Scopri i Benefici Ambientali, Tecnici ed Economici delle Coperture in Tegole Bituminose Riciclate di Marco ArezioNel panorama dell'edilizia moderna, l'attenzione verso soluzioni sostenibili e rispettose dell'ambiente ha portato alla riscoperta e innovazione di materiali e tecnologie tradizionali, tra cui spiccano le tegole bituminose realizzate con materiali riciclati. Questo articolo si propone di esplorare, attraverso cinque punti dedicati, le diverse facce di questa soluzione di copertura: dalla sua natura e processo produttivo, passando per le tecniche di montaggio, ai vantaggi tecnici, economici e ambientali, fino alle strategie di riciclo e gestione a fine vita. L'obiettivo è fornire una panoramica completa che evidenzi non solo l'importanza delle tegole bituminose riciclate nell'edilizia sostenibile ma anche come queste si inseriscono in un più ampio contesto di economia circolare e rispetto ambientale. Cosa Sono le Tegole Bituminose Realizzate con Materiali Riciclati Le tegole bituminose ricavate da materiali riciclati costituiscono una soluzione innovativa nel panorama delle coperture edilizie, offrendo una risposta efficace alle crescenti esigenze di sostenibilità ambientale. Queste tegole mantengono le proprietà di resistenza e durabilità tipiche delle tegole bituminose tradizionali, ma si distinguono per l'impiego di materiali recuperati, contribuendo significativamente alla riduzione dei rifiuti e all'uso efficiente delle risorse.Composizione e Materiali Le tegole bituminose sono composte principalmente da bitume, un derivato del petrolio, rinforzato con fibre di vetro o cellulosa, e ricoperte da granuli minerali che forniscono colore e ulteriore protezione. Nella versione eco-sostenibile, parte dei componenti tradizionali viene sostituita con materiali riciclati: plastica, gomma da pneumatici fuori uso, scarti di asfalto, e vetro. Questi materiali, altrimenti destinati alla discarica, vengono trattati e riutilizzati, riducendo l'impatto ambientale associato alla produzione delle tegole.Vantaggi Ambientali L'utilizzo di materiali riciclati nelle tegole bituminose presenta diversi benefici ambientali: Riduzione dei Rifiuti: L'incorporazione di materiali riciclati contribuisce a diminuire la quantità di rifiuti inviati alle discariche. Conservazione delle Risorse: Diminuisce la necessità di estrarre e processare materie prime, preservando le risorse naturali. Riduzione delle Emissioni: Il processo produttivo delle tegole riciclate, in genere, richiede meno energia rispetto alla produzione di tegole tradizionali, contribuendo alla riduzione delle emissioni di gas serra.Processo di RicicloIl processo di riciclo per la produzione di tegole bituminose include diverse fasi: Raccolta e Selezione: I materiali destinati al riciclo, come pneumatici fuori uso e plastica, vengono raccolti e accuratamente selezionati per eliminare impurità. Trattamento: I materiali selezionati vengono poi triturati o fusi, a seconda della loro natura, per ottenere una forma utilizzabile nella produzione delle tegole. Integrazione nel Processo Produttivo: I materiali riciclati trattati vengono miscelati con bitume e altri componenti per formare la massa da cui saranno ricavate le tegole.Contributo alla Sostenibilità L'adozione di tegole bituminose realizzate con materiali riciclati rappresenta un importante passo avanti verso la sostenibilità nel settore delle coperture. Queste soluzioni non solo rispondono alle esigenze funzionali ed estetiche ma promuovono anche un modello di economia circolare, in cui i materiali mantengono il loro valore attraverso cicli successivi di uso e riutilizzo, riducendo l'impatto ambientale complessivo. In conclusione, le tegole bituminose ricavate da materiali riciclati incarnano un esempio emblematico di come le pratiche di sostenibilità possano essere integrate efficacemente nel settore dell'edilizia, offrendo prodotti che sono al contempo ecologici, funzionali, e duraturi. La loro diffusione rappresenta una strategia vincente per contribuire alla protezione dell'ambiente, promuovendo al contempo l'innovazione e la resilienza nel settore delle costruzioni. Processo