- Il riciclo meccanico dei rifiuti plastici
- Come avviene la contaminazioni delle materie plastiche
- Quali possibili elementi di contaminazione durante il riciclo meccanico
- Conseguenza sui prodotti finiti delle contaminazioni durante il riciclo meccanico
Una moltitudine di inquinanti possono inficiare la qualità del riciclo della plastica
di Marco Arezio
Il riciclo meccanico è un’attività complessa in quanto si occupa di una varietà elevata di tipologie di plastiche differenti, e con esse, sono da gestire prodotti che possono inquinare i processi di riciclo riducendone la qualità.
I fattori e i prodotti che possono degenerare e compromettere le operazioni di riciclo sono molti, diversificati tra loro ai quali bisogna prestare molta attenzione per non produrre materiali mediocri.
Il processo del riciclo meccanico deve essere gestito in modo tale da poter produrre una materia prima riciclata che sia la migliore possibile per poter essere, quando possibile, una valida alternativa ai polimeri vergini.
Più alta è la qualità del riciclato maggiore sarà la sostituzione della materia prima che deriva dalla raffinazione petrolifera.
Pertanto, per competere con la resina vergine, i requisiti tecnici di processabilità dei vari materiali plastici riciclati richiedono un elevato grado di purezza, esente da problemi di contaminazione, cosa ancora più critica nelle applicazioni di contenitori che saranno a contatto con gli alimenti.
I fenomeni e i materiali che possono inquinare i processi sono molti e di diversa tipologia, quindi cerchiamo di andare passo per passo per illustrare i principali.
Contaminazione da altre plastiche
Oggi è comune trovare diversi tipi di resine nella stessa applicazione. Ad esempio, nel mercato dei prodotti per la pulizia e l'igiene personale, i contenitori in plastica hanno componenti realizzati in vari materiali, come polipropilene (PP), polietilene ad alta densità (HDPE), PVC e PET, che generano grandi problemi durante le fasi di riciclo.
Tra i principali problemi riscontrati vi è la diversa struttura chimica tra i materiali, nonché il comportamento di scorrimento della plastica fusa, molto diversi tra loro, che portano ad evidenziare l'eterogeneità e l'incompatibilità tra i diversi materiali.
PET E PVC
Una delle loro applicazioni è la produzione di contenitori per shampoo, con la caratteristica comune che entrambi sono trasparenti, quindi spesso si contaminano a vicenda.
Questo può presentare la difficoltà ad essere separati con i metodi di flottazione convenzionali, a causa della densità molto simile tra i due (1,30-1,35 gr/cm3).
Ma se il PET è contaminato dal PVC, anche a basse concentrazioni, il PVC si degrada alla temperatura di lavorazione del PET (intorno a 260-280°C), formando acidi che disgregano la struttura chimico-fisica del PET e generano un cambiamento chimico progressivo, con un comportamento friabile di PET.
Quantità minime di 100 ppm di PVC provocano lo scolorimento del PET durante la fase di essiccazione e la generazione di punti neri durante l'estrusione.
PET e HDPE
A causa degli elevati volumi di consumo di entrambi nella loro applicazione per il confezionamento, la probabilità di miscelazione aumenta.
Queste due plastiche sono incompatibili allo stato fuso, rimanendo indipendenti una volta solidificate. Le porzioni di HDPE contaminante sono visivamente imperfette e possono causare fragilità meccanica ed inquinamento del PE.
Inoltre, esistono problematiche legate alle temperature di fusione, in quanto il PET non si scioglie alle temperature dell'HDPE, rischiando di ostruire i canali e l’ugello di iniezione.
PP e HDPE
Il polipropilene è spesso utilizzato nella produzione di tappi e chiusure per contenitori in HDPE, con applicazioni in detersivi, candeggine e shampoo.
PP e HDPE sono inseparabili con metodi fisici, a causa del loro peso specifico molto simile. Durante la fusione di entrambe le materie plastiche esiste un problema di incompatibilità, che si riflette sia nei prodotti estrusi in HDPE, sia nei contenitori ottenuti per soffiaggio, che presentano deformazioni.
