la memorizzazione dei segnali sonori per via analogica. Se il materiale che costituiva il 33 giri rimaneva abbastanza invariata negli anni, la qualità del suono inciso aumentò progressivamente a partire dagli anni 60 dello scorso secolo, quando venne introdotta la tecnologia quadrifonica a matrice, incidendo separatamente nel disco i segnali musicali, dando l’impressione di essere avvolti dalla musica. Nonostante questa tecnologia non decollò in modo importante a causa dell’alto costo degli impianti di riproduzione musicale, l’LP ebbe un formidabile successo mondiale, incontrastato mezzo per ascoltare la musica fino alla fine degli anni 70 quando iniziò la produzione delle musicassette e dagli anni 80 quella dei CD. La parabola discendente delle vendite di dischi in vinile continuò fino ai primi anni 90 quando si cessò la produzione in buona parte del mondo. Oggi in cui viviamo nell’epoca dell’uso dei prodotti, senza possederli, la musica si ascolta in streaming, sulle piattaforme come Spotify, Apple Music, solo per citarne alcune, in una continua attività di usa e getta, con volumi di ascolto enormi. Proprio in questo periodo di immaterialità, sta ritornando prepotentemente alla ribalta il possesso dell’LP come oggetto da collezione, come fosse un quadro, un libro pregiato, un gioiello, che sono e saranno elementi che faranno parte della nostra vita. Questa attività non riguarda solo i vecchi dischi in formato 33 giri stampati negli anni 60-80, ma riguardano anche le nuove produzioni, tanto che le case discografiche si sono nuovamente attrezzate per fornire un formato fisico alla musica dei propri artisti. Ma come è fatto un LP? I dischi in vinile vengono realizzati attraverso il processo di stampaggio a caldo, utilizzando una pressa alimentata da un PVC granulato, opportunamente modificato e chiamato biscotto, con il quale si realizza la forma e i solchi provenienti da uno stampo madre. Dopo la pressatura i dischi possono presentare bordi irregolari, motivo per il quale vengono rifilati per dare al disco l’aspetto che tutti conosciamo. Il disco in PVC inquina più dello streaming? Possiamo quindi dire che un disco in PVC non è altro che uno dei tanti prodotti plastici che vengono realizzati nel mondo e che la sua esistenza, di per se, non è un elemento inquinante, ma come tutti i prodotti, anche quelli non plastici, devono rientrare in un’ottica di economia circolare. Fa specie leggere articoli di testare autorevoli che definiscono un prodotto in PVC, in quanto tale, pericoloso per l’ambiente e la salute dei lavoratori, a seguito delle esalazioni e degli inquinanti che le produzioni realizzerebbero. Non fa specie tanto quello che è stato detto, che segue l’onda popolare, con poca competenza sul problema della plastica, ma induce ad una certa perplessità pensare che testate giornalistiche di primo livello, trattino in modo così poco professionale il problema della plastica e del PVC. In ogni caso, l’LP, ha una produzione, in termini quantitativa, molto limitata e ancora più improbabile che il disco in vinile finisca dopo l’ascolto in pattumiera, in quanto è un oggetto che crea empatia con chi l’ha acquistato e verrà conservato, probabilmente, con molta cura e per molto tempo. Dobbiamo però considerare anche l’impatto che l’ascolto in streaming della musica produce ogni giorno sull’ambiente, perchè il fatto di non possedere un oggetto, come un disco che potrebbe trasformarsi in rifiuto, non significa che l’impatto ambientale dell’ascolto della musica sia zero. Infatti la disponibilità di miliardi di brani di musica sui nostri telefoni, laptop o tablets comporta l’archiviazione dei file musicali in apposite strutture, che vengono alimentate utilizzando l’energia che non sempre è rinnovabile. Se è vero che lo streaming di un singolo brano comporta un consumo energetico molto limitato, è anche vero che la disponibilità di musica senza limiti ha incrementato in maniera esponenziale l’ascolto dei brani con le relative conseguenze ambientali. Negli Stati Uniti si è stimato che le emissioni, in termini di gas serra, relative al settore dello streaming musicale, sono circa 200 milioni di tonnellate, secondo stime prudenziali e 350 milioni secondo altre stime.Vai al prodotto finito

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https://www.rmix.it/ - E-Waste Illegale: nella Terra dei Morti che Camminano
rMIX: Il Portale del Riciclo nell'Economia Circolare E-Waste Illegale: nella Terra dei Morti che Camminano
Ambiente

