OMBRE DI AMBIZIONE. CAPITOLO 11: LA PISTA SVIZZERA

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rMIX: Il Portale del Riciclo nell'Economia Circolare - Ombre di Ambizione. Capitolo 11: La Pista Svizzera
Sommario

l racconto a puntate, ambientato negli anni '50, riguarda il furto a Milano e le indagini della polizia, di una ricetta brevettata sul Polipropilene.

- Capitolo 11. La Pista Svizzera

Il Caso della Formula del Polipropilene Perduta a Milano.

Capitolo 11. La Pista Svizzera


di Marco Arezio

Dopo una giornata densa di tensione e scoperte inquietanti all'interno del castello di Corenno Plinio, Lucia Marini cerca rifugio nella tranquillità della terrazza del suo albergo, cercando di riordinare i pensieri davanti a una tazza di tè caldo. La serenità del lago al tramonto offre un momentaneo sollievo dalle pressioni delle indagini, ma la sua mente è ancora intensamente focalizzata sull'attesa degli esiti delle analisi affidate ai carabinieri.

Mentre è immersa nei suoi pensieri, il titolare dell'albergo, Paolo, si avvicina con un'espressione di discreta attenzione.

Paolo: "Commissario Marini, mi scusi se la disturbo, ma c'è una telefonata per lei. Una persona che desidera parlarle urgentemente."

Lucia: "Grazie, Paolo. Sarò subito alla reception. Mi scusi un attimo."

Lasciando la tazza di tè, Lucia si dirige velocemente verso il telefono, curiosa e leggermente preoccupata riguardo alla natura dell'urgente comunicazione. Solleva la cornetta con una certa apprensione.

Lucia: "Commissario Marini, buonasera. Con chi ho il piacere di parlare?"

Alessandro Bianchi: "Buonasera, commissario. Sono Alessandro Bianchi, il pilota dell'idrovolante. Spero di non disturbarla, ma volevo farle un invito."

La sorpresa nella voce di Lucia è evidente, non aspettandosi una chiamata del genere in un momento così carico.

Lucia: "Buonasera, signor Bianchi. No, non disturba affatto. Di che tipo di invito si tratta?"

Alessandro: "Ebbene, pensavo... Dopo tutti questi eventi intensi e le indagini che sta conducendo, forse le farebbe piacere una serata di distensione. Mi piacerebbe invitarla a cena a Bellagio domani sera. Penso che un po' di relax possa fare bene."

Lucia: "Questo è molto gentile da parte sua, signor Bianchi. Devo ammettere che l'idea di una pausa dalle indagini è allettante. Accetto volentieri il suo invito. Grazie."

Alessandro: "Perfetto, commissario. Sono felice che accetti. Ci incontriamo domani sera, allora. Le darò i dettagli più tardi. Buona serata e... cerchi di riposarsi."

Lucia: "Grazie, signor Bianchi. A domani sera. Buona serata anche a lei."

Riattaccando il telefono, Lucia si concede un sorriso, sorpresa dalla propria reazione positiva all'invito. Mentre ritorna sulla terrazza per terminare il suo tè, riflette su quanto una serata lontana dalle tensioni delle indagini potrebbe realmente offrirle una nuova prospettiva e, forse, la forza di affrontare le sfide che la attendono con rinnovato vigore.

Tornata sulla terrazza, Lucia si lascia catturare dalla serenità del crepuscolo che avvolge il lago. Mentre il cielo assume sfumature di rosa e viola, i suoi pensieri si dirigono inevitabilmente verso Alessandro Bianchi, il pilota dell'idrovolante che l'ha invitata a cena a Bellagio. La memoria dell'uomo, con la sua presenza sicura e il sorriso disarmante, riscalda il cuore di Lucia in modo inaspettato.

Lucia pensa: "Alessandro... C'è qualcosa in lui che va oltre la semplice gentilezza. È un bell'uomo, con quel suo essere così libero e avventuroso. E quegli occhi, capaci di trasmettere tranquillità e mistero allo stesso tempo."

