Sistemi di riciclo Erema per i Tubi da IrrigazioneNell’ottica della circolarità degli scarti plastici nel settore dell’irrigazione, Erema aiuta a riciclare gli scarti di produzione dei tubi in LLDPE.Gli impianti prevedono il recupero degli scarti di lavorazione dei tubi di irrigazione attraverso la macinazione e la granulazione dei tubi in PE a bassa densità. Secondo le indicazioni di Erema, il sistema è stato progettato dal suo marchio Pure Loop e può gestire materiali come tubi anti goccia e tubi di irrigazione che si accumulano come scarti durante la produzione dei o vengono scartati durante i controlli di qualità. Erema dichiara che questa tecnologia permette la riutilizzazione degli scarti, sotto forma di granuli, che provengono dalla produzione, in una miscela con il materiale in PE vergine senza subire diminuzioni di qualità. Secondo Erema, il concetto di riciclaggio creato da Pure Loop "è già stato recepito dai produttori di sistemi di irrigazione negli Stati Uniti, Israele, Italia e Messico". L'azienda aggiunge: "Gestiscono impianti di riciclaggio con portate da 100 a 500 chilogrammi l'ora e riutilizzano i pellets riciclati prodotti in proporzioni fino al 20 percento nel processo di produzione.Foto: Pure Loop
SCOPRI DI PIU'Cemento Armato: Quali i Vantaggi delle Armature Polimeriche anziché in Acciaiodi Marco ArezioDa che conosciamo la storia del cemento armato, le cui origini, verso la fine del XIX° secolo, non sono facilmente attribuibili, possiamo dire che il matrimonio tra calcestruzzo e acciaio sia stato inossidabile.La nascita di questa unione si può far risalire ad una serie di personaggi che sperimentarono la combinazione tra la malta cementizia e il ferro in diverse occasioni. Possiamo citare William Wilkinson, Inglese, che nel 1854 depositò un brevetto per la costruzione di tetti e pareti antifuoco realizzate in cemento armato, mentre nel 1855, durante l’esposizione universale di Parigi l’avvocato Francese J.L. Lambot presentò un modello di imbarcazione in metallo ricoperta da uno strato di cemento. Per citare poi l’Italiano C. Gabellini che nel 1890 iniziò la costruzione di scafi navali in cemento armato ma, se guardiamo al mondo delle costruzioni al quale si associa normalmente il cemento armato, risulta che la prima soletta per un edificio sia stata progettata e costruita nel 1879 ad opera dell’Ingegnere Francese Francois Hennebique. Molti altri ne sono seguiti, portando al centro dei lavori e delle applicazioni il connubio tra cemento (calcestruzzo) e armature in acciaio, fino ad una larghissima diffusione in tutte le opere strutturali dei giorni nostri. Con l’avanzare della ricerca e delle conoscenze su materiali strutturali alternativi, si è scoperto che l’utilizzo di alcuni polimeri compositi potessero migliorare le prestazioni e la durabilità delle strutture portanti in cemento armato, proprio alla luce dei fatti recenti in cui si sono viste strutture collassare per l’usura dei materiali che le compongono. In questa esplorazione ci accompagna l’Ing. Casadei Paolo, che ci illustra le recenti scoperte circa l’impiego di armature in materiali compositi rinforzati (GFRP) in sostituzione delle comuni barre d’armatura in acciaio.Sono drammaticamente sotto gli occhi di tutti i problemi delle infrastrutture Italiane, figlie di una progettazione e realizzazione che risale al primo dopoguerra e di una scarsa conoscenza circa i fenomeni di degrado e di durabilità. Oggi, grazie all’innovazione tecnologica e alla ricerca, possono finalmente aprirsi scenari alternativi. Sireg Geotech sta lavorando da tempo e con lungimiranza, a un’importante novità che avrà impatto strategico sul settore dell’edilizia e delle infrastrutture garantendo la durabilità necessaria alle infrastrutture italiane e permettendo finalmente al calcestruzzo di essere applicato con successo anche in ambienti particolarmente aggressivi e soggetti a costante degrado. Lo stato dell’arte delle infrastrutture italiane Il crollo di diverse infrastrutture, fra cui quello del ponte in Lunigiana fino all’eclatante e catastrofico collasso del ponte Morandi a Genova, hanno dimostrato come non si possa più trascurare un’analisi attenta delle nostre