Il Ghana ha la più grande discarica al mondo di scarti e-waste dove la gente si ammala e muoredi Marco ArezioAbbiamo trattato qualche tempo fà la problematica delle discariche dei rifiuti di apparecchiature elettroniche in Palestina dove, con metodi pericolosi per la salute e per l'ambiente, vengono estratte materie prime pregiate da rivendere. Oggi ci occupiamo della più grande discarica al mondo di rifiuti e-waste in Ghana.Computers, cellulari, televisioni, cavi elettrici, lavatrici, forni a micro onde, lettori MP3 e tutti quei prodotti che contengono metalli di valore, nonostante i divieti internazionali di esportazioni dei rifiuti elettronici, continuano ad affluire in Ghana ad un ritmo di 40 mila tonnellate all’anno.  Ma come fanno ad arrivare tutti questi prodotti nella discarica di Agbogbloshie? Tutte le apparecchiature elettroniche vengono vendute dai paesi ricchi sotto la dicitura “usato” o “da riparare”, dicitura che evita di classificare l’oggetto come un rifiuto. I controlli ai porti di partenza e di arrivo sono scarsi in relazione al numero totale di containers che vengono movimentati ogni giorno e le autorità portuali non si possono permettere, con la struttura di controllo a disposizione, di perseguire l’aumento programmato di controlli sulle singole spedizioni. Quindi in Ghana arriva, da tutto il mondo, una massa abnorme di apparecchiature elettroniche esauste che finiscono in discarica e che danno lavoro agli schiavi dell’e-waste, gente che per 2/3 dollari al giorno, cercano di recuperare metalli dalle apparecchiature elettroniche utilizzando metodi di estrazione, come il fuoco, i solventi e l’acqua. Questa attività crea in diffuso inquinamento dei terreni, dell’aria e delle falde, con implicazioni terribili sulla salute dei lavoratori che restano giornalmente esposti all’inalazioni delle sostanze velenose che provengono dalla combustione dei rifiuti, dalla commistione con svariate sostanze chimiche e dall’alimentazione contaminata di cui si cibano. Infatti intorno alla discarica vive un esercito di lavoratori che provengono anche da altri paesi africani, attratti dalla possibilità di guadagnare qualche dollaro per il loro sostentamento. Ma la gente che manipola questi rifiuti è esposta a malattie ischemiche, tumori, malattie ostruttive polmonari ed infezioni respiratorie, mentre la discarica continua la sua vita alimentata dai rifiuti del mondo moderno. Tutto quello che non può essere riciclato nella discarica di Agblogbloshie viene bruciato creando nubi tossiche che hanno classificato il luogo tra i 10 più inquinati del mondo. Il continente Africano sta cercando di opporsi a questo commercio mortale per la sua gente e, attraverso la Conferenza di Bamako, sta chiedendo agli stati che esportano questo tipo di merce di considerare ogni apparecchio non funzionante come rifiuto e quindi non esportabile. La Germania ha avviato dei progetti sociali attraverso i quali fornisce delle macchine per la separazione dei rifiuti, in modo rispettoso dell’ambiente, pagando il metallo estratto al suo corretto valore, ridando dignità e sostegno ai lavoratori che portano i rifiuti da lavorare. Ma questo è solo una goccia nel mare. Approfondisci l'argomento

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https://www.rmix.it/ - Come vengono demolite le navi fuori dalla legge
rMIX: Il Portale del Riciclo nell'Economia Circolare Come vengono demolite le navi fuori dalla legge
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Come inquinare l’ambiente e manipolare i principi dell’economia circolare demolendo le navi in modo illegaledi Marco ArezioAggirare i principi dell’economia circolare e inquinare l’ambiente per soldi. La demolizione delle navi è un’attività di grande interesse dal punto di vista dell’economia circolare in quanto vengono recuperati centinaia di migliaia di tonnellate di materie prime ogni anno, soprattutto acciaio, che rientra nel circuito della produzione salvaguardando l’ambiente e risparmiando risorse naturali ed inquinamento per produrre nuove materie prime.E’ tutto così semplice? Purtroppo no. Le demolizioni delle navi dovrebbero essere eseguite in uno dei 41 impianti autorizzati sparsi nel mondo, dove il materiale da riciclare viene avviato a centri autorizzati e specializzati e le sostanze pericolose ed inquinanti, che sono presenti sulle navi, trovano una corretta collocazione, evitando che vadano disperse nell’ambiente. In realtà, alcuni armatori, per questioni di mero profitto, preferiscono vendere la nave che vogliono rottamare a società che operano fuori dalle regole dell’economia circolare e ambientali, incassando un prezzo molto più interessante rispetto ai centri autorizzati. Il business è più importante di quello che si crede, se consideriamo che, secondo le informazioni dell’ONG Shipbreaking, nel solo 2019 sono state vendute ai cantieri di demolizione 674 navi oceaniche, commerciali, piattaforme galleggianti ed offshore, da carico, petroliere e passeggeri. Questa pratica, definita “Shipwrecking“, viene svolta sulle spiagge principalmente di tre paesi: Banglasedh, India e Packistan, le cui imprese locali, che si occupano della demolizione, arrivano a pagare fino a 400 UDS per tonnellata leggera (ltd) che corrisponde a circa 3-4 volte di più rispetto al ricavo che un armatore può ottenere facendo demolire la propria nave in un cantiere Europeo autorizzato. Dove è il profitto? Chi acquista le navi in questi paesi, ad un prezzo di mercato più alto rispetto ai cantieri autorizzati, fa leva sul basso costo della manodopera, sulla bassa considerazione sulla salute e sulla sicurezza dei lavoratori e sul mancato rispetto dello smaltimento dei rifiuti e delle sostanze pericolose in centri autorizzati e con procedure corrette. Mentre chi rivende le navi, a fronte di un maggiore guadagno, aggira le leggi internazionali, che impongono uno smaltimento controllato, facendo cambiare la bandiera alle navi durante l’ultimo viaggio e togliendosi qualsiasi responsabilità della fine del natante. Per il cambio di bandiera e quindi di proprietà, gli stessi demolitori si occupano di tutta la trafila burocratica semplificando le operazioni. Quale è l’impatto sull’ambiente? Sulle spiagge di Chattogram, Alang e Gadani e altre, vengono smontate le navi trasformando luoghi che fino a poco tempo fa erano incontaminati, in discariche a cielo aperto in cui i materiali nobili, come l’acciaio, vengono rivenduti per la laminazioni ad industrie locali, mentre quelli meno nobili e gli agenti inquinanti o tossici, vengono dispersi nell’ambiente, quali piombo, amianto bifenili policrolurati, mercurio e radio. Il Bangladesh, secondo la ONG Shipbreaking, è la discarica preferita per le imbarcazioni che hanno trasportato sostanze tossiche, causando danni irreparabili all’ambiente proprio in un’area di movimento delle maree. Cosa dicono le normative internazionali? Secondo la convenzione di Hong Kong varata dall’organizzazione marittima internazionale, ci sono regole ben precise e dettagliate sullo smaltimento di una nave a fine vita, inoltre esiste il regolamento Europeo entrato in vigore il primo Gennaio 2019, che impone lo smaltimento dei natanti solo nei centri autorizzati. Inoltre, le norme sulla tutela dei lavoratori, nonostante non sia un aspetto che riguarda le normative marittime in materia di smaltimento delle navi, sono spesso disattese per portare a termine questi tipi di attività. In particolare la manipolazione di sostanze tossiche o pericolose senza le adeguate attrezzature di protezione, la mancanza di strutture mediche e di assistenza e la mancanza prevenzione degli incidenti sul lavoro. Cosa si può fare? Come abbiamo visto, alcuni armatori non consegnano la nave ai centri autorizzati per lo smaltimento, ma la vendono prima della demolizione a società non autorizzate, godendo di una procedura semplice e collaudata che non gli fa correre rischi. Una decisa azione politica internazionale potrebbe cambiare le regole che permettono l’aggiramento della legge in fatto di ultima proprietà e della successiva demolizione della nave, il divieto di smaltimento nei siti non autorizzati che deve interessare, in qualche misura, anche l’armatore per cui la nave ha fatto servizio. Le autorità di polizia internazionale e le autorità della protezione dell’ambiente devono continuare il lavoro di investigazione, per perseguire coloro che creano, per profitto, disastri ambientali, mettono in pericolo anche la salute dei lavoratori. Nel frattempo le istituzioni finanziarie hanno iniziato a disincentivare gli investimenti verso aziende che non seguono una politica di circolarità dell’economia e che non dimostrano di avere un’impronta verde sulla propria attività. Infatti stanno definanziando l’industria petrolifera e hanno iniziato anche un ritiro dalle compagnie di navigazione, come è successo nel 2018 quando i fondi pensionistici KLP e GPFG, hanno alleggerito il loro portafoglio sulle compagnie navali.

