I NUOVI TERMOVALORIZZATORI POSSONO SCONFIGGERE IL FENOMENO NIMBY

Ambiente
rMIX: Il Portale del Riciclo nell'Economia Circolare - I Nuovi Termovalorizzatori Possono Sconfiggere il Fenomeno NIMBY

Come funzionano, quali sono le differenze rispetto agli impianti di vecchia generazione e perché sono così ostacolati


di Marco Arezio

Quando si vuole strumentalizzare l’opinione pubblica contro il tema di un inceneritore di rifiuti da costruire in una certa località, alimentando il fenomeno NIMBY (non nel mio territorio), può essere una carta vincente raccontare pericoli che, oggi, non sono più reali.

Spaventare la popolazione sui possibili inquinanti che potrebbero uscire dall’impianto, con una ricaduta negativa sulla salute pubblica, è un modo di fare politica che non sembra obbiettivo e costruttivo.

I rifiuti domestici sono una risorsa incredibile che possiamo utilizzare per creare energia termica e, nello stesso tempo, non diventano a loro volta un problema se non consumati.

Ricordiamo che miglia di tonnellate di rifiuti preziosi vengono imballati e spediti all’estero, pagando per di più, per lo smaltimento e il trasporto.

Dire all’opinione pubblica che i nuovi termovalorizzatori sono inquinanti e pericolosi per la salute è poco corretto, in quanto non stiamo parlando di impianti di 30 anni fa o più, dove le emissioni di inquinanti erano più elevate.

E’ infatti scientificamente riconosciuto che gli inceneritori di nuova generazione hanno delle capacità filtranti delle emissioni, come i metalli pesanti, le diossine e i furani non paragonabili al passato.

Un termovalorizzatore ben progettato e correttamente gestito, comporta basse quantità di inquinanti, che non superano lo 0,03% di PM10, lo 0,007% di idrocarburi policiclici aromatici e lo 0,2% di diossine e furani (le combustioni commerciali e residenziali emettono per ogni voce il 53,8%, il 78,1% e il 37,5%).


Vediamo qualche comparazione con altre attività di uso quotidiano.

Relativamente alle Pm10 il contributo degli inceneritori è pari solo allo 0,03% (contro il 53,8% delle combustioni commerciali e residenziali), per gli Idrocarburi Policiclici Aromatici (Ipa) è pari allo 0,007% (contro il 78,1% delle combustioni residenziali e commerciali) e per le diossine ed i furani si attesta allo 0,2% (contro il 37,5% delle combustioni residenziali e commerciali).

L’85% delle ceneri pesanti prodotte dalla combustione, inoltre, sono ormai interamente avviate a processi di riciclaggio, con ulteriori miglioramenti degli impatti ambientali rispetto all’utilizzo delle materie vergini in attività quali la produzione di cemento e la realizzazione di sottofondi stradali.

Se consideriamo, inoltre, che la produzione di energia viene, in alternativa, prodotta con il gas o il carbone, non possiamo non considerare che queste tipologie di combustibili portano con loro il rilascio di inquinanti che contribuiscono all’effetto serra.


Vediamo come funziona un impianto di termovalorizzazione

I rifiuti non riciclabili vengono conferiti all’inceneritore e scaricati nella vasca di raccolta e miscelazione. Da lì vengono caricati nelle caldaie delle linee di combustione, la cui temperatura è regolata a oltre 1.000 gradi, per l’ossidazione completa dei rifiuti.

Il calore prodotto dalla combustione genera vapore ad alta pressione, che viene immesso in un turbogeneratore per la produzione di energia elettrica e, successivamente, utilizzato per scaldare l’acqua che alimenta la rete del teleriscaldamento della città.

Ogni linea di combustione ha un trattamento fumi dedicato e già nella camera di combustione i fumi vengono trattati con ammoniaca, per abbattere gli ossidi di azoto.

Successivamente passano attraverso un sistema catalitico per l’ulteriore riduzione degli ossidi di azoto e di ammoniaca.

In uscita dal circuito della caldaia, arrivano a un sistema di depurazione e filtrazione, che trattiene i microinquinanti, tra cui metalli pesanti, diossine e furani.

I fumi depurati passano attraverso filtri a maniche, che trattengono tutte le polveri in sospensione, e quindi convogliati al camino.



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