Produttivo delle Tegole Bituminose con Materiali Riciclati Il processo produttivo delle tegole bituminose realizzate con materiali riciclati rappresenta un'eccellente dimostrazione di come l'innovazione tecnologica possa incontrare la sostenibilità. Questo processo non solo mira a produrre un materiale da costruzione resistente e affidabile ma si impegna anche a ridurre l'impatto ambientale attraverso l'uso efficiente di risorse riciclate.Selezione e Preparazione dei Materiali Riciclati Il punto di partenza è la selezione accurata dei materiali riciclati, che devono rispondere a criteri di qualità ben definiti per garantire la performance del prodotto finale. Materiali come plastica, gomma da pneumatici e scarti di asfalto vengono raccolti da centri di riciclaggio certificati. Plastica: Viene triturata in piccoli pezzi e pulita per rimuovere contaminanti. Gomma dagli Pneumatici: Dopo essere stata triturata, la gomma subisce un processo di liberazione dalle fibre metalliche e tessili. Scarti di Asfalto: Vengono macinati fino a raggiungere la granulometria desiderata.Miscelazione con Bitume I materiali preparati vengono quindi miscelati con il bitume. Questa fase richiede un controllo preciso della temperatura per assicurare che il bitume e i materiali riciclati si legano efficacemente, formando una miscela omogenea. La proporzione tra bitume e materiali riciclati varia a seconda delle specifiche tecniche desiderate per la tegola finale.Formazione della Tegola La miscela ottenuta viene poi trasferita su una linea di produzione dove avviene il processo di formazione della tegola: Impregnazione del Rinforzo: Un tappeto di fibre di vetro o cellulosa passa attraverso un bagno di miscela bituminosa, assorbendola e garantendo la struttura portante della tegola. Stratificazione: Vengono aggiunti strati successivi di miscela per aumentare lo spessore e le proprietà fisiche della tegola. Raffreddamento e Taglio: Dopo la stratificazione, la tegola viene raffreddata e tagliata nelle dimensioni desiderate.Aggiunta di Granuli Minerali Una volta formata la base della tegola, sulla superficie viene applicato uno strato di granuli minerali. Questi non solo conferiscono colore e estetica alla tegola ma migliorano anche la resistenza agli UV e alle intemperie. In alcune varianti, i granuli possono essere sostituiti o integrati con materiali riciclati finemente macinati.Controllo Qualità Ogni fase del processo produttivo è sottoposta a rigorosi controlli di qualità per assicurare che le tegole soddisfino gli standard richiesti in termini di resistenza, durabilità, e prestazioni. Vengono eseguiti test per verificare l'aderenza, la flessibilità, e la resistenza agli agenti atmosferici.Impatto Ambientale del Processo Produttivo Il processo produttivo delle tegole bituminose con materiali riciclati è progettato per minimizzare l'impatto ambientale. L'uso di materiali riciclati riduce la dipendenza dalle risorse naturali e diminuisce la quantità di rifiuti destinati alle discariche. Inoltre, l'ottimizzazione energetica delle fasi produttive contribuisce a ridurre le emissioni di CO2, rendendo il processo più sostenibile. Montaggio delle Tegole Bituminose Realizzate con Materiali Riciclati Il montaggio delle tegole bituminose riciclate rappresenta una fase critica che determina la funzionalità, l'estetica e la durabilità della copertura. Questo capitolo esplora le pratiche ottimali di installazione, integrando considerazioni architettoniche che influenzano la scelta e l'applicazione di questi materiali.Preparazione della Superficie Prima di procedere con il montaggio delle tegole, è essenziale preparare adeguatamente la superficie di copertura. Questo include: Pulizia: Rimozione di detriti, vecchie tegole, o altri materiali dalla superficie di copertura. Ispezione: Verifica dell'integrità della struttura portante e dell'eventuale presenza di aree danneggiate che necessitano di riparazione. Impermeabilizzazione: Applicazione di uno strato di sottocopertura impermeabile per proteggere ulteriormente l'edificio da infiltrazioni d'acqua.Linee Guida per il Montaggio Il montaggio delle tegole bituminose