Produzione, recupero, riciclo e riuso degli pneumaticidi Marco ArezioSembra incredibile ma nel 2019 sono stati venduti nel mondo circa 3 miliardi di pneumatici, un volume enorme di materie prime impiegate, il cui prodotto finale deve essere riciclato nel rispetto delle regole dell’economia circolare. Siamo abituati a vedere gli pneumatici nella nostra vita quotidiana, sulle auto, bici, moto e su tutti gli altri mezzi della mobilità che incontriamo ogni giorno, ma dobbiamo anche pensare, in un’ottica di economia circolare, come dare una seconda vita agli pneumatici e come far diventare sostenibile il prodotto che usiamo. Per fare questo dovremmo conoscere un pò di storia del prodotto, di come viene realizzato e quali metodi oggi conosciamo per il loro smaltimento. La Storia La storia degli pneumatici è da far risalire al brevetto depositato a Londra dallo scozzese Robert William Thomson, nel 1846, ben prima della diffusione delle auto, camion, corriere e delle moto. Erano anche gli anni in cui la gomma naturale si affacciava al mondo industriale, (vedi articolo), e si provava a modellarla in forme differenti a varie temperature, per saggiarne la consistenza a caldo e a freddo. Negli Stati Uniti, nello stesso periodo, Charles GoodYear, dopo lunghi studi iniziati nel 1839 che si occupavano delle reazioni tra gomma con lo zolfo, riuscì a brevettare nel 1844, un compound attraverso il quale si potevano gestire le deformazioni elastiche della gomma sotto l’effetto delle temperature. Ma l’invenzione dei due ricercatori rimase lettera morta finché si arrivò ad inventare la camera d’aria che potesse sopportare, all’interno del pneumatico, il peso e le torsioni impresse dal mezzo in movimento. I vantaggi della ruota “ad aria” erano riassunti in una minore forza necessaria al movimento del mezzo, più silenziosità, maggiore confort e maggiore manovrabilità. Nonostante questi indubbi successi, dal punto di vista industriale non ci fù seguito e la ruota ad aria fu dimenticata rapidamente. Si dovette aspettare il 1888 quando John Boyd Dunlop brevettò nuovamente un pneumatico ad aria per biciclette e l’anno successivo lo applicò alla bicicletta di William Hume, un ciclista mediocre, che con questa rivoluzionaria bicicletta vinse, a Belfast, tutte e tre le competizioni a cui si era iscritto. Il successo fu tale che iniziò la produzione in serie di queste biciclette equipaggiate con il rivoluzionario pneumatico. Gli studi in quel periodo non si concentrarono solo sugli pneumatici, ma anche sui cerchioni che dovevano contenerli, sulle mescole per ispessire parti in cui gli sforzi del rotolamento erano superiori, sui problemi legati al surriscaldamento dei fili di orditura e, infine, per proteggere la ruota dalle forature. Nel 1912 gli pneumatici passarono dai colori chiari al nero, in quanto si era scoperto che l’aggiunta di nero fumo alla mescola, aumentasse la resistenza all’usura della gomma. Durante questi anni la produzione delle auto aumentò e l’adozione della gomma ad aria è da attribuire ai fratelli Michelin, che la testarono nella corsa Parigi-Brest-Parigi, del 1891, che vinsero con solo 5 forature. Processo di vulcanizzazione della gomma Il cuore del processo di produzione degli pneumatici sta nel principio di vulcanizzazione della materia prima, che consiste nel riscaldamento della gomma con lo zolfo. La vulcanizzazione tra il poliisoprene e lo zolfo provoca una modifica della struttura molecolare del polimero creando un aumento dell’elasticità e della resistenza a trazione del prodotto, riducendo l’abrasività e l’appicicosità iniziale. La realizzazione del processo di vulcanizzazione si ottiene attraverso una mescola tra l’elastomero, lo zolfo e altri additivi chimici quali acceleranti, attivatori, rinforzanti, antiossidanti, inibitori e anti invecchianti. Il Riciclo degli pneumatici Come abbiamo visto in precedenza, nel solo 2019 sono stati venduti circa 3 miliardi di pneumatici, che avranno un’usura in un certo lasso temporale, per poi venire sostituiti con altri articoli nuovi. Questo succede ogni anno, da anni, così da generare un’immensa quantità di pneumatici esausti che fino a poco tempo fà finivano in discarica o in centri di stoccaggio, perchè il loro riciclo era complicato a causa del mix di componenti che il prodotto contiene. Oggi disponiamo di alcuni processi di recupero degli pneumatici che possono ridurre la pressione tra produzione e riciclo. Possiamo elencare tre procedimenti di riciclo: Triturazione Meccanica Il processo prevede la triturazione grossolana degli pneumatici con pezzature intorno a 70 o 100 mm. per lato, passando poi attraverso il processo di asportazioni delle parti metalliche, la granulazione, con un’ulteriore pulizia e il processo finale di micronizzazione in cui il prodotto risulterà, pulito e diviso in differenti granulometrie. Processo Criogenico Il processo prevede una prima fase di triturazione grossolana degli pneumatici con relativa asportazione delle parti metalliche. Successivamente il macinato viene sottoposto ad un raffreddamento con azoto liquido, in modo da ricreare una struttura cristallina e fragile che permette facilmente una nuova triturazione fine. Il materiale di risulta viene poi trattato attraverso il processo di polverizzazione con mulini a martelli o dischi. Processo ElettrotermicoIl processo prevede la prima riduzione meccanica dimensionale del prodotto per poi essere inseriti in forni verticali ad induzione magnetica. In questi forni avviene il distaccamento delle parti metalliche dalla gomma sotto l’effetto di una temperatura di circa 700 gradi. Alla fine di questa operazione, la parte di gomma viene raccolta ed avviata alla de-vulcanizzazione che consiste nel riportare, l’elemento recuperato, ad una forma chimica simile all’elastomero originale, attraverso processi termochimici in autoclavi. Quali sono le caratteristiche della materia prima riciclata e quali i suoi impieghi? I granuli in gomma riciclata, vengono impiegati per la realizzazione di conglomerati resino-gommosi utilizzandoli in mescola al 60/70%, impiegando macchine a stampaggio a freddo. Per quanto riguarda il polverino, il suo impiego può essere abbinabile ad impasti con l’elastomero vergine ed impiegato attraverso i processi di pressofusione o altri tipi di stampaggio a caldo. C’è però da constatare che il riciclo degli pneumatici risulta ancora molto ridotto rispetto al totale raccolto, il che fa aumentare i costi per lo smaltimento, lasciando aperto il problema della loro gestione post vita. Le principali applicazioni dei granuli e del polverino le possiamo trovare nella produzione di superfici drenanti per campi con erba sintetica, asfalti, superfici che attutiscono le cadute nei capi gioco, pavimenti antiscivolo, isolanti acustici, accessori per l’arredo urbano, materassi per allevamenti e altri articoli. Nuovi studi sul riciclo Attualmente gli studi in corso, per cercare di aumentare la percentuale di riutilizzo degli pneumatici esausti, si indirizzano sui processi di scomposizione dei legami chimici che l’elastomero, lo zolfo e gli additivi creano tra di loro. I ricercatori dell’Università Mc Master hanno sviluppato, a livello sperimentale, un sistema che possa tagliare i legami polimerici orizzontali spezzando la maglia che tiene insieme, chimicamente, i vari componenti, riportandoli allo stato primario.Categoria: notizie - plastica - economia circolare - riciclo - rifiuti - pneumatici
SCOPRI DI PIU'Dalla Storia alla Pratica Attuale: Approfondimenti sui Materiali e Processi Tecnici del Riciclo delle Pellicoledi Marco ArezioLe pellicole radiografiche, fotografiche e cinematografiche hanno una storia ricca e affascinante, ma insieme a questa storia c'è anche un impatto ambientale significativo dovuto alla loro produzione e smaltimento. In questo articolo, esploreremo in modo approfondito i materiali che compongono queste pellicole e i processi tecnici utilizzati nel loro riciclo, con l'obiettivo di fornire una visione chiara e dettagliata delle sfide e delle opportunità legate alla gestione sostenibile di questi materiali.Storia delle PellicoleLe pellicole radiografiche, fotografiche e cinematografiche hanno una storia ricca e affascinante, che abbraccia ambiti diversi come l'arte, la medicina e l'intrattenimento.Le pellicole hanno avuto un ruolo fondamentale nello sviluppo della fotografia e del cinema. Le prime pellicole fotografiche furono create alla metà del XIX secolo, aprendo la strada a una nuova era di registrazione delle immagini. Nel mondo del cinema, il primo film realizzato su pellicola fu "La sortie de l'usine Lumière à Lyon" dei fratelli Lumière nel 1895, seguito da altri capolavori come "Viaggio nella Luna" di Georges Méliès nel 1902.Utilizzo nel Mondo MedicoLe pellicole radiografiche hanno rivoluzionato anche il campo della medicina, consentendo di visualizzare l'interno del corpo umano in modo non invasivo. Le prime lastre radiografiche furono utilizzate da Wilhelm Conrad Roentgen nel 1895, quando scoprì i raggi X. La sua famosa immagine di una mano con un anello di moglie visualizzata su una lastra radiografica rimane un'icona nella storia della medicina.Composizione delle PellicoleLe pellicole radiografiche, fotografiche e cinematografiche sono generalmente costituite da una base di plastica (solitamente poliestere) rivestita con uno strato di emulsione sensibile alla luceQuesta emulsione contiene sostanze chimiche fotosensibili e, nelle pellicole fotografiche e cinematografiche, possono essere presenti anche coloranti e additivi per migliorare la qualità dell'immagine.Processo di RicicloIl riciclo delle pellicole è un processo complesso che richiede attrezzature e tecnologie specializzate. I passaggi principali includono: Raccolta e Separazione: Le pellicole usate vengono raccolte e separate da altri materiali. Rimozione della Base Plastica: La base di plastica viene separata dall'emulsione fotosensibile. Questo può essere fatto attraverso processi meccanici o chimici. Recupero dei Metalli Preziosi: Le pellicole contengono spesso metalli preziosi come l'argento, che possono essere recuperati attraverso processi di estrazione chimica. Trattamento delle Sostanze Chimiche: Le sostanze chimiche presenti nelle pellicole devono essere trattate in modo sicuro per evitare l'inquinamento dell'ambiente. Questo può includere processi di neutralizzazione o distruzione chimica.Materiali RiciclatiI materiali recuperati durante il processo di riciclo delle pellicole possono essere utilizzati per una varietà di scopi. La plastica può essere riciclata per produrre nuove pellicole o altri prodotti in plastica, mentre i metalli preziosi possono essere utilizzati nell'industria elettronica o della gioielleria.Produzione e Riciclo AttualiNonostante i benefici ambientali del riciclo delle pellicole, attualmente solo una piccola percentuale di queste viene effettivamente riciclata. Le sfide includono la mancanza di infrastrutture specializzate e la complessità dei materiali, che rendono il processo di riciclo costoso e complesso.ConclusioniIn conclusione, il riciclo delle pellicole radiografiche, fotografiche e cinematografiche è un passo importante verso la sostenibilità ambientale delle industrie che le producono. Tuttavia, sono necessari investimenti in ricerca e infrastrutture per migliorare i tassi di riciclo e promuovere pratiche più sostenibili. Con un impegno collettivo, possiamo ridurre l'impatto ambientale di queste pellicole e garantire un futuro più pulito per il nostro pianeta.
