Ricevette il Premio Nobel per aver inventato il polipropilene Conosciamolo megliodi Marco ArezioAttraverso lo studio delle macromolecole e dei “catalizzatori dei polimeri” Giulio Natta intuì la potenzialità della chimica applicata alla plastica. Giulio Natta nacque a Porto Maurizio (I) il 26 Febbraio del 1903 da Francesco Maria, magistrato e da Elena Crespi che si adoperò per l’educazione di Giulio nella tenera età. Si diplomò con largo anticipo all’età di 16 anni al liceo classico di Genova specializzandosi successivamente in matematica. Nel 1921 si iscrisse alla facoltà di ingegneria industriale presso il Politecnico di Milano dove fu assistente del professor Bruni presso il dipartimento di chimica generale. Sempre in anticipo sui tempi nel 1924 si laureò a soli 21 anni. Accettò poi nel 1925 una borsa di studio a Friburgo in Germania, presso il laboratorio del professor Seemann, occupandosi di macromolecole. E’ qui che natta intuì l’importanza e la potenzialità delle macromolecole che continuò a studiare al suo ritorno a Milano studiando la struttura cristallina dei polimeri. Tra il 1925 e il 1932 fu professore di chimica al politecnico di Milano e nel 1933 vinse il concorso per diventare professore di chimica generale presso l’università di Pavia e nel 1935 passò a all’università La Sapienza di Roma e nel 1937 al Politecnico di Torino. L’anno successivo ritornò al Politecnico di Milano che lasciò dopo 35 anni nel 1973. Durante questa lunga carriera Natta poté sperimentare numerosi studi come la produzione di Butadiene, collaborò con la ditta Montecatini dedicandosi quasi esclusivamente alla chimica industriale. Dal 1952 Natta cominciò ad interessarsi alle scoperte di Karl Ziegler il quale nel 1953 riuscì a sintetizzare il polietilene lineare, mentre l’anno successivo Natta riuscì a produrre i primi campioni di polipropilene. La Montecatini a questo punto patrocinò la collaborazione tra i due scienziati portando alla creazione di un laboratorio internazionale che coinvolse molti studiosi che portò alla scoperta dei polimeri isotattici, registrati con il nome commerciale di Moplen. La scoperta dei catalizzatori Ziengler-Natta fruttò ad entrambi il premio Nobel per la chimica nel 1963. Ma cosa scoprirono esattamente i due scienziati tanto da vincere il premio Nobel? Nel 1953 Karl Ziegler scopri che una miscela di TiCl4 e AlEt3 (alluminio trietile) catalizzava la polimerizzazione dell’etilene in polietilene. Giulio Natta scoprì che questo catalizzatore non era utilizzabile per la produzione di polimeri del polipropilene, infatti, con questo catalizzatore si ottenevano solo oligomeri del propilene ad elevato contenuto atattico. Nel 1954 Natta e Ziegler scoprirono una nuova ricetta di Dietil Alluminio Cloruro e DEAC che dava una elevata resa di polipropilene isotattico. A questo punto la Montecatini iniziò la produzione industriale con un notevole successo commerciale.Categoria: notizie - tecnica - plastica - giulio natta - PP - storia
SCOPRI DI PIU'Una pista ciclo-pedonale sopraelevata che corre tra gli alberi, poggiata su due file parallele di piante che fungono da pilastri, sarà probabilmente un’esperienza fantastica.Abbiamo passato la seconda metà del secolo scorso nella più sfrenata cementificazione del suolo, creando città dormitorio, periferie squallide, consumato spazi verdi e costruendo senza anima. Un’edilizia anche senza cuore, fatta per il denaro e non per l’uomo, dove si consumavano le vite tra lavoro, impegni, sacrifici e poche speranze, vivendo in edifici spersonalizzati lontani dalla natura. La natura, questo è il punto. Abbiamo tentato di cancellare il rapporto primario tra l’uomo e l’ambiente, riempendolo di cemento, asfalto, macchine in una sequenza continua. Durante gli ultimi 10 anni le esigenze della popolazione sono cambiate, l’attenzione all’ambiente è diventata una spinta propulsiva e il controesodo dalle città, in cerca di abitazioni a misura d’uomo, ha fatto riflettere i progettisti e i costruttori. Una nuova esigenza abitativa ma anche sociale, con la necessità di ripensare un’urbanizzazione meno cemento-centrica, a favore di spazi verdi in cui ripristinare un equilibrio con se stessi e con il mondo. In questa filosofia si inserisce il progetto