riciclate segue procedure specifiche che garantiscono la massima efficacia: Posizionamento Iniziale: Le tegole devono essere posizionate partendo dal bordo inferiore del tetto, procedendo verso l'alto. Questo assicura una sovrapposizione ottimale che favorisce il deflusso dell'acqua. Fissaggio: Le tegole vengono fissate alla superficie di copertura mediante chiodi o adesivi specifici. È importante seguire le indicazioni del produttore per il numero e la disposizione dei punti di fissaggio. Allineamento: Mantenere un allineamento preciso delle tegole è cruciale per l'aspetto estetico e la funzionalità del tetto. L'uso di linee guida o di strumenti di misurazione può aiutare a garantire l'uniformità dell'installazione.Considerazioni Architettoniche Durante il montaggio delle tegole bituminose riciclate, diverse considerazioni architettoniche devono essere prese in conto: Design del Tetto: La forma e la pendenza del tetto influenzano la scelta delle tegole e delle tecniche di installazione. Tetti con pendenze elevate o con molte interruzioni (camini, lucernari, ecc.) richiedono una pianificazione dettagliata per assicurare l'integrità della copertura. Estetica: La varietà di colori e texture disponibili permette di integrare le tegole con l'architettura dell'edificio, contribuendo all'armonia estetica complessiva. La selezione deve considerare il contesto ambientale e le normative locali, se presenti. Ventilazione del Tetto: Una corretta ventilazione sotto la superficie di copertura è fondamentale per prevenire l'accumulo di umidità e prolungare la vita delle tegole. La progettazione architettonica deve includere soluzioni per la ventilazione adeguata. Vantaggi delle Tegole Bituminose Riciclate Rispetto ad Altre Coperture Le tegole bituminose realizzate con materiali riciclati offrono numerosi vantaggi rispetto ad altre soluzioni di copertura, sia da un punto di vista tecnico ed economico che ambientale. La comparazione con altre tipologie di coperture impermeabili evidenzia l'efficacia di questa soluzione innovativa nel contesto dell'edilizia sostenibile. Vantaggi Tecnici Durabilità: Le tegole bituminose riciclate sono estremamente resistenti agli agenti atmosferici, tra cui pioggia, neve, e raggi UV, garantendo una lunga vita utile della copertura. Facilità di Installazione: La leggerezza e la flessibilità delle tegole bituminose facilitano il montaggio su una vasta gamma di strutture edilizie, riducendo i tempi e i costi di installazione. Versatilità Estetica: Disponibili in vari colori e texture, permettono una facile integrazione con l'architettura dell'edificio. Comparazione con Altre CopertureTegole in Ceramica o Cemento: Pur offrendo un'estetica tradizionale e una buona durabilità, sono generalmente più pesanti e costose, sia in termini di materiale che di installazione. Coperture Metalliche: Anche se resistenti e leggere, possono essere più costose e richiedere una manutenzione specifica per prevenire la corrosione. Membrane EPDM (Etilene Propilene Diene Monomero): Sebbene offrano una buona impermeabilizzazione, non forniscono la stessa varietà estetica delle tegole bituminose e possono essere più impegnative da installare su tetti con molte interruzioni. Vantaggi Economici Costo-Efficienza: Le tegole bituminose riciclate sono spesso più economiche rispetto ad altre soluzioni di copertura, grazie ai minori costi di materiale e alla facilità di installazione. Manutenzione: Richiedono una manutenzione limitata, contribuendo a ridurre i costi nel lungo termine. Vantaggi Ambientali Riduzione dei Rifiuti: L'uso di materiali riciclati nel loro processo produttivo contribuisce significativamente alla riduzione della quantità di rifiuti destinati alle discariche. Minore Impatto Ambientale: La produzione di tegole bituminose riciclate comporta, in genere, un consumo energetico inferiore e minori emissioni di CO2 rispetto alla produzione di tegole tradizionali o di altri materiali da copertura. Comparazione Ambientale Tegole in Ceramica o Cemento: Sebbene possano avere una lunga vita utile, il loro processo produttivo è energivoro e produce un'impronta di carbonio significativamente più