Mentre osserva le ultime luci del giorno riflettersi sulle acque tranquille del lago, Lucia si rende conto di quanto anche lei desideri sperimentare un po' di quella libertà. Dopo mesi di duro lavoro e dedizione alle sue indagini, l'idea di concedersi una serata all'insegna del relax e della compagnia piacevole non le sembra affatto fuori luogo. Anzi, le appare come una necessità, un momento di meritato respiro.

Lucia riflette: "Perché no? Anche io merito di vivere momenti di leggerezza, di sentirmi desiderata e apprezzata non solo per il mio lavoro. Alessandro sembra capace di offrire proprio questo tipo di distrazione... e forse anche qualcosa di più."

La prospettiva dell'appuntamento con Alessandro la fa sentire sorprendentemente vivace e lievemente eccitata. L'idea di passare una serata in sua compagnia, lontana dalle ombre del caso che la occupa, le accende un brivido di anticipazione.

Lucia sorride a sé stessa: "Chissà cosa riserverà questa serata. Forse è proprio ciò di cui ho bisogno per ricaricare le energie e guardare le indagini con occhi nuovi. E poi... chi può dire dove potrà portarci questa conoscenza?"

Con questi pensieri, Lucia si permette per la prima volta da tanto tempo di abbandonarsi a fantasie più leggere, a ipotesi di una serata che possa risvegliare sensazioni e desideri sopiti. La promessa di una cena a Bellagio con Alessandro diventa un faro luminoso nel suo orizzonte, un momento di piacevole attesa che colora di nuove sfumature la routine delle sue giornate.

Con un senso di rinnovato ottimismo, Lucia decide di affrontare le ore che la separano dall'appuntamento con serenità, pronta a vivere pienamente ogni momento.

La mattina seguente, ancora avvolta nei pensieri della serata che l'aspetta, Lucia Marini scende nella sala colazioni dell'Hotel Belvedere. L'atmosfera tranquilla e l'aroma del caffè fresco la accolgono, promettendo un inizio di giornata sereno.

Paolo, il titolare dell'albergo, la saluta con un sorriso amichevole mentre si avvicina.

Paolo: "Buongiorno, commissario Marini. Ha dormito bene? Posso offrirle qualcosa di speciale per colazione questa mattina?"

Lucia: "Buongiorno, Paolo. Sì, grazie, ho riposato bene. Un caffè e forse qualcosa di leggero andrebbero benissimo. Avete dei cornetti freschi?"

Paolo: "Certo, commissario. Le porterò un caffè con una selezione dei nostri migliori cornetti appena sfornati. Spero che la aiutino ad iniziare la giornata nel migliore dei modi."

Dopo aver ringraziato Paolo, Lucia si accomoda a un tavolo vicino alla finestra, da dove può godere della vista del lago che si risveglia sotto i primi raggi del sole. Mentre aspetta la sua colazione, prende in mano i giornali della mattina, curiosa di leggere le ultime notizie.

Scorrendo le pagine, nota alcuni titoli che catturano la sua attenzione:

"Tensioni Internazionali: Nuovi Sviluppi nella Guerra Fredda"

"Scoperta Rivoluzionaria: Il Polipropilene e le Sue Applicazioni Future"

"Locale Eroe Salva Bambino da Annegamento nel Lago di Como"

Dopo aver letto gli articoli, il pensiero di Lucia torna alle indagini e al maresciallo Valenti. Decisa a informarsi sulle sue condizioni e sugli sviluppi della ricerca del corpo nel lago, compone il numero della stazione dei carabinieri di Dervio.

Lucia: "Buongiorno, sono il commissario Marini. Potrei parlare con il maresciallo Valenti o avere aggiornamenti sulle sue condizioni e sulle indagini in corso?"

Carabiniere di Dervio: "Buongiorno, commissario. Il maresciallo Valenti sta recuperando bene, grazie. La ferita era superficiale e si sta già riprendendo. Riguardo alle ricerche nel lago, purtroppo non abbiamo ancora trovato il corpo. Continuiamo le operazioni e la terremo aggiornata su qualsiasi sviluppo."