dello studio CRA-Carlo Ratti Associati e l'organizzazione no-profit GAL “The Tree Path”, che ha pensato a un percorso sopraelevato per pedoni e ciclisti supportato da più di mille alberi, come ci racconta Cuoghi Dalila. Il percorso sensoriale conduce a Sabbioneta, patrimonio mondiale dell'UNESCO nel nord Italia, ed è stato sviluppato in stretta collaborazione con OLA, il massimo esperto di una tecnica di costruzione che utilizza gli alberi come elementi architettonici. Arrivare a Sabbioneta, uno dei più famosi siti Patrimonio dell'Umanità dell'UNESCO, in bicicletta, lungo una pista ciclo-pedonale sopraelevata che corre tra gli alberi, poggiata su due file parallele di piante che fungono da pilastri, sarà probabilmente un’esperienza fantastica. Una soluzione sostenibile e smart al tempo stesso: le persone possono camminare o andare in bicicletta su una piattaforma rialzata tra le cime degli alberi, mentre i sensori integrati nel verde tracciano le condizioni ambientali in tempo reale. Indissolubile rapporto tra architettura e natura Il sentiero degli alberi si snoda verticalmente su tre diversi livelli, salendo fino a sei metri dal suolo, aggirando il traffico stradale e i corsi d'acqua. Il percorso incorpora sensori digitali per misurare molteplici fattori nell'atmosfera, dall'inquinamento atmosferico allo stato di salute e crescita dei singoli alberi. I sensori aiuteranno anche a garantire che tutti gli organismi viventi lungo il percorso possano rispondere alle mutevoli condizioni ambientali o ai carichi strutturali, realizzando una visione di "Internet degli alberi". In questo progetto lo studio CRA segue OLA - Office for Living Architecture, l’ufficio specializzato nella tecnica del Baubotanik con il quale CRA ha collaborato per questo progetto. In passato loro hanno usato con funzione strutturale specie diverse come salice, platano, pioppo, betulla e carpino. Tutti alberi sufficientemente flessibili e vigorosi con cortecce sottili che possono essere facilmente innestate. Una volta piantumati gli alberi, quanto tempo bisognerà attendere per il loro accrescimento affinché possa essere realizzata la passerella? Questa è una caratteristica molto interessante del progetto. Non si seguiranno i ritmi della costruzione umana, ma quelli della natura. Ovviamente la tecnica del Baubotanik prevede un accompagnamento della crescita degli alberi, in modo che quest’ultimo processo possa dispiegarsi in parallelo a un sostegno sempre più solido della struttura. Si tratta di un modo di pensare l’architettura su tempi lunghi: un antidoto a certe costruzioni frettolose… Con quali materiali sarà realizzata la passerella sospesa? In questa fase di concept abbiamo ipotizzato una leggera struttura metallica, sulla quale si innestino materiali organici – legno, micelio e altro. La passerella sarà completamente sostenuta dagli alberi o sono comunque previste opere puntuali di sostegno realizzate con altri materiali? Soprattutto all’inizio ci saranno anche strutture temporanee di sostegno – il mondo del naturale e dell’artificiale che si danno la mano! Foto: studio CRA-Carlo Ratti Associati
SCOPRI DI PIU'Polimeri nel campo dell’ecologiadi Marco ArezioCi sono i campi di applicazione tradizionali dei polimeri plastici che tutti conosciamo, permettendoci di usare i prodotti plastici quotidiani, poi ci sono campi di utilizzo davvero impensabili. Secondo le informazioni dell’Universitàdi Iztapalapa in Messico, un team di ricercatori universitari, capeggiato dalla Dott.ssa Judith Cardoso, sta studiando gli impieghi di vari polimeri e biopolimeri, per migliorare le performance di alcune operazioni di carattere ecologico. Due di questi progetti riguardano la pulizia dei pozzi profondi e il trattamento dell’acqua di scarto proveniente dai lavaggi delle auto che sono notoriamente contaminate. Nel caso dell’autolavaggio si trattava di poter gestire i materiali di scarto, di origine biologica e trasportati dall’acqua, attraverso il legame con un polimero, creando dall’unione, un elemento pesante che scendesse sul fondo delle vasche di raccolta, consentendo così di pulire l’acqua. Questo nuovo composto può essere definito un fango che ha caratteristiche tali da poter essere utilizzato per il