SCOPRI DI PIU'Principi, Pratiche ed Innovazioni per un Futuro dove il Packaging Nutre il Pianetadi Marco ArezioNel contesto attuale, dove l'economia circolare e la sostenibilità ambientale stanno assumendo un ruolo sempre più centrale, il packaging si trasforma da semplice contenitore a protagonista nella riduzione dell'impatto ambientale dei prodotti. Un design sostenibile del packaging non solo mira a minimizzare l'uso delle risorse naturali e a ridurre i rifiuti, ma anche a ottimizzare i processi di riciclo e garantire una protezione efficace del contenuto. Esaminiamo più da vicino come queste considerazioni si traducano in pratiche concrete, esplorando alcuni principi fondamentali e esempi di successo nel settore. Riduzione al Minimo del Materiale Nel contesto del design sostenibile, la riduzione al minimo del materiale utilizzato non è solo una pratica ecologica, ma anche una necessità economica e logistica. Concentrarsi sulla minimalizzazione dei materiali impiegati nel packaging non solo diminuisce l'uso delle risorse naturali, ma alleggerisce anche il carico dei sistemi di gestione dei rifiuti e riduce i costi di trasporto. Ad esempio, l'impiego di carta riciclata o certificata dal Forest Stewardship Council (FSC) per la produzione di scatole non solo assicura che il legno provenga da foreste gestite in modo responsabile, ma permette anche di sperimentare con spessori ridotti che mantengono la robustezza necessaria a proteggere il contenuto. Analogamente, nell'ambito dei materiali plastici, il design di contenitori modulabili che utilizzano meno materiale o che sono progettati per essere riempiti nuovamente riduce il rifiuto generato e promuove la cultura del riutilizzo. Per il metallo, adottare leghe più leggere ma robuste permette di diminuire il materiale necessario per lattine e altri imballaggi, mantenendo le proprietà protettive ma con un minor impatto ambientale. Facilitare il Riciclo Facilitare il riciclo è fondamentale per chiudere il ciclo di vita dei materiali. Questo obiettivo si raggiunge progettando imballaggi che possono essere facilmente smontati o che sono composti da un unico materiale, semplificando così il processo di riciclaggio. L'eliminazione dell'uso di colle permanenti o di materiali compositi che non possono essere separati agevolmente è cruciale. Chiarezza nelle istruzioni di riciclo, come simboli facilmente visibili e comprensibili, aiuta i consumatori a identificare il corretto smaltimento del materiale, incoraggiando comportamenti responsabili e consapevoli. Questo principio è applicato efficacemente quando, per esempio, le etichette sui contenitori di vetro o metallo sono progettate per essere rimosse senza residui, garantendo che il materiale riciclato sia di alta qualità e libero da contaminazioni. Utilizzo di Materiali Riciclati e Riciclabili L'adozione di materiali già riciclati e facilmente riciclabili è essenziale per sostenere l'ambiente e ridurre l'impronta ecologica. Cartone ondulato realizzato con una percentuale elevata di fibra riciclata non solo dimostra l'efficacia del riciclo, ma serve anche come esempio per l'industria su come materiali riciclati possano essere riutilizzati senza compromettere la qualità o la sicurezza. Analogamente, l'uso di PET riciclato nelle bottiglie di bevande non solo riduce la dipendenza dal petrolio come materia prima, ma mostra anche come i materiali possono avere una seconda vita utile. L'alluminio, con la sua capacità di essere riciclato all'infinito senza perdere qualità, rappresenta un modello ideale di sostenibilità materialistica nel settore dei metalli. Innovazione e Design per l'Efficienza L'innovazione nel design è cruciale per superare le sfide poste dalla necessità di un packaging più sostenibile. Ad esempio, l'introduzione di imballaggi pieghevoli che non richiedono nastro adesivo non solo riduce il materiale usato, ma anche semplifica il processo di riciclo. Flaconi di plastica che cambiano colore per indicare quando sono vuoti possono aumentare la probabilità che siano riciclati correttamente. Per quanto riguarda il metallo, le lattine con etichette facilmente rimovibili impediscono la contaminazione dei materiali riciclati, aumentando l'efficienza del processo di riciclaggio. Attraverso questi approfondimenti, possiamo vedere come ogni aspetto del design del packaging sia interconnesso con principi di sostenibilità che non solo rispettano l'ambiente ma offrono anche vantaggi economici e pratici, evidenziando l'importanza di un approccio olistico nella progettazione del packaging del futuro.
SCOPRI DI PIU'I prezzi dei granuli, macinati, densificati, balle e materozze in plastica da post consumodi Marco ArezioIl mercato dei polimeri plastici riciclati da post consumo comprende un elevato numero di famiglie di prodotti e un’estesa gamma di forme, da poter utilizzare come materie prima nelle fasi di riciclo. Ogni famiglia di polimeri è caratterizzata da numerose sottofamiglie che ne identificano applicazioni particolari e, quindi, anche prezzi differenti. Per esempio, nel campo dell’HDPE in granulo, possiamo trovare le seguenti sottofamiglie che caratterizzano ricette diverse in base all’applicazione: • HDPE da estrusione • HDPE da film • HDPE da soffiaggio • HDPE da stampaggio Queste sottofamiglie hanno ulteriori livelli di sottoprodotti, con prezzi differenti, in base all’elemento specifico da realizzare. Per esempio, un granulo di HDPE da estrusione avrà livelli di prezzi differenti se viene impiegato per la realizzazione dell’interno del tubo corrugato, se utilizzato per la produzione dello stato esterno dello stesso, se si vuole produrre un tubo da irrigazioni rigido o un tubo con una certa pressione per il trasporto dei liquidi. Così, anche le altre sottofamiglie di HDPE avranno dei prezzi differenti al variare della filtratura, dell’MFI, della densità, del colore di base o finale, dell’Izod, del modulo ecc.. Quindi, non sarà il polimero generico, come succede in quelli vergini, ad avere un prezzo di riferimento, ma saranno le applicazioni finali che determineranno i costi della materia prima. Se poi prendiamo in considerazione l’estesa gamma dei polimeri riciclati da post consumo, entreranno in gioco anche altre caratteristiche, come la composizione della ricetta, le percentuali dei vari polimeri contenuti, le cariche e gli additivi necessari. Per quanto riguarda i macinati plastici da post consumo, nei prezzi bisogna considerare il tipo di taglio, la composizione, il grado di deferrizzazione, il colore prevalente, il lavaggio o meno e gli eventuali residui del taglio. Le balle dei materiali plastici riciclati avranno dei prezzi differenti in base alla selezione realizzata, tanto più accurata in termine di mono plastiche, tanto maggiore sarà il prezzo, inoltre si deve tener presente la loro pulizia e il loro imballo. Anche nel campo dei densificati i prezzi possono variare in base alla forma e alla loro dimensione, al grado di pulizia che esprime il prodotto, al migliore DSC proposto e al colore di base. Come si può vedere da quanto detto, non è possibile esprimere attraverso un listino generico le variabili di prezzo, in quanto sono molto numerose, quindi, per sapere un prezzo di riferimento sul mercato, in un certo momento dell’anno, è necessario fare un’analisi specialistica sul canale di interesse per il cliente. La società Arezio Marco si occupa di analizzare i prezzi della plastica riciclata sul mercato di interesse per il cliente, individuando la ricetta utile e verificando l’andamenti dei prezzi dai maggiori players nazionali ed internazionali sul mercato. I polimeri plastici da post consumo principalmente trattati sono: HDPE, LDPE, MDPE, PS, PVC, PP, PP/PE, ABS. Categoria: notizie - plastica - economia circolare - riciclo - rifiuti - prezzi
SCOPRI DI PIU'Ford e McDonald’s hanno creato una collaborazione ispirata all’economia circolaredi Marco ArezioLe due società attive nel settore della mobilità e della ristorazione hanno coinvolto la ditta Competitive Green Technology per realizzare un compound che potesse utilizzare alcuni scarti del del caffè, uniti al polipropilene, per produrre ricambi per auto. Lo scopo era studiare una ricetta che rendesse alcune parti delle auto più leggere e più robuste rispetto alle ricette tradizionali. Lo scarto, per evitare che si bruci, viene trattato in un ambiente a basso contenuto di ossigeno e poi mischiato con il polipropilene per la formazione dei granuli, che risulteranno più leggeri del polipropilene tradizionale e avranno bisogno di minor energia per lo stampaggio. Secondo il leader tecnico del team di ricerca dei nuovi materiali Ford, il Sig. Mielewski, lo scarto proveniente dalla torrefazione del caffè viene usato in sostituzione del talco che normalmente compone i compounds di polipropilene, apportando una riduzione di peso intorno al 20% e una buona resistenza alle alte temperature. Le prime applicazioni sono state fatte nella produzione di alloggiamenti per i fari, a seguito di prove nelle quali si è notata una maggiore resistenza alle temperature rispetto al pezzo fatto con il nuovo compound al tradizionale. Infatti, l’alloggiamento dei fari è una zona dove si crea molto calore e le proprietà tecnica del nuovo materiale è sembrata subito azzeccata a questo lavoro. Questi nuovi ambiti per i fari saranno costruiti dal fornitore Varroc Lighting Systems e saranno posizionati sulla berlina Lincon Continental a seguito delle nuove modifiche previste nel 2020. Secondo il team Ford, l’alloggiamento per i fari è solo l’inizio della produzione di articoli per la componentistica delle auto fatte con questa ricetta Green e con altre allo studio, come è successo per la schiuma di soia usata nei sedili della Mustang e che oggi si trovano in molte altre macchine dell’azienda. La ricerca e lo sviluppo di ricette che siano compatibili con la circolarità dei componenti impiegati, hanno lo scopo di utilizzare i pezzi prodotti in alcune vetture della gamma Ford e Lincon, con particolare attenzione a quegli elementi dove, all’interno dell’auto, vengono sviluppate alte temperature. Parliamo di involucri per batterie, sotto cofani e coperture per il motore. Ovviamente la fragranza del caffè, sui componenti da installare, viene tolta nella fase di produzione del compound per evitare che la vostra macchina abbia il profumo di una tazza di caffè appena versato.Categoria: notizie - plastica - economia circolare - demolizioni - ricambi autoVedi maggiori informazioni sul riciclo
