DIVIDE ET IMPERA: NON SEMPRE FUNZIONA IN AZIENDA. VEDIAMO PERCHÉ

Management
rMIX: Il Portale del Riciclo nell'Economia Circolare - Divide et Impera: non Sempre Funziona in Azienda. Vediamo Perché

La strategia di mettere in competizione tra loro le risorse umane può avere dei limiti e dei pericoli

di Marco Arezio

Nel mondo del lavoro la competizione è una cosa naturale e sana, dove i colleghi cercano di competere per migliorare la loro posizione lavorativa, economica e di prestigio.

Ci sono persone più ambiziose che vedono precisamente i loro obbiettivi e cercano a tutti i costi di raggiungerli, mentre altre cercano di avere rapporti stabili, rutinari evitando scontri e dispute.

La capacità del manager di valutare queste differenze caratteriali all’interno del team di lavoro, è importante per finalizzare i propri obbiettivi e per mantenere una stabilità e una continuità nel gruppo.

La prima analisi da fare riguarda il numero degli elementi definiti “ambiziosi” rispetto agli altri e la qualità della loro determinazione, in modo da valutare le eventuali ripercussioni nel team.

In ogni gruppo di lavoro si forma naturalmente una piramide gerarchica, anche non dichiarata, dove uno o più elementi trascinano la squadra verso gli obbiettivi aziendali.

Il manager dovrebbe valutare le conseguenze di questa o queste leaderships, inclusi i risvolti produttivi e relazionali che tali elementi potrebbero creare.

Per fare questo è bene conoscere gli aspetti caratteriali dei componenti della squadra, in quanto la convivenza tra gli elementi del team è un fattore da tenere in considerazione per i risultati finali.

I collaboratori possono accettare di buon grado imposizioni fatte dal manager da cui dipendono gerarchicamente, inserito ufficialmente nell’organigramma aziendale, ma possono non gradire gli ordini comunicati da un collega considerato al loro stesso livello.

In situazioni simili si vedono spesso managers che seguono strategie di gestione dei collaboratori differenti.

Una strategia può seguire il motto antico divide et Impera, che tende a lasciare nel gruppo più di un leader, con la conseguenza di vedere crescere la competitività tra i colleghi, le lotte dichiarate o sotterranee, la creazione di fazioni più facili da controllare e che non intaccano il suo potere.

Il manager in questo caso interviene, normalmente, solo quando il tenore delle dispute superano un certo limite o la situazione, legata ai risultati aziendali, impone un intervento per spronare gli elementi.

E’ scelta solitamente da managers, le cui ambizioni verso i risultati aziendali e il prestigio personale superano qualsiasi necessità di rapporti umani, tendendo a distribuire in modo parsimonioso riconoscenze mirate al mantenimento di un gruppo efficiente ma conflittuale.

La seconda strategia tende invece ad eleggere un leader nel gruppo, che sia ambizioso ma non narciso, che si preoccupi di coinvolgere i colleghi nei successi e nel prestigio dei risultati, imparando a fare il manager.

In questo modo si avrà un gruppo più coeso, forse un po' meno competitivo, ma più efficiente nel lungo periodo, con un turnover delle risorse umane più basso e meno dispersione di conoscenze.

Il manager che segue questa strada è coinvolto umanamente con le persone del proprio team, le frequenta, è empatico e collaborativo, corretto e affidabile.

Si crea un clima di fiducia reciproca, di chiarezza e distensione che spronano i lavoratori ad impegnarsi per mantenere uno status quo lavorativo, apprezzabile e di valore.

Consigliare quale sia la strategia migliore, tra quelle che abbiamo visto, per la gestione della forza lavoro è del tutto personale, in quanto il carattere del manager influenzerà la scelta.

Non si può dire, come si crede, che quella del Divide et Impera possa essere sempre la migliore, in quanto bisogna valutare i rischi che l’estrema competizione tra i lavoratori possa portare.

I pericoli possono venire da forme di invidia che potrebbero spingere, alcuni lavoratori non considerati o esclusi dalla competizione, a forme di ritorsioni, più o meno blande, con la compromissione dei risultati generali.

Un altro pericolo è l’abbandono del posto di lavoro da parte di alcuni elementi che mal sopportano un ambiente teso e conflittuale, con il rischio di un turnover alto e la perdita delle conoscenze acquisite dai lavoratori che lasciano, con le difficoltà dell’azienda a trovare elementi validi.




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