alta. Coperture Metalliche: Possono essere riciclate al termine della loro vita utile, ma la loro produzione richiede grande quantità di energia e risorse. Membrane EPDM: Nonostante siano durevoli, la produzione di EPDM è basata su idrocarburi, e il materiale è meno facilmente riciclabile alla fine della vita utile rispetto alle tegole bituminose riciclate. Riciclo e Fine Vita delle Tegole Bituminose Realizzate con Materiali Riciclati Il ciclo di vita delle tegole bituminose non termina con la loro rimozione dal tetto. Queste possono essere riciclate e riutilizzate in vari modi, contribuendo significativamente alla riduzione dell'impatto ambientale del settore delle costruzioni. Il processo di riciclo è articolato in diverse fasi, ciascuna delle quali svolge un ruolo cruciale nel trasformare le tegole usate in risorse preziose per nuovi utilizzi. Raccolta e Trasporto Il processo inizia con la raccolta delle tegole bituminose rimosse durante lavori di ristrutturazione o demolizione. Queste vengono quindi trasportate a impianti di riciclaggio specializzati. È importante che il trasporto sia organizzato in modo efficiente per minimizzare l'impatto ambientale e i costi associati. Selezione e Pulizia All'arrivo all'impianto di riciclaggio, le tegole sono soggette a un processo di selezione per separare eventuali materiali non riciclabili o contaminanti. Successivamente, vengono pulite per rimuovere chiodi, residui di adesivo e altri detriti. Triturazione Una volta pulite, le tegole vengono triturate in piccoli pezzi o granuli. Questo processo è fondamentale per facilitare la successiva fase di trasformazione. La dimensione dei frammenti è attentamente controllata per soddisfare i requisiti specifici dei vari utilizzi finali. Ulteriore Elaborazione I frammenti di tegola possono subire ulteriori processi di elaborazione, a seconda delle necessità. Questo può includere la separazione di ulteriori materiali, come la fibra di vetro dal bitume, o trattamenti per modificare le proprietà chimico-fisiche dei materiali riciclati. Riutilizzo I materiali riciclati trovano impiego in una varietà di applicazioni, che includono: Asfalto per le Strade: I granuli di tegola bituminosa riciclata possono essere integrati nell'asfalto utilizzato per la pavimentazione stradale, migliorando la resistenza e la durata del manto stradale. Nuove Coperture: Parte del materiale riciclato può essere riutilizzato nella produzione di nuove tegole bituminose, contribuendo a ridurre il consumo di risorse vergini. Sottofondi per Pavimentazioni: I frammenti di tegola possono essere usati come materiale per sottofondi in progetti di pavimentazione, offrendo una soluzione economica e sostenibile. Libri e Manuali Tecnici "Materiali da costruzione sostenibili" di Paolo Fumagalli. Questo testo, disponibile in italiano, offre una panoramica completa sui materiali da costruzione eco-compatibili, con un focus particolare sul riciclo e sul riutilizzo dei materiali nel settore edile, inclusa una sezione sulle tegole bituminose riciclate. "Sustainable Construction: Green Building Design and Delivery" di Charles J. Kibert. Benché in inglese, questo libro è una risorsa chiave per comprendere i principi della costruzione sostenibile, inclusi i materiali riciclati per le coperture e le loro implicazioni ambientali. "Recycling of Roofing Materials", articolo presente sul Journal of Green Building. Questo studio, sebbene in inglese, approfondisce il processo di riciclaggio delle tegole bituminose e il loro impatto ambientale, fornendo dati e analisi dettagliate. "L'impiego di materiali riciclati nell'edilizia: normative, prestazioni e casi studio" – Un articolo disponibile attraverso le risorse universitarie italiane, che esplora le normative italiane ed europee relative all'utilizzo di materiali riciclati in edilizia, inclusi i casi studio sulle tegole bituminose.
