Nel cuore del Medioevo, Fratello Elara indaga tra reliquie trafugate, complotti ecclesiastici e verità scomode: un romanzo storico investigativo dove fede e inganno si intrecciano come radici nell’ombra
Codice: 11406. C’è un punto, nella notte medievale, in cui il crepitare di una candela sembra confondersi con il respiro stesso delle pietre.
È il punto in cui s’intravede la figura di Fratello Elara: un benedettino dall’animo irrequieto, più incline a interrogare le ombre che a fuggirle, armato soltanto di una Bibbia macchiata di cera, di una lente di cristallo di rocca e di un dubbio ostinato: dove finiscono la fede e la giustizia, e dove cominciano l’interesse e la menzogna?
A prima vista potrebbe sembrare un investigatore per caso; in realtà diventa, suo malgrado, l’occhio con cui la cristianità del Trecento prova a guardarsi allo specchio. Il secolo che lo circonda è febbrile: i villaggi tremano sotto la carestia, il vento porta notizia di una peste incombente, le corti baronali fanno tintinnare spade e debiti. La Chiesa – custode di speranze e di tributi – aggira il baratro con processioni e bolle, ma sotto il canto dei salmi ribollono contrabbandi d’anime, reliquie rivendute come spezie rare, rivolte contadine che reclamano un’equità millenaria.
Elara si muove in questo paesaggio crepato come una radice che s’insinua fra le lastre. Talvolta lo incontriamo mentre varca foreste dove il vento imita voci umane; altrove lo seguiamo in chiostri corrosi dal sale del Mare del Nord, o nelle taverne di Southwark dove il sangue di bambini rapiti vale meno di un barile di birra fiamminga.
Non cerca gloria e – forse – non cerca nemmeno la verità assoluta; cerca piuttosto di capire qual è l’ingranaggio guasto che trasforma la devozione in paura. Lo fa con gli strumenti di sempre: una penna veloce, la memoria dei Salmi, un pugnale francescano nascosto nella manica per quei momenti in cui la persuasione evangelica non basta.
Perché dovremmo accompagnarlo? Perché, mentre il suo passo risuona tra tombe di papi dissacrati e rogge infestate dalla malaria, avvertiamo che la posta in gioco non riguarda soltanto la correttezza dottrinale o l’equilibrio di un feudo. Ogni indagine è un sismografo che registra lo spostarsi del confine fra chi possiede la parola e chi deve limitarsi ad ascoltarla.
C’è chi, in nome di Dio, s’inventa un mercato di teschi sacri, convinto di poter distillare un oracolo dal midollo dei beati; c’è chi trasforma il digiuno dei contadini in una tassa ulteriore; c’è chi, dentro la penombra delle catacombe, sogna di rianimare le teste dei pontefici per far dire loro ciò che in vita non hanno mai osato pronunciare.
Elara, in mezzo a tutto questo, fa una scoperta che non compare nei trattati di teologia: la santità – quando si sporca le mani – somiglia più alla perseveranza che alla gloria. Ogni volta che salva un ragazzo dagli artigli di un reclutatore o ricolloca un cranio rubato nel silenzio della sua tomba, sa di non aver risolto il male; lo ha soltanto costretto a ritrarsi, a mutare veste, a cercare un nuovo pertugio.
Ma quella piccola ritirata basta perché un villaggio ritrovi il sonno, perché un padre stringa di nuovo sua figlia, perché un corvo smetta – per una notte almeno – di gracchiare presagi senza speranza.
Eppure il suo cammino non è fatto solo di tenebra. Nei chiostri sbrecciati dal gelo, la copia miniata di un De Consolatione restituisce luce alle parole, un vecchio gonfaloniere concede passi sicuri lungo ponti traballanti, e perfino un corriere fiammingo – intento a smerciare carne umana come fosse pece – trova sul volto del frate lo sguardo che costringe a ricordare il giorno del Giudizio. Non si tratta di miracoli: sono incrinature nel buio, piccole fenditure da cui filtra una speranza che non somiglia a langue statica ma a una lama sottile, capace di incidere la ruggine morale dell’epoca.
Chi leggerà queste pagine sentirà l’odore acre del sego nei corridoi di San Pietro, udrà i miasmi della palude pontina, gusterà il sidro rancido delle bettole di Londra. Vedrà come i canti di un predicatore scalzo possono incendiare la fantasia di braccianti ridotti in catene; come un cranio d’argento, comprato di contrabbando, diventi merce di potere per cardinali che amano i numeri più delle anime; come la Via Francigena si trasformi in sentiero d’indizi, costellato di eremi deserti e dogane corrotte. Soprattutto, vedrà un uomo di fede costretto a negoziare ogni giorno con la sua stessa ombra, deciso a non lasciarle l’ultima parola.
Non troverete, qui, un’agiografia; troverete il resoconto di un viaggio fragile e ostinato, in cui la luce non scaccia davvero le tenebre, ma le costringe – giorno dopo giorno – a fare un piccolo passo indietro. Se vorrete mettervi in marcia, portate un lembo d’incenso, una fiala d’aceto aromatico e una buona scorta di domande: le stesse che Fratello Elara porta cucite nel saio, convinto che soltanto chi osa interrogarle possa, un giorno, ascoltare la risposta.
Ricorda che un libro può essere riutilizzato e riciclato.