infrastrutture datate sia dal punto di vista del degrado dei materiali con i quali sono state realizzate, sia anche dal semplice punto di vista dei carichi iniziali per i quali erano state progettate, per finire con il tema delle pessime condizioni di manutenzione. Il piano di ispezioni massiccio attualmente in corso è sicuramente un primo passo che ci permetterà di valutare attentamente la sicurezza del nostro patrimonio infrastrutturale, intervenendo poi sulle strutture esistenti in modo preciso e mirato, ma lascia ancora aperto un punto di domanda circa il nostro futuro: Continueremo a costruire come abbiamo sempre fatto oppure, nell’ottica della sostenibilità, durabilità e riduzione dei costi associati alla manutenzione, valuteremo nuovi materiali più durevoli e con minore impatto ambientale? Rispondere a questa domanda diventa oggi cruciale per un investimento efficace nelle nostre infrastrutture, siano esse grandi opere o opere di minore entità, ma comunque strategiche per lo sviluppo economico del nostro Paese. Scenari futuri di rinnovamento infrastrutturale sostenibile con barre in GFRP In questa direzione si colloca l’impiego di barre in materiale composito fibrorinforzato FRP (Fiber Reinforced Polymer) in sostituzione del tondino in acciaio per la realizzazione di elementi strutturali in calcestruzzo armato. Questa tipologia di barre è realizzata con fibre di varia natura, fra le quali il vetro e il carbonio sono sicuramente i materiali più impiegati, con il vetro che svolge senza ombra di dubbio il ruolo dominante grazie a una serie di caratteristiche chimico-meccaniche che, in relazione ai costi, lo rendono ad oggi la soluzione più adottata per questo tipo di applicazioni. La diffusione delle barre in GFRP è favorita in primis dalla proprietà fondamentale di questi materiali, ovvero la loro indiscussa maggiore durabilità dovuta al fatto di non essere in alcun modo suscettibili ai fenomeni di corrosione. Questo fa sì che risultino particolarmente indicati in tutte le applicazioni dove l’opera o l’elemento strutturale risulta particolarmente soggetto a fenomeni di corrosione. Basti pensare ad esempio agli impalcati da ponte che durante il periodo invernale sono particolarmente esposti ai cloruri adottati per prevenire il formarsi di gelo sul manto stradale, ai canali per lo scolo delle acque oppure alle banchine e ai pontili in riva al mare o, ancora, a qualsiasi manufatto in cemento armato in ambito industriale esposto ad ambienti particolarmente aggressivi. Recenti studi hanno evidenziato che la vita utile di una struttura armata con questa nuova tecnologia può arrivare fino a 100 anni senza alcun accorgimento particolare rispetto alla natura del calcestruzzo o di altri particolari costruttivi, necessari invece nel caso delle strutture in cemento armato tradizionalmente rinforzate con tondini in acciaio. Esistono però diverse altre proprietà di questi materiali che vanno certamente menzionate nel raffronto con l’acciaio per poter realizzare opportune scelte progettuali. I tondini in GFRP sono amagnetici e non sono conduttori di calore, pertanto trovano una congeniale applicazione in tutti i manufatti esposti a correnti vaganti, risolvendo il problema della corrosione tipica delle armature in acciaio di fatto incompatibili con questo tipo di applicazioni. Basti pensare, ad esempio, a tutte le infrastrutture legate al settore ferroviario o dei varchi autostradali con sistemi di riconoscimento elettronico. Un altro non trascurabile vantaggio nell’impiego di armature in GFRP è la facilità e rapidità nella posa in opera grazie al loro peso ridotto, circa un quarto rispetto a quello dell’acciaio. Tale indiscussa leggerezza rende il prodotto particolarmente agevole nella sua movimentazione a terra, tanto che diversi studi hanno dimostrato risparmi di tempo fino al 40-50% rispetto alla posa di un’equivalente armatura in acciaio. Quali parametri da tenere sott’occhio nella progettazione e cantierizzazione di questi materiali A fianco di tutti questi aspetti che hanno reso la tecnologia particolarmente attraente a seconda dei diversi impieghi, vanno sicuramente messi in evidenza una serie di altri aspetti che