compostaggio. Nel caso della purificazione dei pozzi di acqua dai metalli pesanti, quali il Cromo 6 e l’arsenico, il gruppo di ricerca, in collaborazione con il National Polytechnic Istitute (IPN), sta sperimentando l’impiego di resine a base di polimeri. Questo studio vuole trovare una soluzione per l’estrazione dell’acqua in assenza dei due inquinanti, che sono facilmente presenti nei pozzi in aree semi-aride. Il processo prevede inoltre l’impiego della tecnologia di elettrodeionizzazione in una cella elettrochimica. Un altro studio su cui si stanno concentrando i ricercatori è quello di riuscire ad immagazzinare, nelle resine riciclate, una certa quantità di CO2 con lo scopo di produrre un abbattimento di quella circolante e, inoltre, creare resine con un maggior valore aggiunto. Infatti, se si riuscisse a trovare un metodo industriale di immagazzinamento della CO2 nelle resine riciclate, si creerebbero delle basi polimeriche che si potrebbero trasformare, secondo i ricercatori, in etanolo metanolo e biocarburanti od altri composti da utilizzare come materie prime.Categoria: notizie - polimeri - economia circolare - riciclo - rifiuti - ecologia
SCOPRI DI PIU'Un composto polimerico di estrema importanza per gli usi più disparati a cui è destinato, ma con un complicato rapporto con il riciclo di Marco ArezioUna resina epossidica è un tipo di polimero termoindurente che, una volta miscelato con un indurente, subisce una reazione chimica chiamata "reticolazione". Questo processo trasforma la resina da uno stato liquido o viscoso a uno stato solido e rigido. Le principali caratteristiche e aspetti delle resine epossidiche:Struttura Molecolare Le resine epossidiche contengono gruppi epossidici (un atomo di ossigeno legato a due atomi di carbonio adiacenti in una catena) che sono reattivi e permettono la reticolazione con vari indurenti. Indurenti Perché una resina epossidica si indurisca, deve essere miscelata con un indurente (o agente di reticolazione). Questo indurente reagisce con i gruppi epossidici della resina, formando una struttura tridimensionale solida. Proprietà Una volta reticolate, le resine epossidiche hanno eccellenti proprietà meccaniche, resistenza chimica e adesione. Sono anche elettricamente isolanti. Applicazioni A causa delle loro ottime proprietà, le resine epossidiche sono utilizzate in una vasta gamma di applicazioni, come adesivi, rivestimenti, compositi rinforzati con fibre, circuiti stampati e molto altro. Manipolazione Le resine epossidiche possono essere modificate per avere proprietà specifiche. Ad esempio, possono essere formulate per avere tempi di indurimento rapidi o lenti, o per resistere a temperature estreme. Estetica Esistono resine epossidiche trasparenti che sono utilizzate in applicazioni artistiche e decorative, come rivestimenti per tavoli o creazioni di gioielli. È importante notare che, una volta che una resina epossidica è completamente reticolata, diventa termoindurente. Ciò significa che, a differenza dei polimeri termoplastici, non può essere rifusa o modellata con l'applicazione di calore. Le resine epossidiche riciclate La ricerca sulle resine epossidiche riciclabili è al centro di grandi interessi negli ultimi anni. Questi tipi di polimeri, come abbiamo detto, sono termoindurenti, il che significa che una volta reticolate o indurite, non possono essere facilmente riciclate o riprocessate. Tuttavia, ci sono studi volti a sviluppare resine epossidiche "riciclabili" o "riproducibili" che possono quindi essere depolimerizzate o riportate a uno stato liquido dopo il processo di reticolazione. Alcune di queste resine epossidiche riciclabili sono state progettate per depolimerizzarsi attraverso specifici stimoli, come il calore o l'esposizione a certi prodotti chimici. L'idea dietro questi materiali è che, una volta depolimerizzati, possano essere riciclati. Ricerche sulle resine episodiche riciclate Le resine epossidiche sono ampiamente utilizzate in una varietà di applicazioni industriali in virtù delle loro ottime proprietà meccaniche di adesione e di resistenza chimica. Tuttavia, una delle principali sfide associate a queste resine è la difficoltà nel loro riciclo a causa della loro natura termoindurente. Diverse soluzioni di