Inoltre una presenta accentuata di PP in una miscela con prevalenza di HDPE deputata alla creazione di flaconi, crea una fragilità sulla linea di saldatura del flacone stesso. Questo, nella maggior parte dei casi, quando verrà riempito il flacone e posto sui bancali, magari con altri bancali di materiali sovrapposti, una crepa sul punto di saldatura con la fuoriuscita del contenuto.
Contaminazioni durante la lavorazione
Contaminazione da metalli
Durante la lavorazione delle materie plastiche, la contaminazione da metalli può essere causata dalla presenza di frammenti o bave metalliche, che potrebbero essere generate dal mal funzionamento di apparecchiature, quali estrusori, mulini o adattatori di alluminio.
Il loro logoramento causato da un utilizzo continuativo può portare alla perdita di piccoli frammenti che si mischiano con i materiali plastici da utilizzare per il soffiaggio, stampaggio od estrusione.
Questi piccoli frammenti possono graffiare il cilindro dell'estrusore o bloccare gli ugelli nelle macchine ad iniezione, oltre a produrre elementi estrusi o stampati ad iniezione con difetti.
Inquinamento da polimeri degradati
Frequentemente, durante la lavorazione sia della resina vergine che dell'HDPE riciclato, sulla superficie possono essere presenti punti neri o striature, come manifestazione di un materiale parzialmente ossidato o degradato che è stato carbonizzato, rimanendo intrappolato in superfici ruvide o cavità.
Queste impurità possono essere presenti nel cilindro e sulla superficie della vite o nelle teste degli impianti di estrusione-soffiaggio, per un tempo prolungato, con conseguente generazione di difetti nel prodotto finito.
Allo stesso modo, anche i contaminanti presenti nella plastica come macinati sporchi, materiali estranei e colori diversi, nonché quei materiali con una temperatura di fusione inferiore, sono cause di punti neri. Frequentemente, tale contaminazione può anche apparire di colore giallo, marrone o ambrato, a seconda dell'entità del degrado.
Contaminazione da gel
I gel (comunemente chiamati fisheyes), a forma di ellisse allungata, sono la prova di problemi di qualità sia nella pellicola trasparente che in quelle colorate, visibili con uno spessore inferiore a 130 micron.
I gel sono principalmente difetti visivi, che riflettono e trasmettono la luce in modo diverso dal resto del materiale, causati da diversi motivi:
Acqua o umidità
L'acqua o l'umidità sono contaminanti che inducono la rottura della catena idrolitica, quindi i materiali devono essere rigorosamente asciutti prima di essere lavorati.
Nel caso di una resina igroscopica, come il PET, le scaglie riciclate devono essere essiccate a temperature di 160-180°C per abbassare il contenuto di umidità a 50 ppm, necessario per la lavorazione di stampaggio iniezione-soffiaggio adatto per preforme in PET e contenitori, al fine di evitare una riduzione del peso molecolare.
In ogni caso, anche per materiali od applicazioni meno nobili come la detergenza o la cosmetica o il prodotti per il food, è buona regola essiccare preventivamente ogni materiale plastico riciclato che deve essere utilizzato come materia prima, evitando in ogni caso riduzioni qualitative dei prodotti finiti.
A causa della grande diversità delle fonti inquinanti, la gamma di effetti attribuiti al problema dell'inquinamento può essere:
Pertanto, i trasformatori che lavorano con materiali riciclati devono stabilire limiti sempre più severi sulla contaminazione dei loro materiali in ingresso e per i loro prodotti, monitorando con attenzione tutto l’input da lavorare.
Da quanto sopra descritto si può concludere che i due principali fattori che amplificano l'effetto degli inquinanti sono, l'eterogeneità e l'incompatibilità della natura chimica delle materie plastiche riciclate, che conferiscono perfomances qualitative negative, determinando un basso valore aggiunto del prodotto rielaborato.
Tre elementi importanti da considerare nel monitoraggio della qualità dei materiali riciclati rispetto alla presenza di contaminazione:
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