SCOPRI DI PIU'Evoluzione storica dei mezzi di scalata delle pareti e del rapporto con l’impresa tecnicadi Marco ArezioDalla fine del 1800 quando i primi pionieri, non ancora definiti alpinisti, si avventuravano sulle montagne nel tentativo di raggiungere le vette, esisteva più una spinta conoscitiva dell’ambiente montano che sportiva. Ci salivano geologi desiderosi di studiare aree poco conosciute, militari con lo scopo di aggiornare il più possibile le carte geografiche e vi salivano, intrepidi signori, che avevano i soldi per farsi accompagnare da guide locali. Il movimento alpinista possiamo dire sia nato dopo la seconda guerra mondiale, quando iniziarono le scalate degli ottomila himalayani, intesi come terra di conquista nazionale, con una corsa a chi prima raggiungeva la vetta. Gli anni ‘50 e ‘60 del secolo scorso trascorsero vivendo un alpinismo “militare”, dove le spedizioni erano rigidamente organizzate come assalti alle vette meticolosamente preparate, con un esercito di alpinisti, portatori, cuochi, giornalisti, dirigenti e uomini di collegamento. Nulla era lasciato al caso in quanto erano li solo per conquistare la vetta, a tutti i costi e con qualunque mezzo a disposizione. La montagna era un oggetto da prendere, mezzo con cui darsi gloria e pillola per accrescere l’autostima di un paese e di un popolo. Si usava l’ossigeno per salire in quota, corde fisse che venivano abbandonate sul posto, si attrezzavano campi avanzati con tende, fornelli, bombole del gas e dell’ossigeno che venivano lasciate sulla montagna, come fosse una pattumiera a cielo aperto. Conquistati tutti gli 8000, gli alpinisti più giovani, già alla fine degli anni ’60 si sono chiesti se non esisteva una nuova forma di rapporto con la montagna, un modo diverso e più rispettoso di approcciarsi all’ambiente alpino. I nuovi alpinisti iniziarono a risalire le pareti smettendo di pensare che l’uomo si doveva muovere con uno spirito di conquista a tutti i costi, ma doveva inserirsi nell’ambiente, creare una simbiosi con la montagna, essere leali nel gesto atletico che permetteva di scalarla. Iniziarono a contestare le salite fatte riempiendo la roccia di chiodi a pressione, inseriti con martelli pneumatici, che davano la possibilità di superare le difficoltà che opponevano le pareti, creando una sorta di scala aerea. Abbandonarono l’uso dei chiodi, mezzi visti come elemento di aiuto per facilitare le scalate, iniziando ad utilizzare dei mezzi di protezione che non sarebbero rimasti in pareti dopo la scalata, ma recuperati dal compagno di cordata, così da non lasciare traccia del passaggio. Infatti, nel 1967, l’alpinista Americano Royal Robbins vede in Inghilterra i primi prototipi di sistemi di sicurezza da inserire nelle fessure della roccia, senza che questa si rovini o si distrugga, come l’inserimento di un chiodo. Porta così in America questa novità e nel giro di qualche anno uno scalatore dello Yosemite, Yvon Chouinard, inizia la produzione di questi sistemi di sicurezza sostenibili. Si tratta di dadi, rondelle mobili, esagoni cavi, cunei, tutti in metallo e di diverse forme e grandezze chiamati nuts e friends, che vengono inserite nelle fessure naturali della riccia e recuperate dal compagno di cordata. Una rivoluzione che ha battezzato l’inizio dell’arrampicata pulita ed ecocompatibile, a cui gli scalatori tradizionali che usavano mezzi di sicurezza invasiva, guardavano con sospetto e autosufficienza. Il nuovo approccio all’arrampicata delle pareti rocciose dilagò a macchia d’olio nel mondo, marginalizzando in un paio di decenni, l’alpinismo tradizionale. Assodato che l’approccio alla montagna dovesse essere sostenibile e non invasivo, le nuove generazioni si misurarono, negli anni a avvenire, con il superamento di pareti sempre più difficili, utilizzando quello che venne definita “arrampicata libera” che si basava solo sulla forza, sull’abilita e sul coraggio dell’alpinista. Le pareti che un tempo erano state salite con chiodi e scalette, vennero percorse solo attraverso gesti atletici perfetti. Nel nuovo millennio, quando si esaurì la spinta di ripetere le pareti tecnicamente più complicate attraverso l’arrampicata libera, nacque una nuova forma di arrampicata, estrema sicuramente, che si caratterizzava nelle ripetizioni di queste vie molto difficili, senza corda e sistemi di sicurezza. Un alpinismo pericoloso, per pochi eletti, dove l’uomo è nudo nei confronti della montagna, senza protezioni di sicurezza, senza possibilità di scendere dalla parete velocemente, senza la possibilità di sbagliare. Questa disciplina è vista, da una parte dall’ambiente, come la consacrazione delle qualità tecniche di un atleta, ma dall’altra parte come un’attività suicida, dove un piccolo errore può mettere in gioco la vita. I leader di questa disciplina è l’americano Alexander Honnold che ha salito in free solo, nel 3 giugno 2017 la via Freerider a El Capitan, di 884 mt. con difficoltà di 5.12d VI in 3 ore e 56 minuti. Foto Nat Geo