riciclo sono state proposte per risolvere il problema: Depolimerizzazione chimica Questo processo coinvolge l'uso di agenti chimici per rompere i legami crociati nella rete epossidica. Una volta depolimerizzate, le resine possono essere potenzialmente riprocessate. Reticolazione dinamica Alcune resine epossidiche sono state modificate per avere legami crociati dinamici che possono scambiarsi sotto determinate condizioni. Ciò significa che possono essere reticolate (indurite) e poi "de-reticolate" quando esposte a determinati stimoli come calore o luce. Riciclo meccanico Invece di cercare di depolimerizzare la resina, questo approccio si concentra sul triturare o frantumare il materiale epossidico indurito in particelle, che possono poi essere riutilizzate come riempitivi o rinforzi in nuovi compositi. Recupero di riempitivi e rinforzi In molti compositi epossidici, la matrice epossidica è solo una componente. Altri componenti, come fibre di carbonio o vetro, possono essere recuperati dal composto e riutilizzati. La ricerca in questo campo è in continua evoluzione. Mentre alcune di queste tecniche sono ancora in fase di sviluppo e potrebbero non essere commercialmente pronte o economicamente fattibili su larga scala, rappresentano comunque importanti passi avanti verso una maggiore sostenibilità nel campo dei materiali epossidici. Storia delle resine epossidiche Le resine epossidiche sono polimeri che sono diventati fondamentali in molte industrie per le loro eccezionali proprietà meccaniche, di adesione e di resistenza chimica. Ecco una breve storia delle resine epossidiche: Primi anni (1930-1940) Le resine epossidiche furono sviluppate per la prima volta negli anni '30. Il chimico svizzero Paul Schlack è spesso accreditato per aver realizzato la prima resina epossidica mentre lavorava per la società tedesca IG Farben. Poco dopo, negli Stati Uniti, la Devoe & Raynolds Company iniziò a sviluppare resine epossidiche basate su bisfenolo A e epossicloridrina. Seconda guerra mondiale Durante la seconda guerra mondiale, c'era un crescente bisogno di materiali ad alte prestazioni, e le resine epossidiche iniziarono a essere utilizzate in applicazioni militari. Anni '50 e '60 Dopo la guerra, la produzione e l'utilizzo delle resine epossidiche si espansero notevolmente. Furono sviluppati nuovi tipi di resine e indurenti, portando a una vasta gamma di proprietà e applicazioni. Durante questo periodo, le resine epossidiche divennero popolari come adesivi strutturali e come matrici per compositi rinforzati con fibra. Anni '70 La crescente consapevolezza ambientale portò alla ricerca di sistemi epossidici senza solventi e a basso contenuto di composti organici volatili (COV). Durante questo periodo, le resine epossidiche divennero anche fondamentali nella produzione di circuiti stampati. Anni '80 e '90 L'industria aerospaziale ha iniziato a utilizzare in modo significativo le resine epossidiche per compositi leggeri e ad alte prestazioni. La ricerca si concentrò anche sul miglioramento delle proprietà termiche e sulla riduzione delle tensioni interne durante la reticolazione. 2000 – Oggi Con la crescente necessità di materiali sostenibili, c'è stato un interesse nella ricerca di resine epossidiche riciclabili o biodegradabili. La tendenza alla miniaturizzazione in elettronica ha anche portato a resine epossidiche con proprietà specifiche per applicazioni come l'incapsulamento di semiconduttori. Oggi, le resine epossidiche sono onnipresenti in molte industrie, da quelle edilizie e navali, all'elettronica, all'aerospaziale, e oltre. Le continue innovazioni e la ricerca in questo campo continuano a espandere le potenzialità e le applicazioni di questi versatili materiali. Dove vengono impiegate le tesine epossidiche Le resine epossidiche sono utilizzate in una vasta gamma di applicazioni. Ecco alcune delle principali applicazioni delle resine epossidiche: Adesivi Questi polimeri sono notevolmente adesivi e sono utilizzati come collanti strutturali per molte applicazioni industriali. Possono aderire a una vasta gamma di materiali, compresi metalli, plastica, legno e ceramica. Rivestimenti Le resine epossidiche sono utilizzate per rivestire pavimenti industriali e commerciali, offrendo