Qualità tecnica dei tessuti non tessuti, campi di applicazione, circolarità delle materie prime ed impronta carbonica ridottadi Marco ArezioLo spunbond dell’azienda di cui parliamo oggi, è un tessuto non tessuto in polipropilene riciclato che viene realizzato utilizzando, in produzione, solo energia rinnovabile. Lo Spunbond in PP è un materiale leggero ma incredibilmente resistente, appartenente al gruppo dei tessuti sintetici, oggi anche riciclati, omogeneo e sulla superficie è visibile un debole effetto geometrico. Questo tipo di tessuto non tessuto in polipropilene è impiegato in moltissimi campi applicativi, come quello dell’edilizia, dell’automotive, dei tessuti commerciali, dei mobili, dei materassi, nell’agricoltura, nell’industria, nel settore sanitario e in molti altri casi. Ma come si produce un tessuto non tessuto in polipropilene riciclato attraverso la tecnica dello spunbond? Rispetto alla filiera di produzione di un tessuto non tessuto in PP vergine attraverso la tecnica dello spunbond, volendo produrre un prodotto riciclato, si dovrà partire dalla raccolta degli scarti di produzione o di altri canali che forniscono il tessuto non tessuto in PP a fibre. Gli scarti dei tessuti non tessuti verranno macinati, in dimensioni sufficientemente piccole da permettere un lavaggio del materiale, se questo fosse necessario, e successivamente densificati per aumentare il peso del materiale riciclato che dovrà essere lavorato nell’estrusore. Se utilizzeremo esclusivamente scarti da lavorazioni industriali, sarà possibile evitare il lavaggio del materiale in quanto il suo ciclo di vita non ha avuto contaminazioni esterne. Utilizzando la tecnologia termica di estrusione, lo scarto dei tessuti non tessuti in PP viene fuso e, attraverso un processo di filatura, si realizzano le fibre di PP che daranno vita al nuovo materiale. Successivamente le fibre, disposte in maniera casuale su un trasportatore, verranno riscaldate per calandratura realizzando un unico velo continuo. Il tessuto non tessuto prodotto con la tecnica dello spunbond ha notevoli vantaggi tecnici, in quanto ha una grande resistenza a trazione longitudinale e trasversale, è permeabile all’acqua, al vapore e all’aria, resiste agli acidi, è anallergico, non irritante e adattabile ai diversi settori di applicazione. La novità che la Radici Group, produttore dello spunbond con materiali riciclati, vuole sottolineare non è solo quella di aver studiato e industrializzato un tessuto non tessuto con in polipropilene di recupero, in percentuali differenti in base alla tipologia di prodotto da realizzare, ma che questa produzione venga fatta utilizzando al 100% energia proveniente da fonti rinnovabili. L’azienda ha dimostrato che una percentuale variabile di materiale riciclato dal 50 al 70%, porta una riduzione delle emissioni di CO2 dal 30 al 40% circa, rispetto a un tessuto realizzato a partire completamente da materiali vergini, senza compromessi sulle performance tecniche che restano elevate. Inoltre Radici Group, avendo aderito allo schema ISCC PLUS (International Sustainability and Carbon Certification), può proporre non tessuti spunbond e meltbown realizzati in polipropilene bio, bio-circolare o circolare, dove il materiale sostenibile è allocato tramite bilancio di massa. Si tratta di una certificazione che fornisce tracciabilità lungo la filiera, verificando che le aziende certificate soddisfino elevati standard ambientali e sociali. Il fatto che il tessuto non tessuto venga realizzato con scarti di PP riciclato non impatta negativamente nemmeno nel segmento del colore, anzi, Radici Group può offrire un’ampia cartella colori per il cliente, inoltre è possibile realizzare colori "tailor made", per soddisfare le necessità produttive.