SCOPRI DI PIU'La Differenza tra Comunicare e Farsi Ascoltare nell’Era dell’Economia Circolaredi Marco ArezioSopraffatti dai molteplici mezzi di comunicazione facciamo fatica a capire se il mercato ci ascolta.L’avvento del Covid nel 2020 ha impresso un ulteriore accelerazione all’uso dei mezzi informatici per comunicare con il mercato e per creare transazioni commerciali, imprimendo una riduzione sostanziale del contatto umano alla base delle relazioni storiche tra aziende e clienti. Siamo quindi di fronte ad una svolta epocale, consumata in un lasso di tempo veramente ristretto, che ha cambiato le basi su cui si fondavano le relazioni commerciali e la comunicazione aziendale. Chi produce o distribuisce beni e servizi, specialmente nell’ambito dell’economia circolare, era fortemente impegnato sul campo per informare l’utenza che la propria azienda aveva le carte in regola per stare nel solco virtuoso dell’economia green. Un’attività, questa, che è ancora agli albori per molte aziende, dove, a volte, alcuni imprenditori non hanno realmente focalizzato come comunicare al mercato le potenzialità verdi della propria azienda, nonostante l’economia circolare sia l’aspetto ormai trainante del mercato. Con l’avvento del Covid sono saltati tutti gli schemi comunicativi tradizionali, lasciando grande spazio alla comunicazione on-line, che deve avere caratteristiche particolari in un mondo decisamente sovraffollato. I potenziali clienti si aspettano, come un dato acquisito, che i servizi o i prodotti che acquistano siano conformi ai principi dell’economia circolare, quindi non si aspettano che l’azienda dimostri di appartenere o meno a questo filone verde, ma si aspettano conferme e rassicurazioni che i beni o servizi venduti sposino ogni giorno, questa filosofia e che possano generare novità e migliorie in ottica ambientale. Per fare questo, le imprese che ancora non erano nel solco di un’economia verde, si dovranno adeguare velocemente al nuovo mercato e, in generale, le imprese si dovranno dotare di sistemi comunicativi “social” promossi e gestiti da consulenti specializzati nel settore dell’economia circolare. La differenza che fa, oggi, una comunicazione generalista, che potrebbe essere applicata ad un detersivo o ad una scarpa in modo indistinto, rispetto ad una comunicazione specializzata nel riciclo e nell’economia circolare, sta nel fatto che l’azione di comunicazione fatta da specialisti del settore, permette di imprimere, nelle vendite, una fiducia e una sicurezza verso il cliente verso l’azienda che diversamente sarebbe difficile da realizzare. Questo avviene attraverso il coinvolgimento del cliente o potenziale tale, nei processi tecnici che riguardano la filiera dell’economia circolare riferiti all’azienda, dandogli tranquillità e fiducia in merito al buon percorso produttivo “verde” dell’articolo che il cliente comprerà. Fiducia e sicurezza generano attaccamento al marchio e una maggiore velocità di diffusione dei prodotti o dei servizi spinti dai clienti stessi, creando un volano virtuoso. La specializzazione nel settore di chi è preposto alla comunicazione aziendale aiuta ad aumentare le possibilità di essere ascoltati, in modo critico e attivo, in un mercato dell’informazione che, a causa dei ritmi vorticosi di pubblicazione delle notizie, non rende semplice attenzionare l’utente.