SCOPRI DI PIU'Come il mercato e la politica stanno cambiando il mercato del riciclo della plasticadi Marco ArezioIl mercato del riciclo della plastica, e le sue imprese, stanno soffrendo sotto il fuoco incrociato di amici, veri o presunti e di nemici dichiarati, con la conseguenza che un intero comparto dell’economia circolare rischia di sparire o ridursi notevolmente con tutte le implicazioni ambientali che possiamo immaginare. I riciclatori sono gente un po' controcorrente, hanno iniziato la loro attività raccogliendo la plastica che veniva gettata come rifiuto dalla società, visti un po' come un comparto sporco, povero e senza importanza. Hanno trasformato questo business da poveri in un mercato maturo economicamente, tecnologicamente ed ecologicamente virtuoso, molto prima che i nomi altisonanti della filiera produttiva se ne attribuisse i meriti. Hanno sopportato gli sterili attacchi dell’opinione pubblica, invaghita dei messaggi sull’abolizione della plastica che cavalcava la crociata contro il mare inquinato, come se fosse colpa della plastica e non di chi la disperde nell’ambiente. Hanno continuato a riciclare, dare lavoro, pagare le tasse e ripulire il pianeta, in silenzio, con ostinata convinzione che fossero sulla strada giusta, nonostante tutto. Ma quando le loro attività hanno assunto una dimensione importante nel mercato della plastica, dopo grandi investimenti, fatica, studi e progressi, si sono trovati difronte a ostacoli difficili da sormontare: • Il prezzo delle materie prime vergini è crollato ad un punto per cui alcune materie prime riciclate costano di più di quelle vergini, con la conseguenza del crollo della domanda. • A causa della riduzione di redditività del comparto del riciclo gli investimenti rimangono limitati e il rifiuto plastico sul mercato non trova sempre la giusta collocazione. • I costi per il ciclo del riciclo rimangono elevati, anche a causa dell’alto costo dell’energia, impedendo un maggiore ampliamento delle vendite della materia prima. • La competizione di prezzo con le materie prime vergini non imprime una spinta all’economia circolare nei paesi in via di sviluppo con conseguenze ambientali negative. • Una carenza politica diffusa a supporto del riciclo delle materie plastiche che impongano l’uso della plastica riciclata sempre più ampia nei prodotti in cui è possibile usarla. • Una mancanza di sostegni economici al comparto del riciclo che gli permetta di sostenersi e di compiere quell’opera sociale e ambientale di cui i cittadini hanno diritto. Ma risolvere questi problemi non esaurisce i compiti per arrivare all’applicazione della circolarità dei rifiuti plastici, se non si spinge ulteriormente sul riciclo chimico, per quella percentuale di plastica non riciclabile, sulla creazione di imballi al 100% riciclabili e sull’energia rinnovabile che deve essere a disposizione dell’industria a costi contenuti.Categoria: notizie - plastica - economia circolare - rifiuti Vedi maggiori informazioni sul riciclo
SCOPRI DI PIU'Granulo in rPET per Contatto Alimentare: la Società Arezio Marco in Inghilterradi Marco ArezioLa produzione di bottiglie in PET riciclato, che in massima parte occupano la maggior parte del mercato del packaging in PET insieme alle vaschette alimentari, hanno guadagnato velocemente marcato tra i consumatori finali, ci quali sono sempre alla ricerca di imballi che siano i più sostenibili possibili.I produttori di acque e bibite si stanno adeguando alle crescenti richieste di packaging riciclato, inserendo nelle loro produzione l’rPET, materia prima riciclata in granuli che è certificata per il contatto alimentare. In realtà, a fronte di un’enorme richiesta di materia prima riciclata, la necessità dei produttori di bottiglie di avere un fornitore di rPET food, che riassuma diverse caratteristiche tecnico-commerciali non è sempre facile. La società Italiana Arezio Marco è stata incaricata di valutare e proporre tre fornitori affidabili per l’inserimento della materia prima, rPET food, nella produzione di imballi per bevande in Inghilterra.Le valutazioni hanno riguardato: • Le certificazioni sul prodotto, per valutare se il granulo rispettasse i livelli qualitativi della produzione che fino ad ora era espressa solamente attraverso l’uso di PET vergine. • La certificazione sulla compatibilità alimentare per verificare la rispondenza alle normative EFSA • L’analisi del ciclo di produzione attraverso la valutazione della selezione per colore, la macinazione il lavaggio, la sanificazione e l’estrusione del prodotto. • Il controllo di qualità del granulo prodotto prima della consegna al cliente • Le disponibilità trimestrali per permettere programmi di approvvigionamento regolari Terminate queste valutazioni è stato seguito un programma di tests delle campionature consegnate al cliente, che sono passate attraverso le analisi di laboratorio per certificare l’allineamento dei dati dichiarati dal produttore di granulo e, successivamente, con una quantità di materia prima crescente, si sono effettuati tests di produzione su larga scala. Una volta approvati i prodotti e le compatibilità rispetto alle produzioni dei vari packaging, si sono iniziate le forniture della materia prima riciclata.Categoria: notizie - plastica - economia circolare - riciclo - rifiuti - PETVedi il prodotto finito
SCOPRI DI PIU'Come i produttori di polimeri vergini stanno disperdendo le competenze del settore delle materie plastiche riciclatedi Marco ArezioVi racconto una storia che ha dell’incredibile agli occhi degli addetti del settore del riciclo delle materie plastiche, per cercare di far capire come è cambiato il mondo e cosa ancora ci dobbiamo aspettare dal futuro. C’era un tempo in cui il granulo in HDPE proveniente dai flaconi della detergenza non era preso in considerazione come materia prima da chi li produceva, ed era facile sentirsi dire sempre la stessa litania: “io uso il vergine e mai impiegherò materiali riciclati per i flaconi nella mia azienda”. Certo, di anni ne sono passati e il mondo della rigenerazione, con grande impegno e dedizione, ha creato prodotti impensabili, solo poco tempo fa, sia dal punto di vista della pulizia del materiale, della resistenza che danno al flacone, della tenuta delle saldature, delle tipologie di colore che spaziano dai più delicati a quelli più scuri, che nel campo della semi trasparenza in presenza di liquidi. Ma la cosa che ha creato maggiore soddisfazione tra i produttori di polimero in HDPE rigenerato per il soffiaggio è la possibilità di produrre flaconi, fino a 5 litri, al 100%, senza usare il polimero vergine. Finalmente il settore aveva dato una risposta inequivocabile alle esigenze della società in termini di economia circolare. Ma nel frattempo, i produttori di polimero vergine e alcuni grandi nomi del packaging, che fino a due o tre anni fa’ non consideravano il polimero riciclato come degno di nota, sono stati travolti dal sentimento popolare verso l’economia circolare, senza compromessi. Si è così verificata una situazione che non avevano previsto, cioè che la gente chiedesse a gran voce un packaging contenente materiale riciclato e non vergine, così da rispettare le regole che vogliono la totale circolarità della materia. Alle richieste della nuova corrente “green” non avevano risposte pronte da dare, perché il loro prodotto, da materia prima di élite, era diventato un reietto, con la conseguenza di temere la diminuzione delle vendite. L’assoluta necessità di dover far capire alla gente che le loro aziende si sono votate all’economia circolare e che le aspettative dei consumatori, in termini ambientali, sono le loro aspettative, che le preoccupazioni della società per l’inquinamento da plastica, sono le loro preoccupazioni, che la necessità di ridurre la produzione di prodotti raffinati dal petrolio per l’opinione pubblica è essenziale, così lo è anche per loro. Quello che non è a tutti evidente è come si stiano muovendo per cercare di dare ciò che la gente chiede e per creare dal nulla, improvvisamente, un prodotto apparentemente “green” che