Lucia: "Grazie per le informazioni. Sono sollevata nel sapere che il maresciallo sta bene. Vi prego di continuare a cercare e di informarmi non appena avete novità. Buon lavoro."

Riattaccando il telefono, Lucia si sente leggermente più tranquilla riguardo alla condizione del maresciallo ma sa che la giornata che la attende sarà lunga e, forse, ricca di nuovi sviluppi.

Intorno all'ora di pranzo, mentre Lucia sta riflettendo sui suoi prossimi passi, il telefono della sua camera squilla. Alza la cornetta, aspettandosi una comunicazione di routine, ma ciò che segue cambia il corso della sua giornata.

Carabiniere di Dervio: "Buongiorno, commissario Marini. Qui è la caserma dei carabinieri di Dervio. Le volevamo chiedere se fosse possibile avere un incontro qui con noi per discutere di un aggiornamento importante riguardante le sue indagini. Se è d'accordo, possiamo mandare una macchina a prenderla."

Lucia: "Buongiorno. Sì, certo, sono disponibile. Sarà importante discutere di persona gli aggiornamenti. Quando posso aspettarmi la macchina?"

Carabiniere di Dervio: "Tra circa un'ora, commissario. La aspetteremo qui. Grazie."

Giunta in caserma, Lucia viene accolta dall'appuntato Salvatore Messina, un uomo di media statura, con capelli neri e occhi vivaci che tradiscono la sua origine siciliana. Salvatore, nato e cresciuto a Paternò, ha deciso di unirsi ai carabinieri per seguire una tradizione di famiglia e per cercare nuove sfide lontano dalla sua terra. La sua dedizione al lavoro e la sua capacità di empatizzare con le persone lo hanno rapidamente reso un elemento prezioso per la caserma di Dervio.

Appuntato Messina: "Commissario Marini, grazie per essere venuta. Ho delle notizie per lei. Il corpo è stato ritrovato poco fa nella zona della filanda di Dorio. Stiamo organizzando il recupero e le analisi necessarie. Per questa sera, dovremmo essere in grado di fornirle una relazione preliminare sull'esame del corpo."

Lucia: "Grazie, appuntato Messina. Questa è una svolta significativa. Avete già qualche indizio su chi possa essere la persona ritrovata?"

Appuntato Messina: "Al momento è troppo presto per dirlo, commissario. Dobbiamo attendere i risultati dell'autopsia. Ma c'è un'altra informazione che potrebbe interessarla. Le analisi sul confronto del sangue tra i reperti trovati al castello e quelli raccolti dal dottor Branchini sono giunte. Appartengono alla stessa persona."

Lucia: "Questo è un passo avanti importante, appuntato. Indica un legame diretto tra il ferito curato dal dottor Branchini e gli eventi al castello. Attendiamo la relazione di questa sera, poi potremo pianificare i nostri prossimi passi."

Mentre lascia la caserma, i pensieri di Lucia si susseguono rapidamente. La scoperta del corpo e la conferma del legame tra i campioni di sangue aprono nuove prospettive sul caso. La serata a Bellagio con Alessandro, che prometteva una pausa dalle tensioni, ora assume una sfumatura diversa, con il peso delle recenti scoperte a gravare sulle sue spalle.

Lucia Marini aveva davanti a sé una serie di priorità che si intrecciavano in un complesso mosaico investigativo. La prima e più immediata era quella di verificare se il gruppo sanguigno trovato sugli indumenti conservati dal dottor Branchini corrispondesse a quello della macchia di sangue nel castello e a quello dell'uomo morto, Marco Gentili. Questa connessione, se confermata, avrebbe rappresentato un legame diretto e inconfutabile tra la vittima, la sparatoria avvenuta nel castello, e il misterioso ferito curato dal dottor Branchini.

Lucia riflette: "Se i gruppi sanguigni coincidono, allora abbiamo una conferma che Gentili era presente al castello la notte della sparatoria. Questo non solo ci darebbe una pista solida su chi fosse al castello quella notte, ma potrebbe anche svelare il motivo della sua presenza in quel luogo e, soprattutto, chi altro fosse coinvolto."