SCOPRI DI PIU'Molti interessi non scientifici girano attorno a questa decisione con un fine forse poco nobiledi Marco ArezioIn alcuni paesi, tra cui l’Italia, la cosiddetta carne coltivata, cioè creata in laboratorio attraverso la lavorazione di cellule staminali prese da animali, è stata vietata. Il motivo ufficiale sembrerebbe quello della protezione della salute dei consumatori, ma più verosimilmente sembrerebbe sia la tutela della filiera della carne, una tra le più inquinanti che ci sia. I puristi della tavola e della gastronomia non vogliono sentire la parola “sintetico” quando si parla di un cibo, che fa pensare a pericolose manipolazioni, danni alla salute e lobbies pericolose nate in laboratorio. La questione sarebbe da affrontare con cognizione di causa, informandosi e conoscendo cosa c’è già di sintetico sulle nostre tavole, che viene spacciato come naturale. Bene, partiamo proprio da qui e facciamo alcuni esempi: le maggiori specie di piante da frutto o le piante come la soia, il frumento, il granoturco, il riso e molte altre specie, sono la conseguenza di ibridazioni nate in laboratorio, con lo scopo di fortificare la pianta, di renderla più resistente alla siccità, ai parassiti, agli insetti e cercare di ottenere una maggiore produzione. Tutto quello che si ricava da queste coltivazioni ha ormai poco di naturale e molto di ingegneristico, una collana di deviazioni, mix, separazioni di elementi per portare un miglioramento nell’agricoltura. Tutti questi studi portano alla produzione di semi modificati, che in natura non si trovano, gestita da alcune multinazionali che hanno creato un mercato ristretto e protetto, tant’è vero che molti semi sono venduti sterili così il contadino non li può più usare, ed è costretto a ricomprarli per la semina successiva. E allora, di cosa ci scandalizziamo quando cambiamo prodotto, passando dal vegetale all’animale? Non vorrei illustrare nuovamente gli impatti negativi che la filiera della carne esprime in tutto il mondo, perché credo siano sotto gli occhi di tutti quando si parla di deforestazione, occupazione dei suoli, consumo di acqua, emissioni di metano, impatto della CO2 sui trasporti e la conservazione del prodotto, danni sulla salute umana per consumi elevati di carne, e per finire, ma non di ultima importanza, la gestione della vita degli animali. La carne coltivata, o sintetica come viene più banalmente chiamata, è stata approvata, dal punto di vista della sicurezza alimentare, in molti paesi avanzati, quindi sfatiamo questa errata informazione e consideriamola sicura come un qualsiasi vegetale modificato che ci arriva sulla tavola. Attraverso l’uso di questa carne coltivata il consumatore riduce notevolmente l’impatto ambientale che la filiera degli animali da macello produce, restituendo alla natura un po' di fiato, perché al mondo siamo circa otto miliardi di mangiatori incalliti che divoriamo qualsiasi risorsa naturale commestibile. Ma le restrizioni che sono intervenute sulla carne coltivata hanno più il sapore di un appoggio politico a filiere economiche che producono voti, nulla centra con la difesa del marchio gastronomico di un paese piuttosto che di un altro, o sui dubbi che errate manipolazioni possano arrecare danni al consumatore. In fondo, però, non sono troppo preoccupato per questo stop, perché il progresso si può, forse, un po' rallentare, ma non si può fermare e, siccome le risorse naturali sono sempre di meno, si dovrà seguire le soluzioni scientifiche. Mangeremo pesci senza lische, carni con o senza l’osso, o grasso, dallo stesso gusto e piacere in bocca di quella naturale, come stiamo facendo per l’uva o i mandarini senza noccioli. Traduzione automatica. Ci scusiamo per eventuali inesattezze. Articolo originale in Italiano.
SCOPRI DI PIU'La tecnica di recupero dei materiali preziosi nei rifiuti elettrici ed elettronici RAEEdi Marco ArezioDa tempo, il sistema della gestione e recupero dei rifiuti in Europa ha avviato un proficuo lavoro di riciclo degli scarti da post consumo, anche se con modalità e risultati differenti da paese a paese. In particolare le filiere più consolidate ad oggi sono quelle della carta, del vetro, del metallo, del legno e della plastica, da cui si ricavano annualmente ingenti risorse, in termini di materia prima seconda, che vengono impiegate nuovamente per la realizzazione dei prodotti. Basti pensare alla filiera