SCOPRI DI PIU'L’incremento dell’uso del vetro si vede al supermercato. di Marco ArezioIl trend di crescita del fatturato degli imballi di vetro nelle catene di supermercati per prodotti alimentari, come evidenziato dal report di Assovetro, riflette un cambiamento significativo nei comportamenti di consumo e nelle politiche ambientali. Questo interesse rinnovato verso il vetro, anziché altri materiali come la plastica, può essere analizzato attraverso diverse lenti: ambientale, economica, e di percezione del consumatore. Contesto Ambientale e Regolamentare Il vetro, essendo completamente riciclabile, si inserisce perfettamente nella narrativa dell'economia circolare, un principio fondamentale per ridurre l'impronta ecologica e migliorare la sostenibilità. L'Europa, in particolare, ha messo in atto numerose direttive volte a ridurre la produzione di rifiuti e aumentare le quote di riciclaggio. La strategia europea per la plastica nel 2018 ha spinto molte aziende a riconsiderare le loro opzioni di imballaggio, promuovendo materiali sostenibili come il vetro. L'obiettivo dell'industria europea di raggiungere un tasso di raccolta del vetro per il riciclo del 90% entro il 2030 è un'espressione di queste politiche ambientali aggressive. Dinamiche di Mercato del VetroI dati presentati da Assovetro mostrano un incremento significativo nel fatturato di prodotti imballati in vetro in categorie diverse, da alimenti base come i sughi a prodotti più voluttuari come il vino e la birra. Questo può essere interpretato come un indicatore di una crescente preferenza dei consumatori per il vetro, visto come più sicuro, riciclabile e meno impattante rispetto alla plastica. Le aziende che operano nei settori alimentare e delle bevande stanno rispondendo a questo cambiamento con investimenti in linee di produzione per imballaggi in vetro e iniziative di marketing che sottolineano la sostenibilità del vetro.Percezione dei Consumatori sulla sostenibilità degli imballi di vetroIl rapporto sottolinea una crescente sensibilità dei consumatori verso la sostenibilità e l'impatto ambientale dei materiali di imballaggio. Anche se la preferenza per il vetro può derivare da una percezione non completamente informata dell'impatto ambientale della plastica, rappresenta comunque una spinta positiva verso materiali considerati più "puliti" e "naturali". Inoltre, il vetro è spesso percepito come un materiale che migliora l'esperienza di consumo, mantenendo meglio le proprietà organolettiche dei prodotti, soprattutto nel settore alimentare e delle bevande. Implicazioni per il Settore Retail e Produttivo I supermercati e i produttori stanno adattando le loro strategie per capitalizzare su queste tendenze. Questo include non solo l'adattamento delle linee di prodotti ma anche l'implementazione di strategie di raccolta e riciclo del vetro per ridurre i costi e migliorare l'efficienza operativa. Il successo in questi sforzi può anche essere un forte punto di differenziazione nel mercato, attrattivo per i consumatori che sono sempre più consapevoli delle questioni ambientali. Conclusione In conclusione, l'aumento del fatturato degli imballi di vetro nei supermercati riflette una trasformazione significativa nelle preferenze dei consumatori e nelle pratiche aziendali. Questo non solo cambia il panorama dei materiali di imballaggio ma segna anche un punto di svolta verso pratiche più sostenibili e responsabili. Tuttavia, affrontare la sfida di aumentare le quote di raccolta e riciclo del vetro sarà cruciale per realizzare appieno i benefici ambientali promessi da questo cambiamento.Categoria: notizie - vetro - economia circolare - rifiuti - rottameVedi maggiori informazioni sul riciclo