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https://www.rmix.it/ - Amazon non Venderà più Articoli in Plastica Monouso
rMIX: Il Portale del Riciclo nell'Economia Circolare Amazon non Venderà più Articoli in Plastica Monouso
Ambiente

Ci siamo occupati nel passato, in alcuni articoli, del problema relativo all'impatto dei rifiuti prodotti dal commercio on-line in termini di packaging usa e getta, specialmente di cartone, che questo tipo di commercio produceva. Abbiamo sottolineato come colossi del calibro di Amazon potessero incidere a livello mondiale sulla crescita dei rifiuti da imballo. Dobbiamo doverosamente citare la lodevole decisione di Amazon, come riportata da Money.it, di mettere al bando i prodotti fatti di plastica monouso dalla dine del 2020.Svolta storica per Amazon: il colosso degli e-commerce ha annunciato che non venderà più articoli e oggetti in plastica monouso in Italia e in alcuni paesi dell’Unione europea a partire da fine anno. Dal 21 dicembre 2020 non si potranno più acquistare su Amazon oggetti monouso in plastica realizzati con plastica oxo-degradabile: questa scelta renderà di conseguenza impossibile ordinare articoli come piatti e posate di plastica, cannucce, contenitori per alimenti, cotton fioc e molto altro.  La svolta green di Amazon, dopo l’introduzione dei primi veicoli elettrici per le consegne, prosegue e la novità verrà applicata anche in Regno Unito, Francia, Spagna, Germania, Olanda e Turchia. Ecco cosa cambia e quali sono i piani a lungo termine di Jeff Bezos nella lotta alla plastica.  L’elenco degli oggetti in plastica monouso che ogni giorno utilizziamo, e acquistiamo anche su Amazon, è lungo e comprende una lista di diversi articoli che, una volta gettati nella spazzatura (spesso non differenziata) ha un forte impatto sull’ecosistema.  Amazon aveva in realtà alzato già da tempo i prezzi per piatti e posate di plastica acquistabili negli store online, che venivano venduti a un costo superiore rispetto a quello proposto nei supermercati tradizionali (una mossa sottile utile anche a scoraggiarne l’acquisto).  Ora si passa allo step successivo e la data del 21 dicembre 2020 rappresenterà uno switch importante non solo per Amazon ma anche per gli utenti: Jeff Bezos spinge l’acceleratore sulla strada del Climate Pledge, il patto stilato da Amazon e le grandi multinazionali per raggiungere gli obiettivi sul clima dell’Accordo di Parigi entro il 2030.