soddisfi tutti. In primo luogo hanno puntato su compound, la cui struttura primaria è fatta da polimeri vergini, aggiungendo dell’HDPE rigenerato all’interno della miscela in modo che il loro prodotto, che definiscono “ecologico”, non si discosti troppo, in produzione, dai parametri standard di un polimero vergine. Il marketing ne ha elogiato le qualità in termini di sostenibilità e lo ha sta proponendo al mercato alla stregua di un materiale riciclato, ma di una qualità superiore. A questo punto, l’ultimo tassello era vendere il compound, che non si può definire riciclato e nemmeno circolare, ad un prezzo che non era quello di un riciclato, ma nemmeno di un vergine, ma imponendo al mercato un prezzo così alto che è diventato un’affare irrinunciabile. Ma per non rinunciare a questo grande business, i produttori avevano bisogno di assicurarsi grandi quantità di materia prima riciclata, da poter metterla sui prodotti vergini come il parmigiano sugli spaghetti. Quindi hanno iniziato a comprare aziende impegnate nel riciclo del l’HDPE, in modo da assicurarsi, in modo continuativo, la fonte del polimero da post consumo. Questa situazione ha portato a due cose alquanto discutibili: La prima vede un aumento della concentrazione della disponibilità di HDPE riciclato in poche mani, e la dispersione di un’ immensa conoscenza tecnica acquisita dai riciclatori negli anni, in quanto l’obbiettivo dei produttori di vergine non è quello di migliorare la qualità del prodotto riciclato, investendo nella filiera del riciclo, ma è quello di assicurarsi solo di averlo, per poter dichiarare il loro compound “green”. La seconda porterà alla perdita della consapevolezza dei molti traguardi tecnici raggiunti con l’HDPE riciclato da parte delle aziende più dinamiche nell’ambito del riciclo, facendo invece credere al mercato che il prodotto sostenibile sia quello che si ottiene mischiando il vergine e il rigenerato. Questa politica monopolista sta iniziando anche sull’LDPE con accordi recentissimi tra produttori di granuli riciclati e trasformatori di derivati del petrolio, con il chiaro sentore che ci sia poca considerazione della filiera del riciclo costruita negli anni con tanta fatica. Dal punto di vista tecnico si potrebbe persino dire che, in certi ambiti, il compound vergine+rigenerato potrebbe avere una valenza, sui flaconi o sulle taniche oltre i 5 litri o si può obbiettare che il passaggio alla produzione diffusa di flaconi piccoli, solo con la materia prima rigenerata, non sarebbe proponibile a causa della scarsità dell’input da post consumo. Ma l’economia circolare dovrebbe andare nella direzione di incrementare il riciclo della plastica nel mondo, che è tragicamente ferma sotto il 10% di quella prodotta, invece che spingere su prodotti che di “green” hanno ben poco.Categoria: notizie - plastica - economia circolare - HDPE - ricicloVedi maggiori informazioni sul riciclo
SCOPRI DI PIU'La densificazione dei rifiuti plastici destinati alla produzione di combustibilidi Marco ArezioQuando parliamo di economia circolare, parola molto di moda al giorno d’oggi, intendiamo la produzione di un bene, il suo uso, il suo riciclo a fine vita e la nuova produzione fatta con la materia prima del prodotto riciclato. In questo processo non sempre si riesce a rendere circolare, attraverso i comuni sistemi di riciclo meccanici, il 100% dei rifiuti che raccogliamo. Una parte di essi finiva e finisce in discarica, con tempi di decomposizione talmente lunghi da definirli eterni, con problemi di possibile inquinamento delle aree circostanti. Nel campo delle materie plastiche, quello che possiamo definire il rifiuto del rifiuto, può ancora essere recuperato attraverso la creazione di un prodotto adatto alla produzione di combustibile industriale destinato ad impianti come le cementerie, le acciaierie e altre produzioni energivore. L’argomento dell’utilizzo dei rifiuti urbani non riciclabili come combustibile non può essere più attuale di così, vista la situazione degli alti prezzi del petrolio e del gas, che stanno fortemente incidendo sui costi di produzione, sia delle attività industriali che nella produzione di energia elettrica. Impiegare i rifiuti urbani non riciclabili significa: • Ridurre l’uso delle fonti fossili • Ridurre i rifiuti che sarebbero destinati alle discariche • Ridurre i costi di produzione • Utilizzare carburanti a Km. 0 • Ridurre l’impronta carbonica del traffico delle materie prime industriali • Ridurre la dipendenza energetica dall’estero Il nord Europa, dove l’utilizzo di CSS e CDR per la produzione di energia elettrica e per l’alimentazione dei forni industriali è circa il 60-80% dei carburanti utilizzati, ci dimostra come le nuove tecnologie di filtrazione dell’aria rende il processo sicuro e conveniente. Ma come deve essere preparato il rifiuto per essere utilizzato come combustibile? Lo scarto dei rifiuti urbani è un mix eterogeneo, composto prevalentemente da plastiche miste, che sono, per forma, natura, densità e composizione, bisognose di un trattamento che le amalgami in modo regolare per poterle utilizzare come combustibile. Questa operazione può essere fatta attraverso l’uso di specifici densificatori, che trasformano quello che è un ammasso scomposto e variegato di rifiuti plastici in un prodotto dalla forma di un macinato grossolano. Lo scopo del densificatore non è solo quello di regolarizzare il rifiuto plastico misto, in pezzature che vanno da 25 a 60 mm., quindi facilmente utilizzabili in tutti i forni, ma anche quello di ridurne drasticamente la percentuale di umidità creando un comburente asciutto e prestante. Il desnsificatore è un impianto che viene utilizzato anche per amalgamare le plastiche flessibili e leggere durante le fasi di riciclo. Infatti per poter estrudere il rifiuto plastico con peso specifico basso, si tende ad agglomerare le parti tra loro creando delle pezzature che possano, attraverso il loro peso maggiore, essere gestite facilmente in un impianto di estrusione o di stampaggio. Categoria: notizie - plastica - economia circolare - riciclo - rifiuti - combustibili
SCOPRI DI PIU'La normativa dell'uso della plastica riciclata negli imballi alimentari, soprattutto per quanto riguarda il PET, sta favorendo un diffuso impiego sia nel settore del beverage che nelle vaschette alimentaridi Marco ArezioOttenuta la certificazione da parte dell'EFSA, i produttori stanno impiegando la plastica riciclata da post consumo negli imballi alimentari. Il dubbio che nasce da molte parti riguarda la certezza o meno della possibile cessione da parte della plastica riciclata, di sostanze nocive che possono migrare all'uomo, in quanto i controlli vengono fatti non sugli alimenti contenuti negli imballi ma sui processi produttivi.L'articolo di seguito descrive il problema attraverso l'intervista fatta a Floriana Cimmarusti è Segretario Generale di Safe Food Advocacy Europe (SAFE).Fino ad ora, le aziende non hanno utilizzato materie plastiche riciclate negli imballaggi per alimenti a causa di problemi di sicurezza. Ma i tempi stanno cambiando e sembrano pronte a riconsiderare la loro posizione: la UE sta per autorizzare più di 100 processi di riciclaggio “sicuri” per le applicazioni di contatto alimentare. Floriana Cimmarusti è Segretario Generale di Safe Food Advocacy Europe (SAFE), un’organizzazione senza scopo di lucro con sede a Bruxelles: ha parlato dei rischi di tossicità negli imballaggi in plastica riciclata. Proponiamo di seguito, la traduzione dell‘intervista che ha rilasciato al magazine di informazione Euractiv. “Il rischio di sostanze tossiche che contaminano il cibo esiste già con la plastica vergine, quindi sarà solo più alto con imballaggi riciclati provenienti da vecchie materie plastiche che potrebbero contenere sostanze chimiche vietate” afferma Floriana Cimmarusti. Aziende come Tetra Pak non hanno mai utilizzato plastica riciclata negli imballaggi per alimenti a causa di problemi di sicurezza. Ora sembrano pronte a riconsiderare la loro posizione prima della decisione dell’UE di autorizzare più di 100 processi di riciclaggio “sicuri” per le applicazioni di contatto alimentare. Allora, cosa è cambiato? I processi di riciclaggio ora diventano più sicuri?No, è solo che quei processi di riciclaggio saranno ora formalmente autorizzati per l’uso in applicazioni di contatto alimentare. Pertanto Tetra Pak e altre società saranno legalmente protette se utilizzano materie plastiche riciclate che sono state prodotte utilizzando tali processi autorizzati. L’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA) ha già espresso un parere favorevole su tali processi di riciclaggio, pertanto non appena la Commissione Europea li approverà mediante la procedura di comitatologia, diventerà legge. Dal punto di vista legale, le aziende di imballaggio alimentare saranno quindi in grado di utilizzare tutta la plastica riciclata che desiderano. E nel caso in cui qualcosa vada storto, saranno protetti dalla legislazione dell’UE contro potenziali contenziosi da parte dei gruppi di consumatori. Senza questo tipo di autorizzazione, sarebbe molto rischioso per le aziende utilizzare materie plastiche riciclate. Le aziende di imballaggio alimentare non hanno interesse a vedere uno scandalo scoppiare sulla sicurezza dei loro