La seconda priorità di Lucia era capire il motivo per cui Gentili si trovasse in un albergo di lusso a Basilea, chiaramente al di fuori delle sue possibilità economiche apparenti. Questo particolare suggeriva che Gentili potesse essere coinvolto in affari che andavano ben oltre la sua professione di giardiniere, possibilmente lavorando per qualcuno con risorse e interessi che giustificassero il soggiorno in un albergo così costoso.

Lucia pensa: "Chi poteva avere interesse a mantenere Gentili in un albergo di Basilea? E cosa stava facendo lì? Dobbiamo scavare più a fondo nelle sue attività durante il soggiorno. Forse la ricevuta dell'albergo o il suo conto potrebbero rivelare incontri o transazioni che ci portino sulla giusta pista."

Infine, la visita al commercialista svizzero a St. Moritz, Thomas Müller, rappresentava una tappa cruciale. Il numero di Müller trovato nell'agenda di Gentili indicava un possibile collegamento tra i due, che poteva spaziare da questioni finanziarie a qualcosa di più oscuro e profondamente legato agli eventi al castello e al furto della formula.

Lucia si dice: "Devo prepararmi bene per l'incontro con Müller. Qualunque sia il suo ruolo in questa storia, è fondamentale approcciarsi con cautela. Un commercialista a St. Moritz potrebbe avere legami internazionali e interessi che non sospettiamo. Scoprire se e come fosse collegato a Gentili potrebbe essere la chiave per decifrare una parte significativa del mistero che avvolge questa indagine."

Alessandro Bianchi aveva appena concluso il suo lavoro per quella giornata. Si stava dedicando con passione al restauro di un dinghi, una piccola e agile barca a vela, perfettamente adatta alle acque tranquille del Lago di Como. Questo dinghi apparteneva a Giulio Conti, un noto industriale del settore della seta comasco, che amava trascorrere i suoi fine settimana a Varenna, lontano dal trambusto e dalle pressioni della vita d'affari.

Il dinghi di Conti era una barca dal fascino particolare, con uno scafo di legno liscio e brillante che rifletteva l'attenzione ai dettagli e la cura messa nella sua costruzione. La barca, lunga circa 4 metri, era caratterizzata da una linea elegante e pulita, con un unico albero che sosteneva una vela snella, pronta a catturare anche la più lieve brezza.

Alessandro stava lavorando sulla carena, levigando con maestria il legno per riportarlo alla sua originale bellezza. Aveva rimosso i vecchi strati di vernice, scoprendo il legno grezzo sottostante, che ora stava trattando con nuove vernici protettive per preservarne la qualità e l'estetica nel tempo.

Giulio Conti, il proprietario del dinghi, era un uomo d'affari rispettato e conosciuto nel settore tessile, in particolare per la sua produzione di seta di alta qualità. Nato e cresciuto a Como, aveva ereditato l'azienda di famiglia, portandola a nuovi livelli di successo grazie alla sua visione innovativa e al suo impegno nel mantenere alte le tradizioni di eccellenza. Sposato con Laura e padre di due figli, Sofia e Matteo, Giulio vedeva nel Lago di Como non solo una fuga dalla routine lavorativa, ma anche un luogo di ispirazione e riconnessione con la natura e la storia della sua famiglia.

La passione di Conti per la vela e il suo amore per il lago erano ben noti tra gli abitanti locali. Il dinghi rappresentava per lui non solo un mezzo per esplorare le acque del lago, ma anche un simbolo del legame indissolubile che lo univa a quella terra e alle sue radici. L'incarico affidato ad Alessandro di restaurare la barca era segno della fiducia e dell'ammirazione che Conti riponeva nel giovane pilota, riconoscendo in lui non solo un abile professionista, ma anche una persona con cui condividere la passione per il lago e per la vela.

Concluso il lavoro sul dinghi, Alessandro non vedeva l'ora di vedere il volto di Conti illuminarsi alla vista della barca restaurata, pronta a solcare nuovamente le acque del Lago di Como sotto la guida esperta del suo proprietario, simbolo vivente della tradizione e dell'innovazione che caratterizzavano la famiglia Conti e la loro storia.