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https://www.rmix.it/ - Energie rinnovabili: solare, eolico, idroelettrico. c’è altro?
rMIX: Il Portale del Riciclo nell'Economia Circolare Energie rinnovabili: solare, eolico, idroelettrico. c’è altro?
Ambiente

A che punto è la ricerca e lo sfruttamento energetico e quali sono le potenzialità dell’energia rinnovabile? Solare, eolico, idroelettrico.Da qualche anno ci siamo accorti, in modo definitivo, che l’energia per muoverci, illuminare le nostre case, far funzionare gli impianti industriali e sostenere la rete informatica che regola la nostra vita, può non dipendere totalmente dal petrolio. Il tempo che abbiamo perso, in tutti i campi, per creare uno stile di vita circolare, si è ripercosso sul problema dei rifiuti, sull’inquinamento dell’aria e delle acque, sullo sfruttamento intensivo delle risorse delle terra che siano nelle sue viscere che sulla sua superficie. Oggi abbiamo la consapevolezza di dover trovare delle alternative al petrolio, anche se la politica vive, spesso, di inerzia decisionale e di pressioni lobbistiche quando si affronta questo argomento. Dal punto di vista scientifico si sono fatti passi avanti nelle tecnologie di creazione, immagazzinamento e distribuzione dell’energia elettrica proveniente dai settori eolici, solare e idroelettrico. Ma serve sicuramente più energia a disposizione e a costi bassi, se vogliamo arrivare a sostituire completamente le fonti fossili che hanno una scadenza temporale di disponibilità. Anche l’oceano (o il mare) rientra in questa possibile fonte energetica di cui si sa poco e il cui sfruttamento è, per ora, molto marginale, ma che da ottime speranze di riuscire a catturare l’enorme quantità di energia che i moti ondosi, le correnti, le differenze del gradiente salino e le temperature delle acque generano. Gli scienziati hanno calcolato che sarebbe possibile ricavare dagli oceani un valore energetico pari a 2 Terawatt, che corrisponde a circa il consumo totale di energia che produce il pianeta. Ma come si genera l’energia e come è possibile utilizzarla? Dobbiamo considerare, per esempio, che le onde sono la più grande fonte di energia rinnovabile disponibile, con una densità energetica elevata, superiore a quella del sole e del vento. Inoltre, il moto che genera energia non è saltuario ma regolare e prevedibile, con un’estensione geografica diffusa. Esistono, allo stato attuale, degli studi fatti dall’università di Torino negli anni passati che hanno portato alla costruzione di apparecchiature sperimentali, in collaborazione con l’ENI, che consistono in due giroscopi che convertono il moto ondoso in energia elettrica. Su questi apparecchi è possibile istallare anche dei pannelli fotovoltaici creando un sistema ibrido inerziale. La caratteristica di queste macchine, chiamate Iswec, è quella di adattarsi alla direzione delle correnti e delle onde, per sfruttare al massimo l’energia che esse producono. In termini di potenza nominale, sono macchine che sono state progettate per creare circa 50 Kw di energia in presenza di un’onda di almeno 1,5 metri. Tra i tanti effetti negativi che il riscaldamento globale sta imprimendo al nostro pianeta, uno può essere considerato positivo. Si è scoperto che l’aumento delle temperature in atmosfera incrementerà l’energia delle onde. Secondo uno studio di Nature Communications, pubblicato il 14 Gennaio 2019, l’altezza delle onde dal 1948 ad oggi ha avuto in incremento dello 0,4%. Iswec, non è l’unico esperimento che l’uomo ha fatto nel tentativo di sfruttare l’energia prodotta dal mare, infatti i primi studi risalgono al secolo scorso ma sono naufragati a causa della difficoltà ad operare nell’ambiente marino, delle tecnologie non all’altezza e dei costi allora proibitivi. Nel corso della crisi energetica tra il 1973 e il 1974, questi studi sono stati ripresi con lo scopo di trovare soluzioni tecniche ed economiche compatibili con i costi delle fonti energetiche fossili. Si dovrà però aspettare fino al 2000, quando entrò in funzione il primo impianto, collegato ad una rete di utenze, che generava 500 Kw ma poi venne smantellata nel 2012. Così anche l’impianto portoghese, nel nord del paese, entrato in funzione nel 2008, che aveva una capacità di 2,25 Megawatt, durò soli pochi mesi a causa di numerosi problemi tecnici e forse anche economici. Un altro interessante esperimento di generazione energetica in mare è stato effettuato nel 1996 alle Hawaii, costruendo una centrale che frutta la differenza di temperatura tra le acque di superficie e quelle profonde, che può arrivare anche a 25 gradi. Dopo anni di studi e tentativi, sembra che entro il 2050 si potrebbero installare nel mondo impianti che sarebbero in grado di generare energia elettrica pari a 350 Terawatt/ora dalle maree e dalle onde. L’idea sarebbe quella di posizionare le centrali energetiche al largo, dove le onde sono massime, considerando che la superficie degli oceani è pari al 71% di quella terrestre, quindi si potranno avere fonti energetiche diffuse in tutti i continenti senza limitazione di spazio.Vedi maggiori informazioni

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https://www.rmix.it/ - Rischi ambientali : come si muove la finanza
rMIX: Il Portale del Riciclo nell'Economia Circolare Rischi ambientali : come si muove la finanza
Ambiente