resistenza all'abrasione, resistenza chimica e una facile pulizia. Compositi Questi polimeri sono spesso utilizzati come matrice in compositi rinforzati con fibre, come quelli con fibre di carbonio o fibra di vetro. Queste applicazioni sono comuni in settori come l'aerospaziale, l'automotive e lo sport. Circuiti stampati Le resine epossidiche sono un componente fondamentale nella produzione di circuiti stampati utilizzati in elettronica. Protezione Le resine epossidiche sono utilizzate per proteggere componenti elettronici sensibili, isolandoli dall'ambiente esterno. Strutture marine Grazie alla loro resistenza chimica, le resine epossidiche sono utilizzate per la riparazione e la protezione di strutture marine, come scafi di barche. Riparazioni A causa della loro forte adesione e delle loro proprietà strutturali, le resine epossidiche sono spesso utilizzate per la riparazione di una varietà di oggetti, compresi quelli fatti di metallo, ceramica e legno. Attività dentistiche Alcuni tipi di resine epossidiche sono utilizzati in odontoiatria per riempimenti e adesivi. Arte e artigianato Le resine epossidiche trasparenti sono diventate popolari nell'arte e nell'artigianato, utilizzate per creare gioielli, mobili, opere d'arte e altri oggetti artistici. Strutture in calcestruzzo Le resine epossidiche sono utilizzate per la riparazione, il rafforzamento e la protezione delle strutture in calcestruzzo.
SCOPRI DI PIU'E’ stato un legante essenziale per lo sviluppo di città e vie di comunicazione, fino ai giorni nostri con i nuovi calcestruzzi ecosostenibilidi Marco ArezioSi può dire che il legante cementizio, noto come calcestruzzo, sia stato davvero una rivoluzione sin dalle epoche più antiche, per la crescita dei popoli, migliorando la solidità e il confort abitativo delle case, costruendo linee di comunicazioni più efficienti e sicure e creando monumenti che la storia ci ha donato perché solidi e duraturi. Dai Romani al XXI° Secolo La storia del calcestruzzo risale a molti secoli fa, a partire dalle antiche civiltà dell'Egitto e della Mesopotamia, dove veniva utilizzato, anche se con una ricetta grezza, per creare strutture come le piramidi e i templi. Tuttavia, la vera diffusione del calcestruzzo, come materiale da costruzione, avvenne durante l'Impero Romano. Questi, infatti, svilupparono una ricetta che includeva l'uso di calce, sabbia, acqua e una forma di pozzolana, un tipo di cenere vulcanica. L'opus caementicium era molto versatile e veniva utilizzato per creare strutture come ponti, acquedotti, basiliche, anfiteatri e persino l'imponente Colosseo. La sua versatilità e resistenza gli permisero di sopportare pesanti carichi e di resistere all'usura del tempo. Per ottenere l'opus caementicium, veniva preparato un impasto utilizzando una miscela di calce (calce viva o idrata) e sabbia. Successivamente, si aggiungeva acqua per creare una pasta lavorabile e la pozzolana, aggiunta come materiale legante, conferiva al calcestruzzo una maggiore resistenza e durabilità. Un altro tipo di calcestruzzo utilizzato dagli antichi Romani era l'"opus reticulatum". Questo stile di muratura consisteva in una disposizione di piccoli blocchi di calcestruzzo rettangolari, generalmente posti a formare un motivo reticolare. L'opus reticulatum veniva spesso utilizzato per rivestire le superfici esterne delle strutture in muratura, conferendo loro un aspetto distintivo. In sintesi, l'uso del calcestruzzo durante l'epoca romana fu un importante contributo all'architettura e all'ingegneria. La combinazione di calce, sabbia, acqua e pozzolana permise ai Romani di realizzare strutture durature e resistenti, lasciando un'eredità che ancora oggi si può ammirare in molte rovine romane. Dopo la caduta dell'Impero Romano, l'uso del calcestruzzo diminuì notevolmente in Europa occidentale durante il periodo medievale. Tuttavia, in altre parti del mondo, come nell'architettura islamica e nell'architettura bizantina, il calcestruzzo continuò ad essere utilizzato. Durante la Rivoluzione Industriale, questo legante conobbe una rinascita grazie ai progressi nella tecnologia di produzione del cemento. Nel XIX secolo, l'ingegnere francese Joseph-Louis Lambot sviluppò il cemento armato, una combinazione di