SCOPRI DI PIU'Lo smart working ha alimentato una socialità lavorativa immateriale come un grande social networkdi Marco ArezioIl periodo del Covid ha profondamente rivoluzionato il mondo del lavoro, non solo fisicamente, con l’adozione dello smart working in modo massiccio, ma anche mentalmente, con i lavoratori che hanno continuato a svolgere le loro mansioni da casa, in una sorta di azienda distribuita sul territorio. Le tecnologie che hanno permesso tutto ciò erano in nostro possesso da molto tempo, ma ben pochi le utilizzavano, come poi è avvenuto durante la pandemia, con gli uffici generalmente chiusi o bassamente presidiati, e il lavoro che continuava dalle singole abitazioni. La rivoluzione tecnologica del lavoro a distanza non sarebbe partita così velocemente e massicciamente se non avessimo dovuto farlo per forza, complice una serie di abitudini consolidate che hanno sempre visto, come essenziale, la socialità aziendale per produrre e controllare le attività da parte della catena aziendale. L’impostazione del lavoro pre-covid era, generalmente, differente in base alla dimensione aziendale, maggiore era la sua grandezza e la sua internazionalizzazione e più facilmente si impiegava lo smart working, viceversa, più piccola e più localizzata era l’attività e minore attitudine vi era al lavoro da remoto. Con l’effetto pandemia c’è stato un rimescolamento delle abitudini aziendali, con l’utilizzo in modo trasversale di un modello di lavoro non concentrato in azienda ma prevalentemente da casa. Le aziende si sono accorte che, salvo casi particolari, le attività potevano continuare a essere svolte senza grossi problemi, che il modello della delocalizzazione del lavoro poteva avere un effetto positivo sui costi di gestione degli immobili e che il volume di ore lavorate non calava, anche senza il controllo fisico del lavoratore, ma, in molti casi, aumentava. I collaboratori aziendali, dopo un primo periodo di assestamento, hanno trovato un equilibrio tra le attività da svolgere e l’ambiente domestico, trovando a loro volta dei vantaggi, anche economici in questo processo, che riguardavano il risparmio economico sui viaggi casa-lavoro, sull’abbigliamento e tal volta sui costi dei pranzi di lavoro. Con il passare dei mesi si è venuto a creare un modello di lavoro dove la socialità era stata messa da parte, abituandosi a considerare le ore lavorate solo come una prestazione oraria in un’azienda che era diventata immateriale. Alla fine della pandemia, molte aziende hanno mantenuto il modello del lavoro a distanza, mentre altre hanno fatto rientrare i lavoratori negli uffici per riprendere le attività in presenza. Il rientro in ufficio non è stato per tutti una cosa semplice, in quanto psicologicamente era come iniziare un lavoro in una nuova azienda, riallacciare rapporti tra i colleghi, conoscerne di altri e misurarsi con i cambiamenti caratteriali e psicologici che il lungo lavoro da casa portava con sé. La socialità dei componenti degli uffici non è più tornata quella di prima, quei meccanismi che esistevano per un certo tempo non torneranno velocemente, complici fattori di sicurezza che tendono ad isolare i lavoratori anche all’interno degli uffici. Mascherine, divisori tra le postazioni e le scrivanie, rotazione di orari, riduzione delle attività delle mense o degli incontri nella pausa pranzo, trasporti da e per il luogo di lavoro regolamentato, sono le nuove barriere. Si è, a volte, sviluppata una certa misantropia professionale attraverso la riduzione dei contatti umani in ufficio, la minimalizzazione delle visite ai clienti o fornitori, preferendo le videoconferenze e una certa diffidenza di fondo verso attività che comportino la presenza di altre persone nella tua area di sicurezza. Questo mix composto da misure di sicurezza fisiche e psicologiche avranno bisogno di un tempo medio lungo per essere risolte, perché i collaboratori che soffrono di forme di misantropia lavorativa, vivono uno stress nel sopportare la vicinanza di altre persone e l’idea di riprendere attività lavorative che comportino assembramenti o viaggi di lavoro, salendo si aerei, treni, andare in alberghi e ristoranti. E’ importante capire chi soffre di queste problematiche per cercare di risolvere gli inutili contatti lavorativi diretti, che si usavano nel passato, attraverso l’uso di nuove tecnologie comunicative. Ma è anche importante ricreare una socialità lavorativa, quando necessaria, aiutando anche psicologicamente chi fa più fatica ad accettare luoghi e momenti comuni di lavoro. Foto:Il MisantropoDipinto di Pietrel Bruegel il vecchioTempera su Tela cm. 86x85Museo di Capodimonte Napoli