prodotti. Quindi devono avere fiducia che almeno alcuni di questi processi siano davvero sicuri. Sono sicura che credono che il sistema sia sicuro. Ma non appena l’UE approverà il processo, non si troveranno ad affrontare alcun rischio legale, che è un punto chiave per loro. La plastica riciclata può provenire da luoghi molto diversi e la contaminazione può avvenire molto facilmente, ad esempio quando le persone mescolano la spazzatura che entra nei loro contenitori per il riciclo. Una procedura standard approvata a livello UE può effettivamente garantire che non si verifichi alcuna contaminazione?Il PET è l’unico tipo di plastica più facile da pulire nel processo di riciclaggio, e quindi considerato il più sicuro dopo il riciclaggio. Ma ci sarà sempre un rischio. Molti tipi di plastica assorbono i prodotti chimici durante la gestione dei rifiuti ed è molto difficile durante il riciclaggio eliminarli. Ad esempio, è una sfida introdurre sistemi di smistamento che separino i materiali a contatto con gli alimenti da materie plastiche non alimentari. Il rischio di sostanze tossiche che contaminano il cibo è già presente con la plastica vergine, quindi sarà solo più alto con materie plastiche riciclate di vecchi materiali plastici che potrebbero contenere sostanze chimiche estremamente tossiche e vietate. Ad esempio, i livelli di oligomeri (sottoprodotti involontari di plastica che migrano negli alimenti) sono più alti nella plastica riciclata che nella plastica vergine. Alcuni test hanno anche dimostrato che i livelli di migrazione negli oli vegetali sono più alti con la plastica riciclata rispetto alla plastica vergine. Inoltre, un sacco di contaminanti non identificati sono stati trovati in plastica riciclata che non troviamo in plastica vergine. Questi contaminanti provengono dalla cross- contamination durante la gestione dei rifiuti. Infine, un sacco di additivi si trovano in PET riciclato che sono assenti nelle materie plastiche vergini o presenti in quantità molto inferiori, e tali additivi hanno dimostrato di avere tassi di migrazione più elevati nelle materie plastiche riciclate rispetto alle materie plastiche vergini. Quindi, il rischio di contaminazione con plastica riciclata è chiaramente superiore a quello della plastica vergine. La Commissione europea si sta preparando ad approvare 140 nuovi processi di riciclaggio da utilizzare in applicazioni di contatto alimentare come l’imballaggio. L’EFSA ha già espresso un parere favorevole a tutti tranne 3 di essi, in cui la valutazione è stata inconcludente. Che cosa sai di questi 140 processi di riciclaggio? Sono davvero al sicuro?Non penso che la procedura di valutazione del rischio utilizzata dall’EFSA possa darci piena certezza che le materie plastiche riciclate siano sicure. Come ho detto, molti tipi di plastica assorbono sostanze chimiche durante l’uso e la gestione dei rifiuti, che sono difficili da rimuovere durante il riciclaggio. Inoltre, è importante ricordare che la valutazione del rischio dell’EFSA si concentra sull’avvio del processo di riciclaggio, non sul prodotto finito che ne esce alla fine. Quindi non esiste un’analisi seria delle sostanze chimiche alla fine di ogni processo di riciclaggio. E questo dato è attualmente carente. Inoltre, l’esposizione cumulativa non viene presa in considerazione dall’EFSA quando le esposizioni sono stimate. Ora, la maggior parte di questi processi di riciclaggio riguarda la plastica PET, che è una delle poche eccezioni che consente una pulizia piuttosto approfondita durante il riciclaggio. Tuttavia, anche nel PET, i polimeri in plastica spesso si degradano durante l’uso e il riciclaggio. E questo può provocare oligomeri che possono migrare nel cibo. I ritardanti di fiamma bromurati sono stati trovati regolarmente in articoli di plastica destinati ai materiali a contatto con alimenti, il che indica chiaramente che nel processo sono stati utilizzati rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE). E questo chiaramente non è permesso. Quindi è necessaria una migliore applicazione per migliorare questa situazione. C’è stata una sufficiente quantità di controllo su questi 140 processi di riciclaggio approvati dall’EFSA?No, a causa della discutibile procedura di valutazione del rischio dell’EFSA. Non dobbiamo dimenticare che alcuni dei dati presentati all’EFSA dalle società ricorrenti sono segreti commerciali coperti da riservatezza, come per il glifosato. Nel caso del glifosato, una parte dei dati, quella importante, è stata oscurata dal testo ufficiale. Ho paura che lo stesso accada con quei processi di riciclaggio. Quindi non possiamo leggere tutti i dati. E non esiste una revisione scientifica dei dati presentati da un laboratorio indipendente. Chiaramente, non c’è abbastanza ricerca per dirci se la plastica riciclata è pericolosa o meno per i consumatori. Quindi penso che sia un po’ troppo veloce adottare 140 metodologie in così poco tempo. Semplicemente non sappiamo quante sostanze chimiche ci saranno ancora alla fine del processo di riciclaggio e quale tipo di migrazione avverrà nel cibo. In un mondo ideale, come funzionerebbe un processo di riciclaggio sicuro per le applicazioni di contatto alimentare?Un centro di ricerca indipendente dovrebbe condurre la valutazione del rischio. E i dati richiesti per questa valutazione dovrebbero essere raccolti da un’organizzazione indipendente, non dal settore che richiede l’approvazione del processo di riciclaggio. Non dovremmo semplicemente fidarci della ricerca svolta dalle aziende, che è ciò che sta accadendo attualmente. Crediamo che non ci dovrebbe essere alcun compromesso tra sicurezza del consumatore e profitto economico. La Commissione vuole utilizzare una procedura di approvazione accelerata per quei 140 processi di riciclaggio, il che significa che il Parlamento e il Consiglio non avranno l’opportunità di controllare le decisioni prima di essere adottate. Come ti fa sentire?Non ci sentiamo a nostro agio per questo. Il Parlamento Europeo dovrebbe essere coinvolto in modo che la salute dei consumatori possa essere adeguatamente protetta. È davvero un peccato che il Parlamento non possa dire nulla al riguardo. La plastica è leggera ed economica, il che la rende un’opzione conveniente per il confezionamento degli alimenti. Quindi quali sono le alternative verdi?Un’alternativa potrebbe essere il vetro perché non provoca la migrazione di sostanze chimiche negli alimenti. Con alluminio o plastica, c’è. Certo, non sarebbe pratico imballare tutto in vetro – è pesante, può rompersi, ecc. E il problema con le alternative a base biologica è che non sono abbastanza forti. Ma ci sono alcune alternative. Stiamo facendo una campagna con ristoranti e bar per incoraggiarli a utilizzare alternative alle tazze di plastica monouso per caffè e tè, ad esempio il bambù. Quando metti qualcosa di caldo nella plastica, c’è più migrazione di sostanze chimiche, quindi la campagna aumenta la consapevolezza sulle alternative. È inoltre possibile utilizzare contenitori riutilizzabili in acciaio o provare a vendere il maggior numero possibile di prodotti plastic free o sfusi. Sempre più negozi vendono prodotti come pasta, noci, dolci o riso in pezzi che i clienti mettono in sacchetti di cotone che portano a fare la spesa.Categoria: notizie - plastica - economia circolare - rifiuti - certificazione food Articoli CorrelatiOsservatorio Veganoc
SCOPRI DI PIU'Tra Crisi Economica e Sostenibilità: Le Difficoltà del Settore del Riciclo in Europadi Marco ArezioNegli ultimi anni, l'industria europea del riciclo della plastica ha attraversato una fase di profonda trasformazione, incentivata da iniziative ecologiche e regolamenti volti a promuovere l'uso di materiali riciclati. Tuttavia, alla fine del 2023, il settore si trova in una situazione critica, scosso dalla recessione economica che ha evidenziato problematiche strutturali e operative latenti. La carenza di domanda per i materiali riciclati prodotti internamente, la riduzione degli investimenti nel comparto del riciclo e l'aumento delle importazioni da paesi terzi costituiscono una minaccia significativa per la stabilità del settore. Questi fattori hanno alimentato il timore di una crisi prolungata, con potenziali conseguenze devastanti per l'industria. Declino della Domanda Interna e Riduzione degli Investimenti Nel 2024, erano già evidenti segnali di debolezza nel mercato interno. Le aziende di riciclo europee, tradizionalmente sostenute dalla domanda di polimeri riciclati proveniente da settori come l'imballaggio, l'automotive e l'edilizia, hanno registrato un declino della domanda, determinato da una riduzione dei consumi e dall'incertezza economica. Questo calo è stato accompagnato da una contrazione degli investimenti, limitando la capacità delle imprese di rimanere competitive e conformarsi alle nuove normative europee riguardanti il contenuto di materiale riciclato. La scarsità di finanziamenti per innovazione e aggiornamento degli impianti ha aggravato ulteriormente la crisi, rendendo difficile per molte aziende mantenere l'efficienza produttiva e migliorare la qualità dei materiali riciclati. La mancanza di capacità di investimento rappresenta una problematica per il settore, esponendo molte imprese al rischio di chiusura definitiva. Già