LA PLASTICA È IL NOSTRO NEMICO?

Economia circolare
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Lettera aperta agli ambientalisti da un ambientalista


di Marco Arezio

Vi voglio raccontare la mia piccola storia di ambientalista, nata in un tempo in cui non c’erano i social, nemmeno i telefonini e la televisione ci metteva qualche minuto ad accendersi per via delle valvole che si dovevano scaldare.

Non ho un ricordo chiaro del mio amore verso la natura fino al raggiungimento dell’età di 6 anni, infatti a quell’età della mia vita, la fortuna volle che frequentassi la mia prima scuola, che veniva definita sperimentale.

Era il 1970, e gli insegnanti adottavano un sistema di insegnamento che, oltre alle nozioni tradizionali, tendevano a sviluppare la conoscenza per il bello, quindi, tra le tante cose, anche la conoscenza della natura, che permetteva agli alunni di viverla da vicino, attraverso lezioni in cui ti sentivi parte di lei.

Me ne sono innamorato subito, senza ripensamenti o compromessi anche se la parola “ecologista” non esisteva ancora nel vocabolario della gente. 

Nel giardino di casa avevamo tre pini, molto vecchi e, su uno di questi, quando avevamo 8 anni, a circa 15 metri da terra, costruii il mio rifugio nella natura, usando tre assi che trovai nell’orto di mio padre.

Ci passavo i pomeriggi dopo la scuola, arrampicandomi fin lassù e scendendo utilizzando una canna dell’acqua in pvc legata ad un ramo. Ero felice di quello che c’era intorno a me.

Passata l’adolescenza, acquisita l’autonomia, sono tornato spesso a cercare la natura, la volevo: assoluta, selvaggia e solitaria

Ho scelto quindi l’alpinismo, anche quello solitario, per vivere da adulto e sotto una forma più estrema, la sensazione di felicità che vivevo da bambino sul mio pino.

Ho scalato in estate e in inverno, cercando itinerari duri, complicati e in ambienti solitari per vivere appieno la bellezza della natura senza compromessi. 

Dopo alcune esperienze lavorative, sono riuscito, anche nel lavoro, a dare un senso alla mia passione per l’ambiente, riuscendo ad occuparmi, prima, di produzione di manufatti realizzati in plastica riciclata e successivamente in aziende che si occupavano di riciclo dei rifiuti plastici.

Era la chiusura del cerchio aperto quando ero bambino, continuare a salvaguardare, nel mio piccolo, l’ambiente in cui vivevo. 

Oggi, dove tutto è veloce, dove i mezzi di comunicazione permettono in tempi impensabili nel passato, di mobilitare centinaia di migliaia di persone, in uno sciame un po’ goliardico con slogan emulativi, dove l’idea della maggioranza è subito la tua, dove conta stare “dentro” e chi sta fuori, peggio per lui.

Questo odio smisurato per la plastica che è diventato la bandiera a tutti i livelli della gente comune, dove si avanza per slogan, fatti sempre da altri, dove si fa’ la gara a postare le foto del mare in cui galleggiano plastiche e micro plastiche, con la speranza, giorno per giorno, di ricevere un like più di ieri o più degli altri.

Sicuramente sono lodevoli le campagne per limitare l’uso della plastica inutile, (sempre che non la si sostituisca con qualche cosa che consuma le risorse della terra), della gente volenterosa che si riunisce per ripulire le spiagge, che si faccia la spesa con sacchetti di cotone o non di plastica.

Ma io non ho mai visto una bottiglia in PET e un flacone di detersivo che, mano nella mano, percorressero, con le loro gambe, la strada verso il mare e che, giunti in spiaggia, a causa del grande caldo, si immergessero nel mare per poi restarci a vita.

Quindi, visto che le bottiglie di plastica e i flaconi del detersivo, per fare un esempio, non hanno le gambe, mi viene da pensare che sia l’uomo che causa il disastro ambientale in cui ci troviamo e che quindi il nemico non è la plastica, ma siamo noi che al mare ce la portiamo o la facciamo arrivare tramite i fiumi.

Un torrente di milioni di dollari sta arrivando per perorare questa causa ecologica, finanziati anche da aziende che in primis hanno alimentato comportamenti ecologici in contrasto con l’ambiente, che trova nella plastica il loro capro espiatorio.

A me sembra una grande operazione di marketing, per vestire con un abito nuovo, chi si sente in colpa.

Ma se è l’uomo che inquina perché non ricicla ancora abbastanza, investiamo in cultura e insegniamo ai popoli che non hanno le possibilità di scolarizzazione dei paesi avanzati, cosa succede e succederà alle loro, e alle nostre vite, se non comprendono la gravità di un approccio non ecologico alla quotidianità.

Io, da ecologista, non odio la plastica e penso che i rifiuti plastici siano anche una risorsa per salvare le risorse ambientali, trasformandoli in carburanti e nuovi prodotti. Io, però, non sopporto l’ignoranza e la manipolazione della gente che mi sembra stia avvenendo con arte.


Categoria: notizie - plastica - economia circolare

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