PLASTICHE E MICROPLASTICHE NEI MARI: CHI PULISCE, QUANDO E COME?

Ambiente
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Sappiamo chi le genera, da dove partono e come risolvere il problema. Ma i soldi e la politica fanno sempre la differenza


di Marco Arezio

Si è molto parlato, negli anni scorsi, dei rifiuti plastici e delle microplastiche nei mari e negli oceani, tanto che il problema ha impegnato per molto tempo i canali di informazione tradizionali e via web.

Si sono mobilitati ambientalisti, aziende che cavalcavano l’onda emotiva della gente con campagne dal vago sapore di greenwashing, studiosi, scienziati, personaggi dello spettacolo, leader religiosi, nutrizionisti, sociologi, veggenti e catastrofici personaggi dell’ultima ora.

Da quando sono comparse le isole galleggianti di rifiuti plastici negli oceani, come la Great Pacific Garbage Pacth, il mondo si è attivato per capire il fenomeno, da dove nascesse, come si formavano queste isole e come si sarebbe potuto intervenire per ripulire gli oceani e interrompere le nuove formazioni di rifiuti.

Durante questo ciclo di attenzione mediatico-scientifico, è emerso anche il fenomeno, più subdolo, delle microplastiche, frazioni di prodotto inferiori a 5 mm., che sono spesso scambiate dai pesci per cibo, rientrando pericolosamente nella catena alimentare anche umana.


Da dove vengono i rifiuti plastici che troviamo nei mari e negli oceani?

Secondo studi recenti ogni anno l’uomo scarica nei mari circa 8 milioni di tonnellate di rifiuti plastici, il che significa oltre 250 Kg. al secondo, creando una presenza di circa 5.000 miliardi di pezzi, di varie dimensioni, nell’ecosistema marino.

Le macro plastiche, cioè rifiuti di dimensioni come una bottiglia di acqua, provengono principalmente dalle azioni deliberate dell’uomo di scaricare, attraverso i fiumi, i rifiuti domestici o quelli che provengono dalle aziende di riciclo poste in paesi poco sviluppati, dove l’attenzione per l’ambiente e la legislazione non punitiva, in materia ambientale, è inesistente o lassista, permettendo o tollerando questi comportamenti.

Per quanto riguarda le microplastiche la loro origine si può far risalire a tre fattori principali, la decomposizione delle macro plastiche già presenti in mare sotto l’azione del sole e dell’acqua, i rifiuti del settore tessile e della cosmetica.

Inoltre le microplastiche possono provenire anche dagli scarichi di paesi industrializzati, in cui le normative ambientali non hanno ancora risolto il problema della captazione e dell’eliminazione delle particelle più piccole di plastica.


Come risolvere tecnicamente il problema

Evidentemente ci sono due fattori temporali che devono essere presi inconsiderazione quando si parla di operare per trovare le giuste soluzioni da applicare.

In primo luogo bisogna intervenire a monte, cioè fermare lo scarico dei rifiuti plastici nei fiumi, come fossero una fogna legalizzata, aiutando i paesi meno sviluppati a dotarsi di normative ambientali severe e soprattutto a farle rispettare, evitando che fenomeni corruttivi ne decapitino l’efficacia.

Secondo, è necessario intercettare i rifiuti plastici prima che raggiungano il mare, utilizzando le reti di contenimento dei rifiuti in prossimità di restringimenti, anse o alla foce dei fiumi.

Ogni soluzione di intercettazione dei rifiuti plastici galleggianti deve essere customizzata in base alle esigenze locali, quali il traffico dei natanti, la vita dei pesci, le correnti e via dicendo.

Esistono poi delle piccole imbarcazioni dotate di sistemi per raccogliere i rifiuti in superficie, che percorrono i tratti di fiume dove maggiore è la presenza dei rifiuti, così da aiutare e sostenere il lavoro delle reti.

Terzo riguarda le isole galleggianti, compito per assurdo, teoricamente più semplice, in quanto esiste un’area delimitata e circoscritta in cui sarebbe possibile raccogliere la plastica galleggiante, ma, di contro, le dimensioni di queste isole sono così estese che il lavoro è sicuramente problematico ed impegnativo.

L’unione delle tre attività, contrasto all’immissione nei fiumi di nuove quantità di rifiuti plastici galleggianti, migliori sistemi di filtraggio degli scarichi civili ed industriali per intercettare le microplastiche e, infine, un’azione internazionale, coordinata e continuativa, per pulire i rifiuti presenti nei mari e negli oceani, porterebbe a grandi risultati per la salute dei mari e degli oceani.


Chi deve farlo e chi deve finanziarlo

Questo tema è stato di proposito lasciato per ultimo, in quanto, come sempre, quando c’è di mezzo la politica e il denaro, diventa difficile trovare azioni condivise, addirittura a volte non si riesce nemmeno ad affrontare il problema ai tavoli internazionali.

Credo che si debba creare un nuovo approccio alla visione dei deficit ambientali, vedere la terra come un ambiente condiviso, considerando che l’azione di un paese può influenzare negativamente la vita di tutti, come lo è, in buona parte, quello di scaricare a monte, nei fiumi, i rifiuti che poi, vanno ad interessare gli oceani e i mari in tutto il mondo.

Un problema sovranazionale va gestito da un consesso di paesi alleati, che si uniscono per trovare soluzioni e finanziamenti condivisi, che abbiano l’autorità per prendere delle decisione per il bene di tutti ed abbiamo anche gli strumenti per farle rispettare.

Ma, in primis, ci vuole la volontà politica per farlo, non bastano le menti, le tecnologie e il denaro se manca la volontà e la lungimiranza di un consesso politico internazionale.

Soldi e potere fin dai tempi bui della storia dell'uomo hanno governato le menti degli uomini, ma oggi, se non operiamo quello scatto che ci possa garantire la sopravvivenza in armonia con l’ambiente, non ci sarà più motivo di parlarne e di agire.

Ah, dimenticavo, non è eliminando la produzione di plastica o credendo ai proclami di correnti di pensiero come quella della “Plastic free” che si risolvono i problemi..

Traduzione automatica, Ci scusiamo per eventuali inesattezze. Articolo originale in Italiano.



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