richiedono attenzione per coloro che si vogliono affacciare alla progettazione. Innanzitutto è bene sottolineare che le barre in GFRP per impieghi strutturali sono prodotte secondo la tecnica della pultrusione impiegando fibra di vetro E-CR - nota per le sue caratteristiche meccaniche e di durabilità migliorate rispetto al tradizionale E-glass - e una matrice resinosa di natura vinilestere ovvero termoindurente. Questo significa che una volta indurita non può più essere modellata ossia che il processo con il quale le barre vengono lavorate per realizzare staffe e/o parti piegate deve essere eseguito in fase di produzione della barra stessa e non in tempi successivi, come invece accade abitualmente con l’acciaio da costruzione. Ancora, i raggi di curvatura delle barre non sono gli stessi comunemente noti per i tondini in acciaio, ma hanno dimensioni leggermente più grandi per cercare di ridurre al massimo l’impatto negativo della piegatura sulle caratteristiche meccaniche della parte piegata rispetto alla parte rettilinea della barra stessa, nonché per motivi produttivi industriali che vedono in tale processo uno dei principali ostacoli. Nella tabella sotto sono indicate le caratteristiche meccaniche delle barre Glasspree® di Sireg Geotech in fibra di vetro e resina vinilestere. Osservando la tabella si può notare come le caratteristiche meccaniche delle barre varino al variare del diametro, con i diametri più piccoli aventi caratteristiche meccaniche superiori rispetto ai diametri più grandi e, in generale, con prestazioni meccaniche a trazione decisamente superiori a quelle di un tradizionale tondino ad aderenza migliorata in acciaio. Se da un lato la resistenza a trazione può indurre in prestazioni meccaniche superiori, dall’altro il modulo elastico risulta circa un quarto rispetto a quello dell’acciaio, pari a 46Gpa in questo specifico caso. Questo significa quindi che se, da un lato, in una verifica allo stato limite ultimo ci si potrebbe aspettare di poter realizzare una sezione equivalente con diametri inferiori o minor quantità di materiale, dall’altro nelle verifiche agli stati limite di esercizio ci si ritroverà spesso a dover adottare più materiale a seguito del minore modulo elastico. Nel merito poi delle verifiche a taglio, per le ragioni sopra esposte, la parte piegata di una barra non resiste come la parte rettilinea, al punto che in tabella si evince come una barra piegata di 90° perda circa il 60% della resistenza dichiarata della parte rettilinea. Quest’ultimo aspetto è assolutamente fondamentale e da tenere presente quando si affronta la progettazione di armature a taglio o che richiedono la presenza di ferri piegati. Risulta quindi fondamentale, nel momento in cui si approccia una progettazione con questi materiali, fare riferimento a schede tecniche nelle quali tali parametri siano messi chiaramente in evidenza, insieme allo standard rispetto al quale tali valori sono stati ottenuti. In ambito europeo, lo standard di riferimento è la norma ISO 10406-1 e altri standard internazionali comunemente riconosciuti. In USA e Canada impiego e normative un passo avanti Negli Stati Uniti e in Canada l’impiego di questi materiali vede oggi un incremento sempre crescente sicuramente grazie al grande impulso favorito da uno sviluppo del quadro normativo e degli standard di qualifica che ne ha permesso una rapida implementazione. Fino a vent’anni fa, nei laboratori universitari si studiava l’impiego di questi materiali solo per applicazioni pilota, mentre oggi siamo spettatori di un graduale, ma sempre più diffuso impiego, prevalentemente in ambito infrastrutturale con opere permanenti come ponti, canali e altre in diversi settori. Il successo di questa tecnologia sui mercati americano e canadese è sicuramente stato favorito dal rapido ma pur sempre attento e graduale sviluppo dei documenti quali l’ACI 440.1R-15 “Guide for the Design and Construction of Structural Concrete Reinforced with Fiber-Reinforced Polymer (FRP) Bars” dell’American Concrete Institute e l’”AASHTO LRFD Bridge Design Guide Specifications for GFRP-Reinforced Concrete” dell’American Association of State Highway and Transportation Officials che