dell’alluminio o del vetro che hanno un tasso di riciclo molto alto, permettendo di riutilizzare, in modo continuativo, il rifiuto nella produzione di articoli, minimizzando il ricorso alle materie prime naturali. Nel mondo dei rifiuti ci sono anche filiere di riciclo poco sviluppate, che presentano numeri di crescita potenzialmente molto alti e promettenti, dalle quali ci si attende un contributo sostanziale per il riciclo di preziosi elementi chimici che, diversamente, dovremmo estrarre dalla natura. Mi riferisco ai rifiuti elettrici ed elettronici, i materiali da costruzione, gli inerti, e altri materiali che possono contribuire in maniera importante a migliorare la critica situazione delle materie prime sul mercato internazionale. Alcuni metalli, per esempio, sono più difficili da trovare sul mercato e il loro costo è diventato quasi proibitivo, nello stesso tempo, non avendo sviluppato una filiera di recupero efficiente, vengono buttati in discarica. Un riferimento specifico al problema può essere rappresentato dai rifiuti RAEE, le cui percentuali di recupero dei componenti sono ancora abbastanza limitate, rispetto alle tonnellate di scarti che annualmente vengono buttate ogni anno nel mondo. All’interno dei rifiuti RAEE troviamo materie prime estremamente pregiate, come l’oro, l’argento, le terre rare e altri numerosi metalli che, per quanto estremamente preziosi, non sono facili da recuperare. Una via è quella di sottoporre i rifiuti elettrici ed elettronici, dopo la loro selezione e macinazione, alla cosiddetta idrometallurgia, un insieme di tecniche chimiche e chimico-fisiche, che permette l’estrazione dai rifiuti dei minerali preziosi da recuperare. Cosa è e come avviene il processo Idrometallurgico? Il processo Idrometallurgico si occupa del trattamento in fase liquida dei rifiuti elettrici ed elettronici, degli scarti industriali o di altre tipologie di rifiuti, finalizzate al recupero dei metalli presenti. Il processo può essere diviso in due fasi, per semplificare il processo:1. Liscivazione: consiste della dissoluzione del rifiuto da trattare attraverso l’impiego di una soluzione specifica, permettendo la dissoluzione dell’elemento solido e la stabilità dei componenti. 2. Separazione e purificazione del metallo: dal processo di lisciviazione si ricava una soluzione contenente ioni metallici e molte altre impurità. A questo punto può essere necessario trattare in maniera opportuna la soluzione (ad esempio tramite una filtrazione per rimuovere eventuali solidi sospesi, o variando alcuni parametri operativi, quali la temperatura o il pH della soluzione stessa), prima di procedere alle fasi successive del recupero del metallo. Le operazioni di recupero e purificazione possono essere completate tramite le seguenti fasi: • precipitazione/cristallizzazione • scambio ionico • estrazione con solvente • elettrodeposizione Per l’estrazione delle sostanze da recuperare si utilizza un solvente, attraverso una fase definita “estrazione liquido-liquido”, che è un processo per cui una fase liquida viene trasferita ad un’altra fase liquida ma non miscibili tra loro. Per realizzare questa operazione viene utilizzato un estraente, cioè una molecola avente proprietà complessanti che, reagendo secondo vari meccanismi con una sostanza disciolta nella fase acquosa, è in grado di estrarla. Queste due fasi, dissolvente ed estraente, costituiscono la fase organica, le cui peculiarità sono: • l’alta selettività che permette quindi la separazione di metalli con proprietà molto simili • possibilità di trattare scarti e residui industriali • elevati fattori di separazione che consentono di ottenere prodotti con un grado di purezza estremamente elevato • impiantistica semplice, flessibile e facilmente automatizzabile • impianti con impatto ambientale contenuto (i solventi sono continuamente riciclati e si opera prevalente-mente a temperatura ambiente) • basso consumo energetico • possibilità di trattare matrici contenenti basse concentrazioni di metalli per i costi di processo contenuti.Categoria: notizie - idrometallurgia - economia circolare - riciclo - rifiuti - metalli - rottame
SCOPRI DI PIU'