SCOPRI DI PIU'I rottami metallici sono una parte fondamentale delle materie prime delle acciaieriedi Marco ArezioProbabilmente abbiamo capito che l’importanza del riciclo non si debba sentire solo nelle parole e nei proclami politici o commerciali, ma nei fatti di tutti i giorni, cercando di scegliere i prodotti che perseguono, veramente, la filosofia dell’economia circolare, intercettando il greenwashing, quell’ingannevole forma si informazione che ti fa credere che un prodotto sia circolare ma che in realtà non lo è, o lo è solo parzialmente. Non parliamo solo della plastica, che oggi è sulla bocca di tutti, ma anche dei metalli che, insieme al vetro e alla carta, formano la famiglia dei rifiuti di maggiore quantità, di cui ci dobbiamo occuparci ogni giorno. Come avviene la separazione dei metalli? I vari metalli ferrosi e non ferrosi che vengono raccolti sono inviati ai centri di selezione e riciclo, che provvedono, come prima operazione, a separarli per tipologie e dimensioni. La prima macro separazione avviene, infatti, eseguita dividendo quelli appartenenti alla famiglia dei metalli ferrosi e quella dei non ferrosi. Per capire meglio queste due famiglie possiamo dire che: I metalli ferrosi sono metalli e leghe metalliche che contengono il ferro, tra cui, le più conosciute sono l’acciaio e la ghisa. La ghisa si ottiene dall’altoforno e può essere successivamente affinata per ottenere acciaio oppure utilizzata in fonderia. La ghisa è molto dura e fragile, ha una resilienza molto bassa, un allungamento % a rottura praticamente nullo, quindi non può essere lavorata plasticamente, né a caldo né a freddo, ma può essere lavorata solo per fusione. L’acciaio viene ricavato dall’affinazione della ghisa, un’operazione che consiste nel diminuire il tenore di carbonio per ridurre gli elementi dannosi, come zolfo, fosforo, ossigeno, ecc., che possono derivare dai materiali di carica del forno o dai prodotti delle fasi precedenti di lavorazione. Infatti all’aumentare della quantità di carbonio aumentano: - resistenza meccanica, - durezza, - temprabilità, - colabilità/fusibilità, - resistenza all’usura Diminuisce invece: - allungamento A% - resistenza meccanica - lavorabilità e plasticità a freddo - saldabilità Inoltre gli acciai si dividono in duri, semiduri e dolci, infatti, gli acciai dolci presentano una resistenza a trazione molto più bassa di quella degli acciai duri, però sono più malleabili, più duttili e più resistenti agli urti. Sono facilmente saldabili e lavorabili dalle macchine utensili, ma sono meno resistenti all’usura e alla corrosione rispetto agli acciai duri. Durante la preparazione, in fase di fusione, è possibile aggiungere dei leganti ferrosi o non ferrosi per aumentarne le prestazioni, chiamando quindi questi acciai legati o non legati. Vediamo quale influenza hanno i leganti nella preparazione dell'acciaio: Cromo (Cr) Si trova spesso negli acciai, migliorando la durezza, la resistenza meccanica e la resistenza all’usura. In quantità maggiori del 12% rende l’acciaio inossidabile.Nichel (Ni) Si trova spesso insieme al cromo, migliorando tutte le proprietà meccaniche dell’acciaio, come la resistenza alla corrosione, mentre diminuisce la dilatazione termica e la saldabilità. Il nichel si trova anche negli acciai inox in quantità che dipende dal tenore di cromo. Molibdeno (Mo) Migliora la temprabilità e attenua il fenomeno della “fragilità di rinvenimento”. Insieme al cromo e al nichel realizza gli acciai con le migliori proprietà meccaniche (Rm fino a 1200 N/mm2).Silicio (Si) È contenuto naturalmente nell’acciaio in piccole quantità (circa 0,3%), se invece è aggiunto intenzionalmente fino al 2% circa, aumenta la resistenza meccanica, all’ossidazione e soprattutto aumenta notevolmente l’elasticità. Infatti gli acciai al silicio vengono usati per realizzare molle. Manganese (Mn) Aumenta la durezza, la resistenza meccanica e la resistenza a usura, Inoltre migliora notevolmente la temprabilità ma causa il