rappresentano oggi gli standard più aggiornati per la progettazione di elementi in cemento armato rinforzati con barre in fibra di vetro. Situazione normativa in Italia e in Europa Nel vecchio continente e in particolar modo in Italia il quadro normativo presenta una situazione che richiede un rapido ammodernamento e allineamento agli standard progettuali vigenti ovvero le Norme Tecniche per le Costruzioni (NTC) 2018. Il documento di riferimento è il CNR-DT 203-2006 pubblicato oramai più di 15 anni fa e quindi figlio del Decreto Ministeriale 9 gennaio 1996 e di studi oramai estremamente conservativi e datati. Tuttavia uno degli aspetti che ha maggiormente frenato e tutt’ora frena lo sviluppo di questa tecnologia tanto promettente è certamente l’assenza di un quadro normativo per rispondere ai requisiti del capitolo 11 delle NTC 2018, per il quale tutti i materiali da costruzione per uso strutturale devono essere marcati CE o dotati di certificazione nazionale che ne permetta di definirne le caratteristiche essenziali e possa garantirne nel tempo la costanza delle prestazioni.Categoria: notizie - tecnica - plastica - armature polimeriche - calcestruzzo - edilizia
SCOPRI DI PIU'Un disastro ecologico nell’Amazzonia Europea. Stiamo a guardare ancora?di Marco Arezio Le foreste della Romania, di proprietà dello stato, ammontano a 3,13 milioni di ettari, cifra che rappresenta il 48% delle superfici boschive del paese. In questi territori l’abbattimento illegale delle piante sta alimentando il mercato nero del legno e provoca un danno ambientale enorme. Secondo i dati raccolti il disboscamento illegale in Romania ammonta ogni anno a circa 20 milioni di metri cubi di legname su un totale di 18 milioni autorizzati legalmente dallo Stato. Considerando un prezzo medio del legno di circa 50 euro/mc, si può notare che il business illegale frutta circa 1 miliardo di euro l’anno. In realtà, sono anni che il fenomeno va avanti, probabilmente coperto da funzionari dello stato che fanno finta di non vedere il problema, ma recentemente è tornato prepotentemente alla ribalta in quanto sono stati uccisi due guardia parco, che stavano onestamente lavorando per la tutela del patrimonio forestale dello stato. Si è parlato di forme mafiose di gestione del business del legno dolce, cosa che ha fatto muovere anche la Commissione Europea, che ha imposto allo stato Romeno, una verifica della situazione attraverso la creazione di una commissione di controllo sui numeri e sulle procedure di disboscamento. Secondo le indicazioni di Recorder.co, il rapporto elaborato, dopo aver sentito gli operatori dei controlli sul campo, coadiuvati da esperti formati in Francia, Svizzera e Finlandia, ha dimostrato che il disboscamento illegale rappresenta circa 20 milioni di mc/anno. Tuttavia, il rapporto sembra essere stato censurato dalle autorità che lo hanno ricevuto, in quanto non rappresenterebbe la reale situazione, in base ai rilevamenti autonomi di Romsilva, società che gestisce il patrimonio boschivo statale. Secondo i dati di questa società, il volume del disboscamento illegale si aggirerebbe tra i 40 e i 50.000 metri cubi annui e ipotizza che la commissione incaricata al controllo, su pressione della Comunità Europea, potrebbe aver commesso degli errori di calcolo. In una conferenza pubblica in cui hanno partecipato, sia il capo di Romsilva, sia i responsabili del progetto IFN, National Forest Inventory che ha eseguito i rilevamenti, è emerso che i numeri contenuti nel rapporto IFN, siano stati supportati da consulenti indipendenti Europei, ma che l’ente statale della protezione delle foreste insiste apertamente nel crederlo inattendibile, lasciando il problema in un pericoloso limbo. Come succede solitamente negli affari gestiti dalla malavita, il fenomeno dell’intimidazione, dell’omertà e della corruzione, unge un ingranaggio ben collaudato a tutti i livelli, con l’unico scopo di tenere le attività illegali al riparo dei clamori della cronaca, in modo da continuare in modo discreto e le operazioni. Si è tanto criticato Bolsonaro per il mancato contrasto alla deforestazione dell’Amazzonia, ma poco si è parlato della deforestazione illegale in Romania.