La correlazione tra i rischi finanziari e i rischi ambientali visti dagli operatori bancari internazionali. I problemi dell’ambiente e i relativi rischi ambientali, non sono, oggi, solo appannaggio di un gruppo sempre più ampio di giovani che manifestano nelle piazze e non sono solo occasione per il cosiddetto “green washing”, l’utilizzo a volte a sproposito dell’etichetta green sui prodotti da parte delle aziende, ma sono entrati prepotentemente nelle camere ovattate della finanza che conta. La questione del clima è diventata un problema di rischio finanziario, che coinvolge gli istituti bancari e il sistema finanziario internazionale, i quali dovranno confrontarsi con un nemico subdolo e potente. Non esiste un solo rischio ambientale, ma diversi elementi che potrebbero concatenarsi creando una problematica di difficile gestione a livello finanziario, tale per cui si potrebbero mettere in crisi i capitali in circolazione. I rischi ambientali che destano maggiore attenzione da parte delle istituzioni finanziarie possono essere elencati in: Incremento di gas serra Incremento delle precipitazioni Incremento delle siccità I rischi connessi a queste problematiche dipendono dal loro manifestarsi e dalla violenza con cui si presentano nelle aree geografiche del pianeta, ma si traducono in costi di vite umane, distruzione delle infrastrutture pubbliche e private, perdita di produttività con danni alla crescita economica e innalzamento dei prezzi dei beni primari. Questi costi incideranno direttamente sui valori degli assets, con un deterioramento della capacità delle imprese e delle famiglie di onorare i debiti e una riduzione del valore delle garanzie. Alle banche è affidato il compito di indirizzare i flussi finanziari verso attività che indirettamente riducano il rischio stesso e quindi verso iniziative di sostenibilità ambientale che possano mitigare gli effetti che causano i cambiamenti climatici. Questi finanziamenti sono necessari per la stabilità stesse delle banche. L’Europa avrebbe bisogno, per aggiornare le reti energetiche, migliorare la gestione dei rifiuti, delle risorse idriche, per modernizzare la rete dei trasporti e della logistica, di 270 miliardi di euro all’anno, cifre enormi che dovranno essere trovate perchè non ci sono alternative alla strada della sostenibilità ambientale. La maggior preoccupazione delle banche e degli investitori finanziari è il rischio nel deterioramento dei propri crediti e il valore dei loro attivi in relazione ai fattori climatici, che non sono di per sè rischi nuovi, ma che stanno diventando di proporzioni tali che potrebbero destabilizzare il ritorno finanziario delle operazioni. La comunità internazionale dal punto di vista politico si sta muovendo in ordine sparso, con diversi approcci tra gli Stati Uniti, l’Europa, la Cina, la Russia, l’India, per citarne qualcuno, ma alla fine saranno le istituzioni finanziarie che influenzeranno le scelte di transizione energetica e di sostenibilità ambientale. In questo momento, però, non tutte le banche hanno compreso in pieno quale sia la strada corretta per l’elargizione dei capitali sul mercato industriale e quale ricadute si avranno, anche in termini di rischio sulle operazioni, rimanendo immobili sugli assets in portafoglio. Si possono vedere, per esempio, negli Stati Uniti, paese gestito da una politica ultra negazionista in termini ambientali, che i movimenti ambientalisti stanno manifestando contro banche, quali la JP Morgan, la Well Fargo, la Bank of America, le quali continuano a sostenere finanziariamente le società impegnate nell’estrazione e raffinazione del petrolio. Ma ci sono anche fondi di investimento internazionali, come il BlackRock, il più grande del mondo, che ha capito velocemente dove indirizzare il timone dei propri investimenti e, attraverso il presidente Larry Find, ha ribadito ai propri clienti e agli amministratori delegati delle società in cui il fondo è posizionato, che premierà le imprese e i progetti legati alla sostenibilità. Secondo Find, non solo i governi, ma anche le istituzioni finanziarie e le imprese potranno essere travolte se non si adotteranno misure efficaci a favore dell’ambiente. Quella di BlackRock non è una raccomandazione o un consiglio, ma una forte e univoca decisione che si potrebbe concretizzare attraverso l’opposizione nei consigli di amministrazione o la sfiducia a managers che non adotteranno misure concrete in fatto di sostenibilità climatica. Find vede il rischio ambientale colpire direttamente la solvibilità dei mutui, specialmente quelli sulla casa, sull’inflazione, se dovessero impennarsi i prezzi dei generi primari, sul rallentamento della crescita dei paesi emergenti e quindi a cascata su quella mondiale, causata della riduzione della produzione per l’aumento delle temperature.