calcestruzzo e acciaio, che rese possibile la costruzione di strutture ancora più resistenti. Nel 1848, Lambot creò un piccolo battello di calcestruzzo armato che presentò all'Esposizione Universale di Parigi. Questa invenzione fu il primo utilizzo documentato di cemento armato. Lambot incorporò una struttura di ferro all'interno dell’impasto per aumentarne la resistenza e la durabilità, aprendo la strada a un nuovo modo di costruire. L'idea di Lambot non ottenne subito grande riconoscimento, ma il suo lavoro aprì la strada a ulteriori sviluppi nell'utilizzo del cemento armato. Successivamente, nel corso del XX secolo, ingegneri come François Hennebique e Auguste Perret perfezionarono e diffusero l'uso del cemento armato, contribuendo alla sua adozione su larga scala nell'industria delle costruzioni. Da allora, il calcestruzzo è diventato uno dei materiali da costruzione più utilizzati al mondo, ed ampiamente impiegato per la costruzione di edifici, strade, dighe, ponti e molte altre infrastrutture. Negli ultimi decenni, sono state sviluppate nuove tecnologie per migliorare le prestazioni del prodotto, come l'uso di additivi per aumentarne la resistenza e la durabilità. In sintesi, la storia del calcestruzzo è una lunga e affascinante evoluzione, che ha visto questo materiale diventare uno dei pilastri della moderna ingegneria e dell'architettura. Cosa è il calcestruzzo riciclato Il calcestruzzo riciclato è un tipo di legante ottenuto tramite il riciclaggio dei materiali di scarto, provenienti dalla demolizione o dalla rottura di strutture di calcestruzzo esistenti. Il processo di riciclaggio del calcestruzzo comporta solitamente la frantumazione delle porzioni di calcestruzzo di scarto in pezzi più piccoli, che vengono quindi selezionati in base alla dimensione e alla qualità. Dopo la selezione, i frammenti di calcestruzzo vengono lavati per rimuovere eventuali impurità e contaminanti. A questo punto, il materiale riciclato può essere utilizzato come aggregato per la produzione di nuovo calcestruzzo. L'utilizzo del calcestruzzo riciclato offre diversi vantaggi ambientali ed economici. Innanzitutto, consente di ridurre la quantità di rifiuti che finiscono nelle discariche, contribuendo così alla sostenibilità ambientale. Inoltre, l'utilizzo del calcestruzzo riciclato richiede meno energia e risorse rispetto alla produzione di uno vergine, riducendo l'impatto ambientale complessivo. Dal punto di vista economico, il calcestruzzo riciclato può essere un'opzione più conveniente rispetto al quello vergine, contribuendo a ridurre i costi di costruzione. Tuttavia, è importante tenere presente che il calcestruzzo riciclato potrebbe avere alcune limitazioni in termini di resistenza e qualità rispetto al calcestruzzo vergine. Pertanto, è necessario un adeguato controllo di qualità e la valutazione delle caratteristiche specifiche del calcestruzzo riciclato per garantirne l'idoneità all'uso in progetti specifici. Quali differenze tecniche esistono tra il calcestruzzo riciclato e quello con inerti naturali Il calcestruzzo riciclato, rispetto a quello realizzato con inerti naturali, può presentare alcune differenze tecniche e di prestazioni. Ecco alcune tra le più comuni: Composizione Il calcestruzzo riciclato utilizza inerti provenienti da materiali di scarto di strutture in cemento demolite, mentre quello con inerti naturali utilizza inerti provenienti da materiali naturali, come ghiaia e sabbia. Qualità degli inerti Gli inerti riciclati possono contenere impurità e contaminanti residui, come vernici, rivestimenti o materiali di rinforzo. Questi residui potrebbero influire sulla qualità e sulla resistenza del calcestruzzo riciclato. Nel calcestruzzo con inerti naturali, gli aggregati tendono ad essere di qualità controllata e privi di contaminanti. Resistenza A causa delle possibili impurità e della variabilità degli inerti riciclati, il calcestruzzo riciclato potrebbe presentare una resistenza leggermente inferiore rispetto a quello con inerti naturali. Tuttavia, con un adeguato controllo di qualità e una corretta selezione degli inerti riciclati, è possibile ottenere livelli di resistenza simili al calcestruzzo tradizionale. Durabilità La durabilità del calcestruzzo riciclato