fenomeno della “fragilità di rinvenimento”. Tungsteno (W) – Cobalto (Co) – Vanadio (V) – Titanio (Ti) Sono tutti elementi molto duri che, aggiunti nell’acciaio, gli conferiscono elevatissima durezza che si mantiene anche alle alte temperature. Queste caratteristiche meccaniche si trovano negli acciai per utensili. Piombo (Pb) – Zolfo (S) Sono elementi nocivi per l’acciaio perché gli conferiscono elevata fragilità. Si possono, però, trovare in piccole quantità perché la fragilità indotta dalla loro presenza facilita il distacco del truciolo e favorisce la lavorabilità alle macchine utensili. Tali acciai sono detti automatici. Zolfo (S) – Fosforo (P) – Idrogeno (H) – Azoto (N) – Ossigeno (O) Sono tutti elementi nocivi perché si legano chimicamente con il ferro o con il carbonio formando composti che rendono molto fragile l’acciaio. La loro presenza, quindi, deve essere ridotta al minimo. Per quanto riguarda i materiali non ferrosi si possono definire tali tutte quelle leghe che al loro interno non contengano ferro, o ne contengono una frazione trascurabile. Possiamo elencare tra i metalli non ferrosi il magnesio, il rame, lo zinco, il bronzo, piombo, il nichel, l’ottone e l’alluminio. I metalli non ferrosi uniti ad altri metalli possono generare una grande quantità di leghe, con lo scopo di apportare migliorie alle prestazioni meccaniche, alla lavorabilità, alla resistenza alla corrosione e alle alte temperature del metallo di base. Inoltre, vengono divisi anche in categorie di densità: Pesanti con un peso superiore a 5000 Kg. per Mc Leggeri con un peso tra i 2000 e i 5000 Kg. per Mc L'impiego dei metalli non ferrosi può essere fatto allo stato puro, o in leghe con altri elementi. Le loro maggiori peculiarità sono caratterizzate dalla leggerezza, dall’inossidabilità, dall’alta conduzione elettrica e termica, dalla durezza, da un alto punto di fusione e dalla malleabilità.Come vengono riciclati i metalli? Abbiamo visto che la prima operazione è quella di individuare le famiglie di appartenenza e di separarle tra loro per avviare i metalli al riciclo. Questo comincia con la riduzione volumetrica dei rottami, attraverso impianti meccanici che hanno lo scopo, non solo di ridurne la dimensione, ma anche di separare eventuali elementi inquinanti presenti nel rottame stesso. Questi impianti di primo trattamento hanno incorporati nella linea sistemi gravitazionali, a corrente parassita, vagli e separatori magnetici, che hanno lo scopo di nobilitare il rottame metallico trattato. Questo, una volta selezionato, viene inviato alle acciaierie per il loro utilizzo insieme ad altri materiali, che permette la creazione di nuovi elementi costituiti da rottame di riciclo. Il riciclo delle scorie delle acciaierie Nell’ambito dell’economia circolare il riutilizzo delle scorie degli altoforni è diventato un tema molto sensibile, non solo dal punto di vista economico, a causa dei costi sempre più alti dello smaltimento in discarica, ma anche per una questione di carattere ambientale. Infatti, lo smaltimento in discarica di queste scorie che contengono metalli pesanti, è un fattore di forte preoccupazione ambientale, per cui, attraverso il loro riciclo, è possibile estrarre i metalli preziosi dalle ceneri di scarto. Una volta riciclate, risultano un materiale inerte che viene utilizzato nei forni delle cementerie, oppure per la realizzazione di materiali ceramici, fibre vetrose, inerte di riempimento o nelle pavimentazioni stradali.Categoria: notizie - metalli - economia circolare - riciclo - rifiuti - rottamerNEWS