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https://www.rmix.it/ - La Forestazione delle Aree Metropolitane: Milano non Perde Tempo.
rMIX: Il Portale del Riciclo nell'Economia Circolare La Forestazione delle Aree Metropolitane: Milano non Perde Tempo.
Ambiente

Riduzione dell’inquinamento, mitigazione delle ondate di calore, obbiettivi socialidi Marco ArezioChe le aree metropolitane stiano diventando sempre più un aggregato di popolazione crescente, nei numeri e nelle esigenze, è evidente in molti paesi del modo dove non si arresta l’incremento delle migrazioni interne verso le grandi città. I motivi che spingono le persone a muoversi sono principalmente economici, essendo la città un ambiente in cui le occasioni di trovare lavoro sono sicuramente più alte rispetto alle aree rurali. L’incremento massiccio della popolazione ha portato negli scorsi decenni ad una cementificazione “urgente” e smodata, sia dal punto di vista architettonico, che ambientale, che sociale, creando interi quartieri senza identità e senza un’anima, attraverso un’edilizia economica e con una spiccata essenzialità urbanistica. Questo modo di creare quartieri “dormitorio” ha creato disgregazione sociale, generazionale e una mancanza di integrazione tra il costruito e la natura. I bambini nati in questi contesti faticano a riconoscere un’alternativa ambientale ai palazzi, le strade asfaltate e ad ambiti diversi dai piccoli parchi di quartiere, se esistono. Inoltre, l’inquinamento crescente causato dal traffico veicolare, dal riscaldamento delle abitazioni e dalle conseguenze delle ondate di calore estivo, creano delle condizioni di vita non salubri e stressanti per la popolazione. Molte amministrazioni cittadine si sono convinte che il verde sia la chiave per lenire alcune problematiche legate all’inquinamento e, attraverso l’incremento della forestazione cittadina, la possibilità di creare condizioni di vita e una socialità più umana. Milano ha fatto suo questo obbiettivo, con il proposito di piantare tre milioni di alberi entro il 2030 e, attraverso questa operazione, riqualificare alcune aree per incrementare l’aggregazione sociale. La piantumazione ha anche lo scopo di inserire nel bilancio ambientale della città un elemento mitigatore degli inquinanti e del calore insistente, durante l’estate, sugli edifici meno preposti a difendere gli utenti da questo fenomeno in crescita. Parliamo soprattutto di edilizia scolastica, ospedali e centri per anziani, che riceveranno i primi interventi volti a rendere più vivibile l’ambiente cittadino. Il problema climatico nelle città tende ad acuire le disuguaglianze sociali, economiche e sanitarie, specialmente nelle periferie, dove la qualità delle costruzioni dal punto di vista dell’isolamento temo-acustico crea situazioni di disagio evidente. Inoltre gli alberi portano un aiuto nella lotta alle polveri sottili, al riscaldamento degli edifici con un risparmio nell’uso dei condizionatori. Milano ha messo in campo anche iniziative “green” attraverso la realizzazione di edifici, in cui il verde è parte integrante della loro struttura e attraverso l’organizzazione di eventi aperti a tutta la popolazione da vivere in nuove aree destinate ad un nuovo rapporto tra la popolazione cittadina e la natura. Approfondisci l'argomento

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https://www.rmix.it/ - Bolsonaro: l’Amazonia è Nostra non Vostra
rMIX: Il Portale del Riciclo nell'Economia Circolare Bolsonaro: l’Amazonia è Nostra non Vostra
Ambiente

Che l’elezione del presidente Bolsonaro fosse una pessima notizia per la tutela dell’ambiente era una cosa risaputa ma che a soli nove mesi dall’elezione fosse riuscito a collezionare un disastro ambientale in Amazzonia di queste proporzione nessuno sarebbe riuscito a prevederlo. Nella sua politica liberistica coniuga ignoranza sui temi scientifici legati alle risorse ambientali, necessari per la sopravvivenza degli stessi Brasiliani, ad una certa arroganza condita con una lungimiranza politica al quanto discutibile.  Dare a Macron del colonialista a seguito del tentativo del presidente francese di far capire l’ovvio a Bolsonaro sembrerebbe una scenetta teatrale poco degna di uno statista.  Il business di togliere la terra alla foresta, tramite il fuoco, per permettere agli allevatori di estendere i pascoli intensivi allo scopo di sostenere un’attività, quella della produzione di carne, di per sé tra le maggiori attività inquinanti al mondo, comporta un incomprensibile disegno di autodistruzione che anche i bambini possono facilmente comprendere.  La politica del presidente Bolsonaro evidentemente non arriva a tanto, ma preferisce accusare le associazioni ambientalistiche degli incendi con lo scopo di farsi pubblicità o lamentarsi che non ha i mezzi per poter contenere il fuoco nel suo paese.  Come sempre, dove la politica non ragiona per il bene dei propri cittadini, sono i cittadini del mondo che possono condizionare e boicottare pacificamente gli interessi economici che sono alla base di questi disastri.  Come? Semplicemente continuare a preferire nei propri acquisti prodotti che vengano da filiere alimentari che non abbiano creato danni all’ecosistema.  Ricordandoci sempre che la produzione di ossigeno che viene dall’Amazzonia copre il 20% del nostro fabbisogno mondiale e che l’anidride carbonica immessa in atmosfera tramite questi incendi andrà a pesare in modo importante sul riscaldamento globale, che a catena velocizzerà tutta una serie di conseguenze ambientali già molto gravi, sarebbe importante che ognuno facesse la propria parte per contrastare l’accelerazione dell’implosione della specie umana.Approfondisci l'argomento

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https://www.rmix.it/ - Fusione nucleare: si può parlare di energia rinnovabile?
rMIX: Il Portale del Riciclo nell'Economia Circolare Fusione nucleare: si può parlare di energia rinnovabile?
Ambiente

