TOSSICOLOGIA DELLE MATERIE PLASTICHE: GLI FTALATI NEI PLASTIFICANTI

Informazioni Tecniche
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Sommario

- Uso dei plastificanti nel settore del packaging alimentare in plastica 

- Vantaggi dell'uso dei plastificanti nel settore del packaging in plastica

- Cosa sono gli Ftalati e dove vengono inseriti

- Gli ftalati nella catena alimentare

- Quali pericoli per la salute dell'uomo e limiti di legge

- Gli ftalati nelle plastiche riciclate e loro controllo

Tossicologia delle Materie Plastiche: gli Ftalati nei Plastificanti. Cosa dobbiamo sapere per una corretta gestione


di Marco Arezio

Con l’avvento del polipropilene sul mercato, a seguito della scoperta fatta da Giulio Natta negli anni ’50 del secolo scorso, che gli valse il Nobel, i tradizionali prodotti da imballo in vetro e metallo, vennero rapidamente sostituiti dalle materie plastiche per maggiore leggerezza, sicurezza, gradevolezza ed economicità.  

L’industria del packaging alimentare sperimentò diversi polimeri, tra i quali anche il PVC, usato sia nelle strutture rigide che nei film di protezione per la realizzazione degli imballi.

I polimeri, tra cui anche il PVC, hanno bisogno di additivi per poterli modellare nella produzione, per renderli flessibili e, alle alte temperature, per evitarne la degradazione.

La scelta dell’additivo da impiegare dipende dal polimero a cui si deve legare e dall’applicazione finale del prodotto che si intende realizzare.

Il plastificante è un additivo largamente usato per realizzare gli imballi alimentari e deve avere caratteristiche precise e normate:

• Chimicamente inerte

• Facilmente miscelabile con il polimero

• Non deve creare l’effetto essudazione, cioè la migrazione verso la superficie

• Deve essere termosaldabile

• Deve essere foto saldabile

• Non deve essere volatile


Tra i più comuni plastificanti troviamo gli Ftalati, famiglia di prodotti che sposa in modo egregio le richieste della catena produttiva e distributiva richieste ad un imballo.

Gli Ftalati non si legano chimicamente al PVC ma agiscono da additivi creando le migliori condizioni affinché il polimero assuma una maggiore flessibilità.

Le maggiori famiglie di Ftalati utilizzati nel PVC per la realizzazione degli imballi rientrano nelle sigle DEHP, DIDP e DINP, racchiudendo in esse diverse proprietà fisico-chimiche a seconda delle lunghezze delle catene alchiliche del gruppo funzionale estere.


Le caratteristiche principali degli Ftalati sono:

• Liposolubili

• Poco solubili all’acqua

• Inodori

• Incolori

• Volatili


Gli Ftalati non li troviamo solamente negli imballi alimentari ma in moltissimi prodotti di uso comune come i giocattoli, gli indumenti impermeabili, gli interni delle auto, nei rivestimenti delle case, nelle gomme, negli adesivi, nei sigillanti, nelle vernici, nelle tende esterne, nei cavi, nei cosmetici, nei profumi, nei dispositivi medici come cateteri, sacche per trasfusioni e in molti altri prodotti.

Proprio per la loro larghissima diffusione è importante sapere quali effetti sull’uomo potrebbe avere la diffusione non regolamentata degli ftalati nell’ambiente, in quanto sono prodotti che persistono nell’acqua, nell’aria e nel suolo, introducendosi nella catena alimentare animale e, di conseguenza, dell’uomo.

I danni che posso causare all’uomo riguardano l’azione che gli Ftalati hanno come interferenti endocrini, che sono stati studiati già nel 2009 dalla Endocrine Society, che ha confermato gli effetti nocivi di questi interferenti endocrini nei sistemi fisiologicamente sensibili agli ormoni, quali:

• Cervello

• Testicoli e prostata nei maschi

• Ovaie e utero per le femmine

• Ghiandola pituitaria

• Tiroide

• Sistema cardiovascolare

• Pancreas

• Tessuto adiposo

• Ghiandole mammarie

• Sistema neuroendocrino dell’ippotalamo


L’EFSA (European Food Safety Authority) nel 2019 ha ridefinito i limiti massimi di utilizzo di quattro dei cinque Ftalati più usati nei polimeri (DBP, BBP, DEHP e DINP) indicando la dose giornaliera massima tollerabile dall’uomo che corrisponde a 0,05 mg./Kg. corporeo.

Questi dati tengono in considerazione l’utilizzo di polimeri vergini ma, in considerazione del ciclo di vita delle plastiche a fine vita nell’ambiente, con la possibilità che gli Ftalati possano trasferirsi nelle catene alimentari, sarebbe doveroso creare una catena di controllo sulla filiera.

Per quanto riguarda la plastica riciclata, vista la facile diffusione di questi agenti chimici nell’ambiente, una maggiore perfomance in termini quantitativi del riciclo rispetto alla plastica vergine prodotta sarebbe un doveroso obbiettivo anche ambientale.

Inoltre la trasformazione dello scarto plastico in una nuova materia prima, imporrebbe un controllo analitico delle sostanze chimiche all’interno della stessa, attraverso uno strumento di analisi come un gascromatografo abbinato ad uno spettrometro a mobilità ionica, che ne caratterizzi i componenti chimici che andranno sul mercato.

Cosa comunque raccomandata anche nell’utilizzo di materia prima vergine ad uso alimentare, anche non direttamente correlata al packaging, per esempio i tubi in materia plastica per il trasporto dell’acqua potabile, prodotti secondo la norma UNI 1622, che riguarda odori e sapori del liquido trasportato, che potrebbero nel tempo rilasciare sostanze incompatibili con la salute dell’uomo.

Categoria: notizie - tecnica - plastica - tossicologia - ftalati - imballi - packaging

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