nel 2023 e nei primi mesi del 2024, diverse aziende hanno cessato le attività, sottolineando la necessità urgente di un supporto mirato per prevenire ulteriori fallimenti. Pressione dalle Importazioni Extra UE Un'altra minaccia considerevole per l'industria del riciclo europea è rappresentata dall'incremento delle importazioni di polimeri riciclati provenienti da paesi extra UE. Questi materiali, spesso più economici rispetto a quelli prodotti in Europa, non rispettano necessariamente gli standard qualitativi e ambientali previsti dalle normative europee. L'assenza di meccanismi rigorosi di verifica e tracciabilità del contenuto riciclato genera incertezza sull'effettiva sostenibilità di questi prodotti. L'invasione di polimeri importati a basso costo ha un impatto diretto sulla competitività dei riciclatori europei, che faticano a competere con prezzi che non riflettono il reale costo ambientale e sociale della produzione. Questo fenomeno mina gli sforzi dell'industria europea nel migliorare la sostenibilità e la trasparenza del riciclo, mettendo a repentaglio anche la fiducia dei consumatori nei confronti dei materiali riciclati, con ripercussioni negative sulla domanda di prodotti conformi agli standard europei. Necessità di Interventi Regolatori e Azioni Urgenti Alla luce di questi problemi, le associazioni di categoria dei riciclatori europei hanno rivolto un appello alle istituzioni dell'UE per richiedere interventi immediati. Tra le misure proposte, si sottolinea l'importanza di limitare l'ingresso nel mercato europeo di polimeri riciclati che non rispettano i requisiti di qualità e trasparenza. Questo tipo di protezione è ritenuto essenziale per evitare che materiali di dubbia provenienza possano saturare il mercato e vanificare gli sforzi verso una maggiore sostenibilità. Un altro elemento chiave per garantire la competitività del settore è la creazione di un vero mercato unico circolare per i rifiuti plastici e il riciclo, in cui le regole siano applicate uniformemente e garantiscano condizioni di parità tra le imprese. La recente relazione sulla competitività dell'UE ha evidenziato come la parità di condizioni sia cruciale per una transizione verde sostenibile. L'attuazione efficace delle misure legislative in tempi rapidi è dunque fondamentale per assicurare la sopravvivenza delle aziende europee e promuovere un'economia realmente circolare. Prospettive per il Futuro del Riciclo della Plastica Nonostante il contesto attuale sia segnato da difficoltà significative, il settore europeo del riciclo della plastica ha potenzialità di ripresa se adeguatamente supportato da misure mirate e da un quadro regolamentare chiaro e rigoroso. La transizione verso un'economia circolare richiede un impegno costante da parte delle imprese, delle istituzioni e dei consumatori. Solo creando un contesto favorevole all'innovazione, alla qualità e alla trasparenza sarà possibile valorizzare e rafforzare la competitività del settore. L'industria del riciclo della plastica in Europa si trova a un bivio. È necessario adottare un approccio integrato e coordinato per affrontare le sfide e garantire un futuro più sostenibile. La posta in gioco non riguarda solo la competitività delle imprese, ma anche la sostenibilità ambientale e il contributo che l'Europa può offrire per costruire un futuro più responsabile e rispettoso delle risorse del pianeta.© Riproduzione Vietata
SCOPRI DI PIU'Globalizzazione del Marcato della Plastica Riciclata: Il Dado è Tratto (Alea iacta est)di Marco ArezioC’era bisogno di scomodare Giulio Cesare per dare l’idea che non c’è un momento più propizio come questo per agire? Forse si.Non è solo la Plastic Tax che spinge l’Europa a riconsiderare i polimeri riciclati, ma una serie di movimenti dal basso in cui i consumatori, preoccupati dalle condizioni ambientali del pianeta, richiedono produzioni più sostenibili anche nel mondo della plastica. Anche molti altri paesi, fuori dal confine Europeo, stanno adottando politiche restrittive per disincentivare l’uso della plastica vergine nelle produzioni massive, con lo scopo di aumentare il riciclo e diminuire i rifiuti plastici. La società S&P Global Platts Analytics prevede che la plastica riciclata, prodotta attraverso il sistema di riciclo meccanico, sostituirà oltre 1,7 milioni di tonnellate di polimeri plastici vergini entro il 2030, rispetto alle 688.000 tonnellate del 2020. Come sostituire la plastica vergine con quella riciclata a livello globale C’è ancora molta diffidenza sui polimeri plastici riciclati, specialmente nei paesi meno industrializzati, dove troppo spesso l’acquisto di questa materia prima è visto come un affare economico, volto a ridurre il costo di produzione. Questa richiesta di realizzare un’importante differenza di prezzo, rispetto a quella vergine, diventa per alcuni acquirenti l’unico metro di valutazione per l’impiego di un polimero riciclato. Ma come abbiamo visto nell’articolo pubblicato nel portale Arezio, anno dopo anno il prezzo dei polimeri riciclati si sposteranno verso il prezzo di quelli vergini e, in molti casi lo supereranno, questo per ragioni di carattere economico, ambientale e industriale. La globalizzazione del marcato dei polimeri riciclati deve passare verso una standardizzazione dei processi produttivi, in cui la filiera di trasformazione offra a tutti i clienti e in tutti i continenti dei processi di trattamento del rifiuto plastico comparabili dal punto di vista qualitativo. Oggi, in molte parti del mondo, la produzione di polimeri riciclati è un’attività localizzata dove non vengono sempre espressi valori di qualità, ma principalmente la necessità più o meno impellente del riuso del rifiuto in entrata. Bisogna acquisire la consapevolezza che l’utilizzo dei polimeri riciclati deve essere prioritario rispetto a quelli vergini, indipendentemente dal loro costo, in quanto il risparmio delle risorse del pianeta e la riduzione dei rifiuti che vengono prodotti giornalmente sono di gran lunga il fattore principale. La pressione dei governi Come abbiamo visto molti stati stanno applicando legislazioni disincentivanti all’uso della plastica vergine, attraverso una serie di tasse o imposizioni di utilizzo nelle miscele di percentuali variabili di plastica riciclata. In Gran Bretagna, per esempio, la produzione di un articolo che non contenga il 30% di plastica riciclata, per i prodotti rientranti in alcune categorie, subisce una tassa di 200 GBP/Ton, rendendo meno vantaggioso il costo finale del prodotto fatto solo con plastica vergine. Queste normative devono, da una parte disincentivare l’acquisto non deferibile della plastica vergine ma, nello stesso tempo, devono tendere, non solo ad aumentare la quota di produzione dei polimeri riciclati a livello mondiale, in modo da compensare la diminuzione dell’uso del vergine, ma devono anche portare a una filiera produttiva più uniforme per creare similitudini nei polimeri riciclati esportabili. Queste attività legislative stanno aumentando la richiesta di plastica riciclata che spesso, come in Europa, non corrisponde all’aumento dei volumi offerti. Principio di standardizzazione dei polimeri riciclati Quando si acquista un Polimero vergine con una specifica caratteristica da un fornitore è possibile, se le condizioni di mercato lo rendessero necessario, acquistarne uno molto simile prodotto da un altro fornitore, senza avere grandi differenze sui valori tecnici o di colore. Nel campo dei polimeri riciclati, non sempre questa alternanza esiste, in quanto ci possono essere delle differenze che potrebbero rendere un elemento diverso da un altro. Vediamo come: • Differenti fonti di approvvigionamento • Differente ciclo di vita del prodotto da riciclare • Differente di sostanze contenute nel prodotto se è un imballo • Differenti tecniche e metodi di riciclo nella filiera • Differenti macchinari utilizzati • Differente qualità della filiera del riciclo • Differenti mix di input per la creazione delle ricette • Differenti tecniche per il controllo di qualità dei polimeri Queste sono solo alcune alternative che possono implicare ad un polimero riciclato di essere differente da un suo simile. La standardizzazione non è sempre facile, in quanto il materiale in entrata può avere caratteristiche, a volte, più vicino al rifiuto che alla materia prima, ma lo sforzo comune di caratterizzare sempre meglio i polimeri finali permetterà una maggiore diffusione degli stessi. Nel mercato Europeo il lavoro di standardizzazione di alcuni polimeri come rPET o il PVC ha portato buoni risultati, conferendo a queste due famiglie regole qualitative, all’interno delle quali il prodotto è normato e di più facile diffusione nel mondo, potendo ripetere, lotto per lotto gli stessi valori. Anche l’rPET riciclato negli Stati Uniti sta diventando più uniforme e mostra riduzioni dei livelli di contaminanti. Questa spinta è guidata dalla California, dove dal 2022 si applicherà un contenuto minimo di plastica riciclata nelle bottiglie in PET, a partire dal 15%. Ma le produzioni di macinati trasparenti rPET della California sono in gran parte dominate da materiali con un livello di contaminanti in PVC fino a 100 ppm, questo significa che il settore dell’rPET statunitense è orientato verso mercati finali di qualità inferiore, come i mercati delle fibre e dei tessuti. I grandi marchi internazionali delle bibite stanno installando produzione di rPET nei paesi dove trovano fonti di approvvigionamento abbondanti e continuative, creando una spinta alla standardizzazione del polimero nel mondo. L’inquinamento globale procurato della plastica abbandonata a causa di comportamenti scellerati dell’uomo può essere risolto, dando valore al prodotto da riciclare in tutto il modo.Categoria: notizie - plastica - economia circolare - rifiuti - business - internazionalizzazioneVedi maggiori informazioni sull'argomento