SCOPRI DI PIU'Mango Sostituisce i Sacchetti di Plastica con cui confezionava i suoi capi con Carta Velina EcocompatibileUna bella iniziativa da parte di Mango, un'azienda attiva nel campo della moda che va incontro alle esigenze della tutela ambientale sostituendo i sacchetti di plastica che usa per il confezionamento dei capi di abbigliamento con altri fatti in carta velina ecocompatibile. questa bella storia ce la racconta Maria Teresa Veneziani in un articolo sul Corriere della Sera.La strada è segnata e l’emergenza Covid ha fatto capire a tutti che non c’è più tempo, occorre ripensare un progetto di sviluppo. Mango, la catena spagnola di moda democratica, annuncia che eliminerà l’uso di 160 milioni di sacchetti di plastica all’anno nella sua catena di fornitura. L’azienda avvia la sostituzione dei sacchetti di plastica con altri di carta nelle produzioni locali di capi piegati. «L’azienda procede nel suo impegno a favore della sostenibilità, uno dei suoi principali assi strategici, e avvia un progetto per sostituire i sacchetti di plastica del suo packaging con sacchetti di carta, diventando la prima grande azienda del settore tessile in Spagna a farlo», si legge in un comunicato. L’obiettivo del brand fondato a Barcellona in Spagna nel 1984 da due fratelli spagnoli di origine turca, Isak Andic e Nahman Andicè, è quello di eliminare progressivamente, in collaborazione con i propri fornitori, tutti i sacchetti di plastica utilizzati per la distribuzione dei prodotti lungo la catena di fornitura. Carta velina «I sacchetti che saranno utilizzati sono realizzati in carta velina, un materiale costituito da pasta di cellulosa naturale proveniente da fonti rinnovabili — assicura l’azienda —. La carta proviene infatti da foreste gestite in modo sostenibile, dove le pratiche di abbattimento sono certificate secondo i requisiti degli standard internazionali FSC® (Forest Stewardship Council®). Ciò contribuisce anche a un’economia circolare poiché i prodotti di carta possono essere riciclati in media da quattro a sei volte». La strada è segnata e l’emergenza Covid ha fatto capire a tutti che non c’è più tempo, occorre ripensare un progetto di sviluppo. Mango, la catena spagnola di moda democratica, annuncia che eliminerà l’uso di 160 milioni di sacchetti di plastica all’anno nella sua catena di fornitura. L’azienda avvia la sostituzione dei sacchetti di plastica con altri di carta nelle produzioni locali di capi piegati. «L’azienda procede nel suo impegno a favore della sostenibilità, uno dei suoi principali assi strategici, e avvia un progetto per sostituire i sacchetti di plastica del suo packaging con sacchetti di carta, diventando la prima grande azienda del settore tessile in Spagna a farlo», si legge in un comunicato. L’obiettivo del brand fondato a Barcellona in Spagna nel 1984 da due fratelli spagnoli di origine turca, Isak Andic e Nahman Andicè, è quello di eliminare progressivamente, in collaborazione con i propri fornitori, tutti i sacchetti di plastica utilizzati per la distribuzione dei prodotti lungo la catena di fornitura. Test pilota Il progetto sarà inizialmente lanciato in produzioni locali per capi piegati e sul canale online, dopo il successo dei tre test pilota effettuati dall’azienda in Marocco, Cina e Turchia. L’obiettivo è che il nuovo progetto venga applicato a tutti i capi entro la fine del 2021. Secondo Toni Ruiz, Amministratore delegato di Mango, «Si tratta di un progetto di grande portata, che avrà un impatto molto positivo sull’ambiente, poiché grazie alla sua realizzazione elimineremo circa 160 milioni di sacchetti di