SCOPRI DI PIU'Le necessità di carattere sanitario diventano presto necessità di sostentamento economicodi Marco ArezioLa raccolta dei rifiuti ha una genesi lontana, infatti, se ne parla già nel medioevo come problema che assillava i primi centri urbani nei paesi più evoluti.Ma fu a partire dai primi del XIX secolo che, all’accrescere degli agglomerati cittadini, si organizzarono, specialmente in Inghilterra, i primi centri di selezione manuale indipendenti dei rifiuti urbani. Posti malsani, dove montagne di immondizia di tutte le specie venivano divise, quasi esclusivamente da donne, cercando di recuperare ciò che poteva essere riutilizzato e rivenduto. Una condizione di lavoro, quelle delle donne della spazzatura, estremamente difficile e igienicamente pericolosa che esponeva le lavoratrici a frequenti incidenti o malattie, come ha descritto per la prima volta nel 1900 la ricercatrice Emily Hobhouse, scrivendo un articolo per il giornale l’Economic Journal, in cui raccontava le precarietà lavorative delle donne in questi cantieri lungo le sponde del Tamigi:“Un uomo spala i rifiuti appena portati nel suo setaccio, lei setaccia e poi rapidamente ordina il resto prima che venga lanciata una nuova fornitura. Raggruppati su ogni setaccio una mezza dozzina di cesti sono pronti a ricevere le cernite. Stracci, ossa, spago, sughero, stivali e carta, carbone, vetro e nocciolo duro questi ricettacoli. La polvere vola densa sul viso della donna e la permea vestiti e capelli; ma l'aria aperta è salutare e lei continua a lavorare..” Ma le osservazioni di Emily seguirono ad una diffusa contestazione dei cittadini verso questi luoghi maleodoranti, tanto che durante il 1883 non era insolito leggere, persino sul Times, lettere di cittadini illustri che chiedevano una soluzione a questo problema. Così, intorno al 1890, la rivoluzione industriale portò con sé l’invenzione dei primi inceneritori dei rifiuti che avevano un duplice scopo, quello di distruggere fisicamente i rifiuti non utilizzabili e di portare una sorta di sanificazione tramite il fuoco. A partire dal XX secolo, in Inghilterra, quasi tutte le maggiori città si dotarono di un inceneritore e, i comuni, iniziarono la raccolta dei rifiuti in modo organizzato, portando alla chiusura della maggior parte di cantieri di raccolta indipendenti. L’azione della preselezione dei rifiuti, con lo scopo di recuperare materiali riutilizzabili, divenne sempre meno evidente, in quanto la comodità della distruzione del rifiuto in entrata presso un impianto di incenerimento, creava una sorta di alibi per evitare il costoso lavoro di separazione e stoccaggio dei materiali recuperabili, spinti anche dall’industria che produceva sempre più prodotti nuovi e a costi progressivamente più bassi. A ridosso dell’inizio della prima guerra mondiale il concetto di rifiuto era espresso in un elemento di cui ci si doveva sbarazzare in modo efficiente, in quanto senza valore, ma allo scoppio delle ostilità, l’immenso sforzo bellico aveva bisogno di tutti i materiali utilizzabili o riutilizzabili. Fu così che ingenti quantità di carta, tessuti, stracci, ossa, metalli venivano richiesti dalle industrie che lavoravano per il ministero della guerra, ma l’inefficienza della raccolta a livello municipale faceva sprecare la maggior parte di queste risorse. Alla fine della prima guerra mondiale ci si rese conto dell’importanza di realizzare una raccolta organizzata, finalizzata al recupero di tutti i materiali riciclabili, come segno di aiuto all’economia del paese, creando in Inghilterra un ufficio preposto a questo scopo. Allo scoppio della seconda guerra mondiale, l’Inghilterra non fu colta di sorpresa, in quanto poteva contare su una rete di raccolta nazionale i cui centri di smistamento potevano fornire molti materiali per le necessità belliche. Sotto la guida di H.G. Judd, nel 1939, il suo ufficio impose l’obbligatorietà della raccolta differenziata con lo scopo di recuperare dai rifiuti la maggior quantità possibile di materiali da inserire nuovamente nel ciclo della produzione, questo anche a causa dello stretto embargo posto dai tedeschi via mare e via aerea. Attraverso uno studio del Public Cleansing, del Novembre del 1947 possiamo vedere i materiali raccolti tramite programmi di recupero e riciclo delle autorità locali, nel periodo tra l’ottobre 1939 e il luglio 1947: Materiali in Tonnellate • Carta straccia: 2.141.779 • Metalli di scarto: 1.585.921 • Tessili: 136.193 • Ossa: 68.695 • Rifiuti domestici da cucina: 2.368.485 • Varie (carburante, cenere, vetro, ecc.): 2.546.005 Totali Ton.: 8.896.012Categoria: notizie - plastica - economia circolare - rifiuti - storia
SCOPRI DI PIU'