SCOPRI DI PIU'Polimeri nel campo dell’ecologiadi Marco ArezioCi sono i campi di applicazione tradizionali dei polimeri plastici che tutti conosciamo, permettendoci di usare i prodotti plastici quotidiani, poi ci sono campi di utilizzo davvero impensabili. Secondo le informazioni dell’Universitàdi Iztapalapa in Messico, un team di ricercatori universitari, capeggiato dalla Dott.ssa Judith Cardoso, sta studiando gli impieghi di vari polimeri e biopolimeri, per migliorare le performance di alcune operazioni di carattere ecologico. Due di questi progetti riguardano la pulizia dei pozzi profondi e il trattamento dell’acqua di scarto proveniente dai lavaggi delle auto che sono notoriamente contaminate. Nel caso dell’autolavaggio si trattava di poter gestire i materiali di scarto, di origine biologica e trasportati dall’acqua, attraverso il legame con un polimero, creando dall’unione, un elemento pesante che scendesse sul fondo delle vasche di raccolta, consentendo così di pulire l’acqua. Questo nuovo composto può essere definito un fango che ha caratteristiche tali da poter essere utilizzato per il compostaggio. Nel caso della purificazione dei pozzi di acqua dai metalli pesanti, quali il Cromo 6 e l’arsenico, il gruppo di ricerca, in collaborazione con il National Polytechnic Istitute (IPN), sta sperimentando l’impiego di resine a base di polimeri. Questo studio vuole trovare una soluzione per l’estrazione dell’acqua in assenza dei due inquinanti, che sono facilmente presenti nei pozzi in aree semi-aride. Il processo prevede inoltre l’impiego della tecnologia di elettrodeionizzazione in una cella elettrochimica. Un altro studio su cui si stanno concentrando i ricercatori è quello di riuscire ad immagazzinare, nelle resine riciclate, una certa quantità di CO2 con lo scopo di produrre un abbattimento di quella circolante e, inoltre, creare resine con un maggior valore aggiunto. Infatti, se si riuscisse a trovare un metodo industriale di immagazzinamento della CO2 nelle resine riciclate, si creerebbero delle basi polimeriche che si potrebbero trasformare, secondo i ricercatori, in etanolo metanolo e biocarburanti od altri composti da utilizzare come materie prime.Categoria: notizie - polimeri - economia circolare - riciclo - rifiuti - ecologia
SCOPRI DI PIU'Prezzi del PVC: Quali Aspettative per il Secondo e Terzo Trimestre 2021?di Marco ArezioLa tendenza ad un aumento sostenuto dei prezzi del PVC si è notato con chiarezza nel quarto trimestre 2020, a causa di una serie di fattori concatenanti, che ha portato un differenziale medio rispetto all’etilene di 243,5 € /tonnellata nell'Europa nord-occidentale.Se consideriamo i prezzi spot del PVC possiamo notare un picco di costo intorno alla settimana 6 del 2021 mai registrato dai dati ICIS dal 2003. Le contrattazioni reali hanno fatto segnare prezzi, sul mercato Turco per esempio, intorno a 1600 $/tonnellata verso all’ultima settimana di Gennaio 2021, con valori medi delle esportazioni internazionali, considerando la collocazione della merce FOB, che ha subito un incremento del 69%, pari a circa 900 $/tonnellata, rispetto al quinquennio 2015-2020. Quali sono i motivi di questi incrementi di prezzo? In Europa e negli Stati Uniti si è assistito ad una serie di dichiarazioni di fermo degli impianti per causa di forza maggiore, con la concomitante ripresa del settore delle costruzioni a livello globale. Inoltre si è verificato una diminuzione delle quantità di plastificanti disponibili, necessari per la produzione delle ricette di PVC. In Europa le fermate per causa di forza maggiore hanno interessato circa 3 milioni di tonnellate di capacità produttive, alle quali si aggiungono anche i produttori statunitensi Westlake e Formosa. Cosa succederà nel secondo e terzo trimestre 2021? Le aspettative di un mantenimento dei prezzi attuali è supportata dal fatto che ci sono in arrivo nuove riduzioni delle produzioni, per esempio di KEM ONE, Vynova e INOVYN, le quali fanno pensare ad una stabilità dei prezzi sui livelli del primo trimestre 2021. La richiesta di PVC nel settore delle costruzioni dovrebbe incrementare ulteriormente a seguito delle nuove spinte al risparmio energetico su cui si stanno concentrando molti governi. Spinte che si tradurranno in un efficientamento, per esempio, delle abitazioni attraverso un uso maggiore di nuovi infissi con maggiori valenze termiche. Si ipotizza che nel 2021 la domanda globale del settore edile dovrebbe crescere del 3,5% rispetto al 2020, anche spinta da un nuovo stile di vita imposto dalla pandemia, in cui la gente vive più in casa e, di conseguenza, investirà più nella manutenzione edilizia delle proprie abitazioni sfruttando gli incentivi degli stati. Le aspettative per il terzo trimestre 2021 vedrebbero una leggera flessione dei prezzi del PVC, a causa di un assestamento globale delle forniture, delle scorte e degli ordini, pur rimanendo i prezzi decisamente più alti rispetto al 2020. Categoria: notizie - plastica - economia circolare - PVC
SCOPRI DI PIU'La Caotica Situazione del Polipropilene in Turchia: la Tempesta Perfettadi Marco ArezioUn periodo così se lo ricorderanno a lungo, non solo il sistema industriale Turco che utilizza il polipropilene ma, a cascata, anche gli acquirenti dei prodotti finiti che le fabbriche Turche riforniscono e il sistema finanziario che è sotto pressione.Gli aumenti spropositati del polipropilene in Turchia è la conseguenza di una serie di situazioni eccezionali che si sono verificate sui mercati mondiali delle materie prime vergini, manifestandosi come una tempesta perfetta. E come tutte le tempeste improvvise, la situazione ha colto di sorpresa anche i buyers Turchi, creando una serie di difficoltà sull’approvvigionamento della materia prima, sui livelli di prezzi insostenibili e sui bilanci delle aziende. La concatenazione degli eventi si è abbattuta su analisi previsionali di disponibilità di PP regolare, pur con una previsione di un rialzo dei prezzi che sembrava sostenibile e ciclico. Le aspettative di un rialzo graduale ruotavano intorno alla considerazione di un periodo estremamente lungo di prezzi sotto la media, di una ipotesi di ripresa internazionale e dell’avvicinarsi del capodanno Cinese che avrebbe liberato maggiori disponibilità sul mercato. In realtà queste tesi si sono rilevate sbagliate in merito all’eccezionalità degli eventi che sono capitati: • I problemi metereologici negli USA con un crollo delle produzioni di PP • Lo spostamento di parti delle scorte mondiali dei produttori verso mercati più profittevoli come gli USA e l’Europa • La scarsità di circolazione dei containers che ha impennato le quotazioni • Il concatenamento di fermi produttivi agli impianti, in parte già programmati come Total, Ineos, LyondellBasell, ExxonMobil, Borealis e Unipetrol. Scorte ridotte anche nel Medio Oriente, area di normale approvvigionamento per la Turchia • La riduzione delle festività del capodanno cinese a causa del Covid con una ripresa dei consumi di di polimeri prima del previsto • Il rallentamento delle operazioni doganali causa Covid. Questi eventi concatenati hanno portato in Turchia un livello dei prezzi elevatissimi, con una scarsità di disponibilità che ha messo in crisi i produttori locali. Gli operatori dichiarano aumenti per il PPH di 350-500 $ a tonnellata, da una settimana all’altra e i buyers non sanno come trasmettere in modo costruttivo al settore commerciale gli aumenti dei costi dei prodotti. La crescita dei prezzi in percentuale ha raggiunto il 49% per il PP Raffia e il 32% il PPBC per iniezione, rispetto a Febbraio 2021, creando il caos soprattutto nelle aziende che lavorano con contratti di forniture per clienti che assemblano i semilavorati prodotti in Turchia. Non sono solo i margini di contribuzione sulle commesse a non quadrare più, ma anche l’impossibilità di produrre per la mancanza, anche a qualsiasi prezzo, della materia prima. Nemmeno l’aumento della lira turca rispetto al dollaro è stata di aiuto in questa situazione paradossale, che sta mettendo in ginocchio il comparto delle materie plastiche avendo un peso nel paese di cruciale importanza. Ci si interroga su quando questa situazione possa risolversi, ma gli analisti sono prudenti nello stabilire delle date, in quanto il fenomeno è complesso e la risoluzione delle problematiche passa dall’evolversi in modo positivo di tutti i fattori sopra descritti.Categoria: notizie - plastica - economia circolare - rifiuti - PP - Turchia Maggiori informazioni sulle regole di navigazione internazionali