plastica ogni anno. La produzione di una moda più rispettosa dell’ambiente mira alla trasformazione sostenibile dell’azienda». Fashion Pact Il progetto rientra nel Fashion Pact, una coalizione globale che mira a promuovere la sostenibilità ambientale nel settore tessile e della moda, a cui l’azienda ha aderito nel 2019. Questo patto globale impegna tutti i firmatari a lavorare insieme per ridurre al minimo l’impatto ambientale dell’industria tessile e della moda concentrandosi su tre pilastri: contrastare i cambiamenti climatici, preservare la biodiversità e proteggere gli oceani.Categoria: notizie - plastica - economia circolare - rifiuti
SCOPRI DI PIU'Nel settore del packaging dei prodotti in carta la società Italiana Lucart ha acquisito il controllo della società Inglese ESP un traspformatore di prodotti professionali in carta.Lucart ha acquisito il 100% del capitale sociale di ESP Ltd (Essential Supply Products Ltd.). Si tratta del principale trasformatore indipendente di prodotti professionali per l'igiene della Gran Bretagna. Il Gruppo prosegue così il proprio piano di internazionalizzazione, nonostante le incertezze derivanti dalla Brexit e dalla pandemia.L'investimento contribuirà a rafforzare in maniera decisiva la leadership di Lucart nel mercato europeo dei prodotti per l’igiene Away from Home. Massimo Pasquini, Amministratore Delegato di Lucart, ha così commentato l'importante traguardo: “Questa operazione ha una rilevanza strategica per tutto il Gruppo, in quanto ci permette di consolidare la nostra presenza in Gran Bretagna, che rappresenta, per i prodotti in carta tissue, il secondo mercato più grande d’Europa. La nostra solidità finanziaria e la volontà di perseguire gli obiettivi strategici del Gruppo, unitamente alla consapevolezza che le difficoltà legate al momento storico che stiamo vivendo non debbano farci perdere la visione di lungo periodo - prosegue Pasquini - ci hanno consentito di superare anche le incertezze generate dalla Brexit e dalla pandemia Covid-19. Abbiamo portato a termine un importante ulteriore passo per lo sviluppo futuro di tutto il Gruppo”. Essential Supply Products Ltd Fondata nel 1990, Essential Supply Products Ltd registra oggi un fatturato pari a circa 30 milioni di euro all’anno. La Società, con sede e stabilimento produttivo a Malvern, impiega 85 persone su 5 diverse linee di trasformazione. Gli impianti produttivi si sviluppano su una superficie di 77.000 mq, di cui 15.000 coperti. Per posizione, mercato e tipologia di produzione, questi permetteranno di attivare importanti sinergie con gli altri stabilimenti del Gruppo. Il fondatore Carl Theakston collaborerà in prima persona per favorire il passaggio di consegne. Le sue parole riflettono la consapevolezza di aver trovato in Lucart l'acquirente ideale per il futuro della Società: "Negli anni abbiamo effettuato numerose operazioni per permettere a ESP di continuare a competere ai massimi livelli. Col tempo però mi sono reso conto che lo standard di investimenti necessario a rendere concrete le mie ambizioni per questa azienda necessitava di un investitore che condividesse i valori della famiglia ESP e che avesse la visione e il desiderio di far crescere la società in modo sostenibile e al suo pieno potenziale. Lucart - conclude Theakston - è un gruppo multinazionale a conduzione familiare che opera da 68 anni. La sua storia, visione e impegno verso i modelli di sviluppo sostenibile lo rendono l’investitore ideale perché l’avventura di ESP possa proseguire nel migliore dei modi”.Info da Lucart
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