dipende dalla qualità degli inerti utilizzati e dalle caratteristiche del materiale di scarto riciclato. Alcuni studi suggeriscono che il calcestruzzo riciclato potrebbe essere meno resistente all'azione degli agenti aggressivi come la corrosione delle armature o l'attacco chimico rispetto al calcestruzzo con inerti naturali. Tuttavia, è possibile adottare misure correttive come l'uso di additivi o trattamenti superficiali per migliorare la durabilità del calcestruzzo riciclato. Sostenibilità Dal punto di vista ambientale, il calcestruzzo riciclato offre un vantaggio significativo rispetto a quello con inerti naturali, in termini di riduzione dei rifiuti di demolizione e dell'impatto ambientale complessivo legato all'estrazione di materiali naturali. Pertanto, il calcestruzzo riciclato è spesso considerato una scelta più sostenibile. Dove è consigliabile utilizzare il calcestruzzo riciclato Il calcestruzzo riciclato può essere utilizzato in diversi contesti e applicazioni. Ne riportiamo alcuni a livello esemplificativo: Strade e pavimentazioni Il calcestruzzo riciclato può essere utilizzato per la realizzazione di strade, autostrade, marciapiedi e altre pavimentazioni. In questi contesti può offrire una soluzione economicamente vantaggiosa e sostenibile, riducendo l'utilizzo di materiali vergini e la quantità complessiva di rifiuti di costruzione. Opere di ingegneria civile Può inoltre essere impiegato nella costruzione di opere di ingegneria civile come muri di sostegno, ponti, dighe e opere di drenaggio. Tuttavia, è importante valutare attentamente le specifiche tecniche richieste per il progetto e garantire che il calcestruzzo riciclato soddisfi i requisiti di resistenza e durabilità. Elementi prefabbricati Si può anche utilizzare per la produzione di elementi prefabbricati come blocchi di calcestruzzo, pavimenti prefabbricati, travi e pilastri. Il suo utilizzo, nella produzione di elementi prefabbricati, può contribuire alla riduzione dei costi di produzione e all'impatto ambientale complessivo. Opere di riqualificazione e ristrutturazione Il calcestruzzo riciclato può essere una scelta appropriata durante i progetti di riqualificazione o ristrutturazione, in cui sono disponibili materiali di scarto provenienti dalle strutture demolite. L'utilizzo del della versione riciclata, può ridurre la necessità di acquistare calcestruzzo vergine e contribuire alla sostenibilità del progetto. Quali paesi utilizzano maggiormente il calcestruzzo riciclato L'utilizzo del calcestruzzo riciclato ha avuto origine negli anni '70, quando si è iniziato a sperimentare ed adottare metodi per riciclare i materiali di scarto provenienti dalla demolizione delle strutture in calcestruzzo. Tuttavia, l'adozione su larga scala del calcestruzzo riciclato è avvenuta successivamente, negli anni '80 e '90, con lo sviluppo di tecniche più avanzate di triturazione, selezione e produzione di calcestruzzo riciclato. L'uso del calcestruzzo riciclato si è diffuso in vari paesi nel corso degli anni. Alcuni dei paesi in cui l'utilizzo del prodotto riciclato è particolarmente diffuso sono: Stati Uniti Gli Stati Uniti sono stati tra i pionieri nell'utilizzo del calcestruzzo riciclato. Negli anni '80, il riciclaggio del prodotto è stato ampiamente adottato in molti stati americani, per affrontare il problema dei rifiuti da costruzione e promuovere la sostenibilità ambientale. Paesi Europei Diversi paesi europei hanno adottato l'uso del calcestruzzo riciclato in modo significativo. Ad esempio, Paesi Bassi, Germania, Regno Unito, Francia e Svezia hanno incorporato il prodotto ecosostenibile nelle loro prassi di costruzione e nelle normative ambientali. Giappone Il Giappone ha sviluppato tecniche avanzate per il riciclaggio del calcestruzzo e ha fatto ampio uso del prodotto nella costruzione di strade e infrastrutture, soprattutto a partire dagli anni '90. Australia L'Australia ha fatto progressi significativi nell'utilizzo del calcestruzzo riciclato, soprattutto per la realizzazione di pavimentazioni stradali e infrastrutture. Numerose iniziative e progetti sono stati promossi per ridurre l'uso di materiali vergini e favorire l'impiego di quelli riciclati.
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