SCOPRI DI PIU'Il mondo, nel 2020, ha attraversato una situazione di generale difficoltà umana, economica e sociale con ricadute pesanti per tutti noidi Marco ArezioLe ripetute restrizioni alle libertà personali dovute al Covid stanno cambiando il nostro approccio anche nel mondo degli affari con le limitazioni dei contatti umani e l’uso massiccio delle tecnologie di comunicazione internet. Questo ha portato vantaggi e svantaggi, ma sicuramente non vi erano possibilità diverse per continuare a lavorare e a preservare le aziende e il lavoro. Nel mondo dell’economia circolare, attività di cui ci occupiamo, il settore della plastica riciclata ha pesantemente risentito della caduta delle quotazioni petrolifere, con la conseguenza di comprimere i prezzi delle materie prime riciclate ad un punto pericoloso per la sostenibilità finanziaria delle aziende. L’annullamento del divario, in molti casi, tra il prezzo delle materie prime vergini e quelle riciclate, ha comportato, in alcuni settori non legati al food o alla detergenza, una caduta degli ordinativi delle materie prime riciclate rispetto al passato. Le aspettative al rialzo dei prezzi delle materie prime vergini, non sono ben chiare, in quanto, in un quadro macroeconomico, la crisi planetaria ha ridotto in modo sostanziale il consumo di carburanti (aerei, macchine, navi, camion, industrie) favorendo l’incremento di produzione delle materie plastiche vergini a prezzi molto compressi. Inoltre, in una situazione come quella descritta, paesi in cui il problema del riciclo non è così sentito, la mancanza di un divario di prezzo sostanziale tra la materia prima vergine e quella rigenerata, ha comportato uno spostamento degli acquisti verso le materie prime vergini con la perdita di interi mercati del comparto delle materie prime riciclate. Ma il 2020 non è però passato invano, ci sono stati visibili progressi tecnologici che fanno ben sperare per il prossimo anno in un nuovo corso per le plastiche da post consumo. La ricerca ha portato a buoni traguardi sullo sviluppo dell’uprecycling, che ha l’obbiettivo di incrementare la qualità e l’utilizzo delle plastiche da post consumo, in settori e su prodotti che fino a poco tempo fa non erano producibili con queste tipologie di plastiche da riciclo. Selezionatori, lavaggi, estrusori, cambiafiltri, degasaggi e impianti per controllo analitico degli odori hanno portato una ventata di qualità nella filiera del riciclo, migliorandone in modo sostanziale la materia prima. Ed è proprio sul controllo degli odori che si giocherà la battaglia per incrementare l’utilizzo delle plastiche da post consumo in settori che ancora oggi non le usano. Se fino a ieri la definizione di un disturbo legato all’odore era, non solo empirica, ma soggettiva, in quanto veniva fatta attraverso la sensazione percepita dal naso umano, oggi, attraverso lo strumento da laboratorio che esegue un’analisi chimica dei volatili prodotti dai campioni, niente sarà più soggettivo e incerto. Chi utilizza questo strumento, chiamato naso elettronico in maniera riduttiva, crea una patente certificata dell’odore della propria materia prima o prodotto finale, i cui valori, analitici e incontrovertibili, non lasciano adito a discussioni. Chi compra e chi vende materia prima riciclata o prodotti fatti dalla plastica da post consumo ha oggi la possibilità di certificare i livelli dei prodotti contenuti che generano odore. I motivi per vedere con un certo cauto ottimismo il 2021 nel settore della plastica riciclata da post consumo credo che ci siano, quindi il regalo che ci possiamo fare è un atteggiamento propositivo che ci accompagni a migliorare la nostra vita, il nostro lavoro e l’ambiente in cui viviamo.Categoria: notizie - plastica - economia circolare Vedi maggiori informazioni sulle materie plastiche
SCOPRI DI PIU'L’economia circolare che cresce in molti paesi nel mondo, i prezzi del petrolio, la concorrenza dei polimeri verginidi Marco ArezioLa raccolta differenziata ci restituiva, dopo la trasformazione, una materia prima per la produzione di granuli, macinati e densificati (polimeri post consumo) adatti alla produzione di prodotti plastici, consentendoci di chiudere il cerchio dell’economia circolare. Ora il mondo sta cambiando e dobbiamo ripensare ad un modello produttivo e distributivo che non consideri più la Cina come mercato prevalente e che possa trovare una soluzione verso la competizione con i prezzi delle materie prime vergini. Un tempo c’era la Cina, che fagocitava tutto lo scarto di basso valore delle materie prime in balle provenienti dalla raccolta differenziata mondiale, lasciando, a noi occidentali, l’illusione che avessimo fatto tutto il dovuto per creare un circolo virtuoso sui rifiuti. Raccolta, selezione, impiego dei materiali da post consumo più nobili attraverso la produzione di polimeri, vendita in Cina dello scarto non utilizzato e distribuzione dei polimeri “vendibili” nei mercati remunerativi: questo era il lavoro delle economie del riciclo occidentali. Fino al 2017 la nostra economia circolare ruotava intorno a questo paradigma e ci siamo illusi di poter creare un business verde e remunerativo con questo sistema. Ma quando la Cina ha deciso di non acquistare più le balle di rifiuti plastici, i riciclatori si sono divisi in due categorie: Chi raccoglieva dal mercato il rifiuto post consumo e post industriale, vendendolo come materia prima non lavorata, ha subito compreso la pericolosità commerciale e le conseguenze che questo stop poteva creare nel futuro. Infatti in pochi mesi i mercati occidentali si sono riempiti di rifiuti plastici di scarsa qualità che non avevano più una immediata collocazione.Chi si occupava della lavorazione dei rifiuti da post consumo, acquistando prevalentemente alle aste nazionali il rifiuto sotto forma di plastica mista che proveniva dalle nostre città. Approfittando del blocco delle importazioni Cinesi dei rifiuti plastici hanno iniziato a vendere lo stesso prodotto sotto forma di granulo. Tutti, chi più chi meno, hanno approfittato delle opportunità che questo mercato offriva, sotto forma di importanti contratti in termini di tonnellate vendute mensilmente e pagamenti in anticipo, facendo la felicità degli imprenditori. Pochi hanno pensato che la festa potesse finire e, quindi, non si sono posti il problema di investire per qualificare il prodotto, in quanto oggettivamente, sia l’LDPE, che il PP o PP/PE, miscele composte dagli scarti del post consumo, sono molto sensibili e instabili nella qualità. Inoltre, in alcuni casi, il mercato cinese ricercava granuli di valore molto basso, con l’obbiettivo di comprimere il più possibile il prezzo, in modo da poter dare spazio a tutti gli intermediari commerciali. Una parte dello scarto delle lavorazioni del post consumo veniva “aggiunta” nel granulo per ridurre gli scarti da portare in discarica e abbassare il costo del granulo. Un prodotto così squalificato che prospettive può avere oggi? Forse abbiamo perso tempo prezioso perché oggi si intravedono alcuni problemi non facili da risolvere: Il mercato cinese probabilmente non tornerà indietro, accettando di diventare ancora la pattumiera del mondo, né sotto forma di balle di materie plastiche né di polimeri riciclati da post consumo di bassa qualità. Con il passare degli anni, Pechino aumenterà la quota di raccolta differenziata e avrà a disposizione sempre più materia prima per produrre i polimeri da post consumo che ha sempre comprato in Occidente sotto forma di rifiuto, macinato o granulo. Il governo sta andando verso una politica di economia circolare in tutti i settori sociali, che sia nell’ambito dei rifiuti, delle energie rinnovabili e del controllo dell’inquinamento.I produttori occidentali non hanno investito abbastanza e in tempo per aumentare la qualità dei polimeri da post consumo, attraverso ricette, metodi selettivi, accordi tecnici con i produttori di prodotti del packaging, che riducessero i problemi prestazionali che l’input da genera, puntando solo a minimizzare i costi di produzione, per avere un prezzo sempre più competitivo che svuotasse ogni mese il loro magazzino delle materie prime. Si è considerata quasi esclusivamente l’importanza della quantità e ben poco alla qualità del prodotto. L’economia circolare funziona se le materie plastiche riciclate potranno competere sempre più con quelle vergini nell’uso su larga scala, ma se la qualità rimane molto distante, non c’è prezzo o obbligo nell’uso che ne permetta una grande diffusione. Finché il rating, che il mercato dà ai polimeri realizzati con il materiale da post consumo, rimane a livello “spazzatura”, sarà difficile ipotizzare un vero incremento dei consumi.La variabile del prezzo del greggio, con i ribassi mai visti fino ad oggi che sembrerebbe possano mantenersi nel breve periodo, spinge la competizione economica tra le materie prime vergini e le materie riciclate, portando ad una forte discriminante all’uso di quest’ultima. Nemmeno i polimeri da post consumo di più alta qualità, come per esempio l’HDPE da soffiaggio o estrusione, riuscirebbero a reggere un confronto commerciale con i polimeri vergini, se non ci fosse, in alcuni casi per questioni di marketing, l’obbligo all’uso delle materie prime riciclate.Categoria: notizie - plastica - economia circolare - riciclo - rifiuti - polimeri post consumoVedi maggiori informazioni sul riciclo
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