La costruzione del reattore Tokamak in Francia lascia grandi speranze per l'energia prodotta attraverso la fusione nuclearedi Marco ArezioTokamak è un mega reattore nucleare in fase di costruzione nel sud della Francia e precisamente a Saint Paul Lez Durance, in base all’accordo siglato nel 2005 tra Unione Europea, Stati Uniti, Svizzera, Russia, Giappone, India e Corea del Sud. E’ già stato definito il progetto energetico del secolo in quanto ha l’obbiettivo di produrre energia nucleare pulita.Come funziona la fusione nucleare? A differenza del processo produttivo fino ad oggi utilizzato nelle centrali atomiche per la produzione di energia, che si basa sulla fissione nucleare, cioè la creazione energetica attraverso la separazione degli atomi, il nuovo concetto espresso da Tokamak sarà basato sul processo di fusione degli stessi, creando almeno 10 volte l’energia che si produceva attraverso la fissione nucleare. Il processo avviene attraverso il riscaldamento del gas idrogeno a 100 milioni di gradi, trasformandolo allo stato di plasma, controllato da enormi magneti che ne seguono l’evoluzione finchè gli atomi di questo plasma si fondono tra loro liberando energia. Il plasma può essere considerato come il quarto stato della materia, accostabile a quello liquido, gassoso e solido. Perché si parla di energia pulita? Il processo della fusione nucleare da degli indubbi vantaggi per la gestione delle scorie radioattive in quanto, se prendiamo in considerazione le scorie provenienti dalla fissione nucleare, sappiamo che per circa 3000 anni restano radioattive, mentre quelle derivanti dalla fusione nucleare già al 12° anno avranno dimezzato i loro effetti radioattivi. Non c’è dubbio che gli studi sul riutilizzo delle scorie prodotte dalle future centrali a fusione nucleare devono essere ancora completati, per cercare la via di inertizzare la radioattività al loro interno e, soprattutto, per riutilizzare il materiale di scarto nei nuovi processi produttivi. Solo allora si potrà parlare di energia rinnovabile da fusione nucleare. C’è comunque un cauto ottimismo sulla possibilità di giungere, alla fine di questo iter scientifico, ad una risposta positiva in termini di economia circolare delle scorie. Quando potrà entrare in funzione Tokamak? Lo stato costruttivo della centrale ha visto quest’anno la fine dei lavori edili primari necessari ad accogliere il mega reattore, il quale è in fase di costruzione ed è giunto a circa il 60% del suo cammino costruttivo. Se il processo di realizzazione di Tokamak non troverà impedimenti, l’accensione all’interno della centrale dovrebbe avvenire nel 2025. Ci vorranno ancora alcuni decenni prima che l’energia atomica prodotta con la fusione nucleare sia adottata su larga scala nel mondo, considerando che l’investimento, fatto in Francia dal team di paesi, raggiungerà i 20 miliardi di euro al termine del lavoro. Come si è giunti a questo accordo esteso a diversi paesi? E’ da molto tempo che si parla di poter costruire la prima centrale nucleare a fusione di atomi ed ufficialmente ne avevano già parlato Ronald Regan e Mikhail Gorbaciof nel 1985 durante un vertice USA-URSS a Ginevra. Entrambi i paesi stavano studiando il processo di fusione nucleare ma era necessario, sia per il completamento degli studi scientifici che per l’enorme investimento, la partecipazione altri paesi. Si è arrivati così all’accordo del 2005 che ha creato un team internazionale di paesi interessati, necessario per poter portare avanti questo ambizioso programma energetico.Vedi maggiori informazioni

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https://www.rmix.it/ - Nasce il Consorzio Europeo delle Batterie di Lunga Durata
rMIX: Il Portale del Riciclo nell'Economia Circolare Nasce il Consorzio Europeo delle Batterie di Lunga Durata
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Batterie, un settore chiave supportato, oggi, dalla Comunità Europea. Per sostenere la mobilità elettrica nella Comunità Europea, facilitando le aziende più importanti del settore a continuare ad investire in ricerca e sviluppo, Bruxelles ha deciso di iniettare liquidità in un mercato strategico, come quello delle batterie di lunga durata, per il futuro. Con un investimento comune di 3,2 miliardi di euro dedicato al miglioramento della diffusione e delle qualità tecniche delle batterie di lunga durata, la Comunità Europea vuole dare ulteriore impulso al passaggio da una mobilità legata al petrolio ad una legata all’energia elettrica. Il progetto, che vede la partecipazione congiunta di Italia, Germania, Francia, Belgio, Finlandia, Polonia e Svezia, coinvolgerà 17 aziende di questi paesi. Le aziende coinvolte, spiega Marrethe Vestager, commissaria Europea alla concorrenza e vicepresidente esecutiva per il progetto “Europa pronta per l’era digitale”, coinvolgeranno, a loro volta, altri 70 soggetti circa, che provengono da laboratori di ricerca pubblici e piccole e medie imprese. Nelle previsioni della commissaria Europea, questo stanziamento da parte dei paesi aderenti al progetto, potrà, verosimilmente, fare da volano per ulteriori investimenti privati stimati in circa 5 miliardi di euro. La produzione Europea di batterie di lunga durata, prodotta attraverso l’uso di celle agli ioni di litio, attualmente copre solamente l’1% della produzione mondiale, quindi, questo nuovo impulso finanziario e tecnico, ha l’obbiettivo di portare la produzione Europea di queste batterie a circa il 20-25% di quanto sarà prodotto nel mondo. La previsione di fatturato del comparto, secondo Bcg, per l’anno 2027 sarà pari a circa 45 miliardi di euro, quindi è evidente quanto sia importante non rimanere indietro. Il completamento del progetto della Comunità Europea è previsto per il 2031.Vedi maggiori informazioni sul prodotto