La casa di Alessandro Bianchi era un piccolo gioiello architettonico, un angolo di paradiso ricavato all'interno di una torretta storica che dominava il pittoresco porto di Varenna. Nonostante le sue dimensioni contenute, lo spazio era stato sapientemente organizzato per offrire confort e calore, diventando un rifugio perfetto per il giovane pilota.

L'interno della casa rifletteva con armonia le due grandi passioni di Alessandro: il volo e le barche. Ogni elemento di arredo era scelto con cura, combinando funzionalità e estetica in pieno stile lacustre. I mobili in legno chiaro, levigati e trattati per resistere all'umidità tipica del lago, conferivano agli ambienti un senso di calda accoglienza. Su mensole e scaffali erano esposti modellini di idrovolanti d'epoca e piccole imbarcazioni a vela, ciascuno con una storia da raccontare, testimonianze tangibili delle avventure e dei sogni di Alessandro.

La disposizione degli spazi interni era stata pensata per massimizzare la luce naturale, soprattutto al tramonto, quando i raggi del sole, filtrando attraverso le finestre, avvolgevano ogni stanza in una luce dorata e soffusa. La cucina, piccola ma funzionale, si apriva su un accogliente soggiorno, dove un divano rivestito in tessuto azzurro e una piccola stufa in ghisa creavano l'angolo perfetto per rilassarsi dopo una giornata passata tra le nuvole o sulle onde.

Il vero cuore della casa, però, era la terrazza, accessibile tramite una stretta scala a chiocciola. Da lì, Alessandro poteva godere di una vista ineguagliabile sul porto di Varenna, osservando le barche che dondolavano placidamente e gli idrovolanti che ogni tanto rompevano la quiete del lago. La terrazza era arredata con semplicità: un tavolino rotondo, due sedie in legno e una serie di vasi con piante aromatiche e fiori colorati, che Alessandro curava con dedizione.

Alessandro amava la sua casa non solo per la bellezza e la pace che offriva, ma anche perché era il riflesso tangibile delle sue passioni e del suo modo di essere. Ogni dettaglio parlava di lui, della sua vita tra cielo e acqua, e della sua indissolubile connessione con il Lago di Como. Qui, tra le mura della piccola torretta, si sentiva veramente a casa, libero di sognare e di pianificare la sua prossima avventura, sempre con lo sguardo rivolto all'orizzonte.

Quando Alessandro uscì di casa quella sera, il cielo di Varenna era tinteggiato di un caldo arancione che sfumava lentamente verso il blu oltremare. Erano le 19:30, e l'atmosfera serale sul Lago di Como era pervasa da una tranquillità quasi surreale. Il fruscio lieve delle onde che lambivano la riva e il cinguettio degli uccelli che si preparavano al riposo notturno si intrecciavano in una melodia naturale, che sembrava sottolineare il passaggio dal giorno alla notte.

Scendendo al molo, Alessandro sganciò la sua piccola barca a motore, un modello agile e silenzioso perfetto per le acque del lago. Mentre la spingeva dolcemente fuori dal porto, l'acqua mormorava contro lo scafo, accogliendo la barca nel suo abbraccio liquido. Il motore, una volta acceso, ronfava sommesso, rispettoso del silenzio che avvolgeva il lago.

La navigazione verso Corenno Plinio, passando per Bellano e Dervio, si trasformava in un viaggio incantato lungo la costa. L'acqua del lago rifletteva le ultime luci del tramonto, creando scie di luce che danzavano sull'acqua. Lungo la riva, le luci delle case e dei paesini si accendevano una dopo l'altra, come piccole stelle cadute dal cielo per adornare la terra. La brezza serale era fresca ma piacevole, portando con sé i profumi del lago e della vegetazione che cresceva rigogliosa sulle sue sponde.

Il viaggio in barca era un momento di serenità assoluta per Alessandro. Ogni volta che navigava sul lago, si sentiva parte di quel paesaggio, connesso a quelle acque e a quelle montagne in un modo che andava oltre il semplice essere in un luogo. Il lago era per lui una fonte inesauribile di bellezza e di pace, un rifugio dove trovare se stesso e riconnettersi con la natura.

Man mano che procedeva, le silhouette di Bellano e poi di Dervio si delineavano contro il cielo che si faceva sempre più scuro, offrendo scorci di vita che si svolgeva tranquilla, immutata nel tempo. La navigazione di Alessandro era lenta e meditativa, quasi volesse prolungare quei momenti di quiete prima di raggiungere la sua destinazione.

Quando finalmente la sagoma di Corenno Plinio emerse all'orizzonte, Alessandro non poté fare a meno di sorridere. La bellezza del luogo, con le sue case di pietra e il castello che troneggiava silenzioso sulla collina, era un promemoria di quanto fosse fortunato a vivere in un posto così magico. Con quella sensazione di gratitudine nel cuore, Alessandro si preparò ad attraccare, pronto per la serata che lo attendeva.

Dopo aver accuratamente legato la sua barca al piccolo molo, Alessandro iniziò la salita lungo le antiche scale di pietra che serpeggiavano verso la piazza centrale di Corenno Plinio. La serata era calda e avvolgente, e i suoni della vita quotidiana del paese si mescolavano dolcemente all'aria, creando un'atmosfera familiare e accogliente. Lungo il cammino, Alessandro incrociava le donne del paese, sedute fuori dalle loro case, impegnate a cucire o a pulire le verdure per la cena. Ogni volta che le salutava, riceveva in cambio sorrisi affettuosi e calorosi saluti, segno della comunità stretta e solidale che caratterizzava Corenno Plinio.

I gatti del paese, sempre curiosi nei confronti dei passanti, lo seguivano con fare indagatore, saltellando da un angolo all'altro della strada, quasi a volerlo accompagnare nella sua passeggiata serale. Alessandro non poteva fare a meno di sorridere a quella piccola scorta felina che si era improvvisamente formata attorno a lui, sentendosi ancora di più parte di quel luogo.

Arrivato davanti alla chiesa, con il suo campanile che si stagliava contro il cielo ormai scuro, Alessandro deviò verso l'Hotel Belvedere, dove sapeva di trovare Lucia. Il battito del suo cuore accelerava con ogni passo che lo avvicinava all'incontro con lei, una miscela di desiderio e di timida apprensione che gli annebbiava i pensieri.

Entrando nell'albergo, Alessandro chiese di Lucia a Paolo, il titolare. Notò subito un'insolita espressione di ansia sul viso dell'uomo, un tratto inaspettato per chi conosceva la sua solita disinvoltura e sicurezza, specialmente in fatto di relazioni.

Alessandro: "Buonasera, Paolo. Potrei parlare con il commissario Marini, per favore?"

Paolo: "Ah, buonasera, Alessandro. Sì, certo, le farò sapere che è qui. Se vuole attendere, sarà con lei a breve."

Mentre aspettava nel piccolo ma accogliente foyer dell'albergo, Alessandro non poteva fare a meno di sentire un groviglio di emozioni nel petto. La prospettiva di passare la serata con Lucia lo riempiva di una gioia anticipata, ma al tempo stesso, l'incertezza di come sarebbe stato accolto il suo invito gli causava una lieve inquietudine.

Alessandro pensa: "E se la serata non andasse come spero? E se...?" Ma ogni volta che il dubbio cercava di prendere il sopravvento, il ricordo del sorriso di Lucia e della luce nei suoi occhi quando parlavano lo rassicurava, riaccendendo la scintilla di speranza e di desiderio che aveva in cuore.

La sala d'attesa si trasformava in una scena sospesa nel tempo, dove ogni minuto di attesa sembrava dilatarsi all'infinito. Alessandro cercava di distrarsi osservando i dettagli dell'arredamento, i quadri appesi alle pareti, le piante in un angolo della stanza, ma il suo pensiero era irrimediabilmente ancorato all'immagine di Lucia e all'attesa di vederla apparire.

Quando finalmente le porte si aprirono e Lucia fece il suo ingresso, tutto il resto sembrò svanire, lasciando spazio solo a lei e alla promessa di una serata che Alessandro sperava sarebbe stata indimenticabile.


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