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https://www.rmix.it/ - La Battaglia Politica nel Governo Giapponese che vuole Riaccendere i Reattori Nucleari.
rMIX: Il Portale del Riciclo nell'Economia Circolare La Battaglia Politica nel Governo Giapponese che vuole Riaccendere i Reattori Nucleari.
Ambiente

Reattori Nucleari - Sono bastati 8 anni dal disastro di Fukushima per perdere la memoria sulle conseguenze della tripla esplosione nucleare di Marco ArezioCosa sta succedendo all’interno del governo Giapponese in merito alla politica energetica del paese? Dopo il terremoto avvenuto 11 Marzo 2011 nell’area della centrale nucleare di Fukushima, che ha bloccato il funzionamento di tre reattori e il successivo Tsunami che ha messo fuori uso il sistema di raffreddamento dedicato al controllo delle temperature degli impianti, è avvenuta una triplice esplosione atomica incontrollata. Le conseguenze le conosciamo tutti e le conoscono soprattutto 150.000 cittadini che vivevano intorno alla centrale che hanno dovuto lasciare la loro terra contaminata dalle radiazioni. La decisione immediata del governo di Tokio era stata quella di fermare tutti i 54 reattori nucleari presenti sul territorio Giapponese e avviare un ripensamento della politica energetica nazionale. Nel corso di questi 8 anni il governo, nell’area interessata dall’esplosione, ha avviato progetti per la creazione di 11 parchi Eolici, per una spesa complessiva di 2,75 miliardi di dollari, che produrrebbero circa 600 MW, contro una produzione di circa 4700 MW provenienti dai reattori della centrale. Ci sono anche progetti di costruzione di nuove centrali a biomassa, solari e geotermiche che possano ridurre la dipendenza dal nucleare e dal carbone. Questi progetti rientrano nell’obbiettivo del governo di portare la percentuale di energia prodotta da fonti rinnovabili dal 17,4% attuale a circa il 22-24% entro il 2030, ma nello stesso tempo, facendo leva sul fatto che il Giappone è il terzo maggior importatore mondiale di carbone, la riaccensione dei reattori nucleari, secondo il primo ministro Shinzo Abe, farebbe rispettare al paese gli obbiettivi di emissioni di CO2. Il ministro dell’ambiente, Shinjiro Koizumi, non è per niente d’accordo con Abe e sostiene che la centrale di Fukushima presenta ancora un’infinità di problemi da risolvere per poter permettere alla gente di rientrare nei villaggi limitrofi. Quindi, secondo Koizumi, sarebbe improponibile imporre al paese la decisione di riaccendere i vecchi reattori nucleari. Ma quali problemi esistono ancora a Fukushima? Innanzitutto sono ancora stoccate circa 1 milione di tonnellate di acqua contaminata da radiazioni, utilizzata nelle operazioni di spegnimento dei reattori danneggiati. Nonostante le acque siano state trattate, per togliere la maggior parte dei radionuclidi, non esiste, oggi, alcuna tecnologia che possa rimuovere il trizio dall’acqua. Secondo i tecnici l’unica possibilità per risolvere il problema sarebbe quello di diluirla e riversarla poi nell’oceano. La cosa comunque, al di là degli evidenti risvolti ambientali e sociali, richiederebbe, secondo il capo del comitato che studia lo smantellamento di Fukushima, Hiroshi Miyano, non meno di 17 anni. Ovviamente i pescatori e i paesi limitrofi al Giappone sono sul piede di guerra perché temono una contaminazione del pesce e un’ulteriore disastro economico per il settore. Ci sono poi i problemi di contaminazione delle acque sotterranee che lambiscono gli edifici della centrale nucleare danneggiati dalle esplosioni, su cui il governo è intervenuto con la costruzione di un muro di contenimento ghiacciato, costato 260 milioni di dollari che ha attenuato il fenomeno ma non lo ha bloccato. Infine esiste un serio problema per il terreno contaminato che, da anni viene rimosso con lo scopo di ridurre il valore delle radiazioni nelle aree evacuate, ma che ha creato un accumulo di milioni di tonnellate di materiale che nessuno vuole. Si stima che saranno circa 14 milioni le tonnellate di terreno contaminato da rimuovere entro il 2021 e, secondo gli accordi che la prefettura locale ha preso con il governo, questa montagna di materiale dovrà essere spostata lontano dalla zona colpita dal disastro, ma nessuno sa dove portarla. Intanto i lavori vanno avanti con circa 1600 viaggi di autotreni al giorno, avendo già trasportato circa 2,3 milioni di tonnellate, che corrispondono a circa il 15% del totale del materiale da asportare e stoccare nel sito provvisorio. Il governo vorrebbe trasmettere un’immagine di sicurezza alla popolazione, avendo indicato già alcune aree decontaminate come sicure, ma, secondo Greenpeace, queste aree presenterebbero un valore di radiazioni troppo alte che non consentirebbe un rientro sicuro della gente. Alla luce di questa situazione è davvero sorprendente come il primo ministro Abe, possa pensare di riaccendere i reattori nucleari in un paese, tra l’atro, soggetto a terremoti e Tsunami.

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